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"La chiamò Utopia, vocabolo greco il cui significato è: non esiste quel luogo" Francisco de Quevedo

Publie le martedì 12 luglio 2005 par Open-Publishing

"La chiamò Utopia, vocabolo greco il cui significato è: non esiste quel luogo" Francisco de Quevedo

Percorrere la strada che dall’Aleph porta a Rayuela non può che avere come effetto collaterale ed obiettivo inconfessabile, l’inciampare in quel libro di sabbia il cui numero di pagine "è esattamente infinito. Non c’è prima pagina, ne ultima. Non si sa perchè queste siano state numerate arbitrariamente. Forse per suggerire che i termini di una serie infinita ammettono qualsisasi numero"

L’inquietante connubio fra il silicio ed i bits altro non è che la pedestre conferma, semmai ve ne fosse bisogno, dell’esistenza di quell’universo parallelo ed allo stesso tempo concentrico che da sempre ci aspetta dietro l’angolo rosa, in una cantina o in una caverna apparentemente buie.

Dunque, ecco una manciata di quei bits che sotto forma di affabulazioni di Oreste in un format a puntate, ci accompagneranno per il resto dell’estate...

Se, presuntuosamente, abbiamo scomodato tanti e tali come Quevedo, Borges e Cortazar ci appelliamo all’indulgenza del lettore parafrasando a nostro uso e consumo una frase emblematica di una vecchia e saggia amica, nemica dichiarata di qualsiasi minestra: "Non abbiamo vocazione al monologo"
Benvenuti quindi con commenti ed interventi. Saranno pubblicati.

Ignazio-blackblog

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