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“Cuori Neri” il libro di Luca Telese - Memoria degli anni ’70 e guerra speculare dei miti

Publie le venerdì 3 febbraio 2006 par Open-Publishing
49 commenti

Dazibao Libri-Letteratura Paolo Persichetti

Corrado Guzzanti in Fascisti su Marte!

di Paolo Persichetti

Più che un lavoro sulla storia, il libro di Luca Telese Cuori neri (Sperling & Kupfer) è, in realtà, una indagine sulla memoria, sulla forma che ha preso, nella rappresentazione degli eventi tramandata nella comunità politica della destra, lo “scontro con i rossi” e i lutti che esso ha provocato. Il libro evoca gli echi più che i rumori di quegli urti, ci introduce nelle “vite ulteriori” che i caduti della destra fascista hanno avuto nel ricordo dei loro camerati sopravvissuti. Se l’oblio cancella, la memoria deforma.

Al di à di ciò che è inconfutabile, quei corpi rimasti al suolo sotto i colpi d’armi da fuoco o di selvagge aggressioni alla spranga, si estende lo spazio infinito dell’approssimazione, della semplificazione, dell’esagerazione, dell’invenzione e del fraintendimento, capaci alla fine di riscrivere per intero gli stessi avvenimenti.

Anche se la ricerca storica deve fare i conti con entrambe, la memoria esistenziale resta altra cosa della memoria fattuale. La storia della memoria trae slancio dalla tradizione storiografica che ha fatto delle mentalità un accurato oggetto d’indagine.

Essa è un contributo decisivo portato alla conoscenza dell’importanza che le percezioni, le credenze, i miti e le leggende, hanno nel divenire storico. Da questo punto di vista lo statuto dell’evento muta completamente natura, assumendo la veste di fatto storico non a partire dalla prova fattuale del suo reale accadimento, ma perché esistono delle credenze che lo ritengono tale. Il fatto storico è la credenza in sé.

Se la convinzione dell’esistenza dei “Protocolli dei saggi di Sion” porta a perseguitare ed uccidere milioni di ebrei, la leggenda originaria ha una pregnanza storica indiscutibile benché essa sia una mera invenzione. Ciò rinvia ovviamente ai delicati passaggi che costruiscono queste rappresentazioni successive, ai meccanismi della memoria, memoria individuale e memoria sociale, ma anche alla fabbricazione ufficiale della memoria, alla costruzione delle identità collettive.

La memoria, in sostanza, non è semplice ricordo lineare di ciò che è avvenuto, ma il risultato complesso di un processo di selezione sociale tra oblio e ricordo, deformazione e invenzione. La memoria rinvia dunque a colui che rimemora, parla dell’oggi ben più che di ieri.

Cuori Neri ha il pregio di dirci molte cose sulla situazione attuale, non solo della destra. E’, infatti, un libro-specchio nel quale le “invenzioni memoriali” dei fascisti, confermati, neo o ex-post, riflettono le “favole retrospettive” che la sinistra tutta, e i comunisti neo o ex-post, raccontano di sé. Siamo in presenza di una sorta di speculare guerra dei miti, o se vogliamo di trappola della memoria che ha per ambizione la conquista della palma della vittima, vista dalle due sponde opposte.

La memoria degli anni ’70 sembra irrimediabilmente prigioniera di una sfrenata concorrenza vittimaria, di una competizione scatenata per acquisire il possesso della nuova icona legittimante nel repertorio della politica attuale: lo statuto illibato del perseguitato.

Alla teoria del misconoscimento elaborata dalla destra corrisponde spcularmente il paradigma angelista diffuso nella sinistra. Entrambi nefasti, devastanti, profondamente menzogneri. Il problema, dunque, non è più quello di rincorrere le singole favole che entrambi gli schieramenti si raccontano, quanto superare il dispositivo memoriale che le accomuna in un medesimo inganno della memoria.

Ad un Alemanno che pateticamente racconta: «Uccidere un fascista non era reato. Molti dei nostri sono stati uccisi e non si conoscono ancora gli autori. Eravamo cittadini di serie b», ad uno Storace che in televisione arriva a dire - magari credendoci pure - che negli anni ’70 chi era di destra rischiava di perdere il lavoro, fa da perfetto contraltare la reazione di quelli che a sinistra Erri de Luca ha chiamato “i trasecolati”, ovvero i teorici dell’innocentismo genetico, consustanziale, antropologico, quelli che scrivevano «uccidere un fascista non è reato» e poi sentenziavano: «un compagno non può averlo fatto», fino ad arrivare alla degenerazione della teoria della faida interna, più volte evocata come accadde con il libro di Savelli sul rogo di Primavalle, Un incendio a porte chiuse.

Una cultura angelista - il nonviolento Carlo Panella ritiene addirittura di essere stato lui ad uccidere un fascista con il lancio di una bottiglia - che non si arresta alla morte dei militanti di destra ma arriva a quella di Feltrinelli e Calabresi.

Un tabù profondo, che rinvia alla violenza politica degli anni ’70, alle asperità che il conflitto dell’epoca portava con sé, e che nessuno sembra più voler assumere. Destra e sinistra non vogliono riconoscere cosa erano, da dove venivano. Si è imposta, infatti, una disonesta cultura dissociativa e pentitoria che non aiuta l’oltepassamento delle fasi storiche più traumatiche, ma si avvale di una ben più facile esportazione della colpa, di solenni cerimonie d’autocritica degli altri.

Per questo i prigionieri politici e i fuoriusciti, di sinistra come di destra, tornano molto utili. Sono lì, buoni per ogni stagione e per ogni colpa, pronti a pagare per tutti e a amnistiare le coscienze di chi nel frattempo ha fatto carriera e dietro l’ombra di quei corpi imprigionati o braccati trova rifugio.

http://www.liberazione.it/giornale/060202/archdef.asp


http://www.edoneo.org/

Messaggi

  • L’analisi di Persichetti è sostanzialmente condivisibile, ma qualcosa mi sembra vada precisato.

    E’ evidente che Paolo tenda, anche per storia ed anagrafe personale, a storicizzare la vicenda allargandola al periodo successivo al 1977, quello del lottarmatismo dilagante e della sostanziale assenza di movimenti di massa.

    E’ anche vero, pero’, che l’ incidenza del lottarmatismo, nelle vicende narrate da Telese, e’ secondaria se non minima.

    Gran parte degli episodi narrati, la stragrande maggioranza delle "vittime di destra" (quelle di sinistra, come numero superiore di almeno 4 volte, sono invece del tutto ignorate ) non sono dovuti ad azioni lottarmatiste, bensi’ a scontri di strada, a quella specie di "guerra civile strisciante" che ha attraversato il periodo del decennio rosso (1968/77), precedente appunto l’esplosione e la iniziativa pressoche’ quotidiana dei lottarmatisti di sinistra, iniziativa che, pur con eccezioni, comunque ha storicamente teso ad ignorare i fascisti, considerati solo "servi" di uno stato che invece i "combattenti comunisti" volevano direttamente "colpire al cuore", non certo rappresentato dagli stessi fascisti.

    E nemmeno tutti i fascisti caduti sono morti a seguito di aggressioni di militanti di sinistra, per alcuni si è trattato invece del piombo ( e nel caso di De Angelis del pestaggio) delle forze dell’ordine ed anche questo viene del tutto ignorato nelle recensioni del libro di Telese.

    In un caso, quello barese di Martino Traversa, si tratta addirittura di omicidio dovuto ad altri camerati, sia pure intruppati in una stranissima aggregazione con velleita’rosso/brune che era nata in quella citta’. Il fatto che poi l’ assassino materiale di Traversa si sia rifugiato all’estero sotto la protezione di Stefano Delle Chiaie, vecchio arnese di tutte le trame fasciste e "di stato" e’ tutto dire ....

    Ma al di la’ della conta burocratica dei morti e dei loro assassini, l’ operazione di Telese ( militante Prc che scrive sul "Giornale" della famiglia Berlusconi !) e’ di una scorretezza senza limiti ed anche il fatto che il lancio del libro avvenga in campagna elettorale fa ancora di piu’ pensare male ....

    E sembra inquadrarsi in una operazione piu’ ampia di "revisionismo storico" che tende da tempo ad utilizzare autori "di sinistra" ( da Pansa a Ugo Maria Tassinari, ma non solo loro...).

    Gia’ inquadrare solo i "caduti fascisti" di quel periodo, ignorando quelli di sinistra e le vittime delle stragi ( tutte riconducibili alla destra, con qualche legittimo dubbio per le personali responsabilita’, ma non certo per la matrice politica, per quanto riguarda Bologna 1980)) e’ una operazione a dir poco storicamente scorretta.

    Ma Telese racconta falsita’ anche nel merito.

    Ad esempio sulla morte del missino Falvella a Salerno nel 1972.

    Falvella, insieme ad altri fascisti non estranei anche a pratiche camorristiche, aggredi’ tre anarchici sul corso principale della citta’. Nel parapiglia furono colpiti dallo stesso coltello lui ( che mori’ poi in ospedale) e due degli anarchici. Il coltello apparteneva allo stesso Falvella.

    Per quell’ episodio fu condannato l’anarchico Giovanni Marini in un allucinante processo che duro’ una infinita’ di anni , ma pur nella evidente ingiustizia, la stessa condanna al Marini ( 9 anni interamente scontati, DECISAMENTE POCO PER UN OMICIDIO)) tenne oggettivamente conto degli aspetti solo indiziari, dell’ oggettiva aggressione da parte dei fascisti, del fatto che l’arma del delitto apparteneva al Falvella.

    Telese invece ignora tutto questo, se la prende con Umberto Terracini, fondatore del Pci e padre della Costituzione Italiana, che fu uno degli avvocati di Marini nei vari processi ed indica il fatto come spia di una certa "ipocrisia" della sinistra, anche parlamentare e moderata, che tendeva comunque a giustificare gli "estremisti".

    Operazione di uno squallore infinito, tipica dei giornalacci fascisti dell’epoca, e non certo di uno "storico di sinistra" in vena di rivisitazioni sugli anni 70.

    Una volta detto questo, qui non si tratta certo di negare un uso della violenza di piazza anche da parte delle organizzazioni della sinistra extraparlamentare.

    Ed un uso, a volte scriteriato al limite del criminale, della cosiddetta pratica dell’ "antifascismo militante", del quale sono evidenti esempi alcuni episodi come quello milanese di Ramelli o quello, ancora non del tutto chiarito ma con oggettive responsabilita’ ormai ammesse, dell’ incendio di casa Mattei a Primavalle.

    Ma togliere tutto cio’ dal "contesto", dagli assai piu’ numerosi episodi contrari, dalle stragi e dai tentativi di golpe ecc. ecc., soprattutto da parte di un sedicente "storico comunista", appare per quello che e’.

    E cioe’ una squallidissima operazione che ha anche assai probabilmente, tenendo conto anche della fase politica che stiamo vivendo, ben precisi "mandanti".

    Keoma

    • Carissimi,

      scusate se mi intrometto, ma mi piace molto leggere e frugare nella rete. Mi piace molto, ovviamente, la recensione di Persichetti. Piena di spunti, alcuni interessantissimi. E soprattutto libera: non conosco Paolo, non so chi sia, cosa voti, ma vedo che è entrato nel mio libro, nelle sue contraddizioni, si è costruito in percorso. trovo bellissima questa intuizione, che corrisponde ampiamente ai diversi ritorni di tanti e meticolossissimi lettori che mi arrivano in queste ore:

      "Cuori Neri ha il pregio di dirci molte cose sulla situazione attuale, non solo della destra. E’, infatti, un libro-specchio nel quale le “invenzioni memoriali” dei fascisti, confermati, neo o ex-post, riflettono le “favole retrospettive” che la sinistra tutta, e i comunisti neo o ex-post, raccontano di sé. Siamo in presenza di una sorta di speculare guerra dei miti, o se vogliamo di trappola della memoria che ha per ambizione la conquista della palma della vittima, vista dalle due sponde opposte".

      Verissimo. Al punto che chi avesse la pazienza di fare un giro su Coori neri.it ci troverà un mia garbata polemica con Maurizio Gasparri. Non sto qui a ripeterla, ma la sua contestazione del titolo (lui lo vorrebbe sostituire con un più politicamente corretto "Cuori tricolori"!) è la dimostrazione di quello che Persichetti ha scritto: il nodo dei post, la loro icapacità di fare i conti con la propria storia (sia quelli di destra che quelli di sinistra) e il bisogno quasi ossessivo di inventarsi una "memoria non compromettente". Cuori neri, credo, racconta sia i rossi che i neri come erano, come si vedevano, come sono stati descritti all’epoca.

      Rimango invece stupito dal commento di "Keoma". A parte il fatto che ogni volta che c’è una critica trovo un anonimo, e questo già mi da fastidio (non è che ci voglia molto coraggio a firmarsi). E’ che ci sono alcune autentiche farneticazioni dietrologiche: la prima è quella sulla presunta concomitanza elettorale (un libro scritto in tre anni è uscito solo ora solo perchè l’editore non lo voleva far copetere con le strenne di Natale: è il mercato editoriale, putroppo, non un complotto). E poi questa idea ridicola della Spectre del revisionismo al lavoro, che mette insieme Pansa, Telese e Tassinari. Sapessi il nome di Keoma gli manderei qualcuno a fare l’esame del palloncino. Tassinari l’ho visto una sola volta in vita mia, e non so quale sia la molla che muove il suo lavoro (di sicuro è diversa dalla mia): certo ha un’età, un’anagrafe e uno stile di scrittura del tutto diverso dal mio. Tra parentesi, credo che se uno legge "Fascisteria" non ci troverà certo apologie del neofascismo. Quanto a Pansa, ho la fortuna di conoscerlo, ma ho inziato a scrivere molto prima che uscisse il Sangue dei vinti e ho pubblicato Cuori Neri dopo il suo secondo romanzo. In questo testo di Keoma, poi, ci sono delle fesserie che mi fanno pensare al fatto che non abbia letto il mio libro.

      1) Per cominciare, ad esempio, l’idea che io inquadri "Solo i caduti fascisti".
      Non è vero:
      racconto la storia di dieci morti di sinistra, da Waler Rossi, a Scialabba a Verbano, a Varalli.... tutti. Basterebbe correre all’indice dei nomi

      2) Dice Keoma che ometto "il contesto" e "i golpe".
      Non è vero:
      Se avesse letto il capitolo su Zilli - ma non lo ha letto - avrebbe scoperto che racconto nei dettagli il golpe Borghese, e concludo che questo serve PROPRIO a ricostruire il contesto.

      3) Dice Keoma, (con il trucchetto di attribuirlo alle recensioni) che nel libro non si spiega quali vittime siano originante dall’antifascismo militante e quali da altri responsabili.
      Non è vero, non è vero (ma perchè, perchè lo fai, Keoma?):
      avesse letto il libro - ma non lo ha letto - scoprirebbe che il capitolo su Giaquinto e quello su Acca Larenzia (Stefano Recchioni) raccontano proprio questo.

