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E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!
Publie le martedì 22 marzo 2011 par Open-Publishing11 commenti
Dopo settimane di pressioni da parte di USA, Francia e Gran Bretagna, il
Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato una risoluzione che autorizza
la “no fly zone” contro le forze militari di Gheddafi, sostenuto e armato
fino a ieri dagli stessi stati imperialisti che ora l’attaccano.
La risoluzione ha visto l’astensione di Russia, Cina, Germania, Brasile e
India, segno delle contraddizioni esistenti. La crisi economica ha infatti
determinato una lotta più acuta fra le potenze capitaliste per il controllo
delle materie prime, dei mercati, delle sfere di influenza.
L’ipocrita giustificazione usata per dare il via all’intervento militare, la
cosiddetta “difesa dei diritti umani”, è la stessa utilizzata per altre
guerre: dalla Somalia ai Balcani, dall’Iraq, all’Afghanistan. Ma per la
Palestina bombardata dai sionisti, per gli yemeniti massacrati da un regime
reazionario, nessuno della “coalizione dei “volenterosi” ha mosso un dito.
*In realtà questi banditi approfittano della situazione creatasi sul campo
per scatenare un’aggressione volta a spartirsi la Libia, impadronirsi delle
sue risorse energetiche e proteggere gli interessi dei propri monopoli
capitalisti.*
I “gendarmi del mondo” vogliono riprendere il controllo di un’area
strategica, scossa dalle rivoluzioni democratiche che minacciano i loro
interessi. A costoro interessano il petrolio, il gas, le riserve d’acqua,
non le aspirazione dei popoli.
Di fronte all’ennesima aggressione imperialista, portata avanti con
l’apparato di guerra e di terrore della NATO, la classe operaia e le masse
popolari, tutti i sinceri democratici e gli amanti della pace devono
mobilitarsi immediatamente.
Opponiamoci fermamente alle azioni militari in Libia e alla politica
guerrafondaia del governo vassallo di Berlusconi, che ha coinvolto l’Italia
nell’aggressione. Il ministro della Difesa, il fascista La Russa ha
dichiarato che “ l’Italia interverrà offrendo le basi, senza nessun
limite restrittivo all’intervento”.
Tutta la retorica patriottarda alimentata in questi giorni dalle istituzioni
per le «celebrazioni» del 150° anniversario dell’unità d’Italia viene ora
utilizzata per ottenere il consenso dell’opinione pubblica alle mosse di un
governo reazionario che cerca di riguadagnare un “posto al sole”.
Il Partito Democratico ha mostrato ancora una volta il suo vero volto di
partito della borghesia dando l’assenso alla nuova impresa imperialista.
Ccome meravigliarsene se ha fra i suoi massimi dirigenti il sig. D’Alema, il
bombardatore di Belgrado nel 1999, quando era Presidente del Consiglio?
Operai, lavoratori, studenti! Scendiamo in piazza compatti per fermare la
macchina da guerra che si è messa in movimento!*
Uniamoci in un ampio fronte popolare contro i fomentatori di guerra, per la
solidarietà e la pace fra i popoli. Un fronte di lotta che si basi
sull’unità di azione di tutte le organizzazioni operaie e popolari.
Mettiamo al centro di ogni manifestazione, di ogni sciopero, la parola
d’ordine “*non pagheremo la vostra crisi, non pagheremo la vostra guerra!”
per dimostrare che non siamo disposti ad accettare altri sacrifici e
restrizioni.
Battiamoci uniti per far cessare le azioni belliche e impedire la
militarizzazione della vita sociale, la soppressione dei diritti e delle
libertà democratiche, per utilizzare il denaro pubblico per le esigenze dei
lavoratori e dei disoccupati, non per le spese militari.
Appoggiamo le rivolte dei popoli oppressi contro regimi dispotici e
corrotti, le lotte di liberazione nazionale che indeboliscono
l’imperialismo. Spetta al popolo libico decidere il proprio futuro e farla
finita col regime di Gheddafi, senza ingerenze e interventi imperialisti.
Una particolare responsabilità spetta oggi ai sinceri comunisti: è il
momento di mostrare, nei fatti, la loro volontà unitaria, *la capacità di
porsi unitariamente alla testa di un grande movimento operaio e popolare di
lotta contro l’offensiva capitalista, la reazione politica e la guerra
imperialista.
