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La polizia, la giustizia e la lotta di classe

Publie le lunedì 14 maggio 2007 par Open-Publishing

Dazibao Movimenti Polizia Governi Storia

di Giustiniano Rossi

È di questi giorni la notizia, riferita da Angelo Pagliaro sul sito Internet indicato qui di seguito
http://www.rivistaonline.com/Rivist...
della prima sentenza sulle violenze del G8 a Genova, "che condanna lo Stato a risarcire Marina Spaccini, 50 anni, pediatra triestina, per il pestaggio che subì da parte della Polizia in via Assarotti, a Genova, nel pomeriggio del 20 luglio 2001".

"Da 6 anni migliaia di giovani di tutte le nazioni del mondo, che recano dentro e fuori i loro corpi i "segni di Genova" attendevano questa sentenza".

"Il giudice istruttore, Angela Latella, della seconda sezione del tribunale civile di Genova, ha scritto nella sentenza che al G8 di Genova, almeno il 20 luglio in piazza Manin, la polizia di Stato ha picchiato, senza motivo, persone inermi come i pacifici militanti dell’associazione pacifista Rete Lilliput".

Nelle motivazioni, rese pubbliche nei giorni scorsi, si legge inoltre: "Emerge come accertata in tutta la sua drammaticità l’aggressione subita da Marina Spaccini ad opera di un’appartenente alle forze dell’ordine". La pediatra triestina, felice per l’esito della sua battaglia, ha rivolto un semplice appello ai mass media: "Ora spero se ne parli".

Accogliamo l’invito : parliamone delle forze dell’ordine e del loro comportamento, estendendo il discorso al comportamento della magistratura, delle forze politiche di destra e di “sinistra” e dello stato borghese in generale per contribuire alla formazione di una coscienza che, al di là della dimensione individuale, torni ad essere collettiva e di classe.

Il 12 maggio 1977 – giusto trent’anni prima che i teocon nostrani o, per meglio dire, 26 000 parrocchie italiane, organizzassero il Family Day all’amatriciana di San Giovanni in Laterano con la partecipazione di prelati, mamme, bambini, giovani precocemente vecchi malgrado i tatuaggi ed i piercing, Berlusconi, Fini e la loro corte dei miracoli, la presenza di due ministri, dico due, del governo Prodi - la polizia caricava a Roma una pacifica dimostrazione, indetta per ricordare il terzo anniversario della vittoria del referendum sul divorzio, facendo largo uso di armi da fuoco : restava uccisa Giorgiana Masi e venivano feriti altri 7 giovani, tra i quali Elena Ascione. Fra gli agenti di PS che aprirono il fuoco venne ritratto in una foto Giovanni Santone, in forza alla squadra mobile.
I responsabili della morte di Giorgiana sono rimasti ignoti.

L’evento – le forze dell’ordine che sparano sui manifestanti, feriscono ed uccidono, picchiano e torturano con poche o punte conseguenze penali per i responsabili – non era e non è eccezionale.

Per dimostrarlo, scegliendo volutamente come anno zero della nostra cronistoria un anno-simbolo per tutte le forze di progresso, il 1968, ricordiamo che :

• Il 2 dicembre 1968 ad Avola (Siracusa) la polizia apre il fuoco contro una manifestazione di operai e braccianti, in agitazione nel quadro di una settimana di scioperi per il rinnovo del contratto di lavoro, uccidendo Giuseppe Scibilia ed Angelo Sigona.

• Il 9 aprile 1969 a Battipaglia viene caricata violentemente una manifestazione di operai e braccianti, che chiedevano terra e lavoro, dalla polizia che spara, uccidendo Teresa Ricciardi e Carmine Citro, 19 anni e ferendo molti altri manifestanti.

• Il 27 ottobre 1969, a Pisa, la polizia carica i manifestanti del movimento, uccidendo con un candelotto lacrimogeno sparato a tiro teso ed altezza d’uomo lo studente Cesare Pardini, numerosi altri manifestanti rimangono feriti.

Intervenendo al Senato per riferire sull’uccisione da parte della polizia di Cesare Pardini, il ministro dell’Interno Franco Restivo afferma :"Questi avvenimenti, che purtroppo hanno avuto la loro vittima, ci ammoniscono ad opporci all’eversivo operare di minoranze di facinorosi che, trasformando anche le più civili manifestazioni in violenti tumulti, perseguono il fine di turbare gli animi, di esasperare le passioni e di attentare all’ordine democratico".