      4) Dice Keoma: "Telese se la prende con Umberto Terracini, fondatore del Pci e padre della Costituzione Italiana, che fu uno degli avvocati di Marini nei vari processi ed indica il fatto come spia di una certa "ipocrisia" della sinistra, anche parlamentare e moderata, che tendeva comunque a giustificare gli "estremisti".
      Non è vero:
      ma che film ha visto, che cosa ha fumato il nostro recensore anonimo?
      In tutto il libro, a partire dal capitolo di Falvella, documento che non tutto è come sembrava. Racconto della durissima condanna (con tanto di manifesto) che la federazione del Pci di Salerno fece dell’episodio di Favella (anche per che loro seppero subito come erano andate le cose e non dagli opuscoli scritti da Franca Rame che staca a Milano. Racconto invece, che lo scontro tra le due sinistre di allora fu durissimo. Ed era anche - chi al contrario di Keoma troverà ampia messe di riscontri - uno scontro durissimo, uno scontro tra fratelli, tra amici, tra padri e figli. Non è che dire che Terracini forse ha sbagliato a difendere i futuri brigatisti Panzieri e Loiacono (nel 1975!) voglia dire mettere in discussione la Costituzione. Vuol dire prepndere atto che Terracini è un gigante nella sotria di questo paese, che però in quel frangente ha sbagliato. La prova simbolica di questo conflitto fra il Pci e gli extraparlamentati sul tema della violenza è la figura del padre di Loiancono (dirigente di Botteghe Oscure) che in prima fila seguiva il processo al figlio (e non certo per solidarizzare). Ma anche l’articolo durissimo de l?unità sulla morte di Ramelli, mentre i socialisti civettavano con i killer e Pecorella ci spiegava che sprangare era un gesto di coraggio civile.

      5) Dice Keoma che mento su Falvella.
      Ora, io non so quali siano le sue fonti (immagino l’opuscolo anarchico "Liberate Marini", non lo so) ma negli atti del processo è raccontato benissimo che Marini tornò ad armarsi a casa, con il suo amico Scariati. E la cosa, peraltro, nel mio libro la conferma Michele Santoro ("Per questo Giovanni tornò a casa a prendere il coltello....") che peraltro di Marini era amico, e che peraltro ricostruisce bene "il contesto" dell’epoca, la sua figura (gli volva proprio bene), il fatto che a Salerno con i fascisti ci si picchiava tutti i giorni, il fatto che non ci fossero santi ne eroi, che si moriva per caso, o per infamia. Peraltro, chi legge quel capitolo - Ma Keoma forse non lo ha letto - sa che nella ricostruzione il personaggio di Marini è ricostruito in tutta la sua tragica e drammatica grandezza: un ragazzo, il meno violento dei tre coinvolti nella rissa, che uccide e finisce nel tritacarne proprio per questo. E che viene usato, triturato e abbandonato, proprio dal circo del Soccorso rosso (la metà degli acrobati, a parte Fo e la Rame è finto sotto il tendone di Berlusconi, non sarà un caso?). Perchè Keoma non cita le cazzate che riporto sulle implicazioni fantascientifiche - ipotizzate da Soccorso rosso - fra il delitto Falvella e il golpe Borghese? Santoro (non La Russa) ancora oggi nè è disgustato. Probabilmente perchè Kaoma non ha letto, o se ha letto no gli faceva comodo.

      Non conosco Persichetti, ma ha una scrittura giovane. Non conosco Keoma, ma il suo modo di pensare a priori, è vecchio. E’ schematico e aprioristico considerare CUori neri un libro revisionista. Poi se crede faccia pure. Ma non racconti fesserie. Oppure, se proprio deve criticare, trovi delle cose che ne libro ci sono.

      Detto questo, Keoma (o come ti chiami, visto che non ti firmi): Cuori neri ha raccolto critiche giuste e legittime sia a destra che a sinistra. E io sono contento di entrambe. Delle critiche di chi invece combatte contro gli spettri - e come Keoma non ha letto, o non è riuscito a leggere oltre le sue idee aprioristiche - mi dispiace.
      Mi conforta il fatto che quelli come lui siano pochi.

      Luca Telese

    • Keoma e Persichetti hanno piu’ o meno la stessa eta’, intorno ai 50.

      Keoma è un bancario, dirigente sindacale, politicamente vicino all’area antagonista romana, di tendenze anarcosindacaliste, collaboratore pressoche’ fisso di Bellaciao, spesso proprio su questioni di "memoria".

      Paolo Persichetti è un detenuto politico, accusato di appartenere, negli anni 80 alle B.R. - Ucc ed estradato solo poco tempo fa, con una squallida operazione propagandistica di Pisanu e c., dalla Francia.

      Oltre ad oggettive differenziazioni politiche ed anche ideologiche tra loro, il primo ha realisticamente interesse a difendere una "memoria"condivisa, dove probabilmente ci sono anche cose ( in primis Ramelli, ma non solo) da non vantarsi ma che nell’ insieme e’ stata resistenza di massa che se non ha portato all’ Italia comunista ha perlomeno impedito che l’Italia degli anni 70 diventasse il Cile d’Europa.

      Il secondo, persona sicuramente rispettabilissima, ha pero’ - a differenza di Keoma - oggettivamente qualche cazzata da farsi perdonare ( intendo sul piano politico, non su quello individuale/giurisprudenziale che non conosco), cioe’ quanto prodotto da certo lottarmatismo italico.

      Questo spiega la differenza, nemmeno poi particolarmente eclatante, di posizioni sul libro.

      Comunque, anche io come Keoma e immagino pure Persichetti, preferiamo le "ricostruzioni di parte" del tanto vituperato da Telese Soccorso Rosso ( che non furono solo Fo e la Rame ) che le "infamate" del Pci "di lotta e di governo" culminate in quel processo-mostro che fu il cosiddetto 7 Aprile.

      Quanto ai fascisti, io che pure sto intorno ai 50, non ho mai gridato "Uccidere un fascista non è reato", mi è sempre sembrato uno slogan stupido ed autolesionista.

      Pero’, ammetto pure di provare tuttora, e forse piu’ di allora, un odio feroce per certe idee e filosofie ed anche per chi le professa, anche se ovviamente so distinguere tra un Rauti o un Delle Chiaie e un diciassettenne fascistello da stadio.

      Non ho letto il libro, ma francamente - anche da questo suo intervento - non mi sembra che il "compagno" Telese nei confronti del fascismo e dei fascisti provi lo stesso sentimento, anzi.

      Come fa poi un compagno di Rifondazione, come dicono sia Telese, a lavorare per "Il Giornale" della Berlusconi family E’ UN MISTERO GLORIOSO CHE NON RIESCO A CAPIRE.

      Sicuramente non esistera’ una "Spectre del revisionismo", che mi sembra non teorizzi nemmeno l’amico Keoma, ma sicuramente nell’atteggiamento di Telese c’è qualcosa che proprio non quadra ......

      Rafaniello

    • L’amico e collega Rafaniello sbaglia leggermente sulle questioni anagrafiche.

      Persichetti ha tre o quattro anni meno di me.

      E poi lui, sempre Persichetti, pur nascendo politicamente dal 1977 ( io dai primissimi settanta), e’ un m-l, erede diretto di certa "tradizione comunista", alla quale il sottoscritto, libertario ed "eretico" da sempre, è sostanzialmente estraneo.

      Persichetti, indipendentemente dalle responsabilita’ penali personali, ha avuto a che fare con il lottarmatismo brigatista, io invece l’ho sempre politicamente combattutto, prendendomi anche qualche diretta minaccia personale per questo.

      E anche questa non è una differenza da poco tra me e lui, che contribuisce a spiegare l’ approccio decisamente diverso, ma nemmeno opposto, alla questione.

      A parte questo, pero’, Rafaniello ha colto letteralmente i termini della questione.

      E’ vero, il libro di Telese io non l’ ho letto, in compenso ne ho letto una quindicina tra stralci e recensioni e questo commento dello stesso Telese su Bellaciao.

      E tutto cio’ basta ed avanza per dare il giudizio che ho dato sull’operazione politica che è alla base dello stesso libro.

      Indipendentemente dal lottarmatismo ( che è un’ altra cosa e c’entra poco con le uccisioni di fascisti), in Italia ci fu, a partire da Piazza Fontana, una vera e propria "guerra civile" non dichiarata.

      Come in tutte le guerre, avvengono infamie da tutte le parti, anche da quelle che hanno storicamente ragione.

      Fu cosi’ anche per la Resistenza, anche se poi una visione agiografica e tendente a darne una lettura di "unita’ nazionale" ( che ebbe solo in minima parte ) ha finito per nasconderne gli aspetti meno simpatici.

      Cosi’ e’ avvenuto nei settanta, anche se li’ pure una parte in causa, anzi la principale vittima delle trame reazionarie, il Pci, ha avuto spesso interesse a sputtanare "i resistenti".

      Questo non ha impedito che, perlomeno in tre occasioni ( Venturini, Cecchin e un altro caso a Reggio Calabria) fossero poi militanti dello stesso Pci a causare, certo involontariamente ( ma la volontarieta’ è molto rara anche negli altri casi ), la morte di elementi fascisti.

      Tornando al libro, per ammissione dello stesso Telese, il "contesto" c’è solo di sguincio, sostanzialmente in un solo capitolo.

      E se affronta praticamente tutti i casi di fascisti uccisi in quegli anni, pure quelli uccisi dalla polizia o da altri camerati, poi dei molti piu’ numerosi casi opposti, si limita a citarne solo qualcuno.

      E gia’ questo è sufficiente ad indicare la scorretezza dell’intera operazione.

      Il resto è noia. Posso non conoscere a menadito i termini del caso Falvella, anche se Marini non fu difeso da avvocati del Soccorso Rosso, ma da Terracini ( fondatore del Pci e padre della Costituzione ) e dal democristiano di sinistra Marcello Torre, sindaco di Pagani, poi trucidato dalla camorra nel 1980.

      Ma conosco bene il clima di quegli anni, i massacri non solo fascisti ma soprattutto "di stato", quelli della polizia nelle piazze, le stragi, i continui tentativi di golpe .....

      Cose che, sia pure non vissute da lui in prima persona, non puo’ non conoscere lo stesso Telese.

      Che invece ha compiuto tutt’altra operazione.

      Perfettamente in linea con quanto politicamente conviene al suo datore di lavoro Berlusconi.

      La "Spectre revisionista" probabilmente non esiste, ma una chiata tendenza a riscrivere la storia in senso filofascista ( a cominciare dalla banalizzazione del ventennio) esiste e come.

      E l’operazione di Telese (come quelle di Pansa e in misura minore anche di Tassinari ed altri ) ci si inquadra perfettamente, anche al di la’ delle sue soggettive intenzioni.

      Keoma

    • Non intervengo nel merito di Cuori neri perché il libro non è arrivato ancora a Potenza dove trascorro gran parte del mio tempo. E cerco di non parlare a vanvera. Ma di una cosa sono certo: al conto mancano almeno 16 o 17 morti "neri".

      A Telese che ha il buon gusto di citare le fonti, come altri bravi colleghi, da Stella a Ceccarelli, voglio spiegare che a spingermi a scrivere è proprio la voglia di rompere il tabù di cui parla Paolo Persichetti alla fine del suo articolo. Quel tabù che ad esempio spinge la madre di Valerio Verbano a rimuovere il fatto che il figlio era stato arrestato per un attentato e a restituirne un ricordo angelicato.

      Un elementare senso di com-passione spiega perfettamente questo meccanismo. E’ solo per questa ragione che il mio amico Oreste Scalzone sostiene che proprio il rispetto dovuto ai familiari dei morti dovrebbe spingere a non tirarli da una parte e dall’altra.
      A Keoma, infine, mi permetto di fargli notare che anche lui mi utilizza: la storia di Martino Traversa e della banda rosso-nera sono l’unico ad averla raccontata. E ricordo perfettamente che nella banda scalcagnata c’era anche una redattrice di Controinformazione.

      Ma non è una novità l’uso parziale e deformato dei miei testi: ci sono psicopoliziotti antifascisti che hanno costruito dossier paranoici saccheggiando i miei testi per poi accusarmi di essere connivente con l’oggetto del mio studio. Bel metodo di lavoro (anche poco acuto, direi: se sono connivente loro rilanciano le mie manipolazioni ---)).

      Aggravato dalla prassi beceramente stalinista delle piccole manipolazioni e interpolazioni. C’è poi anche chi ha costruito un libro sulle "trame nere" copiando e incollando decine di testi senza parafrasare né citare la fonte: ma lì siamo nella sfera della pura cialtroneria...

      Ugo Maria Tassinari

    • Caro Tassinari, come gia’ detto sono storicamente un "eretico" e quindi poco propenso ad allinearmi alle storiografie, sia quelle del Soccorso Rosso dei settanta sia a quelle neorevisioniste di oggi.

      E tale atteggiamento mi ha portato spesso ad esempio, anche su queste pagine, a sostenere l’innocenza di Fioravanti e c. rispetto alla strage di Bologna 1980.

      Ed anche, sia pure con una serie di distinguo tecnici ( l’incendio parti’ comunque dall’ interno dell’appartamento ), a dire prima delle confessioni di Lollo che , nel caso di Primavalle 1973, la storia della "faida interna" tra fascisti ( che pure, io sono di Primavalle, e all’ epoca non ero un bimbetto, esisteva e come) non era la spiegazione della fine tragica dei fratelli Mattei.

      Ma da questo a riscrivere completamente la storia di quegli anni, la famosa "guerra civile strisciante", facendo passare fascisti e tramatori di stato come "vittime" e i movimenti politici e sociali di sinistra come "assassini", francamente non posso accettarlo.

      E nemmeno tu, quantomeno in "Fascisteria", l’unico tuo testo che ho letto sull’argomento, mi sembra che sostieni cose simili, anche se in tuoi interventi successivi al libro ed anche in questo commento, poi, mi sembra che invece anche tu finisci per portare acqua al mulino revisionista.

      Che vuol dire che Verbano era stato accusato di un "attentato" ? Si trattava della solita robetta incendiaria antifascista contro cose e non persone, tipica dell’ autonomia romana e senza alcuna certezza della sua effettiva partecipazione al fatterello. Ma certo, se la presenti come "attentato", un ragazzotto di oggi pensa invece ad uccisioni o ferimenti, tipici nello stesso periodo delle BR e similari.

      E comunque, per questo, si giustifica quello che gli hanno fatto ? E pensi che sia quello il motivo della sua uccisione ? E non il famoso dossier di controinformazione, sequestratogli in una perquisizione, e poi sparito anche dalle carte del giudice Amato, assassinato dagli stessi fascisti dei Nar, nello stesso 1980 ?

      Ed anche la storia di Martino Traversa viene raccontata in modo scorretto. Traversa era si’ un missino ma, quando è stato ucciso, stava semplicemente facendo il d.j. in una radio commerciale di Bari, dove un gruppo di deficienti rosso/bruni era entrato per imporre la lettura di un comunicato in diretta. Ho detto rosso/bruni ( e quindi c’era nella banda, ma non nel commando, anche una tizia che aveva collaborato a Controinformazione ) ma l’ assassino casuale di Traversa era un noto fascista barese, poi fuggito all’estero sotto la protezione della fascisteria di mezza Europa, compreso Stefano Delle Chiaie.

      Si puo’ quindi parlare, nel caso del povero Traversa, di un atto di "antifascismo militante" ? E invece non solo Telese lo fa, ma persino tu ( che pure racconti correttamente la storia in "Fascisteria" ) sembri ora accodarti a questa tesi .....

      E mi sembra francamente una enormita’ il tuo asserire che nel libro di Telese mancherebbero addirittura 16 o 17 fascisti uccisi all’epoca. nemmeno le ricostruzioni( molto larghe) dei gruppi neonazisti attuali arrivano a sostenere numeri di questo tipo ....

      Quindi, caro Tassinari, continuo a pensare con qualche fondata ragione , al di la’ della mia orgogliosa "eresia" e del mio disincanto nella rilettura di una serie di fatti ormai storici, che in certe operazioni di "riscrittura" provenienti "da sinistra", c’e qualcosa che decisamente non quadra .....

