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Gli investimenti italiani in Grecia. La tempesta viaggia verso Roma

Publie le sabato 1 maggio 2010 par Open-Publishing
2 commenti

L’Italia è oggettivamente il Paese più esposto al periodo di crisi capitalista aperto con tutta la sua potenza esplosiva dal crollo di Lehman Brothers e Goldman Sachs. Il rapporto sul debito pubblico è secondo solo a quello, pur falsato, della Grecia. A fronte della percentuale ellenica di poco sopra al 100%, l’Italia è maglia nera tra i 27 stati dell’Unione con il suo previsto 116,7% perr l’anno in corso (nel 2000, calcolando come 100 la media UE, era a 116,9%; nel 2006 si attestava a 103,8%).

Le preoccupazioni strettamente italiane, dunque, sono estremamente fondate; dati alla mano, è semplice prevedere come anche il nostro Paese finirà in una stretta morsa di aiuti economici e taglio della spesa pubblica. Una conferma ulteriore arriva dagli investimenti del padronato nostrano in Grecia, che secondo i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bank for International Settlements) ammontavano al termine del 2009 ad oltre 5 miliardi di euro. Si tratta comunque dell’ultima stima redatta, ancora provvisoria.

Sono dati che hanno fornito pochi giorni fa gli stessi istituti di credito ed assicurativi, che hanno inteso rendere nota la propria esposizione, comunque ormai impossibile da celare agli occhi dell’opinione pubblica e della stampa non solo di settore. Tabelle complete, anche se non di immediata comprensione ed in lingua inglese, possono essere scaricate dal sito della BRI cliccando QUI.

Tra le banche, la compagnia maggiormente esposta è Intesa Sanpaolo (unica banca italiana con uno sportello operativo in Grecia, nella cpitale Atene), con 1 miliardo di titoli ellenici a fronte di 625 miliardi di euro di investimenti gestiti; in campo assicurativo spicca invece il colosso Generali, con 749 milioni di esposizione al netto delle quote dei suoi assicurati. A termine di paragone, basti pensare che la finanziaria triennale varata da Tremonti per il periodo 2008-2011, quando ancora la parola "crisi" non appariva sulle copertine di quotidiani e mezzi di informazione, ammontava a circa 40 miliardi di euro. Ciò dovrebbe rendere chiaro il rischio dovuto all’indebitamento speculativo nostrano all’estero.

Nelle ultime due sedute della borsa italiana, infatti, i principali istituti hanno contato perdite che vanno da un minimo del 6% (Generali) ad un massimo dell’8% (Unicredit). Questo per quanto riguarda il mondo della finanza.

Altro capitolo, non meno importante ed altrettanto significativo, è quello relativo alle aziende italiane presenti in Grecia: sono decine le compagnie che hanno versato diversi milioni di euro ad Atene, e non mancano certo le principali sigle italiane.

ENEL collabora con la locale omologa DEI per la realizzazione di un elettrodotto passante per il Canale d’Otranto, nella quale interviene anche WIND per il settore delle telecomunicazioni; ENELPOWER con il gruppo ellenico KOPELOUZOS per la realizzazione di una centrale a gas; ISMES, controllata ENEL, che svolge compiti di controllo e verifica sui progetti infrastrutturali promossi dall’Unione Europea.

ENI che commercializza i suoi prodotti lavorati da idrocarburi attraverso AGIP; ITALGAS che vende in diverse parti del Paese il suo gas e SNAM che ha l’incarico per lo studio di fattibilità di un gasdotto sotto il Canale d’Otranto, dove già lavora ENEL.

Non mancano sigle altrettanto importanti come ALITALIA, PIRELLI, BARILLA, FIAT (quest’ultima che esporta in Grecia il 30% delle sue produzioni ed è presente con i marchi FIAT, IVECO, IRISBUS e PIAGGIO), FINMECCANICA (con ingenti collaborazioni di sviluppo bellico, come quello inerente allo sviluppo del cacciabombardiere targato Europa EUROFIGHTER), ITALCEMENTI e PIRELLI. Per concludere, le tristemente note acciaierie RIVA, quelle dell’ILVA di Taranto per intenderci, TELECOM ITALIA, INSO COSTRUZIONI e la berlusconissima e sinistra IMPREGILO della ricostruzione della città de L’Aquila dopo il terremoto, la stessa che aveva costruito le infrastrutture con il cemento allungato con sabbia.

