Home > 7 chilometri di democrazia diretta, partecipata, non virtuale

7 chilometri di democrazia diretta, partecipata, non virtuale

Publie le martedì 23 marzo 2004 par Open-Publishing

Era grande? Era lunga sette chilometri delle larghe strade della Roma
monumentale, tutte piene di persone gruppi gonfaloni classi scolastiche
bandiere striscioni trombe cappelli tutti i colori di pelle, ragazze e
ragazzi (una enormità) che ballavano cantavano lanciavano slogans ironici e
allegri e insomma una grande passione politica e un ascolto attentissimo dei
messaggi politici. Se l’elicottero della polizia che ci ha sempre sovrastato
ha detto alla questura di Roma che eravamo 250mila doveva avere a bordo
apparecchi di rilevazione del tipo di quelli che hanno indotto quattro
piloti elicotteristi a rifiutarsi di guidarli nei cieli dell’Iraq.

Due giudizi politici: la manifestazione ha detto chiaro che chi non è contro
la guerra non può nemmeno essere contro il terrorismo e ciò perché guerra e
terrorismo sono parimenti crimini contro l’umanità, che si fomentano e
sostengono a vicenda: chi dice di lottare contro il terrorismo con la guerra
o contro la guerra con il terrorismo è come se volesse spegnere un incendio
con la benzina. E non occorre argomentare ulteriormente perché abbiamo già
avuto la prova del budino: in Campidoglio e a Circo Massimo.

Il secondo giudizio: queste manifestazioni così determinate e allegre
coraggiose calme e civili sono una incipiente forma di democrazia diretta,
partecipata, reale, non virtuale. Per questo sono tanto temute, scrivono la
nuova politica. Procedeva la coloratissima e pacifica fiumana di persone che
si accavallava scavalcava, si divideva in rivoli e percorreva strade
parallele, al punto che (davvero non ho visto mai una manifestazione tanto
intrinsecamente non militare) lo striscione di apertura si è trovato alla
fine della carovana e solo con abile deviazione per vie traverse ha potuto
raggiungere il palco ed essere lì ad aspettare l’arrivo delle moltitudini.

Molto importanti i contributi. Si sono susseguite le vicende che avevano
attivato l’appuntamento: due donne statunitensi, una curda, una israeliana
cui Lisa Clark ha offerto la sua dolce e competente opera di interprete,
come al palestinese; la madrilena ha tenuto un bellissimo discorso che ha
raccolto emozioni vere e le ha trasformate in politica, e la nostra sempre
trascinante Raffaella Bolini ha detto il documento promosso dal comitato:
con l’aiuto dell’internazionalismo anche nel movimento italiano le donne
hanno parola. Adesso, anche per fare stizza a Berlusconi, bisognerebbe
cercare un po’ di par condicio televisiva: ci sono bravissime suore
comboniane ed Emergency ha una presidente, ad esempio.

Fin qui il grosso e il grande della giornata che ha sottolineato e
sottoscritto e fatta propria la richiesta del ritiro immediato delle truppe
italiane occupanti dall’Iraq e messo in luce le nuove relazioni che possono
intercorrere tra i popoli e i movimenti. Si delineano nuove forme della
politica. Fuori da questa appassionante vicenda alcuni residuati bellici si
sono visti a margine della manifestazione, tra i segretari delle due uniche
forze politiche che si sono presentate con i loro capi scortati da cazzuti
servizi d’ordine, tra lo stupore generale, e qualche sconsiderato
provocatore. Una cosa politicamente archeologica, peraltro appoggiata da
fine modernità mediatica: il sistema comunicativo italiano è davvero
provinciale e fuori dal mondo. Risultato: il tentativo di distruggere la
grande positività del 20 marzo.

La prossima volta sarà il caso di ricordare che chi entra in una vicenda che
ha una piattaforma, la sottoscrive e ad essa si attiene: sennò va altrove a
farsi la sua e non fa il parassita del movimento.