      E che questo, non tanto per il tuo libro "Fascisteria", ma per i tuoi atteggiamenti di oggi, vale anche per te.

      Anche se sicuramente, per Telese, molto di piu’.

      Oltretutto tu, almeno, non sei un dipendente di Berlusconi ....

      Keoma

    • Procediamo con ordine.

      Caso Verbano: è una questione diversa. Il riferimento è preciso. La signora Verbano è intervistata per la trasmissione Omnibus in cui Telese, Bianconi e Valerio Fioravanti discutono in studio di Cuori neri. Scalzone in collegamento satellitare interviene da Parigi ma segue male il dibattito. Per l’occasione la madre racconta che lei non sapeva, non poteva immaginare che…. E’ evidente che il dolore che ha subito, il trauma stesso delle modalità della morte la spingano ad angelicare il figlio, rimuovendo la circostanza che i fascisti lo avevano assassinato in quanto quadro rivoluzionario impegnato nella controinformazione e nell’antifascismo militante. Per l’occasione Oreste afferma che non è giusto tirare in mezzo i familiari (che hanno tutto il diritto di essere partigiani) come fonte di verità storica e di diritto. E’ un suo antico argomento - come dovresti sapere - contro l’uso che il partito della fermezza ha fatto dei familiari delle vittime per negare la soluzione politica (ma mai contro la scarcerazione dei pentiti)… Telese in un’intervista accusa a torto Oreste di avere offeso le madri. Oreste era stato rispettosissimo e proprio il discorso della madre di Verbano confermava la correttezza del suo enunciato: solo questo mi interessava chiarire.

      Caso Traversa: non c’è questione. L’ho raccontato io per primo. Il commando era composto tutto da fascisti. Lo citavo solo per dimostrarti che mentre mi accusi di “revisionismo” anche tu mi usi come fonte. Il fatto è che Fascisteria è un’enciclopedia e io non posso rispondere dell’uso + o - corretto che se ne fa (nel tuo caso è corretto).
      I morti. Sono una quarantina. Lo so che è un’enormità. Ma tanti sono. Con una curiosità. Parecchi sono vittime del “fuoco amico”. Molte delle azioni di avanguardia sono a loro volta rappresaglie riconducibili alla logica del “colpo su colpo” che tu dovresti ben conoscere avendo militato neli anni ’70.

      Ecco un catalogo preciso:

      uccisi dai compagni in scontri di piazza o tafferugli occasionali: 6
      Ugo Venturini - volontari nazionali - Genova - gennaio 1970
      Giuseppe Santostefano - Cisnal - Reggio Calabria luglio 1973
      Carlo Falvella - Fdg - Salerno - luglio 1972 - accoltellato in una rissa dall’anarchico Marini
      Emanuele Zilli - Cisnal - Pavia novembre 1973 - aggredito mentre viaggiava in motorino
      Cecchin - Fdg - quartiere Trieste maggio 1979 - inseguito da attacchini del Pci cade e muore dopo 20 giorni di agonia
      Paolo Di Nella - Fdg - quartiere Africano - febbraio 1983 - pestato durante un attacchinaggio

      uccisi dai compagni in azioni di avanguardia: 14
      fratelli Mattei - figli segretario Msi Primavalle - marzo 1973 - dissidenti di Potop candidati a fondare la colonna romana delle Br (rappresaglia per l’agente Marino)
      Mazzola e Giralucci - Msi - Padova - giugno 1974 Brigate rosse
      Mikis Mantakas - febbraio 1975 - Fuan - Prati - ex di Potop passato alla lotta armata (dopo giorni di scontri per il processo di Primavalle)
      “Cremino” Zicchieri - Lotta popolare - settembre 1976 - Predestino - Fca (rappresaglia per rinvio a giudizio per l’omicidio Mantakas)
      Sergio Ramelli - Fdg - Milano marzo 1975 (morto ad aprile) sdo Avanguardia operaia
      Cesare Pedenovi - Msi - Milano aprile 1976 - atto di nascita di Prima linea (rappresaglia per Amoroso)
      Roberto Crescenzio - simpatizzante - Torino ottobre 1977 - carbonizzato dopo un assalto a colpi di molotov contro un “bar di fasci” - sdo di Lotta continua per il comunismo (rappresaglia per Walter Rossi)
      Angelo Pistolesi - Msi, partecipante al raid di Sezze con Saccucci - Portuense, dicembre 1977 - Nuovi partigiani (rappresaglia per Sezze)
      Bigonzetti e Ciavatta - Fdg - Acca Larentia - gennaio 1978 - nuclei armati per il contropotere territoriale
      Cecchetti - simpatizzante - fuori al bar di Monteverde - gennaio 1979 - non ricordo la sigla (rappresaglia per le 5 donne ferite a Rcf)
      Angelo Mancia - segretario Msi Talenti - marzo 1980 - compagni organizzati in volante rossa (rappresaglia per Verbano)

      uccisi dalla polizia in scontri di piazza: 3
      Citro - Giovane Italia - rivolta di Battipaglia - aprile 1969 (difendeva il lavoro degli operai del tabacchificio)
      Stefano Recchioni - Fdg - Acca Larentia gennaio 1978 (gridava la sua rabbia contro i due camerati ammazzati dai Nact))
      Alberto Giaquinto - Fdg - Centocelle - gennaio 1979 (assaltava una sezione dc per onorare i morti di Acca Larentia)

      Uccisi dalla polizia in conflitti a fuoco: 5
      Giancarlo Esposti - Ordine nero - Pian del Rascino - maggio 1974 (in realtà giustiziato come Mara Cagol dopo la cattura)
      Alessandro Alibrandi - Nar - Labaro - dicembre 1981 -
      Giorgio Vale - Nar - Appio Latino - maggio 1982 - ufficialmente è un suicidio: in realtà è il bis di via Fracchia, giustiziato nel sonno
      Elio Di Scala - Nar - estate 1994 - rapina in banca al Portuense
      Valerio Viccei - Ordine nero, pentito - ucciso mentre preparava l’assalto a un furgone nella primavera 2000

      Uccisi da bottegai durante rapine: 2
      Salvatore Vivirito - Avanguardia naz. e poi Ordine Nero - da un gioielliere - maggio 1977 Milano
      Franco Anselmi (Nar) - Monteverde - da un armiere - Monteverde marzo 1978

      Morti in altre circostanze: 5
      Armando Calzolari - tesoriere del Fronte nazionale di Borghese - trovato annegato in un pozzo poche settimane dopo la strage di piazza Fontana su cui aveva annunciato rivelazioni
      Riccardo Manfredi - Quex/Fronte carceri - caduto dal treno in un tentativo di evasione nel 1978
      Riccardo Minetti - Avanguardia nazionale (figliastro di Delle Chiaie) - suicida in carcere nell’aprile 1978 (un anno dopo nell’anniversario della morte il fratello uccide un militante del Pci a coltellate)
      Martino Traversa - simpatizzante Msi - ucciso mentre lavorava come dj in una radio di Bari, nel marzo 1981, in un’azione di propaganda armata da un commando di neofascisti appartenti a un’aggregazione rosso-bruna
      Nanni De Angelis - Terza posizione - ottobre 1980 - suicida in carcere dopo un brutale pestaggio della polizia (i medici avevano autorizzato il trasferimento in centro clinico non in carcere)

      Uccisi dai camerati: 7
      Francesco Mangiameli - Terza posizione - Roma settembre 1980 - ucciso dai Nar per un regolamento dei conti interno
      Luca Perucci - ex Tp poi Fdg quartiere trieste - ucciso nel gennaio 1981 dai Nar perché testimone d’accusa nell’inchiesta contro Tp
      Ermanno Buzzi - accusato della strage di Brescia - ucciso nell’aprile 1981 nel carcere di Novara da Tuti e Concutelli perché confidente e corruttore di minorenni (omosessuale?)
      Giuseppe De Luca - Fdg - Roma estate 1981 - ucciso dai Nar per una “sola”
      Marco Pizzari - fiancheggiatore di Tp/nar - ucciso dai Nar nell’autunno 1981 perché accusato della soffiata che ha portato all’arresto di Nanni De Angelis e Ciavardini
      Mauro Mennucci - Fnr - ucciso a Pisa nel giugno 1982 dai Nar per la soffiata che ha mandato in galera Tuti
      Carmine Palladino - Avanguardia nazionale - estate 1982 - carcere di Novara - ucciso da Concutelli perché sospettato di aver “cantato” Vale.

      E siamo a 42, non contando Alvares (Fronte nazionale di Tilgher) ucciso in circostanze misteriose, nel marzo 2000, secondo la principale ipotesi investigativa nel quadro di traffici di armi tra ex Nar e malavita milanese. Se escludiamo Viccei e Di Scala, morti dopo gli anni di piombo, scendiamo a 40. Ben 19 più dei 21 enunciati da Telese. Ma se si volesse applicare il criterio delle intenzioni degli autori (usato per Cecchetti e Crescenzio), allora bisognerebbe aggiungere due scambi di persona:
      il vicino di casa ucciso al posto del segretario del Msi Flaminio, Rosci, nel marzo 1980 dai compagni organizzati per il comunismo (rappresaglia a distanza per il ferimento di Sirio Paccino, rimasto paralizzato durante un assalto al Msi Flaminio, a sua volta rappresaglia per i morti delle “giornate di aprile” del 1975)
      il passante ucciso al posto dell’avvocato avanguardista Giorgio Arcangeli nel dicembre 1979 al quartiere Trieste da Valerio Fioravanti (organizzatore Sergio Calore): una rappresaglia per la soffiata che portò all’arresto di Concutelli (in realtà Calore copriva e continuò a coprire il vero “infame”, Paolo Bianchi).

      E ho lavorato a memoria, senza consultare l’archivio. E quindi può darsi che qualcuno me lo sono scordato. Ma l’enormità c’è tutta. Proprio perché io non accetto la logica che divide i caduti in buoni e cattivi, innocenti e colpevoli. Ed è una scelta politica di segno opposto a quella che mi si attribuisce: nessun revisionismo, anzi proprio l’atteggiamento invocato da Persichetti, il rispetto della verità effettuale.

      Ugo Maria Tassinari

    • Perfettamente d’accordo sul fatto di non tirare in ballo i familiari.

      I quali spesso, poi, sapevano ben poco del "vissuto" dei propri parenti.

      Rimane il fatto che il tuo primo commento, su Verbano, lasciava grande spazio ad una interpretazione di ambiguita’ ; adesso sei stato piu’ chiaro e su questo, incidente chiuso.

      Piu’ in generale, certo, se ti allarghi ai numerosissimi morti di destra uccisi a vario titolo dal "fuoco amico", ovviamente i numeri cambiano e di parecchio.

      Ma allora si dovrebbe parlare non di "cuori neri" vittime della "guerra civile strisciante" ma piu’ propriamente di ulteriori vittime del terrorismo neofascista.

      Altrimenti, con la stessa logica, dovrenno considerare Guido Rossa, Claudio Vaccher o Ennio Di Rocco non vittime del "terrorismo rosso" ma "cuori rossi" vittime del generico clima di quegli anni.

      Su Riccardo Minetti sbagli, fu lui ad uccidere il giovane comunista Ciro Principessa e poi a suicidarsi in carcere qualche tempo dopo, il fratello non c’entra. Ma pur essendo il figlioccio di Delle Chaie non si trattava di un militante di destra ma soltanto di un giovane con gravissimi problemi psichici, tanto e’ vero che, nel processo per l’omicidio Principessa, fu addirittura difeso da avvocati di estrema sinistra che sostennero la tesi dell’ "incapacita’ di intendere e di volere".

      Su Martino Traversa nulla da aggiungere, rimane il fatto che tanto Telese quanto i gruppi di estrema destra attuale continuano a considerarlo una "vittima dei rossi", il che mi sembra veramente una assoluta falsita’ storica.

      Parlando di amnistia e piu’ in generale della battaglia di Scalzone io la condivido pienamente e oltre ad aver tra i primissimi aderito al suo appello, sono stato tra i pochissimi a rilanciarlo nelle riunioni di movimento e su molti luoghi della stampa e del web antagonista.

      Ben cosciente personalmente del fatto che una eventuale amnistia per gli anni di piombo non potra’ non riguardare anche i fascisti ( anche se fascisti detenuti in senso stretto per quelle vicende non mi pare che ce ne siano piu’), diffido fortemente pero’ di certi atteggiamenti alla "embrassons nous" che pervadono una serie di compagni detenuti o esuli, da un po’ di tempo lo stesso Scalzone ed anche Persichetti, che tendono ambiguamente a teorizzare una improbabile lotta unitaria tra "rossi" e "neri" per pervenire all’ottenimento della stessa amnistia.

      Tendenza che, pur non avendo tu i "problemi" di Scalzone e Persichetti, sembra spesso pervadere anche i tuoi scritti.

      In un momento in cui, tra l’altro, le aggressioni fasciste in Italia sono tornate all’ordine del giorno e quasi tutta la vecchia destra golpista e bombarola dei 60 e dei 70 (da Rauti a Tigher passando per Fiore e gli stessi Mambro e Fioravanti) si è reimbarcata nella nave del Cavalier Berlusconi.

      Naturalmente, come ho gia’ detto, l’ambiguita’ e la scorrettezza di Telese o di Provvisionato ( e sul piano piu’ propriamente storico anche di Pansa) e’ ben piu’ pesante e sembra anche direttamente collegata alle campagne di banalizzazione del fascismo tipiche del citato Berluska, peraltro datore di lavoro diretto di Telese e di Provvisionato ed anche editore di Pansa.

      Keoma

    • Come al solito, partiamo dal particolare per arrivare al generale:

      Dal sito reti invisibili

      19 aprile 1979 Claudio Minetti, estremista di destra e frequentatore del Msi di via Acca Larentia, entrò nella sede del Partito Comunista di via di Torpignattara, dove all’interno da tempo era stata allestita una piccola biblioteca, per chiedere un libro in prestito. Alla richiesta di esibire un documento di identità Claudio Minetti oppose il suo rifiuto e prese un libro da un tavolo scappando poi per la strada. Inseguito da due iscritti della sezione, il neofascista si voltò di scatto ferendo con un coltello Ciro Principessa, 23 anni, militante del Pci.

      Arrestato dalla polizia dentro un bar dove si era rifugiato, Claudio Minetti risultò poi essere afflitto da gravi disturbi mentali. Questi, infatti, era figlio di Leda Pagliuca, a suo tempo convivente di Stefano Delle Chiaie, fanatica neofascista che viveva nel culto di Mussolini obbligando i suoi figli a condividere la sua fede. Per questo motivo, in passato, le autorità giudiziarie le avevano tolto l’affidamento di quattro figlie. Il fratello maggiore di Claudio Minetti, inoltre, si era suicidato due anni prima nel carcere di Regina Coeli mentre era in attesa di testimoniare al processo di Catanzaro per la strage di piazza Fontana (n.d.umt: in realtà Riccardo si uccise - o fu ucciso: stava per essere scarcerato dopo tre mesi di galera per scontri di piazza - un anno prima: erano entrambi testi a discarico di Merlino, dovevano confermargli l’alibi). Per questa serie di motivi, la Corte d’Assise del Tribunale di Roma dichiarò non punibile Claudio Minetti perché ritenuto incapace di intendere e di volere e ne dispose il ricovero in un manicomio giudiziario per un periodo non inferiore ai dieci anni. Ciro Principessa, le cui condizioni non sembrarono all’inizio essere molto gravi, morì in ospedale il 20 aprile.

