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Intervista a Paolo Ferrero: "La Costituente è chiusa, ora ricostruiamo il partito"

Publie le mercoledì 23 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Intervista a Paolo Ferrero: «La Costituente è chiusa, ora ricostruiamo il partito»

Alle elezioni con il nostro simbolo, ma non alleati con il Pdci. Il confronto sarà in Commissione politica, nessuno trasformi il Congresso in una telenovela.

«Non è un problema di analisi logica. È un problema politico». Paolo Ferrero, firmatario della mozione 1 al Congresso di Rifondazione che si apre domani, ha le idee chiare sul futuro della Sinistra. E del Prc. Per questo preferisce non addentrarsi nelle distinzioni grammaticali che Nichi Vendola, firmatario della mozione 2, ha utilizzato per tentare di aprire ad una parte dei sostenitori della mozione dell’ex ministro della Solidarietà Sociale. «Per me –dice Ferrero- costituente e processo costituente sono esattamente la stessa cosa». Invece la priorità è «il rilancio del partito», ergo «la costituente è chiusa». Più chiaro di così.

Indubbiamente le posizioni tra le due mozioni arrivate in testa al voto degli iscritti restano ancora lontane e domani, molto probabilmente, a Cianciano la platea dei delegati sarà divisa in due. I sostenitori del governatore della Puglia (che ha raccolto il 47,3% dei voti) da una parte e quelli dell’ex ministro (40,3%) dall’altra.

Ferrero, Nichi Vendola ha detto che vuole incontrare i rappresentanti delle altre quattro mozioni per ricostruire l’unità di Rifondazione. Lo ha già visto?
«Non ancora, molto probabilmente lo vedrò domani (ndr oggi)».
Però sembra che Vendola abbia dialogato con Claudio Grassi, firmatario della sua mozione…

«Non voglio trasformare il congresso in una specie di telenovela. Preferisco attenermi alle notizie ufficiali. E vedo che Grassi ha respinto al mittente le aperture. La nostra mozione resta compatta».
Cosa pensa di questa sorta di «bilaterali» lanciati dalla mozione della maggioranza relativa?

«Noi pensiamo che la sede più opportuna per il confronto sia la Commissione politica del congresso. Crediamo che sia un luogo più trasparente, per il semplice fatto che si siedono tutte le mozioni».
In molti hanno evocato un congresso della doppia platea, con voi da una parte e vendoliani dall’altra…

«Indubbiamente è stato un congresso molto combattuto, ma spero si riescano a trovare degli elementi di ascolto reciproco. Del resto anche durante le discussioni nei circoli, qui e là, questi elementi si sono trovati».
Quindi esclude lo spettro della scissione?

«Nessuno ne ha mai parlato, quindi credo che non si possa prendere in considerazione».

Quali sono i margini di ricomposizione?

«Questi si verificheranno nella commissione politica dove noi proporremo una gestione unitaria, di tutte le mozioni, e cercheremo una convergenza sui nostri punti prioritari».

E il segretario?

«Quello viene dopo, prima dobbiamo definire una linea politica».
Quali sono i punti qualificanti della vostra mozione?

«Per prima cosa ripartire da Rifondazione, la costituente è chiusa».
Andrete alle europee insieme ai Comunisti italiani come ha chiesto Diliberto?

«Credo che dovremmo andare alle elezioni col nostro simbolo, non credo sia il caso in questo contesto andare col Pdci. Dobbiamo rifondare il partito attraverso la ricostruzione della sua utilità sociale. E per mettere il sociale al centro abbiamo bisogno della nostra autonomia. Anche da Pd che ha scelto la strada sbagliata. Per uscire dalla crisi bisogna scavare in basso a sinistra, il contrario di quello che fanno i democratici».
Che vuol dire scavare in basso?

«Ricostruire il conflitto tra il basso e l’alto perché l’alternativa è tra il conflitto di classe e la lotta tra poveri».

Cioè?

«Nella crisi della globalizzazione la destra rischia di essere egemone proponendo la guerra tra i poveri, cioè gestendo le paure dei cittadini e mettendoli gli uni contro gli altri. Una volta è colpa dei cinesi, un’altra dell’immigrato, un’altra ancora dello zingaro».

E come si fa opposizione?

«Appunto, ricostruendo il conflitto tra chi sta in basso e chi sta in alto. Non solo sui luoghi di lavoro, ma in senso molto più ampio. Per chiedere gli asili, le scuole, etc. Solo così usciremo dalla crisi che ci ha travolto dopo l’esperienza del Governo Prodi».

Un’esperienza fallimentare?

«Sui punti fondamentali per i quali la gente ci aveva votato, non siamo riusciti a dare risposte concrete. Chi non arrivava a fine mese nel 2006 continua a non arrivarci ora. Chi era precario lo è restato. Tra le altre cose non abbiamo risolto il conflitto di interessi. È anche questa mancanza che ci ha travolto».

L’Unità del 23-07-2008