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Banche, finanza , borsa - e i senza credito ?

Publie le mercoledì 14 settembre 2005 par Open-Publishing
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A fronte di una progressiva e totalizzante finanziarizzazione del mercato avvenuta negli ultimi quindici anni a livello internazionale, si è avuta un’equivalente regressione politica della sinistra nel capirne l’evoluzione e dare concrete risposte al nuovo modello di sviluppo che si andava affermando.

Le poche e concrete risposte al fascino del mercato finanziarizzato sono venute dal movimento no-global, della sinistra definita radicale, da una parte del sindacato e da pochi e attenti analisti, studiosi e mass-media.

In Italia, nell’ultimo decennio, accanto ai radicali processi di trasformazione degli assetti proprietari e dei modelli organizzativi che hanno segnato il sistema finanziario, abbiamo assistito ad uno smantellamento progressivo di quasi tutte le forme di rappresentanza politica e sociale presenti nel settore. Ci riferiamo ai centri di ricerca delle forze politiche, alle sezioni di partito nelle aziende, a quella rete di partecipazione diffusa costruita negli anni ‘70/80. Una partecipazione che aveva formato una classe dirigente orizzontale, competente, in grado di intervenire su questi temi.

Valga per tutti la discussione relativa ai “dati disaggregati del credito” che negli anni ’70 aveva caratterizzato il confronto, sia a livello politico che sindacale.
Di quel passato rimangono pochi presidi (istituti e centri di ricerca) tenuti in piedi testardamente da alcuni esperti e dal sindacato confederale, CGIL in particolare, oltre quelli istituzionalmente previsti: Università, Banca di’Italia...

Insieme al rinsecchimento culturale e politico dei partiti di massa, sono venute meno la partecipazione e la conoscenza che diventavano patrimonio e appannaggio esclusivo dei vertici politici che con il liberismo neo-cons hanno assunto come unico obiettivo possibile una cosiddetta umanizzazione del capitalismo trionfante, facendo ritornare in auge un celebre aforisma di oltre un secolo fa che recitava: “i capitali non hanno patria”.

I lavoratori del settore creditizio-finanziario in particolare hanno convissuto con questa lunga afonia, non rinunciando a porsi ed a porre domande alle forze politiche.

Quasi mai sono seguite risposte, non si è dato mostra di desiderio di discutere e di avviare confronti e riflessioni.

Ne fanno testo la totale mancanza, da parte soprattutto del mondo politico e istituzionale, di iniziative e manifestazioni.

A Roma anche la sinistra in generale e in particolare i DS, hanno sempre considerato marginali questi temi, nonostante ripetute sollecitazioni. Lo stesso dicasi a livello nazionale.

E’ opportuno ricordare che Roma non ha più un polo direzionale assicurativo (l’INA-Assitalia, insieme a tante aziende assicurative di medie dimensioni, sono state smantellate nel più assoluto silenzio di tutte le forze politiche ed economiche della città), ed è al centro delle grandi manovre del risiko bancario (BNL, ma anche Capitalia) e del duro confronto tra società dei produttori e quella della rendita finanziaria e fondiaria.

Anche qui silenzi assordanti interrotti solo da alcune partecipate iniziative da noi sollecitate (vedi Capitale senza Capitali) e da spot su qualche mass-media da parte di leaders della sinistra.

Fa un certo effetto essere richiamati all’ordine dal keynesiano Montezemolo sullo squilibrio abnorme esistente tra tassazione dei profitti d’impresa e quella delle plusvalenze finanziarie.

L’indirizzo era di non disturbare il manovratore.

Sappiamo bene che le forze della sinistra per molti anni hanno avuto problemi veri e propri di sopravvivenza, che i mezzi di comunicazione sono stati discriminanti. Ma ciò non giustifica il fatto che si sono alimentate e consolidate amicizie e rapporti non trasparenti col mondo finanziario che ancora oggi perdurano.

Un ossigeno che ha sedimentato disponibilità, opportunità, riconoscenze e intrecci che una volta ripreso fiato, a elezioni vinte, hanno trovato, positive, felpate ricadute ma anche espliciti riconoscimenti (Gnutti, Colannino e anche un esordiente Ricucci) con i governi di centro-sinistra.

