Home > Così Cindy ha risvegliato gli Stati Uniti

Così Cindy ha risvegliato gli Stati Uniti

Publie le martedì 11 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Movimenti Guerre-Conflitti USA

di Beatrice Montini

«È una donna molto tosta, ostinata, che non ha peli sulla lingua. Una madre che ha affrontato l’uomo più potente del pianeta ed è riuscita a metterlo in difficoltà. Una sorta di Rosa Parks dei nostri giorni». John Gilbert, nato nelgi Stati Uniti ma da molti anni residente in Italia dove milita nel movimento pacifista dei Cittadini Statunitensi contro la guerra , descrive così Cindy Sheehan, la “mamma pace” che in poche settimane è riuscita a ridare vita e voce al movimento no war a stelle e strisce. È almeno da dieci anni, dalla prima guerra nel Golfo, che John, insieme a molti altri suoi connazionali, continua a manifestare per la pace e contro i governi di guerra targati Usa. Ma anche John di fronte al “fenomeno Cindy” non può nascondere un certo entusiasmo.

All’inizio di agosto Cindy si è piazzata davanti al ranch di Bush in Texas chiedendo di incontrare il presidente. Ma lui ha detto di no. Il 26 settembre, dopo una grande manifestazione contro la guerra che ha portato a Washington oltre 150mila persone, Cindy si è piazzata davanti alla casa Bianca per chiedere il ritiro delle truppe dall’Iraq. E Bush l’ha fatta portare via in manette insieme ad altri 370 manifestanti. John, perché questa “linea dura” da parte del presidente degli Stati Uniti?
«Cindy è una donna molto tosta, non ha “peli sulla lingua”: dice che Bush è un criminale, che ha portato gli Stati Uniti in guerra per il petrolio e per i suoi affari di famiglia. Sta mettendo veramente in difficoltà il presidente. Quindi è molto improbabile che lui decida di incontrarla, sarebbe come ammettere una sconfitta».

Ma perché la Sheehan è diventata un fenomeno di questa portata. Come è possibile che una sola persona, una donna, madre, sia riuscita a risvegliare il movimento pacifista americano?

«Gli attivisti americani non hanno mai smesso di combattere per la pace e anche negli ultimi mesi sono sempre stati lì, presenti e insistenti. Ma purtroppo la cultura americana si basa molto sulla personalizzazione sui leader, sui simboli. Così la figura di una madre che ha perso il figlio in guerra ha commosso l’America e ha fatto recuperare al movimento pacifista un sostegno di massa. Questa estate sono stato negli Stati Uniti e ho partecipato con la mia famiglia alle manifestazioni, alle veglie che sono state organizzate in sostegno di Cindy: c’erano famiglie, donne, bambini, cittadini. Alla manifestazione di Washington del 24 settembre le forze dell’ordine dicono che c’erano almeno 15omila persone, per gli organizzatori tra le 300mila e le 500mila. Sono numeri incredibili per un paese come gli Stati Uniti dove magari per andare a una manifestazione devi mettere in conto un viaggio di centinaia di chilometri»

Lo stesso si può dire per i media? Cindy è riuscita addirittura ad attirare l’attenzione dei maggiori giornali e televisioni del paese e a far parlare delle manifestazioni contro la guerra...

«Per quanto riguarda i mezzi di informazione il discorso è un po’ più complesso. Innanzitutto bisogna dire che Bush è un presidente a cui non piace troppo lavorare. Quindi si è preso ben 5 mesi di vacanze e si è trasferito in Texas, nel suo ranch a Crawford. Così stampa e tv, che lo seguono ovunque, non avevano molte notizie da raccontare da Crawford. E quando hanno saputo che c’era una donna, una madre, che si era accampata davanti al ranch e che non se ne sarebbe andata finchè Bush non avrebbe parlato con lei, subito si sono interessati alla cosa e hanno iniziato a raccontare la storia di Cindy Sheehan»

Cindy è una madre che ha perso un figlio in guerra e ha fondato le Gold Star family for peace. Quanto peso hanno nel movimento pacifista statunitense le organizzazioni di veterani e di familiari che hanno figli in Iraq?

«Una cosa di cui si discute molto adesso negli Stati Uniti è il problema dell’arruolamento. Per il Pentagono dall’inizio della guerra nel 2003 più di 6mila soldati hanno disertato. Ma le cifre sono certamente superiori. Molti si rifugiano in Germania e Canada, proprio come accadeva nella guerra del Vietnam. E quindi il ruolo delle famiglie dei soldati e dei veterani è molto importante. Una delle priorità è contrastare il reclutamento militare nei licei e nelle università. Perché negli Stati Uniti la leva è soprattutto economica e sono i giovani più poveri che finiscono a combattere. Per esempio al Superdome, dove a cauda dell’uragano Katrina sono stati sfollati i più poveri di New Orleans, immediatamente sono stati allestiti dei punti per il reclutamento. E il governo sta preparando leggi allucinanti come quella per cui vengono tagliati finanziamenti alle scuole e università che rifiutano di avere all’interno questi centri di reclutamento».

Comunque i sondaggi dicono che il consenso di Bush è ai minimi storici. Qualcosa sta cambiando negli Stati Uniti?

«Ci sono diversi fattori che hanno contribuito a far crollare il consenso verso Bush. Ma quello determinante e, a mio parere irreversibile, è stato l’uragano. Per gli americani Katrina è stato un colpo al cuore e tanti pensano che come l’11 settembre ha cambiato la storia politica del paese così è accaduto anche con l’uragano che ha fatto vedere il vero volto di Bush. È stato veramente terribile. Basta dire che Katrina ha colpito la costa sud la domenica e acqua e cibo sono iniziati ad arrivare cinque giorni dopo, il venerdì. Abbiamo visto scene di sofferenza inimmaginabili che gli americani non possono dimenticare».

http://www.unita.it/index.asp?SEZIO...