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Liberazione e il congresso, una scesa in campo pesante

Publie le sabato 5 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Liberazione e il congresso, una scesa in campo pesante

di Maurizio Acerbo

Fare a pezzi Rifondazione non mi pare un buon modo per ricostruire la sinistra in questo paese. Lo scrivevo quando ancora cercavamo di evitare una conta in un congresso a mozioni. Lo scenario che ci appariva prevedibile si sta configurando anche oltre le più pessimistiche previsioni. Un grande quotidiano è giunto a scrivere che “la fine di Rifondazione è iniziata il 3 luglio 2008″. Francamente non si sentiva davvero il bisogno che anche il giornale (che dovrebbe essere di tutto il partito) scendesse in campo così pesantemente come è accaduto ieri.

Tutti conoscono le opinioni di Piero Sansonetti e probabilmente di una parte consistente della redazione. Bisogna avere delle fette di prosciutto davanti agli occhi per non accorgersene visto che non sono mai state tenute nascoste. Il rispetto per l’autonomia del giornale non è mai venuto meno, anche davanti a scelte che a volte sono apparse faziose e poco rispettose del dibattito interno. La passione per le proprie opinioni andrebbe però coniugata con un minimo di senso di responsabilità nei confronti dei compagni e delle compagne che la pensano in maniera differente. Schierare il giornale nella battaglia interna dubito che serva a qualcosa (nemmeno alla causa che si sostiene), certamente semina ulteriori lacerazioni in una comunità già ampiamente provata. Che il nostro giornale apertamente delegittimi la commissione nazionale per il congresso mi sembra davvero troppo.

Che lo faccia assumendo come dati di fatto i giudizi espressi dagli esponenti di una mozione è inaccettabile. Proprio per il carattere distruttivo che sta assumendo lo scontro interno auspicherei che il giornale formulasse domande più che dispensare sentenze, oltretutto sommarie. Grazie a Basaglia e alla legge 180 i compagni e le compagne della commissione non corrono il rischio di essere internati, ma francamente prima di titolare sulla “pazzia” era meglio contare fino a tre. Non scendo nei particolari di quanto deliberato dalla commissione sul congresso di Reggio Calabria per il semplice fatto che Liberazione non mi ha fornito elementi di giudizio oggettivi, ma soltanto le opinioni piuttosto concitate di una mozione. Faccio notare che quello di presentare ricorsi rispetto ad eventuali irregolarità del tesseramento e/o dello svolgimento dei congressi è un diritto per i compagni che ritengono di avere fondati motivi per esercitarlo e che la commissione ha il dovere di esaminare ed esprimersi nel merito. Se la commissione cestinasse i ricorsi dimostrerebbe un atteggiamento omissivo grave almeno quanto l’assumere decisioni ingiuste ed arbitrarie.

Al contrario dei giustizialisti, noi siamo abituati a discutere le sentenze entrando nel merito. Altra cosa è delegittimare i giudici per partito preso, come fa Berlusconi. Spero che il direttore non se la prenda, ma la sincerità in certe occasioni è indispensabile. Per fare pace dico esplicitamente che non condivido “un’idea di partito avanguardistico, minoritario, molto ideologico”, ma non mi sembra questo oggi l’oggetto del contendere. Chi scrive è assai preoccupato per il tunnel che abbiamo imboccato e non prova alcuna soddisfazione a investire energie nello scontro interno e nella polemica rabbiosa con compagni e compagne con cui ha vissuto una lunga e intensa esperienza di militanza. Preferirei, come la gran parte dei nostri iscritti, che la nostra rabbia possibilmente si esercitasse nel dare finalmente il via ad un’opposizione alle destre di cui il paese ha assolutamente bisogno.

Non vedo l’ora di tornare a praticare la disobbedienza sociale e civile, non dentro il congresso ma contrastando le scelte disumane di questo governo. Per questo invito i compagni della mozione 2 che so essere convinti del carattere sacrosanto della loro pubblica protesta a riflettere su quanto vanno dichiarando in queste ore. L’attacco alla commissione nazionale ha già fatto riemergere argomenti particolarmente offensivi della dignità di chi non ha condiviso di recente, come me, le loro posizioni. Leggo nella loro dichiarazione pubblicata sul sito della mozione che tornano a definire “colpo di mano” il voto del Comitato Politico Nazionale nel quale non raccolsero la maggioranza come erano solitamente abituati. Avevo già trovato particolarmente grave che dirigenti di primo piano definissero “golpe” un voto di un organismo democratico soltanto perché esprimeva un legittimo dissenso nei loro confronti e una nuova articolazione di posizioni.

Adesso mi sembra che si rischia di imboccare una strada senza ritorno. La commissione nazionale per il congresso non sarebbe legittimata perché composta sulla base dei numeri di un Comitato Politico Nazionale reo di aver disobbedito agli ordini di scuderia? Lo dico perché mi sembra che la furia che si sta esprimendo nella battaglia per ottenere costi quel che costi una seppur risicata maggioranza numerica appare motivata più dal desiderio di riaffermare il proprio ruolo di gruppo dirigente che dalla passione per le proprie idee e il proprio progetto (che tra l’altro nelle esposizioni congressuali viene sistematicamente edulcorato). In questo caso vorrei sottolineare la mia sintonia con quanto scritto nell’editoriale di ieri di Liberazione , e cioè l’invito a superare “la voglia di vincere il congresso, comunque, perché si è convinti di avere ragione, perché si pensa che sia meglio così per tutti.

E di conseguenza ogni mezzo diventa buono, se è utile a impedire all’altro di vincere. Il fine giustifica i mezzi”. Temo che siamo oltre, che il risentimento rischi di inibire la capacità di ragionare in termini politici. Il primo compito che dovremmo darci è quello di bandire e cercare di vincere le passioni tristi perché dovrebbe apparire evidente che dopo il 27 luglio ci sarà bisogno di tutti e tutte per ricominciare. E oserei dire in particolare avremo bisogno di rimotivare quei tanti compagni che in gran parte d’Italia non hanno voluto partecipare nemmeno ai congressi esprimendo una sofferenza che non può e non deve essere dileggiata. Evidentemente sulla loro strada non hanno incontrato dei formidabili quadri di partito e di movimento come quelli che raccolgono così larghi entusiasmi in regioni come la Calabria. Scusate la battuta, ma era solo per sdrammatizzare.