• Il 30 novembre 1969, a Napoli, nel carcere di Poggioreale, si uccide Domenico Criscuolo, tassista incarcerato in occasione di una manifestazione sindacale caricata dalla polizia il 13 ottobre. Aveva appena avuto un colloquio con la moglie, che non sapeva come procurarsi il denaro per vivere, insieme ai 5 figli.

• A Reggio Calabria, il 14 luglio 1970 si verificano dimostrazioni e scontri fra forze di polizia e popolazione alla notizia che é stata prescelta la città di Catanzaro come capoluogo di regione. Nel corso degli scontri, la polizia uccide il ferroviere Bruno Labate. Il 27 settembre 1970, nel corso di incidenti con i manifestanti per « Reggio capoluogo », la polizia ucciderà Angelo Campanella. Il 17 settembre 1971, sempre nel corso di incidenti con dimostranti per Reggio capoluogo, le forze di polizia faranno ancora uso di armi da fuoco uccidendo Carmelo Jaconis.

• Il 12 dicembre 1970, a Milano, la polizia guidata dal vice questore
Vittoria carica con lacrimogeni e pestaggi un corteo indetto dalla sinistra extraparlamentare nell’anniversario della ‘strage di Stato’, e per solidarizzare con i militanti dell’Eta sotto processo a Burgos, uccidendo Saverio Saltarelli di 22 anni, provocando decine di feriti fra i quali il giornalista Giuseppe Carpi, colpito da un proiettile.

• Il 2 febbraio 1971, a Foggia, nel corso di uno sciopero la polizia apre il fuoco uccidendo il bracciante Domenico Centola.

• Il 6 giugno 1971, a Milano, nel corso dello sgombero di una palazzina Iacp di via Tibaldi, occupata da decine di famiglie operaie, il denso fumo provocato da decine di candelotti lacrimogeni sparati dalle forze di polizia provoca la morte di Massimiliano Ferretti, di 7 mesi, malato di cuore e affetto da bronchite.

• Il 12 giugno 1971, a Palermo, un attivista del Partito repubblicano, Michele Guaresi di 32 anni, viene ucciso con un colpo di pistola da un agente di Ps perché sorpreso ad affiggere manifesti elettorali del suo partito dopo il termine consentito.

• L’11 marzo 1972, a Milano, la Questura autorizza un raduno della maggioranza silenziosa che raccoglie alcune centinaia di persone a piazza Castello; a margine di questa manifestazione, vengono malmenati un cronista del "Giorno" e un fotografo. La Questura vieta per contro la piazza alla sinistra extraparlamentare che vuole manifestare per la libertà di Valpreda (in carcere, innocente, per la strage di Piazza Fontana) e contro il governo Andreotti e la ‘strage di Stato’. I giovani si radunano egualmente in vari punti della città ed impegnano la polizia, tenendo il centro per tutto il pomeriggio. Rimane ucciso da un candelotto lacrimogeno sparato ad altezza d’uomo dalla polizia il pensionato Giuseppe Tavecchio e si contano 40 feriti. Nei giorni seguenti, perquisizioni a tappeto, la Questura annuncia 99 arresti.

• Il 5 maggio 1972, a Pisa, le forze di polizia caricano i militanti della sinistra extraparlamentare che contestano il comizio del missino Niccolai, provocando decine di feriti e procedendo a 20 arresti. Fra questi, l’anarchico Franco Serantini di vent’anni, che al momento del fermo viene selvaggiamente percosso con i calci dei fucili, pugni e calci. Morirà due giorni dopo nel carcere di Pisa, privo di cure, per frattura della scatola cranica. Anche a Bergamo, le forze di polizia caricano violentemente i militanti di sinistra che contestano il comizio del deputato neofascista Tremaglia (lo stesso che diventerà, trent’anni dopo, ministro nel governo Berlusconi), provocando il ferimento di 15 giovani.

• Il 23 gennaio 1973, a Milano, in serata 100 poliziotti agli ordini dei vice questori Paolella e Cardile e del tenente Vincenzo Addante circondano la Bocconi contro una manifestazione di studenti del movimento, indetta per protestare contro i provvedimenti repressivi della libertà di riunione, adottati sulla scia di quelli alla Statale. Un agente di Ps apre il fuoco contro i manifestanti in fuga, colpendo a morte lo studente Roberto Franceschi. Rimane ferito anche l’operaio Roberto Piacentini, al quale una pallottola sfiora un polmone. Il giorno seguente, in gravissime condizioni, verrà incriminato per ben 5 reati. Si verifica nei giorni successivi un rimbalzo di responsabilità per l’intervento della polizia fra il rettore Giordano Dell’Amore e la Questura, che avanza la versione dell’ ‘agente in preda a raptus’.