      Sulla questione dell’ “allargamento”:
      Tra Ennio di Rocco e Guido Rossa c’è una grossa differenza: uno era militante del partito guerriglia (e ucciso in modo infame da un mezzo pentito che pensava cos’ì di riscattarsi per poi ancora ripentirsi: una delle pagine più buie del partito armato, insieme all’omicidio di Giorgio Soldati, un altro combattente che aveva ceduto sotto tortura, arrivato in carcere aveva ammesso le confessioni ed era stato perciò sottoposto a un feroce e infame processo stalinista concluso con una condanna a morte) l’altro del Pci.

      Comunque non vedo perché nei “cuori neri” non si debba indicare Mangiameli, leader di Terza posizione o Carmelo Palladino, braccio destro di Delle Chiaie e Luca Perucci, per cui il segretario del Msi Trieste (quartiere non città) si affannò a dichiarare subito la sua militanza nel FdG. Che li abbiano uccisi dei camerati dimostra la felice intuizione di G. M. Bellu (nella recensione di Fascisteria su Repubblica) sull’odio verso se stessi che è un’anima forte dei fascisti. Sono loro, prima che le donne, a “non volersi bene”. E comunque - ripeto - non so quali sono i criteri usati da Telese: ma se c’è De Angelis ci vanno anche Giorgio Vale e Minetti. E se ci sono Crescenzio e Cecchetti (che fascisti non erano) ci vanno anche Leandri e Allegretti (uccisi perché scambiati per fascisti da colpire: una volta da compagni, una volta da camerati). E così via. Ne riparliamo, ne riparlerò pubblicamente quando riuscirò a mettere le mani sul libro di Telese

      DIMENTICAVO nel conto PIERLUIGI PAGLIAI. Una canaglia, narcotrafficante, responsabile di torture in Bolivia (a detta di Vinciguerra) ma giustiziato a freddo in occasione del golpe “ameriKano” dell’ottobre 1982 (aveva le mani alzate, il proiettile entrò dalla nuca).
      Ultima questione: amnistia. Io non ho i problemi di Scalzone e Persichetti ma ne condivido la battaglia per l’amnistia. E quindi almeno su una cosa siamo d’accordo al 100%. Del resto ho firmato come direttore responsabile Anni ’70, ho animato il comitato per l’amnistia di Napoli, ho curato come editor (e “negro”, diciamolo pure) l’autobiografia di Oreste “Biennio rosso”. E sullo sciopero della fame di Oreste la mia casa editrice sta per pubblicare un suo testo…

      Infine ammetto che alcune mie scelte possano far pensare a una logica di "abbrassons nous". Ma per affrontare la questione occorrerebbe un intero saggio che parte da Lassalle (come antesignano del socialismo di Stato e delle varie controrivoluzioni del XX secolo, da Mussolini, a Noske, a Stalin) e arriva alla caduta del Muro di Berlino. Passando per la sindrome di Stocolma. E non mi sembra il caso. Se ti va di proseguire in privato la discussione comunque sono a disposizione...

      Ugo Maria Tassinari

    • Io sbagliavo, ma anche a te manca un pezzo.

      Anche Claudio Minetti si è poi suicidato, anche se non in carcere come credevo io, confondendomi col fratello.

      Sta storia della possibilita’ di una"battaglia comune coi fasci", o almeno con alcuni di loro, che sia sulla battaglia per l’amnistia, che sia in base ad un comune antiamericanismo ( vedi posizioni Campo Antimperialista, alle quali non mi sembra sei del tutto estraneo) mi ha sempre causato l’orticaria, lo ammetto.

      Ma ancora di piu’ oggi, quando questo cazzo di bipolarismo ha creato le oggettive condizioni per cui anche dichiarati nostalgici del nazismo possono arruolarsi nel centrodestra ( Rauti addirittura nelle liste di Forza Italia), il che rende rende il discorso ancora piu’ assurdo e cervellotico.

      La necessita’ di Berlusconi di accaparrarsi ogni singolo voto porta addirittura, in cambio di uno strapuntino parlamentare, personaggi che si dichiarano filopalestinesi ed antiamericani ad imbarcarsi col governo piu’ filoisraeliano e filoamerikano della storia italiana.

      Perlomeno una volta c’era il discorso del "nemico comune" rappresentato piu’ o meno dai governi democristiani, adesso nemmeno piu’ quello.

      E, come dicevo, sono ripresi con ritmo quasi quotidiano gli atti di squadrismo.

      Quindi, di cosa stiamo parlando ?

      Quale dialogo ci puo’ mai essere con certa gente ?

      Keoma

      P.S. E comunque, sostenere come fai tu nel primo intervento che all’elenco gia "largo" di Telese
      mancano 16 o 17 fasci morti ammazzati, senza dire che pressoche’ tutti sono vittime del "fuoco amico" di altri camerati, mi sembra un’ altra operazione di estrema ambiguita’....

    • Ti ringrazio della possibilità che mi dai di chiarire una volta per tutte la questione del Campo antimperialista.

      Mi invitano a presentare "Fascisteria", un gruppo che conoscevo composto da ex troskisti umbri e fuoriusciti toscani di Rifondazione.

      Ci vado. Mi chiedono se sono disposto a firmare un appello per una manifestazione contro l’occupazione militare in Iraq. Ci mancherebbe. Lo firmo. Si scatena su Indymedia una campagna forsennata contro il Campo in cui vengo tirato in mezzo come sdoganatore dei fascisti. Al tempo stesso chi mi accusa non si perita di usare i miei testi per ricostruire la "fascistaggine" di chi avrei sdoganato. Poi i miei garbati post di replica alle falsità e alle manipolazioni dei miei testi vengono hiddati in aperta violazione della policy. Nessuno accetta la mia sfida a un pubblico confronto.

      Dopo di che devo aggiungere che la più puntuale ricostruzione del percorso politico di Maurizio Neri, il principale accusato di infiltrazione, è - come al solito - la mia (nel sito di Provvisionato, in questo caso...). Il ritratto di Mutti è copiato pari pari da Fascisteria. Così la vicenda di Martinez che fino a pochi mesi prima era considerato un transfuga "buono" perché aveva denunciato il carattere criptonazista di Nuova Acropoli.
      Se non ci fosse stata questa infame campagna avrei ritirato la firma, perché non condividevo l’operazione politica che era dietro la convocazione della manifestazione - che a me era sfuggita - e mi sono sentito usato. Ma schifo la minima parvenza di dissociazione e quindi va bene così. Ma credo che siano passati due (o addirittura tre) anni e più da quella polemica e sfido chiunque a produrre prove sul minimo contatto successivo tra me e il Campo.

      Quanto alla conta, oltre alle vittime del fuoco amico, dato che ha un forte significato politico, perché sottolinea l’alto tasso di violenza interno alla fascisteria, ci sono una serie di morti "politicamente scorretti": rapinatori, evasi, terroristi, guerriglieri. Morti che Telese e quanti sono interessati a un’operazione vittimista-angelizzante rimuovono. E mi meraviglio che uno come te, lucido e ben informato, non colga il segno profondamente diverso della mia contabilità alternativa, che va esattamente nella direzione opposta.
      Resto infine convinto della giustezza della parola d’ordine dell’amnistia per tutti e per ciascuno, come dell’asilo per tutti e per ciascuno. E che non si possa interdire a chicchessia il diritto di condividere questa rivendicazione.

      Ugo Maria Tassinari

    • Comincio dalla fine e ovviamente nemmeno io pretendo di interdire a chicchessia il diritto di condividere la battaglia per l’amnistia.

      Tra l’altro, oltre a condividere da subito l’appello di Oreste, ho anche difeso in varie sedi le iniziative di Pannella, che invece molti compagni tendevano a schifare.

      Per quanto riguarda i fascisti mi sembra che, a parte Signorelli e pochissimi altri, la stragrande maggioranza dei reduci "neri" ( peraltro, a parte forse Egidio Giuliani e quella rispettabilissima persona che è Vinciguerra, nessuno dei quali piu’ detenuti, se non in semiliberta’) tendano piu’ a farsi amnistiare ad-personam dal Cavaliere che non a imbarcarsi in una piu’ generale "battaglia di liberta’".

      Ed anche questo è un chiaro segno dei tempi ed una specie di "ritorno all’ovile" di personaggi che pure hanno cercato, negli anni scorsi, di farsi passare per improbabili "rivoluzionari", sia pure di destra.

      Non è un caso che anche Fioravanti e c. - che pure considero innocenti per Bologna - siano passati dalla tesi della "strage di stato" a quella -assai piu’ comoda per il potere - di responsabilita’, per Bologna, di Carlos e, indirettamente, dei palestinesi.

      Prendo atto con soddisfazione che sei estraneo all’operazione politica del Campo Antimperialista.

      Considero "Fascisteria" in assoluto il miglior testo mai scritto sulle trame nere e sul neofascismo piu’ in generale.

      Anche se da subito avevo un po’storto il naso rispetto a tendenze "angelizzanti" che pure tu, almeno nel caso di Andrea Insabato e non solo lui, mi sembra volessi compiere. Ma questo non cambia la sostanza del giudizio piu’ che positivo sulla tua puntuale e preziosa opera di controinformazione.

      Le perplessita’ peggiori sono venute dopo, soprattutto quando ho letto un libro sulla storia di Terza Posizione, in cui l’autore fascista ti ringraziava perche’ avevi aiutato a sventare una non meglio chiarita "provocazione di stato" contro alcuni di loro.

      Ma, al di la’ di questo, mi sembra che anche tu, sia pure in modo confuso ( mi riferisco alla citazione di Lassalle, Mussolini e non so chi altro) rivendichi un attenzione "positiva" rispetto alla possibilita’, tutta teorica, di "fratellanze" tra "rossi e neri".

      Ma ho anche chiarito da subito che vedo una enorme differenza tra le tue "operazioni storiografiche" e quelle assolutamente piu’ "strumentali" e legate al "momento politico" di Telese e di altri.

      Tu puoi aver peccato di imprecisione, forse anche di presunzione, puoi anche avere - fa parte delle debolezze umane - aver esagerato nella "comprensione umana" per qualche interlocutore che hai dovuto contattare per il tuo lavoro.

      Quegli altri mi sembrano invece aver ubbidito a precisi ordini.

      Come dice Andreotti ( che di trame nere e non solo nere ne sa sicuramente piu’ di tutti) a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si indovina ....

      Ciao, Keoma

    • Tre precisazioni e un chiarimento.
      Insabato: E’ uno psicolabile. Prodigo ai limiti dell’autolesionismo. Con un elemento manifesto di demenzialità: da acceso antisionista va a mettere un botto sulla porta della redazione del quotidiano più antisionista d’Italia. Se hai la prima edizione di Fascisteria puoi verificare che è stato pubblicato meno di due mesi dopo l’attentato. Il 22 dicembre 2000 era in corso la seconda correzione di bozze: ho deciso senza tentennamenti di non modificare il ritratto "buonista" su cui convergevano fonti contrapposte (ben tre) e di inserire l’episodio in appendice. Non ho avuto motivo di ricredermi.
      Spedicato: accusato a torto dell’autobomba alla questura di Milano (come per Esposti il suo identikit diffuso era superato, risaliva a qualche anno prima la fame della latitanza) la mia intervista gli ha permesso di smontare la falsa accusa. Anche in questo caso niente da vergognarsi (oltre a uno dei tre scoop della mia carriera giornalistica)
      Lassalle_Mussolini: nessuna fratellanza, caso mai filiazione. Mussolini è figlio di Lassalle,come Noske e Stalin. E ripeto: io non teorizzo nessuna alleanza. Per il semplice motivo che non ho nessun progetto politico
      Il chiarimento: parlando di Sindrome di stoccolma sono stato impreciso. In realtà si tratta del dispositivo tipico dell’osservazione partecipata per cui il ricercatore subisce il fascino dell’oggetto di ricerca. Ma vedo che tu hai capito benissimo.
      Mi farebbe piacere mandarti il mio libro successivo a Fascisteria. Puoi postarmi, se credi, il tuo recapito a: ugotassinari@yahoo.it

    • Su Insabato alla fin fine sono sostanzialmente d’accordo, è sostanzialmente un poveraccio pscicolabile, l’ho recentemente incontrato alla manifestazione di Natale per l’amnistia dove si trascinava con le stampelle.

      Tra l’altro, Valentino Parlato ( era anche lui al corteo) ci ha parlato a lungo e ne ha tracciato sul "Manifesto" un ritratto al limite dell’ innocentismo.

      Ed effettivamente qualche ragionevole dubbio su una sua colpevolezza, o meglio su una sua consapevolezza su quello che stava succedendo, comincia ad affiorare in molti.

      Rimane il fatto che un giudizio cosi’ "angelizzante" a pochi mesi dall’ attentato mi aveva lasciato fortemente perplesso. Del resto, come vale per Verbano, pure Insabato non è che mancasse di precedenti anche assai piu’ pesanti, soprattutto ai tempi del Fuan/Nar, come mi sembra la sparatoria ( soltanto casualmente non omicida) contro la sezione romana del Pci in Via Tigre’.

      Non sapevo nulla di Spedicato ma se era innocente per quell’ attentato, nulla quaestio.

      Prendo atto del fatto che non hai alcun "progetto politico" e che eventuali "errori" sono dovuti a quella che chiami "sindrome di Stoccolma".

      Come ti dicevo, per Telese ed altri, la penso molto diversamente anche se nemmeno io sono ancora riuscito a leggere TUTTO il libro dello stesso Telese.

      Ma anticipazioni e stralci, oltre alle interessate ( e mi sembra propagandisticamente organizzate e concertate) recensioni della stampa destrorsa, mi bastano e avanzano per esprimere un giudizio.

      Ti invio il mio recapito in privato.

      Al di la’ dell’ inizio un po’ "esplosivo", mi ha fatto un enorme piacere questo scambio di idee.

      Keoma

    • Proviamo a togliere i paraocchi per un istante e forse un giorno potremmo dire di essere liberi... perchè ostinarsi a mantenere rigide certe posizioni dove il male è solo da una parte e noi siamo i buoni sempre vittime di un vittimismo che ci devasta?
      Basta fare le conte dei morti, sono più i miei!! no sono più i miei.....
      Non vanno disconosciute certe verità storiche ma non vanno nemmeno taciute tutte le altre come le possibili connivenze tra organizzazioni eversive e organi di governo e questo vale per tutti.
      In conclusione il massimo rispetto per tutti coloro che hanno affrontato quei momenti con coerenza, coraggio e passione qualunque fosse la loro appartenenza.

    • E’ stato gia’ ampiamente chiarito che le "organizzazioni eversive", cioe’ i gruppi armati di estrema sinistra, con i morti di destra di cui parla Telese c’entrano ben poco.

      La "guerra civile" tra opposti estremismi appartiene ad un periodo precedente l’esplosione endemica del lottarmatismo di sinistra.

      Qui non è questione di "buoni" o di "cattivi", ma tra chi era dalla parte del potere e chi no.

      E da che parte stessero i fascisti non c’e storicamente dubbio alcuno.

      Il resto è negazionismo alla amatriciana, tipicamente elettoralistico e berlusconiano.

      Vanni

    • Come giustamente dice l’amico Vanni, l’incidenza del lottarmatismo di sinistra su quelle vicende è minima e si limita sostanzialmente a due episodi, peraltro assai anomali.

      A Padova nel 1974, l’assalto alla federazione missina con la morte di Mazzola e Giralucci fu rivendicata dalle B.R., anzi fu in assoluto la prima azione omicida rivendicata da questo gruppo che esisteva gia’ da 5 anni.

