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"Workingman’s Death", il ritmo mortale del lavoro contemporaneo

Publie le sabato 8 luglio 2006 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto

Michael Glawogger riprende tra Ucraina, Nigeria, Germania, Cina, Pakistan gli operai "negati" nell’era della globalizzazione

di Cristina Piccino

Arriva in sala, sfidando la stagione estiva, Workingman’s Death, documentario firmato da Michael Glawogger, austriaco di Graz del gruppo «nuova onda» di Barbara Albert, anche lei documentarista irriverente con la quale Glawogger ha scritto il film più recente, Slumming, visto in gara alla scorsa Berlinale.

Una storia, Slumming, presentata dal regista come un omaggio alla commedia slapstick hollywoodiana degli anni 30 (vedi Lubitsch) e che però sembra più ansiosa di scandalo che di leggerezza politica indignata.

Lo stesso sentimento che si prova guardando le due ore di documentario il cui protagonista è la classe operaia oggi. Non i lavoratori nelle fabbriche ma tutti i «dannati della terra», coloro che come ci dice il titolo «muoiono di lavoro» (accadeva e continua a accadere e per questo si continua anche a lottare) vivendo o sulle macerie della civiltà industriale di liberismo e globalizzazione.

Dove non valgono i diritti conquistati in secoli di lotte, e anzi sono stati annnullati in un solo attimo sperimentando prima sulla parte povera del mondo, e poi come uno tsunami rovesciato, anche sulll’occidente ricco - le battaglie dei francesi contro la precarizzazione come regola del lavorolo scorso marzo lo dimostrano.

Dai minatori dell’Ucraina ai trasportatori di sulfuri in Indonesia, Nigeria, Pakistan, ai lavoratori dell’acciaio in Cina alla Germania nel cuore dell’occidente, Workingman’s Death filma volti e luoghi, fatica, violenza, sfruttamento di questo lavoro manuale invisibile usando con sapienza tecnologia e estetica. Alle parole dei minatori ucraini ripresi con la condivisione delle sforzo, striciare insieme a loro nei cunicoli, si contrappongono immagini e immaginario dell’epoca sovietica, il modello dell’eroismo produttivo si Stakhanov contro il liberismo selvaggio che li divora e al quale non hanno più nulla da contrapporre. «Siamo nati nella sofferenza perché nulla in questo paese è come dovrebbe essere» dice qualcuno.

La materia è dunque il contemporaneo, la cifra visuale che ha scatenato qualche polemica con le accuse di un eccesso «estetizzante» tra i detrattori alla presentazione nella scorsa Mostra di Venezia, ha il piglio della distanza ravvicinata, cercando cioè di rendere nelle singole immagini fatica e durezza delle situazioni filmate. Eppure qualcosa non convince (ma «l’estetizzante performativo» non c’entra) in questo documentario, più vistoso che epico come aspirerebbe invece a essere. Glawogger intanto non rischia il racconto in prima persona, i suoi uomini al lavoro narrano se stessi e al tempo stesso si ha l’impressione che restino sconosciuti.

Cifre, quasi fossimo un una statistica, o come se il soggetto fosse abbastanza a garantire la forza del suo lavoro. Non ci sono spazi da riempire per lo spettatore, zone di consapevolezza o di riflessione: tutto è dato, tutto è lì, il mondo con le sue disgrazie che fa impressione, forse crea angoscia, e però è remoto, quasi che in fondo, persino tra i paesaggi familiari tedeschi non ci riguardasse, fosse qualcosa non dentro al nostro presente e al nostro quotidiano da combattere. Le immagini di Glawogger si contemplano, sopraffanno ma non sconvolgono. Lo splendore delle miniere di carbone, i mattatoi nigeriani a cielo aperto, le navi demolite sulle coste dell’oceano indiano compongono un catalogo di miseria dentro al quale tutto è già deciso. Senza possibilità di replica.

http://www.ilmanifesto.it/Quotidian...

Workingman’s Death
(Workingman’s Death) Austria/Germania, 2005, Documentario, 122’, Fandango, 30-JUN-06
 
Fotografia: Wolfgang Thaler,
Montaggio: Monika Willi, Ilse Buchelt,
Musica: John Zorn,
Regia: Michael Glawogger,
Sceneggiatura: Michael Glawogger,

Sito orig. :

http://www.workingmansdeath.com/


http://www.edoneo.org/