Con il cambiamento del quadro politico purtroppo, non si è avviata una riflessione sul settore, né una ricerca seria in grado di leggere, interpretare ed orientare i processi in corso e, quindi, capace di costruire quell’autonomia culturale e “pratica” dai suddetti soggetti finanziari. Tutto ciò ci avrebbe reso più attenti e sensibili agli interessi dei nostri rappresentati e alle globalizzazioni finanziarie in corso.

Per trovare quella visione generale che riguardava il paese, fatta di idee e progetti bisogna risalire ad un convegno tenutosi a Siena sul sistema bancario nel lontano 1996.

Fu l’ultimo vagito che la sinistra mise in campo per controbilanciare il potere del mondo finanziario e della classe dirigente istituzionale, politica e imprenditoriale italiana in parte ancora oggi ai posti di comando.

E’ in questo alveo che bisogna inquadrare le concentrazioni bancarie-assicurative in corso con le relative OPA (Offerte Pubbliche di Acquisto) di riferimento.

Questo conferma il perché dei nostri attuali balbettii o amnesie ideali e progettuali tra capitale produttivo e quello proveniente da rendite fondiarie e finanziarie. Il tema centrale non è se Unipol sia “figlia di un dio minore”, ma il merito e la sostenibilità finanziaria dell’operazione. Cosa si dovranno aspettare i lavoratori di BNL, di Antonveneta ed i risparmiatori? Quale ruolo istituzionale e regolatore svolge ed ha svolto nel corso di questi anni la Banca d’Italia?

Ancora una volta il popolo di sinistra, è rimasto soggetto passivo e marginale, senza riferimenti certi e condivisi.

Nonostante queste opacità e l’inesistenza di una visione programmatica, continuiamo a ritenere che bisogna partire dagli interessi di quelli che vogliamo o riteniamo di voler rappresentare.

Nel concreto sono i lavoratori, i risparmiatori, le piccole imprese, il terzo settore: se è così dobbiamo esplicitarlo con fatti e scelte praticabili.

Nel merito ciò vuol dire chiederci come rendiamo possibile l’accesso al credito per i lavoratori interinali o con contratto a tempo determinato, per i “co.co.pro” e per i soci fittizi delle cooperative. Invisibili, acrobati sociali, che non hanno nessun diritto di cittadinanza finanziaria e creditizia.

Lo stesso va fatto per quel terzo settore, tanto esaltato quando sostituisce lo stato nel welfare e tanto osteggiato appena tenta di mettere piede in banca per uno scoperto di conto, per un affidamento, per anticipazioni su delibere e atti amministrativi.

A questo punto una domanda sorge spontanea: quali innovazioni hanno favorito, quali rischi d’impresa si sono assunti i managers degli istituti creditizi, assicurativi e finanziari quando continuamente sbattono la porta in faccia a quell’imprenditoria di progetto che chiede di essere valutata e finanziata sulla base della concretezza e della qualità delle “idee” e dei piani finanziari piuttosto che sulle solide garanzie reali.

E quali opportunità hanno messo in campo per dare risposte ad una società che, diventando sempre più multi-etnica, ha bisogno di attenzioni e prodotti finanziari specifici sia per i lavoratori dipendenti che per le nuove realtà imprenditoriali che stanno crescendo nel nostro paese. Tutto lasciato alle “buone prassi” del mondo cattolico o laico e agli Enti Locali che con difficoltà e tenacia ne favoriscano l’integrazione.

E allargando lo sguardo al tema dell’eticità, quale giudizio dare sull’aver raggirato o essersi appropriati furtivamente dei risparmi di tanti pensionati, di lavoratori, artigiani e di famiglie con vendita di titoli truffaldini. Pur se banale ripeterlo: chi non conosce le storie Parmalat, Cirio e così via.

Un atto di pirateria finanziaria avallato da penalizzanti ed opache disposizioni regolamentari o da meccanismi competitivi interni “ideati” dalle direzioni aziendali nei confronti dei lavoratori che, spesso, si dimostravano riottosi o dubbiosi. Bell’esempio della decantata “Responsabilità Sociale dell’Impresa”.

E a distanza di due anni, con buona pace della legge sul risparmio promessa, centinaia di migliaia di risparmiatori sono ancora in attesa di giustizia sacrificati sull’altare degli interessi delle corporazioni della rendita fondiaria..

E sintetizzando: quando mai sono stati affrontati con la dovuta determinazione temi come i paradisi fiscali, da cui transitano tante illegalità e operazioni mafiose; la rivisitazione del segreto bancario e degli arricchimenti facili; il finanziamento delle banche armate; la devastante questione posta dalla “ Tobin Tax” sulle transazioni finanziarie.