Piattaforma Comunista
Messaggi
1. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 22 marzo 2011, 23:08, di marxista
se il vostro sdegno fosse reale e sincero invece del pacifismo a pagamento, sareste dove dovreste essere veramente, in appoggio alla guerriglia contro il dittatore, con il popolo libico con il fucile in spalla, prima che ci fosse stato l’intervento dell’imperialista americano. Il Che non vi ha insegnato un cazzo ora tacete. Gheddafi deve essere eliminato con o senza americani.
1. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 23 marzo 2011, 19:22
Il popolo libico con il fucile in spalla, magari con la bandiera rossa, ma per favore!A qualcuno basta che ci si ribelli ed è subito dei nostri ,dimenticando che c’è la lezione di Komeini e dei soliti scherzi da prete dalla Vandea ad oggi.Questi ribelli hanno dato subito un brutto segnale ,altro che bandiera di libertà,la loro è quella del re Idris ,peggio di così come segnale iniziale non si poteva avere,secondo si sono visti già nei report, dei talibani ripresi mentre insegnano ai "compagni" come si maneggiano le mitragliatrici ,sono quelle russe e le conoscono bene,non si sono curati nemmeno di mettersi un djallabah maghrebino, erano li’ con il loro tipici vestimenti e copricapo Non ho udito un grido delle folle che non fosse allah u akbar e incitamenti alla jiad,ricordo che Bengasi insorse in massa contro le famose vignette, un esponente della giunta ribelle afferma il 99%di loro è integerrimo musulmano osservante ,a parte che il pensiero vada subito a che fine farà quella minoranza laica che magari è un po’ di piu’ dell’1%sono passato da un iniziale entusiasmo per la rivolta ad un forte sospetto che siamo di fronte a qualcosa di completamente differente dalle altre rivoluzioni Non vedo, correggetemi se sbaglio, forti proteste antigheddafiane ,nel caso durissima contestazione al segretario dell’Onu ,proprio vicino piazza tahrir.Quindi smettamo di dire queste stronzate a chi magari vsta l’evoluzione , non si sente di stare con nessuno dei due ma giustamente vuole scendere in piazza contro una nuova guerra e questo, fra persone ragionevoli e di sinistra dovrebbe essere un motivo di unione non di critica.Alex
2. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 23 marzo 2011, 19:31
Quella degli insorti di Cirenaica è la bandiera storica della Libia.
Nemmeno quella Cirenaica, proprio quella della Libia.
Che esisteva da una vita prima del re Idris.
Come dire che i partigiani romani che sventolavano la bandiera tricolore con lo stemma dei Savoia ( e pure quella americana) il 4 Giugno 1944 fossero monarchici e servi dell’imperialsmo americano.
Poi, ovvio che quei ribelli non sono comunisti, ma perchè Gheddafi invece lo è ?
K.
3. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 24 marzo 2011, 10:31
Forse dopo il 44 si è capito molto di piu’ ed i partigiani hanno evitato tali errori di gioventù I colori si’ ma il simbolo no,è inutile comunque cavillare la cosa parla da sè, perchè rispondi sempre a cose minimali e non al concetto centrale,economico compreso ,svicoli sempre ,solo dotte citazioni imbalsamate, siete a corto di argomenti?, forse ho detto che i ribelli dovrebbero essere comunisti?magari ,ma il nocciolo della questione è che molti indizi ,che ho citato e che tu ti guardi bene dal considerare, lasciano prevedere che sarà una rivoluzione per niente laica e questa è la cosa che dovrebbe essere piu’ importante, ogni rivoluzione fatta in nome, o che comunque non porti ad una indipendenza da un ideologia politico religiosa ,è per me una controrivoluzione ,se no anche la vandea dovrebbe essere stimata come la presa della bastiglia Come me ,sempre piu’ gente è passata da un iniziale entusiasmo per la causa dei ribelli ad un certo scetticismo, la cosa è palpabile.E’ vero, certamente anche nessuna delle altre è stata totalmente laica, ma qui si passa il limite di una jiad contro il diavolo Gheddafi e diavoli vengono considerati nache chi magari è solo un non "devoto credente" le "cellule dormienti scoperte" sono un bruttissimo segnaleLa laicità non è una nostra necessità ,ma una loro necessità ,se una volta per tutte vogliono uscire da un medioevo in cui sono stati confinati da una religione che non permette sviluppo nè culturale nè di libertà che pretende non solo di avere il tuo corpo ma anche la tua anima,devono ricominciare da Nasser ed il meraviglioso risveglio laico e socialista di quegli anni del maghreb e di tutta l’africa,mi dispiace ma ame non mi sembra che con questo tipo di ribelli in Libia siamo su quella strada.Riguardo ai massacri con cui si vuole giustificare l’intervento vi bevete le solite frottole siamo di nuovo ai kossovari sciolti nell’acido,ma ve le bevete sempre e tutte!
