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«Oggi l’antifascismo è lotta al razzismo»
di Vittorio Bonanni
Intervista a Sandro Portelli, scrittore e saggista
Sandro Portelli non ha bisogno di presentazioni. Scrittore, docente di letteratura angloamericana all’Università La Sapienza di Roma, già delegato del sindaco di Roma per la memoria, è uno degli intellettuali più autorevoli per commentare quello che sta succedendo in Italia nei confronti dei migranti. Da Parma a Roma, da Milano a Castelvolturno fino agli stadi dove i calciatori di colore vengono insultati è un susseguirsi di avvenimenti che stanno trasformando il nostro paese in una vera e propria patria del razzismo.
A lui abbiamo chiesto innanzitutto dove vanno cercate le radici di questi comportamenti così preoccupanti. «Il razzismo in Italia ha una storia molto lunga - dice Portelli - abbiamo secoli di antisemitismo che sono culminati nelle leggi razziali del ’38, e una vergognosa storia di colonialismo particolarmente becero soprattutto in Etiopia. Proprio da quella avventura coloniale nacquero le prime leggi razziali che furono alla base della persecuzione degli ebrei».
Come si sviluppa questo sentimento nell’Italia del dopoguerra?
Ricordo che all’inizio degli anni 60 un gruppo di studiosi tra cui Alfonso Di Nola scrissero un libro in cui parlavano di un razzismo latente nel nostro paese. Cioè di un razzismo che stava sotto traccia, pronto ad esplodere ma che non esplodeva per mancanza di un oggetto contro cui scatenarsi. E anche la coscienza o la falsa coscienza della forze politiche italiane, dal Partito comunista alla Democrazia cristiana, rendevano indicibili queste cose. Insomma questi discorsi non li permettevano. Che sotto sotto serpeggiassero al loro interno è possibile ma erano stigmatizzati.
Lo scenario oggi è mutato radicalmente...
E in peggio. Abbiamo forze politiche che o promuovono attivamente il razzismo come è il caso della Lega, o, come succede negli altri casi, lo coccolano negando che esista. Ed è questa la cosa straordinaria. Ogni volta che succede qualche cosa si sente dire sempre "è grave ma il razzismo non c’entra". Dunque non c’è più un tappo che renda indicibili certe cose e contemporaneamente ora c’è anche l’oggetto contro cui scatenarsi, cioè l’immigrazione.
Veniamo ora alle responsabilità della sinistra moderata. All’indomani della morte della signora Reggiani anche Veltroni e il Partito democratico hanno cavalcato la pericolosissima tigre del razzismo, additando praticamente tutta la comunità dei rumeni come un potenziale covo di assassini. Ora le cose stanno cambiando ma intanto il danno è stato fatto. Che cosa ne pensa?
Io non so ancora se è stato un calcolo ipocrita a fini elettorali o se veramente se ne sono usciti con naturalezza. Quello che so è che tatticamente e a fini elettorali è stato un errore enorme. Perché ogni volta che tu vai incontro ai temi della destra non fai altro che dire: «La destra ha ragione». E siccome la destra su queste cose è sempre più avanti e più credibile di noi non fai altro che portare consenso e voti a loro. Se Veltroni sostiene che bisogna cacciare i rumeni e vigilare su di loro in quanto tali o portare i rom fuori dal raccordo anulare, fa un regalo assoluto all’avversario. La sinistra deve avere dei modi propri di affrontare un bisogno di sicurezza, peraltro in parte indotto. In passato da noi sono venute molte idee. Penso ad un’altra emergenza più reale, come quella degli anni 70, e alla risposta data con l’Estate romana. Oggi nel deserto di idee a sinistra, le uniche proposte sul campo sono quelle della destra. La quale è sempre più credibile.
Come si può legare questa deriva con la crisi della pregiudiziale antifascista?
Innanzitutto un antifascismo che non sia antirazzista non esiste. E dunque dobbiamo chiederci quali sono i principi e i valori che ci ha lasciati l’antifascismo, come l’uguaglianza, la partecipazione dei cittadini, il rifiuto della guerra, la libertà di parola e appunto il rifiuto del razzismo. Insomma i valori che troviamo nella Costituzione. E ora che questi valori sono tutti sotto attacco, l’antifascismo non si può ridurre alle polemiche, peraltro necessarie, su quello che è successo negli anni 30 o negli anni 40. Si deve, al contrario, tradurre in qualcosa di positivo. Quando Fini dice che qualsiasi democratico deve essere antifascista bisogna rispondere che chiunque sia democratico dovrebbe rifiutare la schedatura dei rom o il lodo Alfano che viola l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, difendere la libertà di stampa e rifiutare di far entrare l’Italia nelle guerre di Bush. Non è un caso che nel documento programmatico del Pd l’antifascismo se lo fossero scordato.
Fuori tema, ma non troppo, un commento sul film di Spike Lee su Sant’Anna di Stazzema e le polemiche che sono scoppiate...
Intanto dico che il film non l’ho ancora visto. E comunque voglio sottolineare due cose: mi ha molto colpito la lettera che Spike Lee ha indirizzato a Bocca, uscita su Repubblica , dove dice «immagino che le ferite del fascismo in Italia non si siano ancora rimarginate». Ma come può dire "immagino"? Ma non doveva informarsi prima? Questa è un’arroganza tipica di tanta cultura americana per cui tu arrivi e metti le mani su una realtà che non conosci veramente. Voglio poi dire un’altra cosa: se uno realizzasse una versione fiction della strage delle bambine ammazzate da una bomba razzista a Birminghan nel ’63 e questo film dice, inventandoselo, che è vero che sono stati i razzisti ma il fatto è partito da un tradimento di un attivista per i diritti civili; oppure che le bambine sono state ammazzate perché Martin Luter King ha fatto incazzare i razzisti e poi non le ha protette io credo che Spike Lee direbbe che questo è un film razzista. Ora nel suo caso il film non è certamente razzista come intenzione perché rivaluta il ruolo dei soldati afro-americani nella Seconda guerra mondiale.
Però lui non si rende conto che facendo una cosa, peraltro inventata completamente, che può essere strumentalizzata dalla destra razzista in questo paese dà armi dialogiche ed ideologiche a coloro che fomentano il razzismo nei confronti dei suoi fratelli africani e immigrati in Italia. E l’intenzione antirazzista sui soldati americani rischia di tradursi indirettamente e paradossalmente in un argomento in più dato alle forze razziste in questo paese. Per finire ripeto ancora: il film andrebbe visto prima di esprimere un giudizio. Ma se nella pellicola c’è questo tema per cui i partigiani erano irresponsabili perché ponevano le comunità al rischio di rappresaglie e l’invenzione per cui la strage a Sant’Anna è avvenuta perché un partigiano ha tradito, tutto questo è molto grave ed è il frutto dell’ignoranza di chi si sente onnipotente.