• Il 24 febbraio 1974, a Firenze, nel corso di una protesta inscenata dai detenuti nel carcere cittadino Le Murate, un secondino uccide con una raffica di mitra Giancarlo Del Padrone, di 20 anni, mentre altri 4 rimangono feriti.

• Il 10 maggio 1974, ad Alessandria, una rivolta dei detenuti che avevano preso degli ostaggi, viene stroncata dal procuratore generale di Torino, Carlo Reviglio Della Veneria e dal generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa che ordinano un attacco militare che si conclude con l’uccisione di 2 detenuti, di 2 secondini, del medico del carcere e di una assistente sociale.

• L’8 settembre 1974, a Roma, si rinnovano gli interventi repressivi della polizia nel quartiere san Basilio contro gli occupanti di case, anche con l’uso di armi da fuoco che uccidono il militante di sinistra Fabrizio Ceruso.

• Il 17 aprile 1975, in molte città, si svolgono manifestazioni di protesta per l’uccisione di Claudio Varalli da parte del fascista Braggion. A Milano, la manifestazione è repressa dalla polizia con ampio uso di armi da fuoco. Un manifestante, l’insegnante Giannino Zibecchi di 27 anni, è ucciso da un camion dei carabinieri guidato dal milite Sergio Chiairieri, salito sul marciapiede per caricare i partecipanti.

• Il 18 aprile 1975, a Firenze, una manifestazione antifascista organizzata dall’Anpi è attaccata dalla polizia con l’uso di armi da fuoco. Un agente di Ps, Orazio Basile, uccide Rodolfo Boschi e ferisce Alfredo Panichi.

• Il 16 maggio 1975, a Napoli, la polizia carica i disoccupati che hanno occupato la sala consiliare del Comune, provocando 34 feriti e travolgendo con un automezzo Gennaro Costantino, determinandone la morte. Numerosi sono gli arrestati fra i dimostranti, che si sono difesi con sassaiole, impegnando la polizia in scontri.

• Il 7 luglio 1975, a Roma, il vicebrigadiere di Ps Antonio Tuzzolino, recatosi con altri nell’appartamento di Anna Maria Mantini, sospettata di appartenere ai Nap, la uccide con un colpo di pistola in fronte, senza alcuna motivazione logica essendo la ragazza disarmata. La comunicazione giudiziaria a suo carico il giorno successivo, non avrà alcun seguito rivestendo un carattere meramente formale. Lo stesso giorno nella capitale, un agente di Ps uccide Rosaria Palladino di 25 anni, perchè aveva sospettato che tenesse nella borsetta una pistola.

• Il 22 novembre 1975, a Roma, nel corso di una manifestazione a favore della liberazione dell’Angola dal dominio portoghese, i carabinieri aprono il fuoco uccidendo il diciottenne Pietro Bruno e ferendo gravemente altri 3 militanti di sinistra.

• Il 14 marzo 1976, a Roma, davanti all’Ambasciata spagnola è stata indetta una manifestazione antifranchista dalla sinistra rivoluzionaria e movimento studentesco, caricata dalla polizia che si lancia in caroselli al Pincio ed uccide un anziano, Mario Marotta, che passeggiava in via Belvedere, e ferisce uno studente.

• Il 7 aprile 1976, a Roma, in occasione della trattazione in Cassazione del caso Marini, per il quale è riconfermata la condanna, manifestano gli anarchici e la sinistra rivoluzionaria dinanzi al ‘Palazzaccio’ e al ministero di Grazia e giustizia. Il secondino Domenico Velluto, in servizio dinanzi al ministero, spara contro alcuni giovani che avevano lanciato delle bottiglie molotov contro l’edificio, uccidendo con un colpo alla nuca il 21enne Mario Salvi.