Alex
4. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 24 marzo 2011, 11:41
"Laica" la rivolta cirenaica lo è senz’altro.
Questo non esclude per niente che sia però "borghese" ....
Anzi che sia "borghese", intesa come aspirazioni di generiche libertà civili, lo darei per certo.
Rimane però il problema di fondo.
Gheddafi forse è comunista e proletario ?
Raf
5. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 24 marzo 2011, 12:29
Della serie "Gheddafi è anticapitalista ed antimperialista" .....
Libia, finanze e imprese italiane
Tutti gli interessi del nostro Paese
Siamo il primo esportatore verso Tripoli e ricopriamo circa il 17,5 % delle importazioni libiche, con un interscambio che nel 2010 è stato quantificato in circa 12 miliardi di euro. Intanto sono stati congelati beni appartenenti al rais o a entità libiche per circa 7 miliardi di euro
ROMA - Non solo la finanza, con le quote libiche, e quindi i diritti di voto e i dividendi, che sono state già sterilizzate dall’Unione Europea. L’acuirsi della crisi, con l’escalation militare di queste ore, riporta in primo piano anche gli interessi delle imprese italiane in Libia. Si tratta di investimenti consistenti, grandi appalti, forniture di materie prime e maxi-commesse che rischiano di restare congelati a lungo. O anche di finire in altre mani. Con ripercussioni consistenti sui bilanci delle società e sull’economia italiana. Ecco perchè il governo italiano ritiene prioritario per il Paese partecipare a pieno titolo alla gestione del dopo-Gheddafi.
Fino a poche settimane fa, sull’asse Tripoli-Roma, in entrambi i sensi di marcia, hanno viaggiato infatti denaro e opportunità di sviluppo. E i legami economici sono andati bel oltre la vicinanza geografica. Oggi, l’Italia, in attuazione della risoluzione 1973 approvata il 17 marzo dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha congelato beni di Gheddafi o di entità libiche per 6-7 miliardi di euro.
Dati di sistema. La Libia si colloca al quinto posto nella graduatoria dei Paesi fornitori dell’Italia, con il 4,5 per cento sul totale delle nostre importazioni, mentre il nostro Paese rappresenta il primo esportatore, che ricopre circa il 17,5 per cento delle importazioni libiche, con un interscambio complessivo stimato nel 2010 di circa 12 miliardi di euro. La Libia risulta essere il primo fornitore di greggio e il terzo fornitore di gas per l’Italia. Il nostro è il terzo Paese investitore tra quelli europei (escludendo il petrolio) e il quinto a livello mondiale. L’importanza che il mercato libico riveste per il nostro Paese è dimostrata anche dalla presenza stabile in Libia di oltre 100 imprese italiane.
Eni. E’ il principale operatore internazionale nell’estrazione del petrolio e del gas nel paese nordafricano. A preoccupare c’è l’impatto diretto sul fatturato del gruppo e anche il timore generale del balzo del prezzo del petrolio, in particolare per l’attività di raffinazione. Sia gli esponenti libici che i vertici dell’Eni hanno comunque ribadito per ora una reciproca "amicizia". Tripoli ha confermato tutti i contratti anche dopo l’inizio della guerra civile. Il gruppo guidato da Scaroni, per altro, paga al governo di Tripoli anche una tassa del 4% sugli utili imposta alle compagnie petrolifere. Un onere che per la società italiana, che è in Libia dai tempi di Mattei e ha una presenza assicurata fino al 2045 grazie al rinnovo delle concessioni, ammonta a 280 milioni di euro l’anno.
Ora il rischio è che l’intervento militare occidentale possa provocare una ritorsione di Gheddafi contro l’azienda occidentale più esposta nel suo Paese.
Unicredit. Sotto i riflettori, da mesi, c’è la partecipazione libica nella banca di Piazza Cordusio. Tra gli azionisti, infatti, ci sono la Central Bank of Libya (4,988%) e Libyan Investment Authority (2,594%). Sommando le due quote, la componente libica è di gran lunga il primo azionista, oltre il 7,5%. Quota che, come tutte le altre detenute dai libici in società europee, è al momento congelata.
