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Giuliana Sgrena: colpita ancora la libera informazione
Publie le mercoledì 9 febbraio 2005 par Open-Publishingdi Giulietto Chiesa*
Roma, 06 Febbraio 2005. Non sappiamo chi ha rapito Giuliana Sgrena e
quindi non possiamo escludere nessuna ipotesi: da quella di ricatto per
soldi, fino a quella di una provocazione di qualche servizio segreto. Chi
ha rapito Giuliana - se non lo sa ancora - saprà presto che il Manifesto
la sua giornalista erano e sono per il ritiro delle truppe straniere
dall’Iraq. Se l’ha rapita proprio per questo motivo il discorso cambia di
180 gradi.
Il tempismo è comunque altamente significativo. Siamo colpiti mentre
infuria uno tsunami propagandistico progettato per demolire le ultime
resistenze alla guerra, al quale partecipano praticamente tutti i media
principali e tutte le televisioni.
Per questo pongo alcune domande.
Prima domanda: chi ha detto a Fassino che sono andati a votare 8 milioni
di iracheni? Da dove viene questa cifra? Nemmeno la Commissione elettorale
, autoqualificatasi "indipendente" pur essendo stata compilata da Allawi e
dai suoi consiglieri americani, ha finora fornito cifre precise.
La seconda domanda è: chi esulta per le elezioni irachene? Risposta: Bush,
Blair e Berlusconi. Quelli che hanno fatto o appoggiato la guerra.
E allora - terza domanda - contro chi "resisterebbero" ("sono loro i veri
resistenti", ha detto Fassino) quei molto presunti 8 milioni di iracheni ?
Immagino s’intenda che resistono contro quelli che sono contrari
all’occupazione straniera.
A loro volta catalogati come ostili alla democrazia, terroristi, amici e
sodali di Saddam e pacifisti vari ed eventuali. Cioè resisterebbero anche
contro di noi, che la guerra l’abbiamo osteggiata, e che non crediamo sia
possibile esportare la democrazia. Mentre loro la democrazia sulla punta
del cannone la desideravano spasmodicamente. E’ una interpretazione
forzata? Niente affatto.
E’ stato lo stesso Fassino, in un generoso slancio autocritico, e critico
verso il movimento pacifista, a chiedersi: "Ma cosa abbiamo fatto noi per
far cadere Saddam?" E dunque bravi coloro che, avendole, le hanno
impiegate "per far cadere Saddam Hussein" e per portare la democrazia in
Iraq. Ecco, esplicitando i passaggi mancanti del ragionamento, come è
passata la linea dell’Imperatore, accolta da un coro vasto e rumoroso di
consensi mediatici di centro e di destra. E fosse Fassino l’unico,
potremmo anche fermarci qui. Non è la prima e non sarà l’ultima capriola.
Il fatto è che su queste elezioni irachene si è potuto misurare il guasto
di tutti i pensieri deboli che albergano nella sinistra italiana e nello
stesso movimento pacifista. L’insieme, per dirla con amara franchezza,
appare assai simile a un’armata Brancaleone senza guida, e senza una vera
comprensione dell’offensiva cui è sottoposto e alla quale - se non si
affretta a porvi rimedio - rischia di soccombere.
E si spiega. Non è stato casuale, o una dimenticanza banale, il fatto che
nella due giorni di metà gennaio, in cui si doveva discutere di una
contr’offensiva della sinistra più a sinistra, non si sia trovato il tempo
di dedicare una parola al tema cruciale dell’informazione. Così, come
stupirsi se anche la sinistra più a sinistra cade nelle imboscate
mediatiche che l’avversario prepara con lungimiranza e micidiale
precisione?
Il 30 gennaio era stato predisposto con largo anticipo. Le previsioni di
voto erano state rese note da sondaggi organizzati dagli occupanti: davano
il 72-75% dei votanti. Sull’altro versante si assisteva alla ritirata
degli osservatori internazionali: né l’Onu, né l’Osce, né l’Unione Europea
avrebbero mandato qualcuno a controllare, a causa dell’"assenza delle
condizioni minime di sicurezza" . Proclamavano, loro, implicitamente,
l’invalidità preventiva del voto. Non se n’è accorto quasi nessuno,
abbiamo taciuto. Mentre ci veniva fatto un gran regalo che si sarebbe
potuto utilizzare preventivamente per denunciare la montatura mediatica in
allestimento.
Nello stesso tempo però la comunità internazionale lasciava libero campo
agli aggressori e ai loro quisling locali, di manipolare a piacimento
l’intera operazione. Il movimento pacifista e l’intera sinistra sono
rimasti immobili di fronte a questi preparatici. E sono stati travolti,
appunto dallo tsunami mediatico che la Grande Fabbrica dei Sogni e della
Menzogna aveva predisposto, usando cinicamente le legittime aspirazioni
dei kurdi e degli sciiti. E quando arriva l’onda non c’è più riparo.
Chi ha il coraggio e la forza di resistere all’intimidazione del rumore di
fondo che tutto oscura?
Così passano le idee dell’avversario, che controlla tutti i grandi canali
dell’informazione. La sproporzione delle forze è tremenda. Questo va a
nostra scusante, anche se diventa sempre meno scusabile che la sinistra
più a sinistra non provi neppure o organizzarsi per resistere e continui a
lasciare che i suoi capi vadano nel salotto dell’Insetto, comparse
gratuite nello spettacolo del potere. Ma almeno si vorrebbe che certe voci
del movimento contro la guerra non assomigliassero anch’esse a balbettii
di scusa, ad accenni fumosi di autocritiche imbelli.
Si doveva dire, tutti insieme e a testa alta, che da un tritacarne che ha
prodotto migliaia di morti civili innocenti non può nascere nessuna
democrazia. Che la guerra irachena rimane illegale come lo fu all’inizio.
Che le menzogne che prepararono la guerra non sono state magicamente
trasformate in verità dal voto di una parte degli iracheni.
(*megachip)




