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MISSIONI MILITARI ALL’ESTERO: LE RAGIONI DEL NO DEL PRC
Publie le venerdì 15 luglio 2005 par Open-PublishingIl 12 Luglio la Camera ha approvato il decreto che finanzia le missioni italiane all’estero. Prc, Verdi, Pdci ma anche parlamentari dei Ds hanno votato contro. Il tentativo di "scambio" proposto da Rutelli - L’Ulivo vota contro la missione in Iraq se la sinistra radicale vota a favore delle altre missioni - è stato rimandato al mittente come irricevibile. Far finta che la guerra all’Iraq non sia figlia dello sdoganamento della guerra come strumento "normale" della politica che ha avuto la sua gestazione con la illegale guerra nel Kossovo, non aiuta certo L’Unione ad entrare in sintonia con lo straordinario popolo della pace che in questi anni si è mobilitato contro la guerra infinita. Non ci sono guerre buone e guerre cattive. Il ripudio della guerra deve essere la stella polare che guida la coalizione alternativa a Berlusconi. E’ una scommessa decisiva per far vincere le forze progressiste, isolare Bush e i neocons ed aprire una nuova stagione di pace e di sucurezza a livello internazionale. Qui dis eguito riportiamo la dichiarazione di voto del compagno Ramon Mantovani.
di RAMON MANTOVANI
Sottosegretario Mantica, vorrei ricordare che, nella parte antimeridiana della seduta, lei ha spiegato che il Governo ha deciso di «stralciare» il provvedimento concernente l’Iraq e di mantenere «accorpate» tutte le rimanenti missioni internazionali poiché, a suo dire, avrebbero ottenuto un notevole consenso all’interno di quest’aula.
Desidero ribadirle, per l’ennesima volta, la mia critica a tale modo di procedere. All’interno del provvedimento in esame sono contemplate, infatti, missioni completamente diverse tra di loro, non solo per i paesi sulle quali insistono, ma anche per la loro stessa natura. Se il Governo vuole «accorparle», allora accorpi, ad esempio, le missioni condotte sotto il comando delle Nazioni Unite, oppure quelle che si svolgono sotto il comando della NATO, o quelle sotto l’egida dell’Unione europea.
Tuttavia, mettere nello stesso calderone missioni svolte dai caschi blu delle Nazioni Unite e missioni, come quella in Kosovo, frutto di una guerra illegale - compiuta contro il Consiglio di sicurezza dell’ONU, e senza nemmeno informarlo -, rappresenta un’incongruenza che continuiamo a ritenere assolutamente intollerabile.
Vi sono, infatti, almeno tre missioni sulle quali il nostro gruppo avrebbe potuto esprimere un voto favorevole: mi riferisco a quella a Hebron, all’importante missione in Eritrea, per la realizzazione degli accordi di pace, ed a quella nel Darfur. Il presidente della Commissione difesa mi potrà dar atto che quando discutemmo, in sede di Commissioni riunite esteri e difesa, della missione in Darfur, sulla quale abbiamo espresso un voto favorevole, decidemmo unanimemente che tale discussione avrebbe dovuto essere svolta anche in sede di Assemblea.
È una missione importantissima, che rende onore ai 200 militari italiani che la stanno compiendo. Tuttavia, in aula non è mai approdata tale discussione; l’abbiamo svolta, con una decisione su alcune mozioni, nelle Commissioni riunite. È ben strano che, allorché vi possa essere un accordo, l’Assemblea sia tenuta fuori da una discussione di merito e solo qualora vi sia un disaccordo l’Assemblea stessa sia interessata a discussioni che spesso assumono più il tono della polemica che non quello dell’approfondimento necessario per missioni di tale natura.
Ancora questa mattina, lei, signor sottosegretario - ma lei non è l’unico, tanti altri prima di lei l’hanno fatto, negli ultimi anni e negli ultimi mesi - ha vantato una cospicua partecipazione di forze militari italiane in missioni militari all’estero. Sono circa 9 mila i soldati italiani impegnati in tali missioni. Non si può, tuttavia, affermare che tali missioni siano tutte di pace. Come ho già rilevato, ve ne sono alcune che erano - e sono - di guerra. Sono frutto di guerre e rappresentano la continuazione della logica e delle conseguenze delle guerre. Non so come non si possa non vedere che in Kosovo vi è stata una pulizia etnica «di rivalsa», sotto lo sguardo del contingente militare internazionale, prima della NATO e, successivamente, dell’Unione europea. Più di 250 mila serbi sono stati espulsi da tali terre e perseguitati; molti di loro sono stati anche uccisi.
Ebbene, noi non pensiamo che l’Italia possa e debba continuare tale logica: partecipare a qualsiasi missione pur di appuntarsi sul bavero delle giacca l’onorificenza di essere partecipe di missioni completamente diverse tra loro e per vantare l’importanza del nostro paese, quasi che l’importanza si potesse misurare attraverso la quantità di militari inviati all’estero. Il nostro paese ha deciso di competere con altre potenze militari? Non lo può fare ed a nulla vale la spesa - assurda - per la portaerei, che è costata un occhio della testa e che certamente non serve a metterci alla pari, dal punto di vista della potenza militare, né con gli Stati Uniti né con la Francia o con il Regno Unito.
L’Italia non si darà importanza e non svolgerà una funzione ed una missione nel mondo scegliendo tale strada. Potrebbe sceglierne un’altra: operare per la pace ed adottare una politica estera diversa da quella tenuta nel corso degli ultimi anni: spendere almeno lo 0,7 per cento per la cooperazione, anziché continuare a ridurre drasticamente i fondi per la stessa. Del resto, nel mondo ciò ci si aspetta dal nostro paese, non certo che assurga al rango di potenza militare, alla pari dei principali paesi dotati di tale potenza. Ci si aspetta che, con la nostra cultura, con la nostra capacità di costruire ponti, dialogo e pace, svolgiamo un’altra funzione.
Preannuncio pertanto il voto contrario del gruppo di Rifondazione comunista alla conversione in legge di questo decreto-legge, sia perché la maggioranza dei provvedimenti che sono in esso contenuti e la maggioranza delle missioni che sono con esso prorogate ci hanno visti - e ci vedono - drasticamente contrari, sia per la logica generale che ispira la partecipazione dell’Italia a tutte le missioni internazionali, che ho cercato di confutare e di criticare nel corso del mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).




