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Manifestazione a Gradisca e forum contro i CPT

Publie le giovedì 7 luglio 2005 par Open-Publishing

Care/i tutte/i,

vi informiamo di seguito sulla manifestazione/presidio del 8 luglio 2005 a Gradisca d’Isonzo organizzata dal Movimento Indipendenti e promossa dalla Rete contro il CPT di Gradisca.

Vi inviamo inoltre notizia sul Forum contro i CPT che si terra’ a Bari il prossimo 11 luglio e l’appello di Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e promotore dell’iniziativa.
All’iniziativa hanno aderito, oltre ai Presidenti delle Regioni e ad alcuni parlamentari, anche pezzi della societa’ civile come Amnesty international, Magistratura democratica, Cgil, Antigone, Asgi e, notizia di oggi, anche Un Ponte per.

Tenda della Pace Udine


PROGRAMMA MANIFESTAZIONE

VENERDI’ 8 LUGLIO GRADISCA D’ISONZO (GO)

h 17:00

Ritrovo ai giardini di Piazza Unità a Gradisca d’Isonzo.

h 18:00

Partenza del corteo da Piazza Unità

Sfileremo insieme contro la politica guerrafondaia e razzista di questo sistema per rivendicare il diritto alla pace, all’uguaglianza e alla libertà di movimento.

Cammineremo insieme perché con chi ci impone guerre e lager.....

.....NOINONSTIAMOZITTI!

h 19:00

Presidio PACIFICO organizzato dalla rete dei movimenti contro i CPT. Il presidio si terrà sulla strada antistante

l’ingresso principale della ex caserma Polonio, sulla strada statale 305 TS-UD a Gradisca d’Isonzo.

In serata

“NO MORE BORDERS - INDIPENDENT PARTY”

Sound system indipendenti, D n’B, hard techno, goa trance, hardcore

Perchè.....NOINONSTIAMOZITTI!

...info al presidio...

PACE A TUTTI

MOVIMENTO INDIPENDENTI


11 LUGLIO A BARI FORUM NAZIONALE CONTRO I CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA (CPT)

All’appuntamento, indetto dal presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, hanno aderito fino ad ora 13 regioni: oltre alla Puglia, parteciperanno Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Marche, Umbria, Abruzzo, Toscana, Emilia Romagna, Friuli V.G, Piemonte e Liguria.
In venti giorni, da quando Vendola con un’intervista al manifesto ha indetto l’iniziativa, lo scontro istituzionale con il governo s’è fatto sempre più duro. Ai presidenti di regione, inoltre, si sono uniti molti parlamentari e pezzi della società civile come Amnesty international, Magistratura democratica, Cgil, Antigone e Asgi.

NON POSSIAMO OBBEDIRE

Nichi Vendola

Non possiamo obbedire quando l’obbedienza che ci viene richiesta significa acquiescenza nei confronti della brutalità o della disumanità di piccoli codici scritti con l’inchiostro dell’emergenzialismo e del cattivo realismo della politica. Non possiamo obbedire quando ci chiedono di costruire accanto alle nostre città, dietro l’angolo delle nostre distrazioni, lividi bunker per un’umanità all’ammasso, asili sregolati per persone che somigliano a vuoti a perdere, che non sono neanche persone ma semplicemente, maleficamente «clandestini». I centri di permanenza temporanea sono buchi neri che trafiggono la nostra cultura giuridica e civile e che risucchiano volti e frammenti di vite nella spirale di una pena mai irrogata. Non servono a sciogliere i nodi spinosi della clandestinità, servono ad esorcizzare il fantasma della clandestinità: inibendo a tutti noi la possibilità di interrogarci sul come e sul perché della «produzione sociale» del fenomeno articolato che chiamiamo clandestinità. Questi luoghi cinti dal filo spinato e comunque chiusi ermeticamente non sono un’area di sosta o di parcheggio, soprattutto non sono «accoglienza» come si dice talvolta con quegli slittamenti semantici che sembrano una vera mafia delle parole. Sono la rozza carcerazione «a tempo» con cui si sequestrano corpi del reato: ovvero uomini e donne che non hanno infranto alcuna norma penale ma che nella loro condizione di «clandestini» vengono stigmatizzati, ricercati,
privati della libertà personale.