      E comunque non c’era una intenzione omicida originaria, la tragedia avvenne perche’ entrambi i missini erano a loro volta armati e tirarono fuori le pistole. Alcune ricostruzioni, poi, narrano di un commando in cui c’era un unico brigatista e 4 o 5 militanti di movimento che le B.R. volevano arruolare, cosa che poi avvenne soltanto per uno di loro, e di una cosa organizzata "a caldo" e senza avvertire le B.R. vere e proprie, in risposta alla strage di Brescia di pochi giorni prima.
      Le B.R. si presero poi la responsabilita’ politica per un senso di correttezza che allora avevano ( erano ancora i tempi di Curcio e Franceschini) ma probabilmente il ruolo della Organizzazione in quella vicenda fu vicino allo zero.

      L’ altro episodio è l’uccisione nel 1976 a Milano del consigliere comunale missino Pedenovi.
      Qui la volonta’ omicida è incontestabile e voleva essere una risposta all’uccisione, da parte dei fascisti, del giovane Gaetano Amoroso, sempre a Milano, una settimana prima.
      Gli autori dell’omicidio saranno poi, molti mesi dopo, tra i fondatori di Prima Linea, gruppo armato che comunque all’epoca del fatto non esisteva ancora.

      Si e’ parlato poi di una possibile responsabilita’ delle B.R. nella vicenda romana di Acca Larentia nel gennaio 78, questo perche’ una mitraglietta usata in quell’occasione fu poi usata anche in attentati B.R. del decennio successivo. Ma, a parte il fatto che per Acca Larentia - nonostante la miriade di brigatisti pentiti romani - non è mai stato condannato nessuno, appare improbabile che le B.R. facessero azioni usando firme diverse ed è piu’ realistico che quell’arma sia finita nelle loro mani successivamente, nei canali di giri di armi clandestini ed illegali.

      Quindi chiamare in causa il "lottarmatismo rosso" rispetto alle guerre di quartiere e ai morti di destra ( comunque un quarto scarso rispetto a quelli di sinistra) che avvennero in quegli anni è assai improprio e riduttivo.

      Questo indipendentemente dal giudizio politico che si intende dare ( ed il mio e’ estremamente negativo) sull’agire dello stesso "lottarmatismo rosso".

      Quello che penso del "revisionismo" di Telese l’ho gia’ ampiamente espresso in altri commenti.

      Ciao a tutti, Keoma.

  • Ma che dici. Sei tu che ti arrampichi sui vetri masturbandoti il cervello. questi sono fatti, ed i fatti vanno compresi come tali, se no non si fa la storia.

    • E no, caro Telese ( o chi per lui), questi sono solo una parte dei fatti, raccontati fuori dal contesto e talvolta anche in modo completamente falsato.

      Secondo i dettami del Cavaliere e della sua necessita’ assoluta di riciclaggio della peggiore paccottiglia fascista, nella vana speranza di non perdere le elezioni.

      Non ho mai creduto ad una pretesa totale imparzialita’ e neutralita’ degli "storici", ma un presunto comunista che fa il servetto del centrodestra, di "storico" ci ha solo la tradizione italica del "tengo famiglia" e dei "voltagabbana" .......

      Keoma

    • Ci ho messo un po a leggere tutto il thread ma alla fine ce l’ho fatta.
      Io sono intervenuto su questa tema in questo Forum
      http://www.cuorineri.it/diario/?p=30#postcomment
      perchè anche voi non ci fate una visita e non contribuite alla discussione?
      Sarebbe interessante

      Giorgio Ferranti

    • Caro Keoma,

      Ho letto le tue osservazioni sul libro di Telese ed alla fine, in uno dei tuoi ultimi interventi, che assolutamente non condivido, hai scritto che i missini Mazzola e Giralucci, che tra l’altro erano nella loro sezione politica, erano armati e da li i compagni che erano entrati armati presso la loro sede hanno reagito causando la disgrazia.

      1. Mazzola era un vecchietto, mezzo zoppo, che faceva il portinaio in quella sezione;
      2. Giralaucci era un rappresentante di rubinetti ed era andato li per riparare i materiali della sezione politica.
      3. Erano chiaramente disarmati. Prova provata dalle ammissioni dei compagni e negli atti processuali.
      4. Mi spieghi che c’erano andati a fare un Br e altri compagni, armati in una sez. del MSI?
      D’accordo cercavano materiale sui fascisti di Padova, ma che cavolo ci devi fare con quel materiale? E ti ripeto: che ci vai a fare con le armi in una sez.politica avversaria?

      Io non ce l’ho con te, ma si denota quella ostinata faziosità che nel libro di Telese è ben descritta nel quadro sintetico del contesto storico che sdoganava chi ammazzava solo perchè "fascista"=male assoluto.

      Claudio

    • Quello che dovevano andare a fare i BR (che peraltro non erano tutti tali nel senso stretto del termine) nella Federazione missina di Padova è cosa nota.

      L’azione, come altre dello stesso periodo fatte contro sedi confindustriali o di sindacati "gialli", prevedeva l’immobilizzare i presenti, legarli, fare scritte sui muri ( si era a pochi giorni dalla strage fascista di Brescia), portare via documenti ed elenchi degli iscritti.

      Tra l’altro le BR non avevano, fino a quel momento, mai ucciso nessuno e soprattutto non avevano assolutamente l’abitudine di prendersela con i fascisti, considerati solo "servi sciocchi" mentre l’ obiettivo vero ed abituale era, oltre alla gerarchia di fabbrica, il cosiddetto "cuore dello stato".

      Si, i due missini, sicuramente personaggi di secondo piano e sicuramente estranei a quelle "trame nere" ( a cominciare da piazza Fontana) che vedevano nel Msi di Padova il loro epicentro e che facevano di quella federazione un obiettivo altamente simbolico, erano però entrambi armati.

      Mazzola era si un pensionato semiclaudicante ma anche un ex carabiniere ed era armato in quanto proprio custode della sede, Giralucci non era di mestiere idraulico - anche se effettivamente stava svolgendo li’ lavori di questo tipo - bensì faceva il portavalori ed in quanto tale era anche lui munito di pistola.

      La reazione di uno dei due, probabilmente Giralucci, provoco’ l’esito del tutto imprevisto della vicenda.

      Il che non rende certo l’omicidio di due persone senza particolari responsabilita’ personali meno grave.

      Ma quantomeno ne da una spiegazione altrimenti del tutto incomprensibile, pur nel clima arroventato di quegli anni e di quei giorni in particolare.

      Al di la’ di una serie di oggettive inesattezze ed in qualche caso di vere e proprie falsita’ contenute nel libro di Telese - dovute al fatto di aver utilizzato quasi sempre solo atti giudiziari di una magistrature all’epoca assai reazionaria e soprattutto di aver utilizzato quasi sempre i soli fascisti come "memoria orale" - quello che oggettivamente manca e falsa completamente il quadro rievocativo è la descrizione del "contesto".

      Narrare la vicenda in questione senza chiarire che Padova e i suoi ambienti fascisti erano ( e saranno ancora fino al 1980) il crocevia del peggior terrorismo stragista nero e soprattutto "atlantico", falsa oggettivamente tutto il quadro di riferimento.

      Cosi’ come raccontare questa storia senza chiarire che, in oltre un decennio di attivita’ lottarmatista delle BR, quello di Padova è l’unico episodio di omicidio nei confronti di attivisti di estrema destra, pure.

      Poi, a scanso di equivoci, non ho mai personalmente provato la piu’ minima simpatia per tale lottarmatismo e meno che mai per quello specifico delle BR, con la loro logica iperpoliticista e sostanzialmente stalinista, piu’ legata alla "tradizione comunista ortodossa" che non all’insorgenza di massa e libertaria degli anni sessanta e settanta della quale invece mi dichiaro appartenente a pieno titolo.

      E ho sempre considerato, pur tenendo conto dell’ allucinante "contesto" che si viveva, con stragi fasciste, omicidi di militanti di sinistra e tentativi di "golpe" ad ogni angolo, un elemento del tutto secondario di tale insorgenza la pratica del cosiddetto "antifascismo militante", pratica che ha sicuramente portato ad episodi se possibile anche piu’ gravi ed inaccettabili della pur grave vicenda padovana di cui si sta parlando.

      Ma nemmeno credo si possa indulgere a tentativi "revisionisti" di lettura di quegli anni, nei quali il buon Telese, nel suo strano ruolo di sedicente "comunista" che lavora però per la stampa della famiglia Berluskoni, tende a conquistare il primo posto di una "hit parade" di improbabili "storici" gia’ ampiamente affollata.

      Keoma

    • Caro Keoma,

      Nel libro di Telese vengono riproposte interviste e stralci a giornalisti e militanti di sinistra, nonchè i libri di quest’ultimi.
      Non offende la memoria, la traccia e la consegna, ma non la ignora come è stato fatto negli anni.

      Comunque anche coloro che sono stati arrestati hanno riferito che i missini reagirono, ma non erano armati.
      Quanto a Girolucci era un rappresntante di prodotti idraulici e qualche sua bravata il Telese la descrive bene.

      Alla fine però, invece di tutti quei bombaroli fascisti che infestavano il padovano hanno pagato due innocenti che stavano nella loro sezione, i quali, da morti, hanno dovuto, ingiustamente, subire vessazioni di ogni tipo.
      Inoltre ti volevo chiedere una cosa: Cosa ti è rimasto di quegli anni? Hai mai fatto un bilancio complessivo?

      Claudio

    • Ho già detto della mia totale estraneità, non solo politica ma soprattutto culturale essendomi sempre ispirato all’eresia comunista/libertaria se non direttamente anarchica, rispetto al brigatismo e alla tradizione comunista ortodossa cui innegabilmente si ispirava.

      Anche se bisogna anche dire che i brigatisti erano militanti tutt’altro che isolati in molte grandi fabbriche del Nord ed anche successivamente in alcune borgate romane o rioni napoletani.

      E poi, tornando alla mia storia personale ( puoi leggere su questo sito il recente pezzo "In principio fu Lotta Continua", una specie di biografia), ho sempre considerato con un certo fastidio anche gli eccessi dell’ antifascismo militante delle strutture di movimento di cui ho invece fatto direttamente parte, antifascismo militante spesso trasformato in una specie di epopea da "ragazzi della Via Paal" slegata dall’intervento politico/sociale vero e proprio.

      Questo, però, tenendo ben chiara la memoria del "contesto" di cui dicevo prima e che spesso si tende strumentalmente a dimenticare.

      La vicenda Mazzola/Giralucci è assai piu’ complessa di come viene raccontata dagli atti giudiziari ed anche da Telese.

      Approfittando anche del fatto che i brigatisti rifiutavano per principio difese legali ed avvocati ed anche del fatto che gli accusati avevano gia’ sul groppone degli ergastoli e quindi una condanna in piu’ non faceva differenza, probabilmente per quella vicenda furono condannati degli innocenti.

      E quando uno dei probabili colpevoli veri, un malavitoso milanese che fiancheggiava gli ambienti del disciolto Potere Operaio anni dopo dichiaro’ la sua colpevolezza e quella di altri ( tra i quali un solo brigatista vero, peraltro non coinvolto nel processo originario e che, diventato pentito, in parte confermo’ la versione del malavitoso) semplicemente, per non rimettere in discussione i processi precedenti, si preferi’ non considerare il malavitoso un testimone credibile.

      E l’aspetto più assurdo della questione è che da un lato non si volle credere alla sua confessione in cui si attribuiva il duplice omicidio, ma dall’altro viene oggi invece utilizzata la sua testimonianza per sostenere la tesi che i due fascisti uccisi erano disarmati.

      A dimostrazione di quanto all’epoca le inchieste giudiziare erano regolarmente inquinate da un pregiudizio, dovuto alla cultura forcaiola in cui erano cresciuti gran parte dei magistrati e degli investigatori in genere e quindi di quanto una ricostruzione seria non puo’ basarsi sui soli atti di tribunale o di questura e meno che mai sulle sole testimonianze orali dei fascisti.

      Sarebbe poi sbagliato sostenere, senza per questo dimenticare l’oggettiva innocenza personale di Mazzola e Giralucci, che ci fosse una distinzione netta tra la federazione missina di Padova e i fascisti "bombaroli" della stessa citta’. Anzi la maggior parte dei "bombaroli" era proprio iscritta al Msi e uno dei loro capi, Massimiliano Fachini, in seguito implicato anche per la strage di Bologna 1980, del Msi era addirittura consigliere comunale.

      Ed anche su questo particolare "contesto locale" padovano il "compagno" Telese, come su tante altre cose, tende a glissare ....

      Andando poi alla tua domanda finale, certamente non è semplice dare una risposta esauriente in poche righe.

      Tanto piu’ che, pur avendo avuto molte pause di riflessione, il sottoscritto è uno di quelli che ancora oggi svolge una sua militanza politica e sindacale in area antagonista e quindi vestirei male nei panni del "reduce".

      Posso dirti che, con tutti i suoi innegabili errori, quella poderosa insorgenza giovanile ed operaia, che io faccio partire molto prima del 1968 dal femoneno beat dei primi sessanta e dalla battaglia operaia del 1962 a Piazza Statuto a Torino, fece diventare l’ Italietta provincialotta e baciapile un paese moderno.

      E posso anche dirti che se non riuscimmo a fare la rivoluzione ( e forse è anche meglio che sia andata cosi’) sicuramente pero’ riuscimmo ad impedire che l’ Italia diventasse a meta’ degli anni settanta il Cile d’Europa.

      Poi certo di cazzate ne sono state fatte a vagoni anche per l’oggettiva incapacita’ della classe dirigente di allora, anche quella comunista "ufficiale", di comprendere e quindi dialettizzarsi con quella poderosa insorgenza.

      Certo, pur essendo in qualche modo un militante antagonista ancora oggi, posso sinceramente dirti che, quando ricordo quegli anni e gli stessi miei amici e compagni caduti, tendo piu’ facilmente a immaginare come colonna sonora le canzoni "ribelli" ma non direttamente politiche di Lucio Battisti, di Riki Maiocchi o dei Rokes che non certi slogan stupidamente truculenti che si gridavano nei cortei o certi canti rivoluzionari dal sapore ottocentesco che negli stessi cortei si cantavano in coro.

      E mi sembra ovvio che questo, anche nel mio spontaneo "immaginario", qualcosa significa ....

      Con una eccezione pero’, quella di "Bella Ciao", un canto cosi’ impolitico nel testo da essere pero’ del tutto attuale anche oggi nel suo formidabile significato simbolico di rivolta e di liberta’.

      E forse anche per questo, pur disposto a larghissime autocritiche sui fatti di un certo periodo, ce l’ho poi così tanto con certi "revisionisti" alla Telese.

      Ciao, Keoma

    • caro keoma,
      pur appartenendo anagraficamente ad una generazione diversa dalla tua,ho vissuto quegli anni per me di adolescenza con una coscienza politica,diciamo così, riflessa:la mia sorella maggiorer frequentava un collettivo popolare dominato da Avanguardia Operaia,e mi portava spesso ad assistere a filmati e dibattiti.Posso dire che la mia formazione politica è nata lì, e pur non essendo oggi un militante antagonista, come mi sembra dici essere tu, condivido alcune delle istanze che vengono dai movimenti.
      Quello che non riesco ad accettare nelle tue repliche è quella paura di andare oltre dei limiti fin qui vissuti come (non ti offendere) verità rivelate,ovvero il prendere in considerazione che un ragazzo di 17 anni come Ramelli,per esempio,sia geneticamente uguale a te o a me, ma solo con delle idee diverse, per quanto detestabili.
      Possibile che ancora oggi, in un mondo con problemi drammaticamente diversi da quelli degli anni ’70,non si possa ancora affermare con serenità che un assassinio non è un atto di guerra di liberazione, ma solo un crimine ignobile? Possibile che ci si debba ancora genuflettere difronte al giustificazionismo autoassolutorio di chi pretende che in Italia fosse in corso una guerra, e che quelli fossero solo atti conseguenti, e quindi non perseguibili penalmente,se non per pura vendetta di regime?
      Io leggo nel libro di Telese un tentativo di storicizzare ciò che,purtroppo, è ancora oggetto di polemica politica( per inciso:dire che questo libro è funzionale a Berlusconi non è diverso dal parlare dei bambini bolliti dai cinesi riferendosi a Prodi...),e atrent’anni di distanza forse sarebbe il caso di distinguere,finalmente, fra responsabilità penali (che sono sempre individuali) e quelle politiche,ma nel quadro di una riflessione storica,appunto,senza vessili e bandiere in mano.
      marco

    • Caro Keoma

      Mi associo a quanto detto da Marco, nel post che precede questa mia nota, distinguiamo le responsabilità penali e quelle storiche.

