Home > Venti di passione vs venti di guerra
Soffiano venti guerra nel Mediterraneo. Ci avevano detto che con il crollo del Muro di Berlino si sarebbe finalmente realizzato un mondo di pace e di distensione internazionale. A ventidue anni da quell’evento registriamo, purtroppo, che sta avvenendo il contrario. Serbia, Iraq, Afghanistan. Oggi la Libia. Naturalmente sono tutte guerre fatte “a fin di bene”, per esportare la democrazia, per cacciare odiosi tiranni. Non ci piacciano né le dittature, né i tiranni, ma non riteniamo che la strada giusta per liberarsene sia la guerra. Abbiamo visto infatti che al posto dei tiranni ne subentrano altri (magari più servizievoli nei confronti delle potenze occidentali) e che nonostante vengano chiamate “interventi umanitari”, i morti si contano nell’ordine di centinaia di migliaia.
Sono due le costanti di questi “interventi umanitari”. La prima sono le menzogne costruite per farli accettare dall’opinione pubblica. Valgano, per tutte, le armi di distruzioni di massa in possesso di Saddam Hussein, elemento decisivo per dare avvio ai bombardamenti. Come tutti ormai sanno, non solo quelle armi non sono mai state trovate, ma non c’erano e tutta l’operazione era stata costruita dal Dipartimento di Stato Usa. La seconda è l’ipocrisia: si dice che occorre fermare Gheddafi poiché usa metodi brutali – ed è vero – per piegare chi si ribella al suo regime. Ma come mai non si interviene in egual misura, per esempio, contro il governo di Israele che da 50 anni non rispetta le risoluzioni dell’Onu e ha segregato un intero popolo – quello palestinese – in una prigione a cielo aperto?
Evidentemente le motivazioni delle guerre sono ben altre e vanno rintracciate, principalmente, in ragioni economiche e di controllo delle risorse energetiche. Noi siamo contro le guerre. Ma cosa c’entra – direte voi – questo ragionamento in un articolo che ha il compito di fare riflessioni sulla chiusura del tesseramento del 2010 di Rifondazione Comunista? C’entra eccome! Se dovessi dare una scala di priorità per le quali si sceglie di iscriversi ad un partito comunista, metterei al primo posto la lotta contro la guerra e per la pace. Non è un caso se la nascita dei partiti comunisti e la rottura con le socialdemocrazie siano avvenute proprio sulla guerra. Così come non è un caso che anche oggi l’unica forza politica che ha parlato chiaramente e inequivocabilmente contro l’intervento militare in Libia è stata Rifondazione e la Federazione della Sinistra. Abbiamo sentito che anche il compagno Vendola – solitamente così chiaro nelle sue prese di posizione – si è barcamenato su una linea che ricorda da vicino la fallimentare “né aderire né sabotare” di antica memoria.
Per parte nostra non solo ci schieriamo contro l’intervento militare, ma lavoreremo con tutti i soggetti disponibili affinché al più presto si tenga una grande mobilitazione contro la guerra.Detto questo: come valutare i dati del nostro tesseramento? Ne abbiamo ragionato nei giorni scorsi in una riunione con i responsabili d’organizzazione con una valutazione ampiamente condivisa. Gli iscritti e le iscritte sono 40.763, pari all’87% del 2009. Quando si va indietro è difficile parlare di buon risultato, tuttavia non lo consideriamo un dato negativo e cerco di spiegarne le ragioni.
Le iscrizioni al partito non avvengono nel vuoto pneumatico. Esse risentono ovviamente di due fattori: la difficoltà a far ripartire il nostro progetto politico. Parlo di un recupero di credibilità del Prc dopo la scissione e della capacità attrattiva della Fds. I sondaggi, che vanno presi con beneficio di inventario, ma che comunque sono indicatori da non sottovalutare, ci parlano di un trend di ulteriore erosione di consensi, segnale di una difficoltà che perdura. In secondo luogo la totale cancellazione dai media, in una società dove l’orientamento politico è largamente indotto da questi strumenti, determina la percezione di una tua marginalità. A questo occorre aggiungere il fatto che ormai da parecchi anni vi è un calo delle iscrizioni a tutti i partiti politici, poiché si è ridotta di molto la loro credibilità, ma anche perché – soprattutto le giovani generazioni – vivono con modalità diverse l’impegno alla politica.
A questo proposito le riflessioni contenute sull’ultimo numero di “democrazia e diritto” e il dibattito che si aperto anche su Liberazione sono molto interessanti. Ebbene – ecco perché parliamo di dato non negativo – nonostante tutto questo e nonostante una “coda” della scissione vendoliana si sia realizzata nel 2010 (il dato della Campania ci parla di questo), la nostra organizzazione mantiene una presenza significativa su tutto il territorio nazionale e in 40 federazioni (oltre un terzo), rispetto allo scorso anno il tesseramento riprende a crescere e supera il 100%, a dimostrazione che si può fare! Occorre crederci e lavorarci. E noi ci crediamo e vogliamo metterci tutto l’impegno di cui siamo capaci. Bisogna partire subito. Già nel mese di marzo sono iniziate le prime assemblee del tesseramento. Vanno fatte ovunque. In ogni città, possibilmente in ogni circolo. L’obiettivo è, entro fine maggio, data della prima pubblicazione dei dati del 2011, arrivare al 50% degli iscritti. Siamo nel ventennale di Rifondazione. “Venti di passione”, così abbiamo chiamato la campagna di adesione che ci potrà consentire, se estendiamo l’esempio delle 40 federazioni di cui parlavo prima, nel 2011 di fermare la discesa e iniziare la risalita.
http://www.claudiograssi.org/wordpress/2011/03/venti-di-passione-vs-venti-di-guerra/#more-2678