L’interesse strategico italiano è dunque a tutto campo, e spazia dalle comunicazioni all’energia, passando per edilizia ed industria bellica. L’elenco delle aziende italiane in Grecia è disponibile QUI, mentre un più dettagliato resoconto è visibile sul sito dell’Ente Camerale Italiano di Salonicco, cliccando QUI.

Sommando seppure superficialmente e senza entrare nei dettagli il debito interno con quello estero, è estremamente facile comprendere come, tra breve, sarà l’Italia la nazione dell’UE maggiormente esposta ai creditori finanziari ed economici. Il debito pubblico della Spagna, pure declassata solo ieri, raggiunge infatti il 67%, contro il nostrano 116%. Il che è tutto dire delle poco rosee perturbazioni in arrivo per il padronato della nostra penisola. La tenuta italiana durerà ancora per poco: ultimo dato in ordine cronologico, la messa in vendita lo scorso martedì da parte del Tesoro italiano di CTS (Certificati del Tesoro), che nell’arco della stessa giornata erano scambiati a 20 centesimi di euro sotto il prezzo di aggiudicazione.

Tempi sempre più bui per l’Europa ed il mondo, con l’Italia stretta dalla morsa della penisola iberica ad occidente e del Peloponneso ad oriente.

MATTIA LACONCA

Messaggi

  • Si tratta di un’analisi corretta ma un po’ riduttiva, perchè non tiene conto del ruolo centrale tenuto dal sistema bancario internazionale.

    Questo sistema, organizzato come un vero e proprio oligopolio, nasconde dietro i propri "sportelli" quelli che comunemente si chiamano speculatori, senza però che mai nessuno abbia il coraggio di identificarli e farne nome e cognome.

    Ebbene questi signori sono proprio loro, le banche : sono loro che mettono in piedi ed alimentano e sostengono le speculazioni e sono sempre loro che quando le cose cominciano ad andar male ed i loro sporchi giochetti vengono alla luce (vedasi scandalo dei mutui sub-prime) invocano l’aiuto dello Stato e di quella mano pubblica, che in tempi normali viene demonizzata come vera ed autentica nemica del libero mercato e della sua "invisibile" mano.

    Tutti questi comportamenti hanno un unico e chiaro fine : privatizzare gli utili e socializzare le perdite.

    Ed è quello che proprio sta accadendo con la Grecia, che è stata abbondantemente e fraudolentamente foraggiata e sostenuta da quel sistema, che ora, dopo averci allegramente lucrato, rimette il conto agli stati.

    MaxVinella

    • Ho volutamente sottolineato, nella seconda parte, l’aspetto economico e non finanziario della situazione. Fermo restando che la radice del flusso di capitali, come giustamente sottolinei, arriva proprio dal sistema bancario. E che il settore principalmente scatenante della loro "crisi" è quello immobiliare, regimentato dalla selva di mutui e prestiti al proletariato globale e dagli investimenti selvaggi dell’imprenditoria. Quello che lo stato borghese fa non è altro che "sostenere l’economia", ovvero salvare quel modello che saremmi noi, in netta maggioranza, a dover contrastare.
      Purtroppo, il "tengofamilismo" delle sinistre di governo fa (a volte) parlare bene e (quasi sempre) razzolare male, dato che non è stato proposto dai "partiti di lotta" almeno in Italia, uno straccio di proposta a breve-medio termine che non passi dall’estensione degli ammortizzatori sociali e dalla "rivoluzione energetica nel campo delle rinnovabili". Nel primo caso, si vogliono mettere le pezze ad un tessuto non più logoro ma strappato, come fanno i sindacati dei padroni; nel secondo, si insegue l’ondata di entusiasmo socialdemocratico, peraltro già GIUSTAMENTE scemato che ha portato Obama alla Casa Bianca. Simili ipocrisie revisioniste saranno spazzate via dagli eventi stessi.

      Ma questo è effettivamente un altro capitolo...

      Con i migliori saluti anticollaborazionisti, ringraziandoti per le riflessioni

      Mattia