      Vedo ancora ostilità nelle tue parole e per l’ennesima volta hai messo in discussione quella morte, ultracertificata, di quei due missini a Padova, cercando di addurre nuove teorie che trovo da fantascienza.

      Esiste gente che è diversa nel pensiero e nella concezione della politica, non per questa ha diritto ad essere massacrata e la loro memoria infangata. Peggio ancora la necessaria ricerca di un’assoluzione forfettaria dei responsabili.

      Sono stati commessi errori da ogni parte, quel conflitto ha diviso generazioni.
      Come giustamente osservava Marco: biologicamente esiste gente diversa da chi è di sinistra e per quello ha pagato con la vita.
      Il cosiddetto revisionismo va preso con le pinze. E’ comunque vero che la storia la scrive chi vince. Mai chi perde.

      Telese è stato pulito nel suo racconto, gliene va dato atto.
      Un saluto.

      Claudio

    • Telese è un grandissimo cialtrone che va cercando lo "scoop" revisionista e strappalacrime da giocarsi al mercato dell’editoria berlusconiana, come del resto altri prima di lui, da Pansa a Provvisionato, guarda caso tutti dipendenti di Berluskoni, come editore nel caso di Pansa e come padrone di Mediaset in quelli di Telese e Provvisionato.

      Non sono un angioletto, in quegli anni di violenze contro le cose, auto, sedi missine e democristiane, supermercati e quant’altro ne ho commesse a bizeffe.

      Paradossalmente l’unica persone ferita dal sottoscritto fu invece un militante del Pci del mio quartiere, Primavalle. Il giorno prima c’era stata una rissa al Policlinico tra infermieri autonomi e attivisti del Pci ed un gruppo di questi ultimi di Primavalle, che le avevano prese di santa ragione dagli infermieri, pensarono bene di rifarsi su di me, all’epoca militante dell’ autonomia. Mi aggredirono in quartiere in sette e mi ruppero il setto nasale ma riuscii prima a mandarne uno all’ospedale con la testa rotta. In seguito diventammo grandi amici. In quegli anni poteva succedere anche questo .....

      Come la penso oggi - ma per molti versi anche allora - non solo sul lottarmatismo vero e proprio ma anche sull’uso della violenza politica contro le persone l’ho gia’ detto, cosi’ come ho detto che considero e consideravo anche allora, ad esempio, l’uccisione di Ramelli un atto criminale della peggiore specie.

      Ma questo non c’entra nulla col "revisionismo" e col "pentitismo".

      Il malavitoso milanese che si autoaccuso’ dell’ uccisione di Mazzola e Giralucci si chiamava Carlo Casirati, aveva fatto parte, come rapinatore , della struttura clandestina di Potere Operaio ( fu tra l’altro condannato per il sequestro Saronio) ed era poi finito nella banda di Renato Vallanzasca.

      Casirati accuso’, oltre che se stesso, un altro malavitoso poi finito con Vallanzasca, Rossano Cochis, un brigatista della primissima ora, Alfredo Bonavita, e due ex militanti di Potere Operaio, Carlo Picchiura ( poi successivamente entrato nelle B.R.) e un altro tizio, tuttora dirigente politico di movimento in quel di Padova, di cui preferisco non fare il nome che comunque risulta agli atti processuali.

      E disse pure che le Br vere e proprie ( che non avevano ancora ucciso nessuno e non erano usi prendersela coi fascisti) con l’azione non c’entravano nulla e che era stato Bonavita, addetto al reclutamento in Veneto, ad organizzare estemporaneamente, nel clima di risposta piu’ generale seguito alla strage di Brescia, l’incursione nella federazione del Msi allo scopo appunto di reclutare gli altri quattro .Circa un mese dopo, con inusuale ritardo ( in genere gli attentati venivano rivendicati pochi minuti dopo), le Br si presero la responsabilita’ politica dell’attentato, comunque guidato da un loro dirigente, parlando nel comunicato di "tragico errore".

      Bonavita, in seguito diventato "pentito", pur senza fare altri nomi, confermo’ la responsabilita’ personale sua e di Casirati.

      Ed anche un altro "pentito" del vecchio PotOp, Carlo Fioroni, dichiarò il fatto che Casirati anni prima gli aveva confidato le stesse cose.

      Soltanto che nel frattempo erano stati condannati in via definitiva altri 5 o 6 brigatisti e credo per non fare una figuraccia meschina, gli inquirenti ritennero non credibili le confessioni di Casirati e le conferme dei due "pentiti".

      Questa è la storia, nuda e cruda. E nemmeno quando poi, per bocca di altri "pentiti", usci’ fuori che all’epoca del duplice omicidio due dei condannati ( mi sembra Fabrizio Pelli e Susanna Ronconi) avevano gia’ lasciato da tempo le B.R., si ritenne di rimettere la cosa in discussione (anche forse perchè Pelli era nel frattempo morto di leucemia e la Ronconi, "dissociata", aveva comunque avuto un notevole sconto di pena).

      E, come dicevo, si è poi arrivati all’assurdo per cui la testimonianza, ritenuta inattendibile, di Casirati diventa poi attendibile per accreditare la tesi di Mazzola e Giralucci disarmati.

      Una volta detto questo, per chiarezza e a dimostrazione che la "storia" non si può scrivere con le sentenze o con le sole testimonianze di una "parte", sono perfettamente d’accordo che certamente Mazzola e Giralucci, come tanti altri, erano personalmente innocenti da particolari colpe e quindi non meritavano certo la fine che hanno fatto, nemmeno se avessero reagito armati all’incursione.

      Ma credo non l’avrebbero meritata nemmeno gli stragisti neri che infestavano Padova e quella federazione missina, la morte non la merita nemmeno il peggiore assassino.

      Rimango comunque convinto, e non ci sara’ mai nessun Telese o altro pennivendolo a farmi cambiare idea, del fatto che, se sicuramente ci furono, come in tutte le "guerre" e quella oggettivamente lo era, atti criminali ed infamie da tutte le parti, in quella "guerra" c’era pero’ chi aveva storicamente ragione e chi invece aveva torto marcio.

      Come del resto nel 1943/45 ( ai tempi di "Bella Ciao") e, pur in una realta’ largamente mutata e per fortuna, almeno in Italia, senza grandi violenze politiche, come del resto oggi.

      Salute e Libertà, Keoma

    • caro keoma,
      sarei più prudente nel citare,anche solo di passata, il biennio 1943-45, su cui si fonda la nostra repubblica, e la possibilità di dialogare liberamente, come facciamo tu e io adesso.
      Le BR, per stessa ammissione dei cosiddetti pentiti, ma anche con il comportamento di quelli che vengono definiti irriducibili,erano solo un nutrito gruppo di stalinisti, che avevano letto Marx poco e male, e che pur di arrivare ai loro scopi non ebbero problemi a trattare con mafie e camorre varie (ti ricordi di Cirillo?)
      La guerra di cui parli era la lotta di minoranze violente, tollerate ed incoraggiate da un regime ancora più violento, al solo scopo di bloccare e tradire il vento di libertà e modernità del ’68, tutt’altra cosa dalla lotta di liberazione dal nazifascismo,unica pagina veramente limpida della storia italiana del secolo scorso.
      marco

    • Ma hai letto veramente cosa ho detto ?

      La mia estraneita’ non solo politica ma anche culturale rispetto alle B.R. l’ ho dichiarata senza possibiliità di dubbio ( anche se certo gli stalinisti non mancavano nemmeno nella Resistenza).

      Cio’ non toglie che, anche a prescindere dalla B.R. e dal lottarmatismo in genere, una "guerra civile strisciante" in Italia tra la fine dei sessanta e i primi anni ottanta mi sembra innegabile che ci sia stata.

      Certo, chi l’ ha cominciata è lo stato con Piazza Fontana, allo scopo di bloccare le spinte rinnovatrici del 1968/69.

      Pero’ negare l’esistenza di questa "guerra civile strisciante" impedisce di comprendere e storicizzare veramente quegli anni.

      Per questo rifiuto il revisionismo strappalacrime di chi cerca di raccontare singoli episodi fuori dal contesto piu’ generale.

      Che senso ha parlare del caso Ramelli dimenticando il caso pressoche’ analogo a Napoli di Claudio Miccoli ( che non era nemmeno un "estremista" ma un militante del WWF) ucciso lo stesso anno da fascisti e di cui nessuno ricorda piu’ nemmeno il nome ?

      O quello, sempre a Napoli e sempre in quell’anno, di Jolanda Palladino ( nemmeno lei una "estremista" ma semplicemente una ragazza che suonava il clacson della sua 500 per festeggiare la vittoria del Pci alle regionali) bruciata viva da fascisti nella sua auto ?

      E come si fa sempre a parlare di Ramelli, dimenticando di dire che nelle settimane immediatamente precedenti erano stati uccisi a vario titolo 4 militanti di sinistra nel giro di 3 giorni ? Due dei quali nella stessa Milano, citta’ dell’ episodio Ramelli ?

      E potrei continuare a lungo ...... e non tanto per fare la conta dei morti e dei feriti ( anche se i "nostri" furono il quadruplo ) ......ma per spiegare quale era il clima che si respirava, clima che poteva rendere plausibile (anche se certo non giustificabile) anche una vicenda allucinante come quella di Ramelli.

      Keoma

    • Non sono in grado di entrare nel merito dei fatti di cui discutete. Vorrei solo inoltrare un dubbio su un tassello mancante. Mi pare che alle vostre analisi manchi una cornice, che pure ci fu: l’intervento, riconosciuto e no dai vari gruppi, dei servizi segreti e in particolare della CIA.
      E’ noto che l’Operazione Gladio è il nome italiano dell’organizzazione clandestina illegale infiltrata dalla CIA nel 1° dopoguerra in tutti i paesi europei, compresa la Turchia, per manovrare il responso democratico e impedire l’avvento al potere della sinistra attraverso atti feroci di terrorismo interno. L’Italia ebbe attenzioni particolari fin dal ‘49 per bloccare il PCI, che era il piu’ forte partito di sinistra d’Europa. Gladio utilizzo’ ex nazisti e collaboro’ con la mafia e la P2 (Gelli era un suo membro). Ha prodotto le pagine piu’ insanguinate della nostra Repubblica. Aveva il compito di destabilizzare il paese con feroci atti di terrorismo interno, sabotaggi, stragi su civili e assassini di personaggi mirati, usando gruppi terroristici armati indifferentemente di destra che di sinistra (vd. br o eversione nera). Realizzo’ quella strategia della tensione che ebbe uno dei momenti piu’ salienti nell’assassinio di Moro (il ministro degli interni era Cossiga) che blocco’ il compromesso storico col PCI. Gladio venne alla luce nel 74 (con l’arresto per cospirazione di Miceli, membro della P2 e capo del SIOS e del SID). Agi’ insieme alla P2, che assicuro’ la protezione politica e oscuro’ i processi, e alla mafia, che forni’ le armi e realizzo’ stragi in prima persona, come l’assassinio del generale Dalla Chiesa reo di avere arrestato Curcio e Franceschini (br), o l’attentato terroristico di Peteano gia’ attribuito alle br, le bombe alla stazione di Bologna (Mambro, Fioravanti, Delle Chiaie), gli anni di piombo, la strage di Piazza Fontana e dell’Italicus, tutti delitti che furono abilmente manovrati dai media di governo per provocare odio contro la sinistra.
      Nel ‘90 Andreotti rivelo’ l’esistenza di questa struttura violenta ed eversiva che tramava contro la democrazia, ma l’appoggio USA e la propaganda faziosa contro “i comunisti” proseguirono poi con accanimento sotto il governo di B, il quale, come suo primo atto, prese a suo diretto comando i servizi segreti basando tutta la sua propaganda nell’attacco al “comunismo”.
      Purtroppo la mafia, la P2 e la CIA hanno sempre avuto lo zampino nell’eversione, sia nel manovrare gli attentati che a volte nell’organizzarli e dirigerli, sia nel prestare infiltrati che nel procurare armi. Che poi i vari gruppi mettano un motivo di onore nel credersi intonsi da queste infiltrazioni e a volte guide più o meno occulte è un altro discorso
      viviana

    • Cara Viviana,

      in verita’ non si è mai trovata alcuna seria prova di infiltrazioni Cia o di altri servizi "atlantici" nel lottarmatismo di sinistra.

      Mentre in compenso se ne sono trovate a vagoni per quanto riguarda l’eversione neofascista, a partire proprio da quella "cellula padovana" e piu’ in genere "veneta" all’origine di quasi tutte le stragi, da Piazza Fontana 1969 fino a Bologna 1980.

      Questo ovviamente non esclude la possibilita’ che infiltrazioni interessate ci fossero anche a sinistra, basti ricordare che il Pci scovò in quegli anni settanta ben quattro agenti Cia nel proprio Comitato Centrale.

      E questo ovviamente puo’ essere avvenuto a maggior ragione nei gruppi armati.

      Personalmente, ad esempio, ho sempre pensato che alcuni dei "pentiti" erano realisticamente infiltrati sin dall’ inizio.

      Però con questa discussione, che parte a proposito del libro di Telese, i gruppi del lottarmatismo di sinistra c’entrano ben poco.

      Qui, a partire dal libro ( che non ho apprezzato affatto) di Telese, si sta parlando di quella guerra "di strada" tra il 1969 e il 1977 che fece largamente piu’ vittime della stagione degli "anni di piombo" veri e propri che ebbero invece il loro periodo di maggiore virulenza tra la fine del 1977 e i primissimi anni ottanta e che assai raramente videro scontri diretti tra i cosiddetti "opposti estremismi".

      Concordo con Keoma che innegabilmente quella quasi quotidiana "guerra di strada" tra il 1969 e il 1977 fu una "guerra civile", neanche troppo "strisciante", come ora si tende a dire.

      Ed altrettanto innegabilmente concordo sul fatto che non si possono estrapolare, come fa truffaldinamente Telese, singoli episodi certamente definibili come "criminali" - cose che avvengono fatalmente in ogni tipo di guerra, ufficialmente dichiarata o no - dal contesto piu’ generale dove da un lato c’era un poderoso movimento operaio e giovanile che chiedeva con forza un cambiamento sociale e dall’altro c’erano degli squadristi ( anche in divisa, non solo i "bombaroli neri") che nell’opporsi a quel movimento in modo terrorista avevano quasi sempre la completa copertura da parte degli apparati dello stato atlantico/democristiano.

      Quando il "comunista" Telese, o chi per lui, si degnera’ di scrivere un libro - certamente piu’ poderoso in quanto a capitoli - sui numerosissimi "cuori rossi" che persero la vita in quella "guerra civile" potremo riaffrontare l’argomento con la possibile imparzialita’.