Terminiamo questo excursus con il tema dei temi: l’evasione fiscale pianificata e favorita da questo sistema creditizio-finanziario autoreferenziale che ruba risorse al paese che vuole crescere, innovare, trasformarsi e competere.

La sinistra e il centro-sinistra, sia quella di governo che di opposizione in questi ultimi dieci anni l’abbiamo visti all’opera.

Non ci hanno convinto sia quando hanno governato, sia in questi anni di opposizione, a volte sterile o incomprensibile, sia quando bisognava costruire quel programma che parli e si faccia capire da chi ci deve votare.

I fatti del mese di agosto ci creano ulteriori perplessità e malinconie.

A situazione data e dopo scandali, immobiliaristi, mogli e affaristi, concertisti antichi e recenti, fiscalisti con benedizione tremontiana (che tristezza!), il tema finanziarizzazione e il come e chi rappresentiamo, non hanno ancora trovato posto nei contenuti programmatici dell’Unione.

Ci arrendiamo, è inutile parlarne?

Tutt’altro, giriamo questa nostra a tutti i candidati alle Primarie e a quella Sinistra che intende ridare dignità e futuro al nostro paese.

Noi intanto, con tenacia, proviamo a svolgere la nostra parte.

Pino Galeota

Ugo Balzametti

Enrico Belardinucci

Sergio Fortunati

Antonio Murri

Maurizio Cesanelli

Sante Gorini

Bruno Ceccarelli

Giuliano Longo

Messaggi

  • Vischi per fiaschi ( ma c’entrasse qualcosa l’ Opa di Unipol su Bnl nell’ atteggiamento ondivago del responsabile economico dei D.S. ? )

    "Dimissioni? E’ una decisione che Fazio deve valutare a livello personale. In ogni caso vanno considerati i riflessi negativi di un atto di tale gravità sulla credibilità del Paese. Bisognerebbe che tutti si muovessero con più riserbo ed equilibrio in questo momento... Evidentemente Fazio ritiene questi comportamenti non solo legittimi, ma anche non disdicevoli. Al momento io non vedo illeciti in senso stretto... Il mio partito ha detto fin troppo: spetta al governo revocare il mandato, se intende farlo, non all’opposizione... Non c’è stata una richiesta di dimissioni da parte dei Ds... La cosa migliore sarebbe un’autoriforma della Banca d’Italia..." (Vincenzo Visco, Ds, Corriere della Sera, 4 agosto 2005).

    "Se il Governatore Fazio non si dimette, il ministro Siniscalco deve lasciare il governo" (Vincenzo Visco, Ds, 5 settembre 2005).

    "Che posso dire? Dopo due mesi - osserva Visco - questo dibattito sta diventando estenuante. Noi abbiamo esaurito le parole, i giornali hanno esaurito l’inchiostro..." (Vincenzo Visco, Ds, Ansa, 8 settembre 2005).

    (15 settembre 2005)

  • Cari Pino, Ugo, Enrico, Sergio, Antonio, Maurizio, Sante, Giuliano,

    La maggior parte di voi mi conosce bene ; altri realisticamente piu’ giovani, di sindacato ed anche di eta’, non mi conoscono affatto.

    Tra quelli che mi conoscono bene, con alcuni abbiamo condotto insieme molte battaglie, altri mi sono stati a volte nemici irriducibili ; con alcuni, in particolare Sante, sono capitate in periodi diversi paradossalmente entrambe le cose.

    Premesso tutto questo, mi fa un piacere immenso ritrovarvi tutti insieme in un documento che dice cose che personalmente ho sempre condiviso e che credo siano all’origine di molti dei problemi che viviamo oggi nelle banche e, mi si perdoni un ultima considerazione personalistica, anche delle travagliate vicende che hanno contraddistinto il mio tormentato rapporto con la Fisac/Cgil in generale e con alcuni di voi anche sul piano piu’ strettamente personale.

    Credo che la chiave di tutto sia nella vostra frase illuminante “ L’ indirizzo era di non disturbare il manovratore”

    Credo altresi’ che questa linea di “non disturbo” non abbia riguardato soltanto il periodo dei governi di centrosinistra del finire degli anni novanta ( da Prodi ad Amato passando per il peggiore di tutti, quello di D’Alema) che si sono caratterizzati come gli anni decisivi delle privatizzazioni bancarie e non, ma trovi invece le sue radici nella lontana stagione della “linea dell’ Eur” , sia profondamente cresciuta come cultura subalterna nei mefitici anni ottanta fino ad arrivare ai giorni nostri.