Certo, non sono bianchissimi e sono piuttosto poveri. Eppure anche loro dovrebbero fruire del riverbero universale di quei diritti che proclamiamo con tanto rumore, persino col rumore dei bombardieri. La libertà di un indigente o di un accattone o di un matto o di un clandestino non vale meno della libertà degli amici di Pisanu. Ma in questo caso i diritti si storcono, i garantisti si squagliano, e tacciono i tantissimi nipotini di Beccaria: non sentono l’insopportabilità di questa lesione alla pelle delicata dei nostri principi? E cosa pensano di una fluidità giuridica che colloca una porzione di mondo in una sorta di limbo, in un vuoto pneumatico
di soggettività e di cittadinanza, che ne assume la «temporanea» sparizione come ovvia e banale, dentro la procedura grigia di una tranquilla burocrazia
del «sorvegliare e punire»?

Non possiamo obbedire se ci propongono di accettare l’idea della «detenzione amministrativa» come un ordinario rimedio all’eccedenza extracomunitaria o
alla isteria intra-comunitaria. E se ci dicono, con tono vagamente biblico, che qui si mette in discussione l’Europa di Schengen, gli rispondiamo che Schengen non è la Tavola della Legge, che Pisanu non è Mosè, e che qui si rimette in discussione proprio tutto: perché la politica dell’immigrazione non è un capitolo dell’ordine pubblico e neppure della sola spesa sociale, ma è lo specchio sulla cui superficie possiamo vedere noi stessi. E’ proprio l’Europa-fortezza che vorremmo mutare, spaccare, convertire: non per un vago sentimento umanitario, non solo per salvare un popolo di naufraghi che si arrampica alla nostra costa dorata, ma per salvare proprio l’Europa. Il vecchio continente ha creduto di unificarsi con le politiche securitarie: ma senza un’anima forte e riconoscibile è inciampato nel voto popolare e ha rischiato l’infarto. Noi vogliamo aiutare l’Europa a ritrovare la propria missione e la pluralità densa delle proprie radici. Per questo vogliamo chiudere i Cpt.

Noi non possiamo obbedire: le persone sono inviolabili nella loro dignità, libertà e integrità psico-fisica. Noi le abbiamo violate in tanti modi: depredandole a casa loro, sfruttandole a casa nostra, e tra la loro e la nostra casa si allunga un mare che è anche un grande cimitero all’aperto di stranieri in esodo dalla loro terra. Abbiamo sporcato il Mediterraneo e rimpicciolito l’Europa alla misura di una caserma.


MIGRAZIONI E SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE:
UN PONTE PER... ADERISCE A ’MARE APERTO’

Abbiamo vissuto con vergogna gli eventi di Abu Ghraib, viviamo con sdegno ogni ingiusta limitazione della libertà delle persone ed ogni tortura.

Siamo impegnati nella realizzazione di un progetto, sostenuto dal Manifesto, di sostegno alle organizzazioni irachene di difesa dei diritti umani nei confronti dei detenuti in Iraq

Da molti anni siamo convinti che è difficile occuparsi di solidarietà internazionale se non consideriamo anche l’altra faccia della medaglia: i processi migratori.

Spesso le persone che abbiamo incontrato e sostenuto in Iraq, nei campi profughi palestinesi in Libano, tra i kurdi di Turchia e tra i profughi serbi, sono costrette a lasciare le loro terre per raggiungere l’Europa.

Il nostro impegno di prossimità verso queste persone si vanifica ogni qualvolta provano a venire nel nostro Paese. Qui sentono la differenza tra loro e noi.

I Cpt tolgono ai migranti la libertà, ma limitano anche la nostra. Limitano la nostra capacità di portare solidarietà nei luoghi dei conflitti, limitano la nostra credibilità come portatori di buone pratiche di partecipazione. I Cpt hanno realizzato in Italia un sistema di sospensione del diritto, strumento ormai considerato ’normale’ nella lotta al terrorismo.

Un Ponte per...aderisce all’iniziativa del Presidente della Regione Puglia e sostiene gli attivisti che in questi anni si sono battutti, spesso troppo soli, per la chiusura dei Cpt. Aderiamo perché è ’normale’ affermare principi basilari di solidarietà e di diritto, in Italia ed all’estero.

Pensiamo che tutte le Ong italiane dovrebbero aderire. Vorremmo, quindi, che in molti partecipassero alla riunione dell’11 luglio, per chiarire che il problema non è lo scontro tra civilità nel mediterraneo, ma una drammatica crisi di civiltà, di cui le persone rinchiuse nei Cpt sono i tragici simboli.

Un Ponte per...