      Aladino Govoni

    • Caro Aladino Govoni,

      apprezzo il tuo intervento, ma vedo che alla fine continui a chiamare bombaroli e squdristi, a parte chi lo era sul serio, ragazzi che la pensavano in maniera diversa da quelli di sinistra.
      Vedi questa è l’unica cosa che profondamente mi disturba della sinistra:
      sempre buona, sempre giusta, sempre vittima.
      Forse è il caso di avere un po più di onestà intellettuale e considerare le vicende con più obbiettività e direi anche serenità visto il decorso del tempo.

      Purtroppo i cuori rossi hanno avuto senz’altro più considerazioni di chi è stato perennemente chiuso nelle fogne, anche da morto.

      Esistono uomini, idee, storie ed esistono anche Caino e Abele, purtroppo.

      Mi scuso se il mio messaggio può rivelarsi velatamente revisionista, ti prego di non considerarlo tale, ma solo un invito alla riflessione.

      Facci caso se non ci fossesro stati Panza prima e Telese poi, antifascisti patentati, così si dice, tante storie sarebbero rimaste nel ghetto della memoria, mentre sono un pezzo della carta d’identità di questo paese.

      Un saluto.

      Claudio.

    • "Ho più rispetto per coloro che combatterono per una causa sbagliata, di quanto ne abbia per chi fa lo sciacallo per vendere qualche libro fintamente contro corrente e farsi vedere in tv."

      Vittorio Zucconi, direttore di Repubblica, dal suo blog personale su repubblica.it

    • "Ho più rispetto per coloro che combatterono per una causa sbagliata, di quanto ne abbia per chi fa lo sciacallo per vendere qualche libro fintamente contro corrente e farsi vedere in tv."
      Vittorio Zucconi, direttore di Repubblica, dal suo blog personale su repubblica.it
      *****************
      si riferisce ai soldati della Repubblica di Salò o ai militanti di Autonomia Operaia anni 70 (poi Democrazia Proletaria....poi.... cosa sono adesso?)?
      Fabio

    • Nello specifico si riferisce a Giampaolo Pansa per il quale ha giustamente meno rispetto che non per i fascisti della Rsi morti nel 1943/45, quei "cuori neri" che Pansa oggi utilizza per far soldi scrivendo libri per la Mondadori del Caimano.

      Ma il discorso si attaglia benissimo anche a Luca Telese, che strumentalizza i "cuori neri" degli anni settanta sempre per far soldi scrivendo sempre per Berluskoni.

      Anche io, da vecchio "combattente rosso"della guerra di strada degli anni 70 ( guerra di strada diversa ed antecedente il lottarmatismo), ho sicuramente più rispetto per Ramelli o per Angelo Mancia che non per i personaggi come Luca Telese.

      Che cazzo c’entra poi l’autonomia operaia con Democrazia Proletaria ?

      Non hanno mai avuto nulla a che spartire ; l’ autonomia operaia esiste ancora, sia pure con varie sigle e diverse opzioni organizzative, di tipo sia sindacale che direttamente politico.

      Democrazia Proletaria, che nasce nei tardi settanta dall’unificazione tra il Pdup e Avanguardia Operaia, è invece confluita nel 1992 in Rifondazione Comunista.

      Ma prima di spararle a caso perchè non vi studiate un po’ di storia ?

      Keoma

    • Mi scuso: volevo dire AVANGUARDIA ed ho scritto erroneamente AUTONOMIA!!!
      Comunque vi chiedo: sicuri che Pansa e Telese fossero sicuri di fare soldi speculando sulle morti "nere"? Io nn sarei così sicuro, soprattutto per Pansa: il suo libro ha avuto un successo inaspettato anche per lui. Telese poco dopo ha.... come dire... seguito il filone (aurifero, evidentemente!!!).
      Fab

    • Giampaolo Pansa è sicuramente un grandissimo scrittore e giornalista.

      Ma proprio per questo mi riesce difficile pensare che faccia cose a caso.

      Sull’argomento dell’ ultima fase dellla Rsi e sul comprensibile clima di vendette successivo alla fine della guerra, prima dell’inchiesta best-seller "Il sangue dei vinti", aveva scritto ben tre romanzi : "Il bambino che guardava le donne", "I nostri giorni proibiti" e "Ma l’amore no", tutti e tre di notevole successo e tutti editi dall’editore Sperling.

      Tutti e tre ben scritti ma anche tra loro simili, con personaggi e situazioni che potrebbero essere intercambiabili da un libro all’altro, cosa pressochè inevitabile essendo del resto tutti e tre ambientati nello stesso periodo e nella stessa zona, quella di Casale, luogo di origine dello stesso Pansa.

      Difficile immaginare che il buon Pansa non si sia basato su questi precedenti ( questi si’ di successo realisticamente inaspettato) quando poi ha tirato fuori "Il sangue dei vinti", passando guarda caso dall’editore Sperling alla Mondadori del Cavalier Berlusconi.

      Insomma, casomai è stato proprio Pansa il primo a sfruttare un suo "filone" precedente di tipo vagamente autobiografico, probabilmente casuale .... utilizzando però stavolta la grancassa mediatica dell’apparato berlusconiano e una certa tendenza neorevisionista che Berluskoni aveva tutto l’interesse a fomentare in una certa fase per bassi motivi propagandistici/elettorali.

      Può essere che un vecchio volpone "di sinistra" come Pansa, uno che viene dalla scuola di Scalfari e di Bocca, non abbia calcolato tutto questo ?

      In tono minore e assai piu’ da "magliaro" il caso di Telese che certo non è ne’ una affermato giornalista nè tantomeno uno scrittore di successo, ma semplicemente uno sfigato iscritto a Rifondazione che si è trovato a fare il cronista di "nera" per il quotidiano di famiglia del Cavaliere.

      E che ha pensato bene di inserirsi nella scia del piu’ noto collega per ottenere qualche briciola di denaro e di visibilità, approfittando pure lui del can-can mediatico di Mediaset e affini e del particolare momento politico.

      Insomma, se Pansa è uno spregiudicato Arsenio Lupin, Telese è poco piu’ di un "grassatore" di borgata.

      Tra l’altro il piu’ esperto e furbino Pansa quantomeno il problema di inquadrare il "contesto" degli anni 1943/48 se lo pone.

      Telese, come dicevo, racconta il caso Ramelli ( squallidissimo episodio di criminalità politica, ribadisco a scanso di equivoci per l’ennesima volta) senza degnarsi di spiegare gli altri 5 morti di sinistra degli stessi giorni.

      Sarebbe come se Pansa avesse raccontato certe vendette rusticane dell’ immediato dopoguerra ignorando le stragi di nazisti e fascisti dei mesi precedenti.

      Insomma, anche nel revisionismo interessato e strumentale e nella paraculaggine, un conto è la "noblesse" ambigua ma intelligente di Pansa e un altro la drittagine di bassa lega di un venditore di "tappeti napoletani" come Telese.

      Keoma

    • Mi hai edotto benissimo della situazione e non posso fare a meno di essere daccordo con te.
      Io non ho letto il libro di Telese mentre ho letto quello di Pansa. Anzi, leggendo dapprima "il sangue dei vinti" e solo poi uno dei suoi romanzi pseudostorici...... ho lasciato il romanzo a metà!! Piatto e quindi illeggibile! Come avrà fatto ad avere successo!!! NN sò se spendere i 18 euro per il tomo di Telese ma credo dovrò farlo.
      Per quanto riguarda Ramelli mi sono "appassionato" al suo caso..... per caso! Infatti in biblio ho trovato un libricino interessante e.... sono rimasto colpito dal modo in cui lui sia stato "violentato" nn solo nel modo in cui è stato ucciso ma anche e soprattutto nel modo in cui è stato trattato prima, per esempio a scuola: sono padre da poco e mi immagino con mio figlio assalito ed ingiuriato in un edificio scolastico........ tra l’altro si dice che il padre sia morto pochi anni dopo di crepacuore.... Ma il caso Ramelli mi stà spingendo a studiare, o comunque ad interessarmi, ai cosidetti anni di piombo/spranga". L’efferatezza e la violenza del periodo mi hanno scioccato. Morti di destra o di sinistra per me nn fa differenza....... Contrappongo al caso Ramelli quello del ragazzo di sinistra schiacciato da un autocarro della polizia.... il cervello a qualche metro.... intatto...
      Che dire: MORTI INUTILI?
      Mi sento di dire di no ma..... faccio un grande sforzo!
      Grazie Kaoma per erudire la mia ignoranza!
      Fabio

    • Morti inutili ? Francamente non saprei dire.

      Certo che nel periodo 1964-1975, gli anni che andarono dal tentato golpe di De Lorenzo all’inizio del cosidetto "compromesso storico" tra DC e Pci che indubbiamente porto’ la stessa DC a scaricare i fascisti, in Italia si dovette assistere ad una escalation di violenza fascista e soprattutto "di stato" - i morti furono soprattutto ad opera delle forze dell’ordine - che è difficile anche per chi li ha vissuti saperli raccontare in tutta la loro cupa interezza.

      I morti dell’ aprile 1975 - ma ci furono anche i casi nell’autunno di quell’anno a Roma di Pietro Bruno e Antonio Corrado - rappresentano sicuramente il momento piu’ alto di questo tipo di escalation.

      E credo sia anche il caso di sfatare la leggenda che vuole che quasta "guerra civile strisciante" fosse soprattutto tra studenti piccolo-borghesi, ; dei morti "di sinistra" del 1975 solo Claudio Varalli e Pietro Bruno erano studenti, peraltro di borgata e figli di famiglie operaie.

      Gianni Zibecchi ( il compagno citato anche da te schiacciato dal camion dei CC) non era propriamente un ragazzo e faceva l’insegnante di educazione fisica, Tonino Micciche’ e Rodolfo Boschi erano operai metalmeccanici, Jolanda Palladino era una commessa, Antonio Corrado addirittura un sottoproletario, a Roma si diceva un "coatto".

      La tristissima vicenda di Ramelli ( ma in quell’anno mori’ anche un altro giovane di destra, Stefano Cecchetti a Roma) si inquadra in questa pesantissima situazione che descrivevo.

      E non fu nemmeno opera di un gruppo particolarmente "estremista", Avanguardia Operaia non lo era e se giocava spesso con le chiavi inglesi era soprattutto per prendersela con gli scavezzacollo autonomi come il sottoscritto che avevano l’abitudine di portare avanti, durante i cortei, azioni militanti in genere rivolte soltanto contro le cose.

      In quel clima pesantissimo anche i "moderati" di Avanguardia Operaia ritennere di dare qualche lezione ai fascisti e l’episodio Ramelli, dove certo non c’era volontà omicida, nasce da questo e probabilmente anche dalla loro oggettiva disabitudine e incapacità di "modulare" lo scontro fisico, cosa che noi autonomi avevamo invece ben presente.

      Ramelli, nonostante la giovanissima età, non era propriamente un angioletto, anche se certo non per questo meritava - come del resto nessuno - la pena di morte.

      Era stato coinvolto in numerose aggressioni ed era sicuramente un "isolato totale" nella scuola che frequentava, egemonizzata dagli autonomi del collettivo del Casoretto, ma francamente non risulta avesse mai subito, a scuola, aggressioni fisiche ma al massimo sfotto’ verbali.

      L’azione degli "avanguardisti", questi si’ tutti studenti di medicina estranei alle dinamiche del quartiere e sostanzialmente tutti "figli di papa’", si inseri’ come un corpo estraneo e separato in quelle pur scoppiettanti dinamiche.

      E realisticamente fu all’origine di altre due vicende di segno opposto, il fallito agguato omicida nel 1977 della banda Fioravanti ad Andrea Bellini, leader degli autonomi del Casoretto, e il successivo omicidio, anche in questo caso opera probabilmente di fascisti romani del giro di Fioravanti, di due ragazzini del centro sociale Leoncavallo, Fausto e Iaio, nello stesso quartiere nel 1978.

      In entrambi i casi i fascisti dei Nar intendevano "vendicare Ramelli".

      Ma era gia’ un’altra epoca ; il lottarmatismo, non solo quello delle BR, segnava un attentato al giorno, Moro era stato rapito da una settimana e si era aperta di fatto un’altra guerra, meno "strisciante", che portera’ nel giro di poco tempo alla sostanziale sparizione di ogni movimento di massa.

      Luca Telese tutto questo non lo racconta se non per sommissimi capi in un solo capitolo del suo libro, si sofferma in una logica strappalacrime su singoli episodi presi "fuori contesto", si basa, salvo qualche rara eccezione, solo sugli atti giudiziari e sulle testimonianze orali dei fascisti, compiendo di fatto una operazione storico/politica del tutto scorretta.

      Tornando alla domanda iniziale, non ti so dire se questi morti, TUTTI, siano stati inutili.

      Certo, era meglio se tutti quei giovani e meno giovani non fossero morti.

      Ma, come gia’ rispondevo ad un altro interlocutore, senza quell’insorgenza, senza quel diffuso senso di cambiamento radicale, non sarebbero stati ottenuti diritti fondamentali - statuto dei lavoratori, divorzio, aborto, obiezione di coscienza, nuovo diritto di famiglia ecc. ecc. - e l’Italia non sarebbe diventata, pur tra mille contraddizioni, un paese moderno.

      E comunque è innegabile che quella insorgenza di massa, se sicuramente fu all’origine della feroce reazione delle destre politiche, militari, economiche ed anche criminal/mafiose di quel periodo, fu anche quella che riusci’ ad impedire, con la mobilitazione e la vigilanza continue, che a metà degli anni settanta l’Italia diventasse il Cile di Europa.

      Certo, questo non basta a consolarmi di amici e compagni personali caduti in quegli anni - solo nel mio quartiere, a Roma, ben tre amici carissimi, Mario Salvi, Giorgiana Masi e Walter Rossi - ma mi induce anche a pensare che tutto questo non sia stato del tutto inutile.

      Ciao, Keoma.

    • Il bravo Keoma, pur in generale precisissimo, stavolta un errore di memoria l’ha fatto anche lui.

      L’altro giovane di destra, oltre a Ramelli. ucciso in quel 1975, non era Stefano Cecchetti - storia, molto simile nella dinamica, di tre anni dopo - ma Mario Zicchieri, ucciso davanti la sede missina di Via Gattamelata, nel quartiere romano del Prenestino.

      Colgo l’occasione di questo piccolo errore di Keoma per affrontare un altro elemento della "guerra civile strisciante" di quegli anni che non viene quasi mai esaminato ; l’implicazione, a vario titolo, in alcuni episodi di elementi e logiche malavitose.

      Per la morte di Mario Zicchieri si è cercato disperatamente, quasi fino ai giorni nostri, di "incastrare" un gruppo di ex appartenenti a Potere Operaio della zona sud di Roma, alcuni dei quali saranno poi coinvolti nelle Br e nel sequestro Moro. Due lunghissime inchieste e un paio di processi hanno portato, in questo senso, ad un completo nulla di fatto.

      Appare piu’ probabile invece, per una serie di circostanze - l’uso della lupara da una auto in corso, due "gambizzazioni" di esponenti della stessa seziona missina, avvenuti poco tempo prima, ed attribuiti alla "mala", l’assenza totale di rivendicazioni, l’assoluta assenza di notizie anche dai numerosi "pentiti" del lottarmatismo romano - l’ipotesi di una azione della malavita locale contro una sezione missina il cui ambiente non era affatto estraneo a "traffici" illegali di varia natura.

