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La tessera e la crisi culturale dei Giovani Comunisti

Publie le venerdì 19 dicembre 2008 par Open-Publishing
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La tessera e la crisi culturale dei Giovani Comunisti

di Andrea Parti

Vorrei, con queste righe, avviare una riflessione sull’intervento in Liberazione del 16 dicembre 2008 recante titolo "Caro Simone, saresti fuggito con me da Berlino Est, o mi avresti fermato?". In questo articolo, l’autore – pur affermando di non essere per formazione uno storico – tenta di giustificare la bontà della tessera GC 2009 recante la caduta del muro di Berlino. Tale momento è elevato a modello di democrazia spontanea e dal basso, ed è stato da lui proposto per la realizzazione grafica della tessera, durante lo scorso campeggio dei Giovani Comunisti. Pur sorvolando sulla natura democratica con cui quel campeggio è stato organizzato e svolto, ma che potrebbe certo far riflettere sulla strumentalità di determinate posizioni che talvolta vengono prese a pretesto per la distruzione fisica e non certo per la costruzione della sinistra, vorrei soffermarmi su un dato che emerge molto bene da questo articolo perché mostra inequivocabilmente come la nostra struttura giovanile sia in crisi.

Nel corso del suo intervento, che non mi scandalizza più di tanto per i contenuti visto il ruolo che l’attuale sovrarappresentata maggioranza dei Giovani Comunisti sta cercando di ritagliarsi un piccolo spazio nella distruzione del Partito della Rifondazione Comunista, emerge chiaramente che anche i nostri quadri dirigenti lamentano una forte carenza non tanto della disciplina "storia" in quanto tale (fatto di per se generazionale, sebbene grave), quanto del rapporto che questa disciplina ha con il mondo dei mezzi di comunicazione di massa. Andando a semplificare quello che ho riportato sopra, la scelta di Cataldo di analizzare la caduta del muro di Berlino attraverso una vicenda di calciomercato, sebbene da un lato meramente comunicativo possa risultare curiosa, simboleggia in modo abbastanza evidente che la cultura del disimpegno camuffato da innovazione - la destrutturazione bertinottiana rivolta ai giovani tanto per intendersi - a livello di studio della realtà ha portato alla crisi dell’analisi storica e all’assenza di contenuti politici anche all’interno della nostra organizzazione.

Un simile approccio, che mischiando le chiacchere riempitive della cronaca agli avvenimenti storici, offre una chiave di lettura decontestualizzata della fase di arresto e va a scontrarsi con quello che poi l’evento ha creato nei paesi del blocco orientale: l’apertura all’individualismo più sfrenato in campo economico e sociale, il termine di una politica che guardi alle esigenze della collettività, una povertà dilagante che ha costretto milioni di persone a ripiegare nella criminalità e nella prostituzione per continuare a sopravvivere, il risorgere di forme di razzismo e xenofobia che la politica delle vie nazionali al socialismo era riuscita ad arginare mediante la condivisione delle diversità ed il confronto tra queste.

Mi spiace per Cataldo, ma secondo me parlare di "libertà" a vanvera può talvolta essere alquanto ridicolo, specie se, nell’analizzare il travaglio successivo al crollo dei paesi del blocco orientale, non si tiene conto anche delle conseguenze che questo evento ha oggettivamente determinato. Ancora più grave è la carenza sulle cause che hanno portato alla costruzione del muro e alla sottovalutazione del conflitto che la guerra fredda ha rappresentato. Un conflitto che ha imposto al blocco orientale un perenne stato di eccezione per cercare di arginare gli attacchi che, le apparenti fortune del mondo del libero mercato, ponevano agli abitanti dei paesi socialisti. Va inoltre riportato un dato, vale a dire il rapporto che la nostra generazione ha riguardo alla storia del novecento e – nello specifico – relativamente alla questione del muro di Berlino.

Propongo a tutti i Giovani Comunisti di andare nel proprio circolo e verificare insieme ai propri compagni con due banalissime domande quello che sto affermando: "Quando è stato costruito il muro di Berlino?" e "Chi era segretario dell’Unione Sovietica in quella data?". Vi garantisco, per esperienza, che emergerà un quadro tragicomico. La questione dell’approccio sbagliato in relazione al rapporto tra storia e mezzi di comunicazione di massa si riferisce alla condizione di "eterno presente" in cui fatti e notizie piovono dall’alto, totalmente snaturati del loro rapporto tra causa ed effetto, così da sembrare inevitabili e, tuttosommato, giusti. Un tipo di logica che apre alla decontestualizzazione verticale della "storia", un approccio subalterno e rinunciatario, che presta il fianco ai nostri nemici.

Una scelta che, unita al neanche troppo sotterraneo progetto di sciogliere il Partito della Rifondazione Comunista e all’arroganza con cui questo è perpetuata ad ogni livello, deve essere combattuta con tutti gli strumenti del caso perché funzionale alla battaglia non esaurita per la sopravvivenza del nostro partito e a ridare una dignità che i Giovani Comunisti hanno perso da tanto, troppo, tempo. Non so se Simone ha preso in considerazione la provocazione che Cataldo gli ha rivolto al termine del suo intervento, vale a dire cosa avrebbe fatto se fosse scappato a Ovest, so per certo quello che avrei scelto io: il socialismo, con tutte le contraddizioni e le conseguenze che avrebbe comportato.

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