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La spallata finale
alla giustizia
di CURZIO MALTESE
La riforma della giustizia, approvata a colpi di fiducia, è in pratica l’atto finale della legislatura. Una stagione di potere che si chiude com’era cominciata, all’insegna degli interessi personali e delle ossessioni di Berlusconi, anzitutto la vendetta sulla magistratura indipendente. I conti sono presto fatti. Come ha scritto Eugenio Scalfari la data più probabile per il voto è la prima o seconda domenica di aprile 2006, che significa sciogliere il Parlamento a metà febbraio. Appena il tempo di tornare dalle vacanze, presentare una finta finanziaria elettorale ed è subito voto. Per la verità è molto probabile che questa maggioranza trovi anche il modo, il tempo e la faccia di far passare la legge salva-Previti, ultimo tassello di una controriforma che restaura nell’Italia del Duemila alcuni suggestivi principi di giustizia medievale.
Il dimezzamento dei tempi di prescrizione, per esempio, recupera l’antico diritto di censo. Non assisteremo mai più allo scempio di un ricco processato e condannato per inezia come la corruzione di magistrati o la bancarotta fraudolenta, quando ci sono tanti poveri ancora a piede libero per crimini contro l’umanità, come fumare uno spinello o masterizzare un cd.
Si tratterà però soltanto del magico tocco finale. Il meglio, il peggio, è già avvenuto. La riforma della giustizia è al pari di altre confezionate da questa maggioranza (scuola, lavoro) una controriforma autoritaria e incostituzionale. Con in più un grado di violenza vendicativa ai limiti della paranoia. Si può scegliere, nel vasto campionario di idee copiate da Licio Gelli, ideologo di riferimento della maggioranza, quale sia meritevole di maggiore indignazione. Se la trovata umiliante del test psicoattitudinale per diventare magistrati, che forse sarebbe più utile per dirigenti di enti pubblici o consiglieri Rai. Oppure la norma ad personam per impedire a Gian Carlo Caselli di diventare procuratore generale antimafia. Per non dire dell’antico sogno da tangentisti di separare le carriere dei magistrati e sottometterle alla politica.
Il risultato immediato della controriforma sarà uno sfascio e una progressiva paralisi del sistema giudiziario. I magistrati lo hanno capito e sono già scesi in piazza a protestare come i siciliani a piazza della Memoria.
Avrebbero avuto ragione di scendere in strada anche i mafiosi, naturalmente per festeggiare, ma non lo hanno fatto. Forse non piaceva il nome della piazza. Il presidente Berlusconi, che quando deve raccontare una menzogna preferisce non moderarsi e capovolgere direttamente la realtà, sostiene che la legge sveltirà i processi. Un’affermazione interessante da parte di uno che ha speso 500 miliardi di avvocati per rallentare i procedimenti a suo carico, vanta sei prescrizioni sei e sarebbe in galera da quel dì se in Italia la giustizia avesse tempi umani. Purtroppo non è nemmeno vera. Soltanto la norma contro Caselli bloccherà decine di concorsi già indetti. Le altre leggi e leggine che compongono la lunga resa dei conti fra Berlusconi e la magistratura, dalla Cirami alla Cirielli, hanno già mandato in fumo anni di lavoro e di inchieste. La nuova riforma, con il prevedibile coronamento della salva-Previti, si tradurrà nel congelamento di migliaia di processi. E’ difficile sostenere che si tratti di pura sfortuna.
La sfortuna è di aver vissuto questa triste, inutile avventura che finisce in un’altra penosa e servile barricata della maggioranza intorno agli interessi del suo capo. Non esistono rimedi, almeno da qui al voto. La palese incostituzionalità della riforma potrebbe convincere il presidente Ciampi a rinviare ancora alle Camere il testo della legge. Da un punto di vista tecnico, un secondo rifiuto alla firma sarebbe giustificato dal fatto che la maggioranza non è intervenuta su nessuno dei punti segnalati nel primo rinvio e ha anzi aggiunto qualche elemento peggiorativo. Ma il conflitto fra Quirinale e Governo crescerebbe a livelli mai neppure sfiorati.
Non resta dunque che aspettare, lasciar passare la nottata.
Nella serena certezza che se questi sono gli ultimi atti del governo, la nottata passerà presto.