• L’11 marzo 1977, a Bologna, la polizia carica i militanti di sinistra e del movimento che manifestano per le vie cittadine. I carabinieri aprono il fuoco, uccidendo Pier Francesco Lorusso di Lotta continua. I giovani continuano a manifestare, caricati a più riprese. Sono arrestate in seguito agli scontri 45 persone fra cui Renato Resca, Nicola Rastigliano, Diego Benecchi, Alberto Armaroli, Mauro Collina, Raffaele Bertoncelli, Giancarlo Zecchini, Albino Bonomi, Fausto Bolzani, Carlo Degli Esposti, fra gli altri.

• Il 22 marzo 1977, a Roma, l’agente di Ps Claudio Graziosi è ucciso su un autobus mentre tenta di arrestare Maria Pia Vianale, senza darsi conto che accanto vi è un suo compagno armato. In seguito al fatto, la polizia scatena una caccia all’uomo, nel corso della quale viene ucciso ‘per errore’ Angelo Cerrai.

• Il 7 gennaio 1978, a Roma, in via Acca Larentia, le forze di polizia intervengono contro i militanti neofascisti che manifestano per protestare contro l’uccisione di Stefano Bigonzetti e Francesco Ciavatta da parte di avversari politici rimasti ignoti. La polizia fa uso delle armi da fuoco e uccide Stefano Recchioni.

• Il 3 gennaio 1979, a Roma, una pattuglia di carabinieri ferisce in modo grave, sparandogli, Alberto Di Cori, impegnato a tracciare scritte sui muri nelle vicinanze della residenza privata di Giulio Andreotti.

• Il 10 gennaio 1979, a Roma, nel corso di incidenti con le forze di polizia, viene ucciso con un colpo di pistola alle spalle, il militante neofascista Alberto Giaquinto, di 18 anni.

• Il 1° febbraio 1980 , a Roma, i carabinieri uccidono Maria Minci, nel quartiere Montesacro, nel corso, affermeranno successivamente, di un’operazione anti terrorismo, per ‘errore’.

• Il 6 gennaio 1981, a Roma, nel corso di un controllo anti- terrorismo, la Digos uccide ‘per errore’ Laura Rendina.

• Il 26 luglio 1981, a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), agenti di polizia in borghese appostati sotto l’abitazione di Roberto Peci, uccidono Vincenzo Illuminati che, in compagnia della fidanzata, non si era fermato all’alt temendo di avere a che fare con dei banditi.

• Il 9 marzo 1985, a Trieste, nel corso dell’operazione finalizzata all’arresto dell’autonomo Pietro Maria Greco, alla quale partecipano l’agente di Ps Mario Passanisi, il vice ispettore Giuseppe Guidi, l’agente di Ps Nunzio Romano in forza al Sisde ed altri, il giovane viene ucciso benché non avesse opposto resistenza e fosse disarmato.

• Il 20 febbraio 1986, a Milano, la polizia uccide nel corso di un’operazione di ordine pubblico il militante di Democrazia proletaria Luca Rossi.

• Il 21 luglio del 2001, a Genova blindata dal governo Berlusconi-Fini in occasione del vertice del G8, da una camionetta dei carabinieri, circondata da alcuni ragazzi armati di soli oggetti contundenti, parte un proiettile che colpisce alla testa Carlo Giuliani, 23 anni. Per inscenare l’incidente, non sapendosi filmati, i carabinieri innescano la retromarcia e la camionetta passa sul corpo del ragazzo già caduto a terra in una pozza di sangue. Il giorno seguente, 200.000 persone accorrono per la dimostrazione finale unitaria e per protestare contro l’uccisione di Carlo. Le forze di polizia prendono a pretesto l’azione di alcuni gruppi di giovani, i « Black Bloc », che spaccano le vetrine di alcune banche e bruciano macchine di lusso, e caricano con lanci di lacrimogeni e pestaggi indiscriminati la folla di manifestanti, per la gran parte indifesi e privi di servizi d’ordine.

Diverse testimonianze parlano di infiltrati. La giornata si chiude con un altro pestaggio nella scuola Diaz, messa a disposizione dal Comune per accogliere i giovani, operato dalle forze di polizia, che effettuano decine di arresti e provvedono altresì a fracassare, nella scuola adibita a sede del Genoa social forum, i computer, e ad asportare il materiale fotografico e video che gli organizzatori hanno raccolto per documentare le violenze della polizia e la morte di Carlo. Da venerdi’ 20 a domenica 22 luglio 2001, 150 manifestanti, fra i quali 40 già picchiati alla scuola Diaz, vengono arrestati e condotti alla caserma di Genova-Bolzaneto : 83 di loro testimonieranno di esservi stati torturati. Non essendo previsto nel nostro ordinamento uno specifico reato di tortura, la Procura della Repubblica chiede il rinvio a giudizio di 14 agenti e dirigenti della polizia normale, 16 di quella penitenziaria, 2 carabinieri, 5 fra medici e infermieri per i reati di abuso d’ufficio, lesioni, percosse, ingiurie, violenza privata, abuso di autorità contro gli arrestati, minacce, falso, omissione di referto, favoreggiamento.

