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3 settembre 2006, 19:34

Commozione, musica, solidarietà, rabbia con Renato nel cuore

di ELENA PANARELLA da "Il Messaggero" 2.9.06

Le immagini scorrono veloci su uno schermo, nella vecchia sala ricevitorie dell’ex Cinodromo in via della Vasca Navale, non sono immagini qualsiasi sono le foto di Renato Biagetti, il giovane ingegnere ucciso domenica scorsa a Focene all’uscita dalla dance hall del chiosco «Buena Onda». E’ la prima volta che compare il suo volto da quando è accaduta la tragedia. E solo ieri, durante il suo funerale, nel vedere quel sorriso e quegli occhi azzurri si capiva chi era veramente Renato.

Il funerale si è svolto proprio lì, in forma laica, nella sede del centro sociale Acrobax, che frequentava da anni «è cosi che avrebbe voluto». Alle note dei suoi brani preferiti il compito di raccontarlo e dargli l’ultimo addio fino al cimitero di Trigoria in un momento in cui, come hanno detto alcuni amici, «siamo trafitti dal dolore, così come lui è stato trafitto dalla tristezza e dalla stupidità di idee mortifere che cancellano ogni diversità».

Oltre cinquecento amici uniti nel dolore e nel ricordo di Renato con i genitori dello sfortunato ingegnere, con il fratello Dario, con la fidanzata Laura. Presenti anche l’assessore comunale alle Periferie, Dante Pomponi, il segretario romano di Rifondazione Comunista, Massimiliano Smeriglio, il presidente dell’XI Municipio Andrea Catarci, i consiglieri comunali Nando Bonessio (Verdi) e Fabio Nobile (Pdci). C’è anche il senatore Salvatore Bonadonna (Prc): «Questo assurdo delitto è il prodotto del degrado sociale e dell’ambiente culturale in cui viviamo. Le istituzioni devono intervenire con una campagna di bonifica sociale che preveda la lotta alla precarietà e la promozione di interventi culturali».
La madre, stretta al figlio Dario, ha chiesto che tutti conservassero di Renato «un ricordo fatto d’amore, perché lui odiava ogni forma di sopraffazione, l’odio gli faceva schifo e considerava la violenza mostruosa, lui che aveva paura persino di un taglierino. Su Renato, sulla sua morte, non ci deve essere violenza, perché lui era pacifico, amava la vita».

E poi con un sorriso, lo stesso dei suoi figli, ha aggiunto: «Aveva occhi come stelle e aveva una marcia in più, come ce l’ha suo fratello. Amava molto Dario, era stato la sua guida, il suo papà. E amava anche me. Un giorno mi ha detto che era stanco di lavorare come facchino con una laurea in ingegneria e che un giorno sarebbe riuscito a fare ciò che amava. Da piccolo gli avevamo insegnato a lavorare. Andava sempre in giro coi mezzi pubblici. L’unica automobile, una Panda, che usavamo a turno. Poi un giorno l’ho visto felice, mi aveva detto che aveva incontrato l’amore, una ragazza che come lui rideva sempre: Laura». E lei era lì accanto con gli occhi lucidi e con il cuore trafitto dal dolore.

“Il Fannullone” e “Se ti tagliassero a pezzetti” di Fabrizio De Andrè, “Gianna” di Rino Gaetano, il “Bolero” di Ravel hanno scandito i ricordi di Laura, che lo ha visto morire davanti ai suoi occhi. «Il tuo sorriso - ha detto trattenendo a stento le lacrime - entra nella nostra vita, così lontana dalla violenza. Non a caso avevi scelto il suono per esprimerti, “Tum Tum”, vibrazione che ci accompagna per tutta la vita e che scorre in noi dandoci elettrica energia». Poi, con un filo di voce, ha letto i versi della “Fenice” di Leonardo da Vinci, «le parole di un genio per salutare un genio. Ringrazio la sua famiglia - ha aggiunto - per avermi dato un dono così grande e per avermi coccolata in questi giorni difficili senza farmi mai sentire sola».

Sopra la bara uno striscione con la scritta «Con Renato nel cuore» e il disegno di due altoparlanti per ricordarne la passione per tutto ciò che aveva a che fare con la musica. Almeno in cinquecento gli amici, parenti, vicini di casa che si sono stretti attorno alla disperazione dei genitori. Sul feretro, davanti al quale erano state poste quattro coppe sportive che il giovane aveva vinto con la squadra degli All Reds di rugby, i ragazzi del centro sociale hanno deposto magliette e sciarpe. Sono le magliette della sua palestra di boxe, della sua squadra di rugby, e poi una bandiera della Roma, fiori, tanti fiori (un omaggio floreale anche da parte di Rifondazione Comunista e dell’XI Municipio), collane e bracciali. «Sei proprio bravo, Renato», recita una scritta su un cartellone con un grande cuore, e poi «Ciao Renà» su una bandiera rossa. «Questo saluto farà il paio con quel “Ciao, Anto” - dice uno degli amici - Una scritta che ormai campeggia per tutta Roma in ricordo di Antonio Salerno, il ragazzo morto in un incidente lo scorso inverno i cui funerali furono svolti qui».

Tanti applausi a sciogliere la grande commozione, fino all’intervento finale del fratello Dario, che gli ha dedicato l’ultimo brano suonato durante una festa prima dell’estate. Lui voleva smettere di suonare, ma Renato si era offerto di smontare al posto suo l’impianto di amplificazione, perché «l’importante è che tu continui a suonare». E allora si è continuato a suonare anche ieri mattina, fino al brindisi finale degli amici più intimi con un amaro, mentre tutti ballavano accanto alla salma di Renato, per sempre vivo nei loro cuori.