      Il che non esclude in assoluto la "motivazione politica" ; nella stessa zona, negli anni successivi, un gruppo di malavitosi contrari al traffico delle droghe pesanti mise in piedi un vero e proprio gruppo di "vendicatori" dal nome politico "Guerriglia Comunista" che uccise piu’ di uno spacciatore.

      Quanto l’uso di una sigla politica fosse in effettiva buona fede o "strumentale" non si è mai compreso fino in fondo.

      Certo comunque il fatto che, soprattutto a Roma, la piccola malavita "ribelle" - ladri, rapinatori, "teppisti urbani", piccoli spacciatori di "fumo" - simpatizzasse in genere per l’ultrasinistra e ne condividesse ambienti e luoghi di raduno mentre invece la malavita organizzata di tipo "mafioso" - classico il caso della Banda della Magliana - avesse al contrario agganci ed implicazioni con la destra, oltre che spesso con gli stessi apparati dello stato.

      E anche questa magmatica situazione influi’ spesso nella "guerra di strada" di quegli anni, non soltanto nella realtà romana.

      Del resto, gli stessi fascisti, nella rappresaglia seguita alla morte di Zicchieri, se la andarono a prendere, non si è mai capito perché, con un giovane "lumpen" di S.Lorenzo, Antonio Corrado, e non con dei militanti politici veri e propri.

      Questi aspetti, per una serie di interessi anche di tipo opposto tra loro, sono stati quasi sempre trascurati sia dalle indagini giudiziarie dell’epoca sia nelle ricostruzioni storiche, sia di matrice destrorsa che sinistrorsa.

      Vanni

    • Ma se Telese ha scritto un libro "A SENSO UNICO", ovvero che descrive solo fatti relativi ad elementi di destra morti ammazzati (io debbo ancora leggerlo il suo libro), esiste un libro analogo che si rivolge ai morti di sinistra? SE NN ESISTE SCRIVIAMOLO! Qui c’è gente con una cultura in merito notevolissima ed anzi gente che ha vissuto sulla sua pelle gli anni di piomo (vero Keoma?).
      Comunque vi chiedo di indicarmi qualche libro in merito, se potete.
      Presto leggerò quello di Telese (me lo devono prestare) ma comunque nn basta: nn può bastare.
      Grazie a tutti!
      Fabio (1983)

    • Libri del genere che chiedi tu ce ne sono diversi, magari un tantino frammentari.

      Il piu’ recente, incentrato soprattutto sulle vicende milanesi, è

      "La Banda Bellini" di Marco Philopat Edizioni Shake

      Sempre incentrato su Milano, più vecchiotto, e decisamente un po’ troppo agiografico è

      "Formidabili quegli anni" di Mario Capanna Rizzoli Editore

      Eccezionale nella semplicità e chiarezza invece :

      "In ordine pubblico" a cura dell’ Associazione Walter Rossi

      che fu distribuito in allegato a L’Unità, Il Manifesto e Liberazione un paio di anni fa. So che è stato ristampato per le librerie in epoca più recente ma non so dirti la casa editrice, in ogni caso si occupa di tutti i casi di morti di sinistra ad opera delle forze dell’ordine negli anni settanta, oltre al caso di Walter Rossi, ucciso a Roma dai fascisti il 30 settembre 1977.

      Sulle problematiche acutamente segnalate da Vanni nell’ultimo commento segnalo :

      "Andare ai resti" di Emilio Quadrelli Edizioni Derive Approdi

      Una vera e propria enciclopedia sull’estremismo nero che, pur con qualche eccesso di "comprensione", a differenza del libello di Telese inquadra scientificamente il "contesto" è

      "Fascisteria" di Ugo Maria Tassinari Ed. Castelvecchi

      Sulle vicende romane, con qualche odioso eccesso di autocompiacimento, ma ben indicativo del clima, ti segnalo :

      "Vita di un terrorista da giovane" dell’ex BR Valerio Morucci Edizioni PIEMME

      Per finire, un altra vera e propria enciclopedia incentrata pero’ soprattutto sul lottarmatismo rosso è

      "L’orda d’oro" di Primo Moroni e Nanni Balestrini, mi sembra delle Edizioni Shake.

      Temo francamente che quest’ultimo e quello di Capanna siano però introvabili se non in qualche biblioteca, gli altri perlomeno nelle Feltrinelli delle grandi città si dovrebbero poter trovare o comunque ordinare.

      Ciao, Keoma

    • Grazie! Mi faccio l’elenco e mi metto alla ricerca. spero che la biblio della mia piccola città sia rifornita altrimenti....Feltrinelli a Roma!
      Spero di incontrarti in seguito, quando avrò letto qualche testo. Perchè ad oggi ho letto solo quello su Ramelli, quello di Pansa (il sangue dei vinti) e quello di... non lo ricordo + (italiani brava gente): troppo poco per formarsi una visione chiara. Il caso Ramelli, come dicevo qualche post precedente, ha acceso in me il desiderio di saperne di + del periodo 1969 - 1985 e degli anni di piombo. Quello che mi interessa sapere è se esistevano motivazioni diverse di lotta a seconda degli schieramenti politici di allora (naturalmente quelli estremi). E soprattutto capire se e come quelle morti siano tornate utili alla fine di quegli anni di terrore!
      Grazie ancora!!!
      Fabio

    • Ogni tanto mi diverto a passare da queste parte per leggere i simpatici sproloqui (sempre rigorosamente sotto pseudonimo!) dell’informatissimo Keoma. Vedo che sui fatti del 1975, preso dalla sua foga, arriva a confondere la storia di Stefano Cecchetti (che fra l’altro racconto in un capitolo di Cuori neri ma non era assolutamente fascista) con quella di Mario Zicchieri: uno muore nel 1979, uno nel 1975, ma se lui sa tutto ci sarà da credergli. Noto fra l’altro che Keoma mi rimprovera anche di non citare Antonio Corrado "un coatto" o un sottoproletario", dice lui ed evidentemente ne sarpà più di tutti. Peccato che di Antonio parli a lungo, nel capitolo su Mario Zicchieri, e che la sua storia sia tristissima, era un ragazzo un po’ solo scriveva poesie, una bellissima, che ho trovato nella collezione dei giornali dell’epoca l’ho riportata. La cosa bella di Keoma è che continua a straparlare e a fare le pulci ad un libro che nno ha letto, per questo continua a prendere cantonate, ed io in questo lo invidio. Un altro per criticarmi avrebbe letto CUori neri, e ne avrebbe trovate di cose che non vanno. Lui no, lui sa già tutto, e’ un ultimo nipotino di quei controinformatori che negli anni settanta mandavano a morire le persone per le loro cantonate, affermate con la stessa sicumera. Invece, per fortuna, di questi tempi i Keoma non fanno danni, sono simpatici da leggere, e quando sbagliano non deve piangere nessuno.
      Luca

    • A me è bastato leggere due o tre articoli di Luca Telese su "Il Giornale" di Berlusconi a sostegno della tesi dei presunti "brogli elettorali" su cui si agita tanto l’ex premier per capire subito che bestia è veramente lo stesso Telese.

      Uno dei tanti servi sciocchi del Caimano che cercano di accreditare una improbabile personale immagine "di sinistra" per tentare poi di essere più credibili nella propria opera di pennivendoli della peggiore specie.

      Anche se sono di Napoli e a quel tempo militavo nel Pci e non nella sinistra extraparlamentare, anche io avevo notato che Keoma aveva confuso i casi Zicchieri e Cecchetti, peraltro pressochè identici nella dinamica, ma non mi era sembrato un errore tanto grave da inficiare una analisi invece alquanto convincente.

      A proposito di Antonio Corrado, poi, Telese dimostra tutto la sua malcelata mentalità berlusconiana. Un "coatto" non può scrivere poesie ? "Anche l’operaio vuole il figlio dottore, non c’è più morale, contessa....." fu più o meno il ragionamento fatto dal Caimano in uno dei due confronti con Prodi .....

      Sarebbe bene che Luca Telese tornasse ai suoi lidi berlusconiani, con BellaCiao non ha proprio nulla a che spartire ........

      Rafaniello

    • Fighetto Mantenuto e un po pezzemmerda
      by dal barbiere Friday, Jun. 02, 2006 at 8:56 PM mail:

      ’’Live at the Pigneto’’. Metti una sera al Corsaro
      di Ambrogio

      "Live at the Pigneto" si chiamava il concerto che si è tenuto domenica sera, grazie alla giovane cantante-autrice di musica (nonché giornalista) Stella Prudente, nella nuova libreria aperta in un quartiere di Roma, il Pigneto, appunto, da Luca Telese

      Della libreria "Il Corsaro", aperta da meno di un mese a Roma, nel cuore di un quartiere popolare e un po’ scomodo da raggiungere, il Pigneto, hanno parlato un po’ tutti.

      Con i soldi di mamma e papà, che stanno dietro alla cassa e ai conti, il giornalista del Giornale Luca Telese (autore di una biografia di Lula e una di Cofferati uscite in quasi simultanea, ex giornalista di Sette e prima ancora ex capo ufficio stampa dei comunisti, all’epoca unitari, e dunque uomo "di sinistra", mentre oggi i maligni dicono che è diventato "di destra", lui invece si definisce più modestamente un "anarchico libertario") ha coronato il sogno di una vita.

      Una vita breve ma intesa, considerando che non ha ancora 35 anni e che è un ottimo notista politico della carta stampata nostrana.

      Ma Telese, come sa bene chi lo conosce, è anche un vero dandy, un eccentrico sardo-milanese trapiantato a Roma, che conosce tutti, parla con tutti, vuole bene a tutti e sa far fruttare tutte le sue conoscenze (recensioni della libreria non sono mancate sui giornali Messaggero, D di Repubblica e Unità).

      All’inaugurazione della libreria, che si chiama appunto "Il Corsaro", in onore però di Pier Paolo Pasolini e non di Emilio Salgari, e che già è ricolma di libri nuovi e usati, chicche imperdibili per qualunque buon amante di libri, film e cd targate anni Settanta, Ottanta e Novanta (come dice il vecchio adagio, non c’è niente di più inedito della carta stampata) c’era nientepopo’dimenoche "er sinnaco" Walter Veltroni, assieme a molti altri ospiti illustri (la libreria gode dei finanziamenti agevolati dell’Assessorato alle Periferie del comune di Roma).

      Al primo incontro culturale è andato in scena padre Alex Zanotelli, che ha naturalmente parlato di Africa, etica e politica (Veltroni, però, di solito molto interessato agli argomenti suddetti, non c’era) e al prossimo verrà nientepopo’dimenoche Giampaolo Pansa a sollevare un bel polverone con il suo ultimo vinto "Il sangue dei vinti", che narra dei comunisti che uccidevano i fascisti non durante la guerra, ma subito dopo (e la domanda è: facevano bene? facevano male? Il dibattito è aperto)

      Ma domenica scorsa 11 gennaio "l’evento" - anche se per pochi - era davvero di quelli imperdibili. Una collega e amica di Telese, Stella Prudente, che lavora all’agenzia di stampa Apcom e figlia - a quanto si è appreso - di un musicista stimato dagli addetti ai lavori anche se poco noto al grande pubblico, Oscar Prudente, ha tenuto un singolare ed eccentrico concerto fatto di canzoni sue (la ragazza, pare, era musicista da giovane e il talento, proprio come la forza di Tolkien, "scorre potente in lei", considerando che il padre ha musicato Fossati, Battisti e altri grandi nomi della musica leggera italiana) e di cover di livello, come Eddie Brickel e lo stesso Oscar Prudente, del quale ha suonato una bellissima canzone scritta a quattro mani con Ivano Fossati, l"’Africa".

      Ad ascoltarla amici ed amiche che sono anche colleghi e colleghe: sono stati segnalati al Barbiere, oltre che la quasi totalità della redazione di Apcom al gran completo e pronta a fare il tifo per la sua beniamina, Marco Damilano dell’Espresso, Vittorio Zincone del Corriere della Sera, Ettore Colombo di Europa, Stefano Ferrante della Sette, Mara Montanari (ex Stampa e ora Adn-Kronos), Alessandro Barbera (ex Apcom, ora Stampa), Peter Majer, corrispondente del Wall Street Journal da Roma, e dulcis in fundo il bel Eric Jozsef, corrispondente di Liberation e soprattutto presidente dell’Associazione stampa estera.

      Insomma, valenti giornalisti di molte testate, tutti giovani e in carriera (tra le colleghe, inoltre, pare che le belle ragazze abbondassero) nonché giovani virgulti del mondo della moda, dello spettacolo (tra loro anche un’attrice della soap opera "Incantesimo") e dell’arte (giovani pittori, architetti e stilisti).

      Insomma, se si vuole essere a la pagé, nella Roma che conta, giovane e soprattutto del giornalismo "un po’ radical di sinistra" ma soprattutto molto chic, non si può non frequentare la libreria "Il Corsaro" di Luca Telese. E i concerti live di Stella Prudente.

      Ambrogio

      http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=10203

  • Sono lo scittore di un libro uscito già 10 anni fa con il titolo "het Italiaanse complex -partijen en bewegingen van 1970 tot 1990" ["Il complesso italiano - partiti e movimenti da 1970 fino a 1990"], l’edizione commerciale della mia tesi di dottorato di cui la prima copia è dato in omaggio all’ambasciatore italiano nei Paesi Bassi, presente alla conferenza organizzata all’occasione dell’uscita del libro di cui potete leggere parecchio sul sito

    http://www.xs4all.nl/~welschen/
    Non ho capito con quale intenzione lo scrittore del libro "Cuori Neri" ha voluto produrre un libro molto ambivalente che al massimo sa ripetere la conosciuta frase di Sciascia "questo è un paese senza memoria"....Sciascia non ha avuto il tempo e/o l’occasione ad approfondire lo stesso argomento al livello internazionale. Allora vi dico io, e senz’altro non sono io la prima persona a dirlo, la frase di Sciascia potrebbe essere generalizzata a "questo Occidente è una regione del mondo senza memoria"...

    "Cuori neri" presenta un miscuglio di storie a cui si potrebbero aggiungere migliaia altre: basta ad approfondire la provenienza dei vittimi della strage di piazza Fontana, della piazza della Loggia, di Bologna (2x!), e così via, o semplicemente di Zibecchi, di Scialabba o...

    Basta poco approfondimento della conoscenza degli anni 70 per capire il meccanismo che s’è sviluppato dagli anni sessanta [ma in verità si dovrebbe dire dagli anni 40] in poi che è stato anzitutto quello della strategia della tensione, in combinazione con la presenza violenta e spietata in piazza di una destra che si sentiva assolutamente libera a fare tutto che voleva. Basta a leggere le cifre raccolte nel libro "Rapporto sul terrorismo" [1981 - a cura di M. Galleni. Rizzoli] per capire che la tesi degli opposti estremismi, cioè "la violenza della destra=la violenza della sinistra" o anche "l’estrema sinistra=l’estrema destra", una tesi fortemente proposta da quasi tutte le forze politiche, anzitutto il PCI, non corrisponde assolutamente con la verità che è stata -fino all’anno 1976- una di una violenza politica prevalentamente di destra, soprattutto non punita, anzi sostenuta da una grande parte dello Stato e delle forze dell’ordine.italiane...basta ad informarsi un po’...per esempio sulle varie attività sviluppate dalle sedi del MSI e così via...

    Chi si vuole ricordare gli anni 70 dovrebbe farlo in un modo che corrisponde con quella realtà...lo scrittore di "Cuori neri" sicuramente non ha voluto farlo.

    Sulle sue vere intenzioni possiamo soltanto speculare

    Distinti saluti

    Tom Welschen, Milano
    welschen@tiscali.it