Questa macabra lista non é, senza dubbio, completa, ma é sufficiente per fornire alcuni importanti elementi di riflessione relativamente alla gestione dell’ordine pubblico ed all’amministrazione della giustizia nel nostro Paese. Ne emergono tre gruppi ben distinti.

Fanno parte del primo, nel Meridione d’Italia, braccianti, operai, disoccupati:

essi hanno raramente diritto a uN processo

• (Giuseppe Scibilia ed Angelo Sigona, Avola 1968 - Teresa Ricciardi e Carmine Citro (Battipaglia 1969) - Domenico Criscuolo, Napoli 1969 – Bruno Labate, Angelo Campanella, Carmelo Jaconis, Reggio Calabria 1970 e 1971 – Domenico Centola, Foggia 1971 – Gennaro Costantino, Napoli 1975). Quando si arriva ad un processo, gli imputati non sono le forze dell’ordine, ma i manifestanti: il 9 novembre 1970 ad Avola (Siracusa), il giudice istruttore Dionisio Mangiacasale invia 85 mandati di comparizione ad altrettanti braccianti, per i reati di ‘blocco stradale’, ‘resistenza a pubblico ufficiale’, ‘violenza’, a seguito della repressione poliziesca del 2 dicembre 1968 che è costata la vita a Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona mentre, in relazione alla manifestazione conclusasi con la morte di Teresa Ricciardi e di Carmine Citro (Battipaglia 1969), vengono incriminate 119 persone per blocco stradale, violenza e resistenza a pubblico ufficiale.

Fanno parte del secondo gruppo, in tutta la Penisola, i morti “per errore”:

ESSI non hanno mai diritto a uN processo

• (Massimiliano Ferretti, Milano 1971 - Michele Guaresi, Palermo 1971 - . Anna Maria Mantini, Roma 1975 - Rosaria Palladino, Roma 1975 – Mario Marotta, Roma 1976 - Angelo Cerrai, Roma 1977 - Alberto Di Cori, Roma 1979 – Maria Minci, , Roma 1980 – Laura Rendina, , Roma 1981 - Vincenzo Illuminati, San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) 1981 – Pietro Maria Greco, Trieste 1985)

Il terzo gruppo di morti , da Roma verso Nord, comprende operai, studenti, cittadini tout court, perfino dei giovanissimi neofascisti:

essi hanno diritto ad un processo: Ecco quale.

Per punire i responsabili della morte di

1. Cesare Pardini, studente (Pisa 1969) vengono spiccati 12 mandati di cattura per ‘radunata sediziosa, resistenza, violenza privata, lesioni aggravate, danneggiamento aggravato, detenzione, uso e trasporto di materiali esplosivi’. 5 manifestanti (3 operai e 2 studenti) sono arrestati e tradotti nel carcere di Livorno, altri 7 si rendono latitanti.

2. Saverio Saltarelli, studente (Milano 1970) saranno successivamente inquisiti il capitano dei carabinieri Antonio Chirivi e il capitano di Ps Alberto Antonietti. Il 16 luglio 1975 il quotidiano comunista "L’Unità" riporterà uno stralcio dell’ordinanza istruttoria sulla morte di Saverio Saltarelli, che vede come indiziati di reato il capitano dei carabinieri Antonio Chirivì e il capitano di Pubblica sicurezza Alberto Antonietti. Il magistrato ammette che da parte degli organi giudiziari e di polizia "è evidente che fu posto in essere un ostruzionismo sottile, bizantino, fondato su manipolazioni procedurali, che ha avuto quale unico effetto quello di allontanare nel tempo l’accertamento della verità". Il 1° luglio 1976, a Milano, verrà condannato per omicidio colposo, in relazione alla morte di Saverio Saltarelli, il capitano di Ps Alberto Antonetti a 9 mesi con la concessione delle attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena e la non menzione.