Finmeccanica. Lybian Investment Authority detiene anche una quota del 2,01 per cento in Finmeccanica. Grazie alla collegata Ansaldo Sts, la società guidata da Pierfrancesco Guarguaglini ha una buona presenza in Libia. Nel luglio del 2009, Finmeccanica e Libya Africa Investment Portfolio, il fondo di investimento posseduto da Lia, hanno costituito una joint venture paritetica per una cooperazione strategica nei settori dell’aerospazio, trasporti ed energia. Inoltre, Finmeccanica si è aggiudicata numerosi contratti in Libia attraverso le sue controllate, come Ansaldo Sts e Selex Sistemi Integrati. Nel campo elicotteristico, AgustaWestland ha messo in piedi un sistema industriale di manutenzione e assemblaggio tramite la Liatec. Si calcola che le commesse di Finmeccanica in Libia ammontino a circa 1 miliardo di euro nei settori dell’elicotteristica civile e ferroviario.
Impregilo. Altrettanto presente in Gran Jamahiria è Impregilo. E’ impegnata attraverso una società mista (Libco) partecipata dalla multinazionale italiana al 60% e al 40% da Libyan development investment. Impregilo ha in essere progetti nel settore costruzioni, come la Conference hall di Tripoli, la realizzazione di tre poli universitari e la progettazione e realizzazione di lavori infrastrutturali e di opere di urbanizzazione nelle città di Tripoli e Misurata. Si tratta di ordini che si aggirano, complessivamente, attorno al miliardo di euro.
Autostrada dell’amicizia. La maxi infrastruttura chiesta dal colonnello Gheddafi come riparazione per i danni subiti nel periodo coloniale. Con i suoi 1700 km che dovrebbero attraversare la Libia da Rass Ajdir a Imsaad, ovvero dal confine con l’Egitto a quello con la Tunisia, è la più imponente e impegnativa infrastruttura stradale mai realizzata da aziende italiane, con tempi di lavoro stimati fino a vent’anni e una spesa di 3 miliardi di dollari. Nel dicembre scorso, al termine di una gara affidata a una commissione italo-libica, il raggruppamento di imprese costituito da Anas (capofila)-Progetti Europa & Global- talsocotec si è aggiudicato la gara da 125,5 milioni di euro, bandita dall’ambasciata di Tripoli in Italia, per il servizio di ’advisor’ per tutto il processo che condurrà alla costruzione dell’autostrada. Oggi, anche in questo caso, è tutto fermo.
Altre partecipazioni libiche. Si può ormai definire "storica" la presenza libica nella Juventus, di cui la Libyan arab foreign investment company detiene ancora una quota pari al 7,5%. Presenze minori, ma che avevano possibilità di forte crescita, risultano in Eni (meno dello 0,1%, ma con il consenso alla possibilità di salire fino al 5) e Telecom (con meno dello 0,01%). Lybian Post, con il 14,8%, è presente in Retelit, operatore di tlc specializzato nella fornitura di servizi a banda larga a enti e aziende.
Altre imprese italiane. L’elenco delle imprese che fanno affari in Libia comprende anche Telecom e Alitalia, Edison e Grimaldi, Visa e Saipem.
(20 marzo 2011)
6. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 24 marzo 2011, 13:49
Ancora .....
I depositi nel mondo
I conti del Raìs: la lista segreta
Cento miliardi di dollari della Banca centrale distribuiti tra Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti
Esiste presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu una notifica che intende risparmiare ai libici il destino toccato, fra gli altri, ai cittadini di Panama, della Nigeria o di Haiti. Una costante tiene insieme questi popoli così diversi: al termine di paurose dittature, hanno perso il filo di certi conti bancari in precedenza controllati dal regime. In quei casi erano fondi depredati da tiranni come Sani Abacha, Manuel Noriega o François Duvalier. Stavolta in gioco c’è il patrimonio della Banca di Libia: oltre cento miliardi di dollari da tutelare perché restino ai libici se e quando Muammar Gheddafi non sarà più il leader di quel che resta della Jamahiria.
La lista è depositata al Palazzo di Vetro da prima che il Consiglio di sicurezza desse il via ai bombardamenti. Da tempo era chiaro che i dettagli in quel pezzo di carta un giorno potrebbero tornare utili: in futuro nessuno in Libia o fuori potrà dire che le cose stavano diversamente, che quei soldi non sono libici, o non sono mai esistiti. Si tratta di una precauzione non da poco. Non lo è, perché ciò che emerge dal documento è il profilo di uno Stato finanziariamente molto più robusto di quanto gli analisti immaginassero fino a qui. Che la Libyan Investment Authority (Lia) gestisse circa 60 miliardi di dollari in investimenti esteri era in effetti ormai chiaro. Ciò che non si sapeva, è che quella somma non costituisce neppure la metà delle riserve ufficiali di Tripoli. Molto più di quanto detiene la Lia resta nei conti che la Banca di Libia, l’istituto centrale del Paese, ha distribuito presso decine di importanti banche private occidentali.
