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Sapienza studentesca

Publie le lunedì 17 novembre 2008 par Open-Publishing

Sapienza studentesca

di Stefano Milani

Il giorno dopo la grande manifestazione, l’Onda anomala si riunisce in assemblea nell’università romana. In migliaia partecipano ai workshop e alla plenaria, in stile no global. Obiettivo: stilare un «manifesto dell’autoriforma» universitaria

«Libertà è partecipazione», cantava Giorgio Gaber. Che sarebbe stato fiero nel vedere quant’è libera quest’Onda. Anomala e concreta, incazzata e pacifica, spensierata e partecipata. Che riesce a portare in piazza oltre duecentomila tra studenti medi, universitari e ricercatori, farli sfilare festosi per le strade di Roma, arrivare fino a Montecitorio, gridare tutto il dissenso contro una legge, la 133, «taglia futuro», per poi ritornare nel proprio habitat naturale, l’università, a ragionare sui contenuti. «Autoriforma» è la parola all’ordine del giorno. L’obiettivo principe della due giorni d’assemblea romana, che si conclude oggi, è quello di elaborare una serie di proposte per riformare davvero il sistema universitario italiano. Una «costituente», la chiamano gli studenti.

Perché nessuno vuole difendere lo status quo - che è fatto di precariato, di logiche baronali, di una formazione sempre più spizzicata e superficiale - ma tutti vogliono poter dire la loro. Tutti. Da Palermo a Bolzano. Almeno in tremila sono rimasti a Roma dopo la manifestazione di venerdì.
E la mattina dopo si arrotolano i materassini e i sacchi a pelo. Qualcuno si stiracchia, si sgranchisce la schiena per la notte insonne passata su una panca di legno all’«Hotel Sapienza». Così è stata ribattezza l’università capitolina dai fuorisede fermatisi per il weekend. Organizzazione alla buona, ci si attrezza come si può. Lo spazio non manca, sono le comodità a scarseggiare.

Le camerate sono le quattro facoltà occupate, equamente divise più o meno per area geografica o per corso di laurea di appartenenza. Fisica brulica di studenti milanesi insieme ad un primo blocco di napoletani. Il secondo è a Scienze politiche e divide il pavimento con chi è arrivato dal nord-est, da Verona, Padova, Venezia, Udine. Qualcuno si stringe a Geologia. E poi c’è Lettere, la più grande e quindi la più ospitale, con corridoi più lunghi e spaziosi per contenere coperte e vettovaglie di bolognesi, torinesi, cagliaritani, palermitani, foggiani, baresi, impossibile elencarli tutti. Qui in settecento dormono anche larghi e non si lamentano. Non sarà così la mattina, in fila davanti agli unici sei bagni a disposizione. «Ma chissenefrega, mica siamo venuti per fare una gita», dicono.

E infatti qui si lavora. Ma prima dell’avvio dei workshop l’adunata dietro il rettorato. Rigorosamente all’aperto, troppa gente per essere chiusi nella quattro mura di un aula, pur Magna che sia. Amplificazione extra così tutti possono sentire. Finalmente si comincia: «Il movimento che tutti stiamo vivendo e che abbiamo contribuito a generare è un movimento straordinario». A Tania, studentessa di Filosofia, l’onore di aprire la plenaria con queste parole. Ascoltate e condivise da «un movimento che non accetta rappresentanza». Un movimento, prosegue la studentessa, «che guarda al cambiamento e che sa che il cambiamento non è delegabile, va agito da subito, nel pieno delle forme di auto-organizzazione e nel conflitto. Un movimento che ha saputo esprimere in modo chiaro e inequivocabile il suo antifascismo, respingendo le provocazioni del Blocco Studentesco nei cortei.

Non solo: un movimento che partendo dalla propria specificità è in grado di parlare alla società tutta, allargando i temi della mobilitazione e che insieme è in grado di sperimentare nuove forme di organizzazione, superando anche qualsiasi forma di rappresentanza interna al movimento stesso».

Autoriforma, dunque. Che non è, dicono, «una semplice carta di intenti, né tantomeno un tentativo di burocratizzare l’irrappresentabilità del movimento. L’autoriforma è invece l’apertura di un processo che già vive nelle pratiche del movimento, è un passaggio di consolidamento delle forme di autorganizzazione e un rilancio degli elementi del conflitto». Il microfono passa di mano in mano. «Siamo il primo fronte di opposizione sociale al governo Berlusconi senza di noi non si sarebbe mosso niente, se ci fermiamo la protesta nel Paese non andrà avanti, bisogna allargare e generalizzare lo sciopero», dice tra gli applausi un ricercatore precario. C’è perfino chi è arrivato direttamente dalla Germania per portare la solidarietà e il saluto degli universitari di Berlino, Monaco, «dove anche lì la protesta sta crescendo».

È invece terminata la protesta a Catania, da parte degli universitari che da ieri occupavano il rettorato dell’università per denunciare la «linea politica del rettore e del senato accademico, che non hanno espresso contrarietà alla trasformazione degli atenei in fondazioni». Tra loro non c’era Marco Trovato, studente catanese all’ultimo anno di Fisica, perché a Roma in assemblea. E c’è un po’ di rammarico per uno come lui che da più di un mese sta cercando di portare l’Onda fin sotto l’Etna e coinvolgere più ragazzi possibile alle mobilitazioni. «Un’impresa a Catania - dice - dove l’arretratezza culturale, anche tra i giovani, è l’ostacolo più grande da combattere». Ma un po’ di soddisfazioni Marco se l’è tolte lo stesso. Con l’occupazione della facoltà di Fisica, fatto storico, mai accaduto prima. «Qualcosa si è mosso anche da noi, ed è grazie soprattutto all’eco di questo straordinario movimento studentesco». Effetto Onda: anomala e coinvolgente.