3. Giuseppe Tavecchio, pensionato (Milano 1972) verrà incriminato per ‘omicidio colposo’, il capitano di Ps Dario Del Medico, condannato in primo grado e, infine, assolto in appello perché ‘il fatto non costituisce reato’

4. Franco Serantini, studente (Pisa 1972) il pretore condannerà il capitano di Ps Amerigo Albini e l’agente Giovanni Colantoni a 6 mesi e 10 giorni di reclusione per ‘falsa testimonianza’. Il 19 gennaio 1977, il Tribunale di Pisa modificherà la sentenza emessa dal pretore il 1° ottobre 1975, assolvendo il capitano di Ps Amerigo Albini e l’agente Giovanni Colantoni accusati di ‘falsa testimonianza’.

5. Roberto Franceschi, studente (Milano 1973) il 18 luglio 1979, a Milano, saranno assolti gli agenti incriminati per la impossibilità, a giudizio del Tribunale, di stabilire la dinamica dei fatti; assolti con formula dubitativa anche i manifestanti Piacentini e Cusani. L’unica condanna è per ‘falsa testimonianza’, al capitano Savarese e all’agente Puglisi.

6. Giannino Zibecchi, insegnante (Milano 1975) i tre militi inquisiti per l’uccisione saranno definitivamente scagionati nel novembre 1980.

7. Rodolfo Boschi, operaio (Firenze 1975) l’8 aprile 1977, l’agente di Ps Orazio Basile sarà condannato a 8 mesi con la condizionale per ‘eccesso colposo di legittima difesa’; 10 anni di reclusione saranno inflitti invece a Francesco Panichi, imputato di reati minori.

8. Pietro Bruno, studente (Roma, 1975) saranno inquisiti il sottotenente dei carabinieri Saverio Bosio, il carabiniere Pietro Colantuono e l’agente di Ps Romano Tammaro. Il giudice istruttore Pasquale Lacanna nella sua ordinanza di proscioglimento scriverà: "se per la difesa dei superiori interessi dello Stato, congiuntamente alla difesa personale, si è costretti ad una reazione proporzionata alla offesa, si può compiangere la sorte di un cittadino la cui vita è stata stroncata nel fiore degli anni ma non si possono ignorare fondamentali principi di diritto. La colpa della perdita di una vita umana è da ascrivere alla irresponsabilità di chi, insofferente della civile vita democratica, semina odio tra i cittadini".

9. Mario Salvi, studente (Roma, 1976) il 7 luglio 1977, a Roma, il Tribunale assolverà il secondino Domenico Velluto dall’accusa di ‘omicidio preterintenzionale’ per "aver fatto uso legittimo delle armi".

10. Francesco Lorusso, studente (Bologna 1977) sarà inquisito il capitano dei carabinieri Pietro Pistolese. Il 22 ottobre 1977, la sezione istruttoria della Corte di appello di Bologna annullerà il mandato di cattura a carico del carabiniere Massimo Tramontani.

11. Stefano Recchioni, studente (Roma 1978) sarà inquisito il capitano dei carabinieri Sivori, successivamente prosciolto da ogni addebito.

12. Alberto Giaquinto, studente (Roma 1979) la polizia si discolperà affermando che il giovane era armato, ma sarà smentita dalle risultanze processuali, ed il 3 dicembre 1981, a Roma, il giudice istruttore Ettore Torri rinvierà a giudizio per ‘eccesso colposo nell’uso delle armi’ l’appuntato di Ps Alessio Speranza.

13. Carlo Giuliani, studente (Genova 2001) verrà accusato di omicidio - e poi prosciolto, per uso legittimo delle armi - un ex-carabiniere, Mario Placanica.

Da questa, necessariamente e tristemente, lunga ricostruzione risulta chiaro che le vicende processuali relative ai fatti di Genova o quelle riguardanti la morte di Giorgiana Masi, insieme a tutte le altre, senza eccezioni, che ricordano altrettanti momenti della lotta di classe nel nostro paese, sono simili su un punto essenziale : la quasi impunità di appartenenti alle forze dell’ordine che fanno uso di armi da guerra contro manifestanti generalmente inermi, battono, feriscono, torturano cittadini che scendono in piazza avendo come unica arma le loro idee.