Il patrimonio della Banca di Libia ammonta in totale a 102,9 miliardi di dollari. Di questi 2,4 sono depositati presso il Fondo monetario internazionale a copertura quota libica nell’organismo di Washington. Altri 17 miliardi di dollari sono poi denaro in teoria del fondo sovrano, la Lia, ma depositato presso conti a nome della banca centrale. Il resto del patrimonio, circa 85 miliardi di dollari, appartiene poi tutto direttamente all’istituto centrale. Da un paio di settimane queste somme in realtà sono congelate per legge sia in Europa che negli Stati Uniti, benché in teoria ancora in febbraio su certi conti potrebbero esserci stati movimenti. Ma si tratta comunque di un patrimonio determinante nella battaglia per la Libia: su quella ricchezza un futuro governo che dovesse emergere dopo Gheddafi potrà fondare la rinascita del Paese, magari grazie a un grosso programma di welfare e nuove infrastrutture (che molte imprese occidentali faranno la fila per costruire).
Secondo osservatori del sistema finanziario la Banca di Libia negli anni sembra aver gestito con accortezza le proprie riserve, senza concentrare il rischio in alcun Paese. Così in Italia risultano depositati in totale 9,86 miliardi di dollari, di cui 4,7 miliardi in titoli e investimenti di portafoglio, con il resto concentrato in strumenti monetari (ossia, in denaro liquido). Gli istituti presso i quali la Banca di Libia avrebbe aperto delle posizioni sono principalmente Intesa Sanpaolo e Unicredit, oltre alla Banca d’Italia. A queste somme vanno aggiunte poi le partecipazioni libiche in Unicredit, Finmeccanica o Eni, anch’esse congelate da un paio di settimane.
Benché l’Italia sia il principale partner commerciale della Libia, sul piano finanziario Tripoli ha puntato ancora di più sulla City di Londra. In Gran Bretagna risultano concentrati 14,4 miliardi di dollari della banca centrale, anche qui distribuiti in tutti i principali istituti: i conti sono aperti presso Hsbc, Barclays, Lloyd e anche presso la Bank of England. Anche in Francia l’esposizione è sostanziale e superiore a quella accumulata in Italia. E anche in questo caso emerge un’attenta distribuzione delle riserve fra le varie grandi banche del Paese: fra queste la Banque de France, Bnp Paribas, Société Générale e Crédit Agricole.
Non risultano invece posizioni in Svizzera, probabilmente perché smobilizzate dopo che Hannibal Gheddafi, figlio del Raìs, venne arrestato nel 2008 in un hotel di Ginevra per aver malmenato la moglie. La banca centrale di Tripoli non ha invece avuto dubbi nell’aprire un conto in banca negli Stati Uniti: si trova presso la Bank of New York Mellon, istituto specializzato in attività di deposito per investitori di tutto il mondo.
Resta poi la parte oggi forse più rilevante del patrimonio della banca centrale, quella in oro. Le riserve in lingotti arrivano almeno a 143 tonnellate, pari a circa 6,5 miliardi di dollari ai valori attuali, e sono fondamentali in questa guerra perché restano la sola porzione del tesoro oggi davvero nelle mani di Gheddafi. Quell’oro non è stipato nelle banche svizzere o in quelle inglesi: è nei caveau sotto i palazzi di Tripoli. Il colonnello può ancora farlo vendere in Chad o in Niger per finanziare la guerra e stipendiare i mercenari. Ma agli uomini di finanza che lo hanno incontrato, Gheddafi non è mai parso così interessato al denaro: solo quanto basta per bombardare i propri cittadini pur di non cedere loro un solo dollaro.
Federico Fubini
24 marzo 2011
http://www.corriere.it/esteri/11_marzo_24/gheddafi-conti-segreti_82b9d820-55de-11e0-9d72-1f2c6c541e94.shtml
7. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 24 marzo 2011, 17:03
Vorrei veramente avere la sicurezza di raf,che evidentemente conoscerà meglio di altri il Nordafrica,magari piu’ di me, che ci ho avuto a che fare per un decennio, oppure semplicemente non ha seguito i vari telegiornali report ecc che ho citato, in cui oltre a quello che ho riportato ,cè una splendida affermazione di un ribelle, che aggeggiava alle mitragliatrici assieme al talibano "laico",che asseriva vera ciliegina sull torta, che Gheddafi non era arabo ma Ebreo!
