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Quegli otto ragazzi simbolo della Striscia
di Francesca Caferri
Diventare falegname, aiuto farmacista, tecnico dell´elettricità. Avevano sogni forse piccoli ma reali, gli otto ragazzi che sono morti sabato durante uno dei primi raid israeliani su Gaza.
Come migliaia di coetanei erano a scuola, un istituto professionale gestito dalle Nazioni Unite, quando sono cadute le prime bombe. Terrorizzati, sono fuggiti dall´edificio, solo per essere colpiti nel cortile, che dista 200 metri dall´edificio dove ha sede il governo di Hamas, obiettivo dell´attacco. Altri venti loro compagni sono stati feriti: alcuni sono in gravi condizioni.
La storia dei ragazzi del Gaza Training Center è diventata uno dei simboli della tragedia che si vive nella Striscia. «Avevano tutti 17 o 18 anni - racconta Sami Mshasha, funzionario dell´Unrwa, l´agenzia Onu che si occupa dei palestinesi e che gestisce l´istituto - erano lì per imparare un mestiere, per non restare in strada. La fine che hanno fatto è orribile». Quando la bomba ha colpito la scuola molti studenti sono riusciti a ripararsi: per quelli più vicini al palazzo del governo però non c´è stato scampo: «Le nostre guardie hanno cercato di tirarli fuori, ma era impossibile - prosegue il funzionario - è stato difficile anche far arrivare le ambulanze in quel caos. C´erano genitori che urlavano, altri che arrivavano di corsa a cercare i loro ragazzi. Abbiamo chiesto ufficialmente che il governo israeliano apra un´inchiesta, perché questo per noi dimostra che l´operazione non è stata affatto chirurgica come dicono. Ma oggi non possiamo evitare di farci delle domande: forse avremmo dovuto tenere le scuole chiuse quel giorno. C´era molta tensione. Magari abbiamo sbagliato noi. Ed ora è troppo tardi».
I dubbi di Mshasha sono condivisi da molti, nella Striscia: quando gli attacchi israeliani sono cominciati, sabato mattina, molte scuole erano nel pieno delle lezioni. In quelle con il doppio turno la prima rotazione stava terminando e la seconda iniziando. Per questo le bombe hanno sorpreso tanti bambini fuori casa o nelle aule, e tanti genitori in strada mentre correvano per andare a prendere i figli. Sul quotidiano Haaretz Hamira Hass, la giornalista israeliana che meglio conosce Gaza, ha raccontato ieri le storie di padri e madri stretti fra l´angoscia per i bombardamenti e quella per il destino dei figli. "Sono arrivato alla scuola di mia figlia e mi sono trovato di fronte centinaia di ragazzine che scappavano urlando. Ero il primo adulto che arrivava lì. Si sono strette intorno a me piangendo», le dice un genitore, Abu Muhammad. La maestra, Umm Salah, racconta come abbia dovuto portare soccorso ai bambini della sua classe feriti dai vetri rotti. Solo dopo è potuta correre alla ricerca dei suoi figli: «Alcuni dei miei alunni hanno iniziato a piangere. Altri sono rimasti in silenzio, paralizzati». Uno dei figli dell´insegnante era in strada quando la madre l´ha trovato. Il maggiore si era già rifugiato a casa, accolto da una nonna terrorizzata. «Ho pensato di accendere la tv per calmarli, ma poi ho visto le immagini. L´ho spenta e li ho mandati a fare i compiti».
Mshasha teme che ricordi come questi segneranno in maniera indelebile gli allievi non soltanto dell´istituto professionale Unrwa, ma anche delle altre scuole. «Negli ultimi mesi abbiamo riscontrato un tasso di attenzione molto minore. I ragazzi arrivavano a scuola affamati, perché a casa non c´era nulla da mangiare. O depressi, perché non vedevano futuro e capivano che anche i genitori non possono far nulla per loro. Abbiamo riattivato le mense, e creato servizi di assistenza psicologica. Ma di fronte a una strage così, o di fronte alla morte dei tuoi compagni di banco con che spirito potranno tornare?». Una domanda che riguarda migliaia di allievi. L´Unrwa gestisce il principale sistema educativo di Gaza: 200mila studenti, 9000 insegnanti e 240 edifici scolastici su cui si basa di fatto l´accesso all´istruzione di un´intera generazione di bambini e ragazzi palestinesi. «Spero che torneranno. Anche perché non hanno altro», conclude il funzionario.