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TERRORISMO - CHE FARE?
Riflettiamo su quel che realmente si potrebbe fare per fermare il terrorismo così, almeno, se saltiamo per aria sapremo cosa non è stato fatto !
di Jacopo Fo
Quando ci troveremo a contare i morti nelle asfissianti non-stop televisive sul prossimo attentato di Roma (o Milano o Venezia o....) pochi diranno cosa si doveva fare per cercare di evitarlo.
Il modo più semplice sarebbe ritirare i nostri soldati dall’Iraq e dall’Afghanistan.
Ma questo oggi non è un obiettivo perseguibile visto che il governo è quello che è.
Non potendo di meglio c’è da chiedersi se le misure proposte dal governo siano in qualche modo efficaci.
Una sicuramente lo è : l’istituzione di una procura indagante unificata. E non si capisce perché questo non sia stato realizzato da tempo. Nelle riunioni internazionali sul terrorismo ogni nazione manda un solo giudice inquirente a capo di tutte le inchieste. Noi mandiamo venti giudici, uno per ogni singola indagine. Il che, al di là del costo degli aerei e degli alberghi ci fa fare la figura dell’armata Brancaleone e rende le riunioni internazionali un caos perché tutti gli italiani, visto che sono lì, vogliono dire qualche cosa...
Ma il resto delle misure sono aria fritta.
O meglio fumo negli occhi.
Se non peggio. La storia dimostra che è inutile buttarsi a perquisire centinaia di case di sospetti nel cuore della notte.
E c’è da sospettare che molti perquisitori, nella foga della caccia al terrorista, non si siano preoccupati troppo di non offendere il pudore religioso delle musulmane che trovavano nelle case. Grave errore.
E visto che in Italia la percossa saltuaria e non sistematica non è considerata tortura, sospetto che nelle camere di sicurezza siano volati anche alcuni ceffoni.
E’ la tecnica : umiliane cento perché almeno uno diventi terrorista.
E poi è assurdo perché, come si è visto a Londra, i kamikaze vengono scelti tra giovani assolutamente insospettabili...
La guerra santa è organizzata sulla rigida separazione tra braccio politico e braccio militare. Cinquant’anni di guerriglia in mezzo mondo sono lì a dimostrarlo. Ultimo l’Iraq, dove gli arresti e i massacri indiscriminati hanno portato centinaia di persone a diventare un esercito di kamikaze che ogni giorno si immolano provocando altre stragi in un vortice implosivo.
Quindi bisognerebbe lavorare cercando di indurre la comunità islamica stessa a diventare guardiana di sé.
Ma questo è impensabile viste le condizioni di vita alle quali costringiamo gli immigrati.
Innanzi tutto il modo nel quale lo Stato Italiano tratta gli immigrati è bestiale. Il modo migliore per farli incazzare e far venire il dubbio che il fondamentalismo islamico non abbia tutti i torti.
Da tempo in molti denunciamo ad esempio l’assurdo di costringere centinaia di migliaia di immigrati a fare code di giorni e notti davanti alle questure per ottenere i documenti che gli sono necessari per lavorare legalmente.
Dal punto di vista di un immigrato appare chiaro che il sistema italiano è un perverso modo per vessare l’immigrato. E le code davanti alle questure sono il simbolo spettacolare e avvilente di questa ingiustizia.
Per capire l’assurdità della situazione italiana basta girare per le strade italiane e le centinaia di prostitute extracomunitarie. Le stime parlano di almeno 30 mila donne. Quante hanno regolari permessi di soggiorno? Sicuramente molte. Ma come li hanno ottenuti? Chi sono i loro datori di lavoro fittizi? Che cosa ha concluso la Bossi-Fini su questo terreno?
Come se non bastasse lo sfruttamento illegale degli immigrati è facilitato dalla scarsezza e inefficienza strutturale dei controlli sul lavoro nero, la corruzione di alcuni funzionari, gli abusi impuniti di imprenditori e affittuari senza scrupoli di case, che banchettano nell’assenza di un sistema giudiziario funzionante e mettono continuamente in difficoltà gli immigrati che vogliono lavorare in modo legale, spingendo molti verso la clandestinità e il crimine.
Che cosa succederebbe se si costituisse un battaglione di finanzieri armati di telecamere che presidiassero cantieri e piccole aziende alla caccia del lavoro nero? E se contemporaneamente si sveltissero le procedure?
E che cosa succederebbe se si promulgasse una legge che vieta di tenere sfitti gli appartamenti e si realizzasse contemporaneamente un censimento degli immobili pubblici inutilizzati o sottoutilizzati?
Forse risolveremmo l’annoso problema della casa sia per gli italiani che per gli immigrati, ottenendo contemporaneamente, con un drastico aumento dell’offerta, l’arresto dell’aumento del costo degli affitti.
Affrontare il rapporto tra immigrati e burocrazia, renderlo civile, colpire veramente il lavoro nero e l’illegalità diffusa e tollerata, offrire possibilità di case decenti a prezzi decenti, sono le tre azioni essenziali che si dovrebbero intraprendere per pacificare i rapporti tra immigrati e Italia tagliando l’erba sotto i piedi dei reclutatori dei kamikaze.