Ripeto Gheddafi è indifendibile ,lo è soprattutto il Gheddafi di oggi,un rottame ma siamo di fronte a due pericoli,uno che l’imperialismo colga l’occasione di ,eliminare l’avversario di un tempo e metter le mani non solo sul petrolio ma si badi bene ,anche sull’uranio della provincia al confine con il Ciad , geologicamente simile a quella dei noti giacimenti di quel paese,di cui la francia si era già impadronita ,prorpio in conflitto con la guerriglia appoggiata dal Colonnello ,ed ora già praticamente esauriti.Già i Ciadiani mercenari o forse anche e solo gente che ha un po’ di memoria? secondo, quello su cui io non ho la stessa sicurezza di Raf e siccome come comunista ritengo che realizzare il sogno di Lennon ,liberare le menti dei popoli dal virus delle religioni, sia uno dei piu’ importanti compiti che ci dobbiamo prefiggere,è il pericolo che su questo aspetto si passi dalla padella alla brace , questo per i motivi di sopetto che ho citato e ad a cui nessuno ha risposto ,portando prove o deduzioni.Dopo aver frequentato appunto quel mondo,ne sono ancor piu’ convinto ,difficile per uno di sinistra vedere e sopportare la condizione femminile in quello stato,vedere un popolo giovane sveglio, intelligente completamente plagiato dalla sua dottrina religiosa,dalla rassegnazione, un popolo rimasto bloccato come eravamo bloccati noi , dalla nostra chiesa nel medioevo , che non ha avuto la fortuna o la possibilità di poterla ricondurre nei suoi spazi ,e svilupparsi laicamente ed indipendentemente, come è successo da noi,Brutto vedere a sera le donne come schiave a piedi, in fila curve sotto cariche di fasci sulle spalle, con l’uomo sull’asinello,donne che tirano avanti un po’ tutta l’economia assieme agli adolescenti e che a casa hanno il piatto piccolo per mangiare, da sole cacciate in altre stanze, quando c’è ospiti,strano vedere sorridere quando chiedi quanto ci vuole ad arrivare in un posto e ti viene detto ,con aria saputa: inch’allah ,perchè se allah non vuole tu ,caro il mio occidentale che non hai capito niente, non ci arrivi in quel posto, è inutile che tu ti muova,Potrei continuare a lungo con le estenuanti e assillanti, ripetitive , preghiere che devono fare e che costellano il giorno dall’alba al tramonto, lo spettrale aspetto che assumono le città anche quelle che sembrano le più moderne, quando c’è il ramadan , i bar tutti serrati nessuno,ma proprio nessuno, fuma per strada,una compattezza che piu’ di ogni altra ti fà sentire che questo circolo vizioso non riuscirai mai a romperlo nella loro mente ,per rimettere l’uomo e non dio, al centro di tutto
Alex
8. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 24 marzo 2011, 18:04
La scena del tizio che parlava di "Gheddafi ebreo" l’ho vista pure io ...
Ma non mi sembra molto indicativa ....
Oltretutto già nemmeno lo storico separatismo cirenaico ha caratteristiche confessionali.
E poi qui si tratta soprattutto di giovani incazzati e poco organizzati, proprio tipo quelli delle banlieues francesi.
Non troviamo alibi strumentali per rendere meno impresentabile Gheddafi.
E quindi mettersi a posto la coscienza "geopolitica" ....
K.
9. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 24 marzo 2011, 23:05
E poi i "geopolitici" sono riusciti pure, in funzione anti - Usa, a fare il tifo per i Talebani ... quelli sì che sono per la liberazione della donna ..... cerchiamo quindi di non essere patetici ....
Come se poi la costituzione della Jamaiyria Verde di Gheddafi non avesse il Corano come punto centrale di riferimento ....
K.
10. E’ iniziato l’intervento imperialista in Libia. Scendiamo in piazza per gridare il nostro NO!, 25 marzo 2011, 10:37
Alex tu porti argomentazioni molto serie. Ma qui siamo abituati a firme (sempre le stesse) saccenti che guardano sempre il dito....e di solito la buttano in caciara. La discussione con loro è inutile, loro sono il verbo.....