Gli appartenenti alle forze dell’ordine, le rarissime volte in cui arrivano in un’aula di tribunale, spesso non ricordano, sono in preda alla confusione, sostengono di essere stati vittime di un raptus, forniscono versioni false, intralciano con ogni mezzo l’accertamento della verità (sono le parole di un magistrato) e finiscono, sempre e comunque, con l’essere condannati a pene lievissime, quando non sono addirittura assolti « per eccesso di legittima difesa » o « per non aver commesso il fatto ».

Ai manifestanti sopravvissuti è riservato, invece, ben altro trattamento. Essi, che affrontano a mani nude uomini provvisti di armi da fuoco, muniti di automezzi blindati, vengono generalmente accusati di resistenza a pubblico ufficiale, violenza, lesioni od altri reati ancora più gravi e subiscono spesso condanne tanto sproporzionate alle loro responsabilità quanto quelle comminate, ma in senso opposto, alle forze dell’ordine.

Purtroppo, su questo terreno il governo Prodi, costituito da una coalizione resa indispensabile dall’urgenza di sconfiggere il cartello delle destre diretto da Berlusconi, nella quale la sinistra conta quanto il due di briscola, è perfino più a destra del giurista Cesare Beccaria, che già nel lontano 1764, nel suo « Dei delitti e delle pene » si scagliava contro la pena di morte e denunciava la pratica della tortura.

Pur non avendo nel proprio codice la pena di morte, l’Italia é un paese dove l’elenco, non certo esaustivo, degli episodi - che si concludono in modo cruento - della lotta fra i rappresentanti del potere e quanti lo criticano, fornisce la prova che quella pena viene comunque subita da cittadini generalmente inermi, che manifestano le loro opinioni politiche, chiedono la soddisfazione di bisogni primari, come l’istruzione o la casa, condizioni di detenzione umane, lottano per il contratto di lavoro o semplicemente per averne uno, e tralasciamo volutamente i casi-limite.

Per quanto riguarda il reato di tortura, esso è tuttora assente dal nostro ordinamento, ma nel senso che non ne è prevista la sanzione penale, mentre la sua pratica purtroppo non è rara in tanti, troppi commissariati, caserme, prigioni, nelle strade e nelle piazze del nostro Paese, come i fatti sopra riportati dimostrano ampiamente.

Nello stesso anno, il 2001, in cui veniva ucciso a Genova Carlo Giuliani, quando il primo commento, dopo la sua morte, del vicepresidente del governo Berlusconi, il postfascista Fini, fu « se l’é cercata », a Napoli, il 17 marzo, veniva caricato il corteo organizzato dalla rete campana « No global » per protestare contro il Global Forum nella sua giornata conclusiva.

A quella data – siamo nel marzo 2001 – il governo era presieduto da Giuliano Amato, attuale Ministro degli Interni, ma la sorte dei manifestanti non fu per questo meno dura: 2 arrestati, 21 denunciati, oltre 200 feriti, diversi dei quali prelevati dagli ospedali e condotti, insieme agli altri fermati, alla caserma Raniero dove, secondo le denunce presentate successivamente, i dimostranti fermati sarebbero stati sottoposti a sevizie.

Non intendiamo certo affermare che esiste una sorta di continuità o, peggio, di contiguità, fra la politica dei governi di destra e di quelli di « sinistra » come certi propagandisti della fine di concetti a loro dire superati come quello di « destra » e di « sinistra » si sforzano di far credere, bensi’ richiamare l’attenzione sulla necessità di recuperare, anche su questo terreno, un’autonomia ideologica, politica e culturale da parte della sinistra d’alternativa.

Non crediamo – e i fatti sono li’ a dimostrarlo – che dalle forze dell’ordine e dalla magistratura ci si debba aspettare comportamenti diversi da quelli che sono generalmente praticati, il che naturalmente non significa che, ad esempio, non si debba e non si possa lottare perché l’etica professionale della polizia diventi quella di un paese civile ed il comportamento della magistratura sia quello di un potere indipendente anche quando sul banco degli accusati c’é un rappresentante dello stato borghese, che fa di tale indipendenza uno dei capisaldi del suo sistema.

Quello che vogliamo ricordare é che la struttura intrinseca della polizia e della magistratura rende si’ indispensabile l’impegno di tutti per far finalmente corrispondere la teoria alla pratica, i discorsi ai comportamenti, senza dimenticare pero’ che una tale battaglia si colloca sul terreno della tattica, non su quello della strategia, che deve essere quella di una società « altra », nella quale queste istituzioni avranno, noi crediamo, ben diversa natura e ben diverse finalità.

Parigi, 14 maggio 2007