    E che la medesima linea non abbia riguardato soltanto una subalternita’ culturale relativa alla incapacita’ di incidere sulle scelte che in questi lunghi anni hanno profondamente modificato il mondo economico/finanziario, ma che , scientemente o meno, si sia scelto di “non disturbare il manovratore” anche in questioni e momenti meramente sindacali, a partire dalle contrattazioni sia di categoria che aziendali.

    E’ vero che alla fine sostanzialmente, in paragone ad altre categorie, si sia riusciti quasi sempre a limitare i danni.

    Ma questo e’ appunto avvenuto sempre per il sindacato e la sinistra in un “gioco di rimessa”, senza mai avere una seria proposta organica, senza mai un progetto alternativo a quello delle controparti, sia sindacale sia soprattutto di visione complessiva dei mutamenti sociali.

    Ci si e’ affidati alla cosiddetta “finanza laica”, stupendosi a volte fanciullescamente del fatto che invece poi si riuscisse a contrattare meglio con la cosiddetta “finanza cattolica”, rappresentata, fino a che e’ esistita, dall’ Acri.

    Ci si e’ affidati alla “sacralita’” della Banca d’ Italia, che sicuramente ha avuto nel tempo grossi meriti nelle battaglie contro i poteri”occulti”, ma che certo, anche prima di Fazio, non ha mai avuto gli interessi dei lavoratori dipendenti, bancari e no, in cima ai propri pensieri.

    E sono convinto anche del fatto che questa assoluta mancanza di una seria progettualita’ abbia nel tempo favorito anche situazioni di cogestione molto discutibile di “enti bilaterali”, elettivi e non, dall’ Enbicredito ai Fondi pensioni, dalle Casse Sanitarie fino ai Cral.

    Situazioni dove talvolta e’ capitato di trovarci di fronte ad amare sorprese e che comunque hanno pesantemente favorito una cultura dove spesso si perdeva il senso della “rappresentanza di parte” che sicuramente il sindacato ma , per motivi quantomeno storici, anche la sinistra politica avrebbero dovuto garantire ed hanno spesso invece, come dite anche voi, smarrito.

    Che dire, ad esempio e per restare al caso Bnl, di una Cassa Sanitaria – diretta al massimo livello dalla Fisac/Cgil e con forti implicazioni ante-Opa proprio dell’ Unipol - ormai scaduta nei vertici da svariati mesi senza che nemmeno si parli di mettere in piedi nuove elezioni ?
    E della quale nessun lavoratore Bnl ha mai potuto, in oltre cinque anni, non dico approvare o meno i bilanci, ma nemmeno poterli conoscere ?

    Fatti che fanno oggettivamente a pugni con la sacrosanta scelta della Cgil di Cofferati di lasciare, a differenza di Cisl e Uil, i posti nel Cda della stessa Unipol e che dimostrano come spesso certe logiche un po’ deteriori alberghino ormai piu’ pervicacemente nella base militante del sindacato che non negli stessi vertici.

    Ma, per passare sicuramente a temi piu’ alti, che dire dell’ ex Segretario Generale Aggiunto della Fisac/ Cgil ( ma anche per un certo periodo responsabile per il credito del vecchio Pci ) ora assurto al ruolo di “braccio destro” del Governatore Fazio e pesantemente implicato anche lui nella vicenda delle ormai famose intercettazioni ?

    Non sembra anche a voi, al di la’ di qualunque aspetto personale, questa vicenda un paradigma di quello smarrimento di ruolo e di blocco sociale di riferimento che si e’ quasi del tutto perso in questi anni ?

    Insomma, senza tediarvi oltre, condivido totalmente la vostra proposta, approfittando anche del passaggio politico delle “primarie”, di porre con forza questi temi in un momento particolarmente delicato per i lavoratori del credito e per quelli della Bnl in particolare.

    Credo pero’ che, per incidere seriamente in questa difficile e complicata situazione, siano necessarie una critica ed una autocritica assai piu’ profonde di quella, pur notevole, che anima il vostro utilissimo documento.

    A disposizione per ogni utile confronto , a partire dalla riunione romana del 20 settembre prossimo, convocata – tra gli altri – anche da alcuni di voi, vi porgo i piu’ fraterni saluti.

    15/9/2005 Dario Mariani