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Gli antidoti contro il terrore: pace, diritti umani e partecipazione
Publie le domenica 10 luglio 2005 par Open-Publishingdi Domenico Ciardulli
Nei primi anni 90 fu costituita presso le Nazioni Unite una Commissione di 28 leader politici di ogni parte del mondo, la "Commission on Global Governance".
Nel novembre 1994 essa ha prodotto un rapporto dal titolo "Our Global Neighbourhood" (Il nostro Vicinato Globale).
La Commissione affermava che, di fronte all’enorme crescita della popolazione mondiale accompagnata da crisi umanitarie, catastrofi ambientali, guerre e squilibri nord sud, i Governi non possono più portare da soli l’intero peso del "government" ma devono pensare ad altri sistemi per allargare le decisioni e la partecipazione alle scelte ad altri attori.
A distanza di oltre dieci anni, nonostante quel rapporto ONU, nulla è cambiato nella sostanza.
Il sistema di accentramento di poteri rimane saldo nelle mani di pochi potenti.
Quei pochi potenti che, da una parte e dall’altra, stanno macinando vite umane, siano essi giovani reclute in divisa sacrificate ad una guerra che non è la loro, siano essi semplici pendolari di una linea di trasporto metropolitano.
Ricche elìtes sovranazionali che giocano a "risiko" dal loro tavolo nei grandi edifici geometrici o dal loro banchetto nascosto nel bunker sotterraneo.
La loro posta in gioco si misura nel sangue versato, ovunque e comunque.
Nel 1981 il sociologo Giancarlo Quaranta scriveva che senza potere dei cittadini non c’è possibilità di assicurare governabilità e quindi è difficile immaginare una via di uscita dal caos.
L’estraniazione diffusa dalla vita reale per immergersi in bisogni indotti stanno dando i frutti di nuove anonime generazioni in crisi di coscienza e di pensiero.
Siamo inermi rispetto a ciò che succede. Ritornano le immagini di corpi innocenti straziati.
La risposta è sempre la stessa: più telecamere. più cani poliziotto, più rigore nei controlli, forse leggi speciali, ma mai si progetta un nuovo rapporto con i cittadini, considerati nei fatti "sudditi", per creare una risposta vera ed un efficace collante diffuso di sicurezza percepibile.
Oggi la guerra e il terrore si combattono soprattutto con le idee, i diritti e la partecipazione.
Sarebbero insufficienti tanti reggimenti militari per fermare un nemico invisibile che avanza, capace di distruggere ogni target civile con facilità.
Un potenziale kamikaze può nascondersi in ogni grande condominio di una città distratta come Roma e farla saltare in aria.
E’ questo il prodotto di politiche dissennate di gruppi di potere filo-atlantici e di reti terroristiche alimentate dall’odio etnico-religioso e dalle guerre di occupazione.
I tanti disseminati germogli di movimenti che, in questi anni, a livello locale e internazionale, hanno affermato il loro diritto di contare e dare il loro contributo alle scelte dei governi, sono stati spesso criminalizzati o ignorati invece che essere considerati risorsa per la salvaguardia del pianeta.
C’è bisogno di un risveglio collettivo e generale per prendere in mano le redini del destino dell’Umanità, per fermare i conflitti, l’escalation militare e la limitazione delle libertà.
I veri antidoti contro il terrore stanno nella responsabilizzazione e nella formazione diffusa di cittadini attivi e consapevoli, cittadini che oggi vengono visti spesso come intralcio ma che invece costituiscono una via di uscita possibile dalla spirale del terrore e della guerra.