Ma contemporaneamente dovremmo anche agire sulle opportunità, ad esempio trovando il modo di semplificare le procedure per avere una licenza di ambulante, mentre si elimina il commercio abusivo sulle strade.
Dobbiamo imporre regole giuste e inflessibili, non il solito guazzabuglio.
E poi dovremmo favorire anche l’immigrazione qualificata di tecnici e ricercatori. Una comunità islamica con una maggior percentuale di persone colte avrebbe al suo interno anticorpi più forti contro la violenza.
Ma le radici dell’estremismo islamico non sono solo in patria. E’ da capire che il terrorismo nasce dalle pance vuote e da una situazione di sudditanza economica dei paesi musulmani. Qui il discorso si fa complesso ma non meno importante. A tutt’oggi il sistema economico mondiale è basato su due classi di paesi che non competono a armi pari dal punto di vista commerciale. Dazi impari, finanziamenti alle produzioni locali, monopoli faziosi costringono i paesi poveri a correre con i piedi legati.
Nel frattempo l’Occidente sostiene i signorotti locali, foraggiandoli col veleno della corruzione e concima così l’arretratezza culturale.
D’altra parte gli aiuti umanitari non sono distribuiti sulla base dei risultati ottenuti da chi li gestisce. Un esempio per tutti : le difficoltà incontrate per decenni dalla banca dei poveri di Yunus ("Il banchiere dei poveri" Feltrinelli) nell’ottenere aiuti dalla Banca Mondiale, mentre si largheggia nel finanziare amici di amici e potentati locali.
Ma tutte queste azioni, seppur potenti non potrebbero agire veramente senza tre cambiamenti sostanziali nel sistema repressivo stesso.
Nella lotta al terrorismo come in quella contro la criminalità, la disonestà commerciale e la corruzione scontiamo la piaga di un sistema di leggi farraginoso improntato sulla possibilità per gli avvocati di annullare le condanne attaccandosi ai cavilli. In Italia, ripetono in molti, non c’è certezza della pena. Tutto dipende da quanti soldi e "amici" hai. Il caro Silvio insegna...
Non è possibile affrontare la lotta alla criminalità se non si rendono umane le carceri che oggi non sono luoghi di rieducazione ma antri di tortura e umiliazione che colpiscono doppiamente i detenuti musulmani in balia di un sistema che non rispetta le loro diversità (a partire dal cibo). Oggi le nostre carceri sono un grande regalo al terrorismo e alla criminalità. E quello che sta succedendo è, come accade da sempre, che in carcere la violenza politica si salda con quella criminale creando complicità spaventose. Vi ricordate, negli anni settanta, i "Nuclei Armati Proletari"? Terroristi ex detenuti che avevano maturato la loro scelta di morte nell’aberrazione carceraria? Perché non dovremmo pensare che le carceri del nostro paese non siano ancora una volta la fonte di futuri flagelli?
Terrorismo e criminalità sono intimamente legati e inscindibili. Li unisce direttamente il traffico di armi e di droga. L’Afghanistan è diventato, come avevamo previsto prima della guerra, il primo produttore di oppio del mondo. Buona parte di questo commercio nutre la finanza nera occidentale ma un’altra parte va ai fondamentalisti islamici, una terza quota resta ai boss locali, afgani e pakistani che ingrassano tenendo i piedi in due scarpe. L’esercito dei terroristi può permettersi di pagare centinaia di militanti in Occidente, nutrirli, dargli case, armarli, perché ha a disposizione somme di denaro spaventose. Frutto di spericolate speculazioni in borsa che sfruttano le oscillazioni dei mercati provocati dagli attentati stessi. Dopo le stragi dell’11 settembre, l’Fbi stimò che Bin Laden e i suoi amici avevano guadagnato circa 7 miliardi di dollari puntando con una settimana di anticipo e più, sul crollo di assicurazioni e linee aeree. I movimenti borsistici erano stati talmente enormi che i titoli che si prevedeva sarebbero crollati per effetto dell’11 settembre ebbero un tracollo addirittura due giorni prima degli attentati !!!
Furono molti i tecnici repubblicani che chiesero allora l’abolizione dei paradisi fiscali e del segreto bancario che sono gli strumenti essenziali per condurre queste speculazioni sulla morte nell’anonimato. Simile abolizione, ci dicevano, sarebbe anche l’unico modo per colpire duramente il traffico internazionale di armi e droga che sempre di paradisi fiscali e segreto bancario ha bisogno. E colpirebbe anche l’evasione fiscale e tutte le truffe finanziarie dando respiro alla finanza onesta a livello mondiale.
In effetti l’abolizione di paradisi fiscali e segreto bancario è la madre di tutte le azioni necessarie per pacificare il mondo. Non si scappa.
L’ultima carta contro il terrorismo, altrettanto indispensabile e sottovalutata, è la lotta culturale. L’unica che alla lunga potrà sedare il mondo dalla follia.
Uno degli attentatori di Londra aveva iniziato a frequentare la moschea dopo che il campo di calcio comunale era stato chiuso...




