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Nicaragua : dal Patto Provvidenziale al Protocollo di Transizione

Publie le mercoledì 22 giugno 2005 par Open-Publishing

di Orlando Nuñez Soto - sociologo ed economista nicaraguense

Dai primi anni della sua indipendenza fino ai nostri giorni, il destino politico del Nicaragua è stato segnato dall’occupazione e dall’ingerenza di governi stranieri, particolarmente del governo degli Stati Uniti. Oltre al territorio della Mosquitia, nella Costa dei Caraibi, occupato dal governo inglese durante i primi secoli, filibustieri appoggiati dal governo nordamericano occuparono il resto del territorio nicaraguense dalla metà del secolo XIX. Successivamente e fino alla fine del secolo XX, il governo nordamericano non ha smesso di immischiarsi nei temi interni del Nicaragua.
Le cause ed i protagonisti sono ben conosciuti: l’interesse geopolitico degli Stati Uniti sul nostro territorio, l’interesse economico delle imprese nordamericane, dittature interne senza sufficiente egemonia sul resto della nazione e la richiesta di aiuto a invasori stranieri da parte degli oppositori che volevano scatenare una guerra contro i propri avversari politici.

Con le buone o con le cattive, la popolazione venne arruolata nelle forze in conflitto, mettendoci i morti e i costi del conflitto.

In tutti questi eventi, disfarsi delle forze straniere fu possibile solo attraverso un patto tra le forze interne che si disputavano il potere. Un patto che a volte ha dovuto contare sull’appoggio dei governi vicini della regione, dal Messico fino alla Colombia, passando per l’America Centrale.

Per poter illustrare questa vecchia storia voglio portare come esempio due grandi eventi, uno accaduto all’inizio della nostra storia e l’altro accaduto recentemente.
Il primo è l’ingerenza delle truppe filibustiere a metà del secolo XIX e l’altro è l’ingerenza delle truppe nordamericane nella guerra civile tra sandinisti e controrivoluzionari alla fine del secolo XX.

Nel secolo XIX, tutto cominciò con la creazione di quella che può considerarsi la prima impresa multinazionale in Nicaragua, la compagnia del Transito, diretta da Conerlius Vanderbilt al quale il governo nicaraguense concedette, tra 1850 e 1851, il monopolio totale della nostra risorsa geografica più ambita, la rotta di transito tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Pacifico.

Nel 1855 un gruppo di filibustieri nordamericani al comando di William Walker occupò il Nicaragua su richiesta di una delle forze in conflitto. Mesi dopo entrambe le forze decisero di integrare un governo che includeva nel suo gabinetto il filibustiere Walker.
Nel 1856 Walker si proclamò Presidente del Nicaragua, stabilendo la schiavitù nel nostro paese per le persone di colore portate dall’Africa e propose di integrare il Nicaragua all’Unione Americana.

Nel settembre del 1856, legittimisti e democratici, abbandonando le proprie differenze, firmarono il chiamato Patto Provvidenziale, precisamente per combattere l’invasore. Alla fine di quello stesso anno, le forze filibustiere furono sconfitte con l’appoggio di truppe del Guatemala, El Salvador, Honduras e Costa Rica. Il legittimista Tomás Martínez ed il democratico Massimo Sherry formarono un governo bipartitico.

Alla fine del secolo XX, durante la rivoluzione sandinista, le forze controrivoluzionarie, liberali e conservatori, decisero di ricorrere all’aiuto del governo nordamericano per combattere il governo sandinista. Il Nicaragua fu imprigionato in una guerra civile ed in una guerra di aggressione che rovinò l’economia nazionale e produsse migliaia di morti da entrambe le parti. La guerra di aggressione nordamericana fu appoggiata dai governi centroamericani, alcuni dei quali parteciparono alla sconfitta del dittatore Anastasio Somoza Debayle durante l’insurrezione popolare sandinista.
L’armistizio di questa cruenta guerra, fu possibile solo attraverso l’accordo delle forze in conflitto e l’appoggio dei governi della regione Mesoamericana.
Sotto la pressione dovuta alla stanchezza dopo tanti anni di guerra, i comandi della Controrivoluzione e dell’Esercito Popolare Sandinista si decisero ad intavolare negoziazioni che sfociarono negli Accordi di Sapoá che misero fine al conflitto militare.

I governi della regione, grazie al Gruppo di Contadora e agli Accordi di Esquipulas, fecero pressione sul governo nordamericano per mettere fine alla guerra civile in Nicaragua.

Alla fine, il governo formato da tutte le forze di opposizione riunite nell’Unione Nazionale Oppositrice (Uno) e lo stesso governo uscente del Frente Sandinista, firmarono il così detto Protocollo di Transizione, per mezzo del quale si mise fine all’aggressione nordamericana e alla guerra civile.
In quel momento tutto sembrava arrivare ad un finale felice. La destra si sbarazzava di un governo di sinistra. I sandinisti avevano spazio nella democrazia nazionale, come mai l’avevano avuto.

Tuttavia, la nostalgia si alimentava delle nuove contraddizioni.
Alla destra è costato convivere politicamente con il Frente Sandinista. Alla base del Frente Sandinista è costato accettare le conseguenze del capitalismo selvaggio.
Oggi, la storia sembra covare di nuovo la sua inerzia fatale.

Il governo della vecchia oligarchia conservatrice consegna il paese al capitale straniero. Il paese tende a polarizzarsi in due coalizioni, una coalizione oligarchico-imperiale capeggiata dal Presidente e dal Potere Esecutivo ed un’altra coalizione di opposizione capeggiata dal Fronte Sandinista/Convergenza (con alcuni partiti della Uno) e dal Partito Liberale che occupa il resto dei Poteri.
Nell’ultimo anno, la lotta politica sembra aumentare il suo potenziale conflittuale, ed il governo dell’oligarchia conservatrice insiste nel ricorrere all’ingerenza dell’ambasciata americana per dirimere il conflitto politico, impossibilitato com’è nel poter ricorrere impunemente alla forza dell’Esercito e della Polizia Nazionale.
Si spera che il conflitto finisca con un nuovo Patto Provvidenziale.
Si spera che il pensiero nazionale abbia imparato le lezioni del passato, prendendo non solamente posizione attorno ai personaggi, bensì attorno alle posizioni politiche in gioco.

Si spera che nell’agenda del Dialogo Nazionale abbiano spazio solo gli interessi nazionali.

Solo così, con un nuovo patto sociale intrapreso da liberali, sandinisti e conservatori, si potrà salvare il Nicaragua dall’ingerenza straniera, questa volta capeggiata dalle imprese multinazionali, le politiche fondomonetariste e gli interessi geopolitici del governo nordamericano.