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AI VERI COMPAGNI ANCORA PRESENTI NEL PRC

Publie le giovedì 3 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

di Lucio Garofalo

Con questa breve missiva intendo rivolgermi principalmente ai militanti e simpatizzanti di base del Prc, a tutti i compagni che non sono stati ancora corrotti dal virus del potere e dell’ideologia borghese, che invece ha contagiato una parte consistente dei quadri dirigenti, quei "forchettoni rossi" che si accingono ad affossare definitivamente un partito in agonia, senza concedergli nemmeno la cerimonia delle esequie. Anzi, la liturgia funebre sta per essere celebrata direttamente nella fase congressuale in corso in questi giorni.

E’ ormai evidente che il Prc è un partito profondamente e irrimediabilmente malato, incancrenito, praticamente esanime, che sopravvive solo grazie alle ingenti trasfusioni di sangue generosamente (ed ingenuamente) donato dai compagni della base.

Lo si intuisce da molteplici sintomi, anche (ma non solo) dal riemergere di pratiche, metodi e comportamenti che sono a dir poco discutibili, indegni di un partito realmente libero, democratico, progressista, a maggior ragione se si tratta di una forza politica che si dichiara ancora "comunista" (almeno in alcuni proclami teorici e propagandistici), un organismo politico che annovera al suo interno diverse componenti e soggettività (si pensi, ad esempio, ai sedicenti "poeti" quali Vendola) che si richiamano ad una tradizione di civiltà, correttezza e moralità pubblica. Per la serie "da che pulpito viene la predica".

Non che in passato il partito fosse esente da "stranezze" e "anomalie" di ordine non semplicemente formale, ma i frequenti e deprecabili casi di doping del tesseramento (tanto per essere espliciti) nell’attuale fase congressuale di Rifondazione sono la spia inquietante di una crescente degenerazione burocratica, di una corruzione morale, ideologica e politica dilagante, che non trova riscontri e precedenti nella sua storia. Tali "episodi" sono il segnale di un declino inarrestabile che preannuncia la fine più ignobile ed ingloriosa.

Dopo la disfatta elettorale era lecito attendersi un tentativo di riscossa e rinascita, ma se lo sforzo per riprendersi dallo stato comatoso è quel deprecabile tipo di gestione, per nulla corretta e trasparente, quella partecipazione dopata a cui si assiste in numerosi congressi di circolo, allora significa che il partito, già esangue da tempo, è ormai ridotto alla fase terminale della sua lunga degenza clinica.

Invece di essere l’occasione per promuovere un momento di autentica ed intensa partecipazione politica diretta, di "democrazia orizzontale" (un concetto che piace tanto, almeno a chiacchiere, a personaggi ambigui ed ipocriti quali Bertinotti, Vendola e i loro adepti) a partire dalle istanze di critica e di rinnovamento effettivo, dai bisogni radicali di trasparenza e di libero confronto, dalle legittime richieste e rivendicazioni democratiche provenienti dal basso, ossia dagli attivisti e dai militanti della base (e, perchè no, anche dai semplici simpatizzanti, pur non potendo esercitare alcun diritto di voto), questo congresso si sta rivelando un’altra amara e fallimentare esperienza che tradisce la reale natura autoritaria, liberticida e antidemocratica del Prc: un covo di burocrati forchettoni.

Si sta consumando l’atto finale di una triste vicenda in cui riaffiorano procedure, stili e orientamenti che sono quantomeno esecrabili.