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Aggressori e vittime

Publie le sabato 27 marzo 2004 par Open-Publishing

Una lunga risposta alle critiche

di Paolo Flores d’Arcais

Sarò lungo. Il mio articolo di commento sugli incidenti di sabato scorso ha scatenato un’ondata di critiche da parte di molti frequentatori del sito www.igirotondi.it e di altre mailing-list dei movimenti. Esse tutta via si riducono a due sole obiezioni: primo, con il mio testo avrei giustificato i facinorosi (così Luigi Nocera, e altri) magari invocando la non-pesantezza delle bottiglie (così Massimo Longo, e altri). Secondo, avrei comunque minimizzato l’aggressione a Fassino (così Sebastiano, Costanzo Firrao, e altri). Insomma, come scrive d.p girotondino e attivista Arci, avrei scantonato proprio rispetto alla coerenza, che impone: o si condanna o si giustifica.

Verissimo: e infatti avevo condannato. Avevo scritto, riferendomi al passaggio dalla contestazione verbale (fischi e ingiurie) a quella fisica del lancio di oggetti: “passaggio “ai fatti” assolutamente inammissibile, sia chiaro”. Avevo condannato, e in modo inequivocabile: senza se e senza ma, come si usa ormai dire. Testualmente, avevo scritto: “ condannare senza se e senza ma ogni contestazione fisica resta assolutamente ovvio e doveroso”.

Un primo punto è dunque assodato: tutti coloro che mi accusano di aver giustificato, o semplicemente non condannato, l’atto di violenza, mi muovono un’accusa falsa. Ma diventa allora doveroso domandarsi: come è possibile, e in base a quale pregiudizio, che chi ha condannato un episodio in modo più che esplicito venga accusato di non averlo condannato?

Non ho giustificato affatto i facinorosi, dunque. Chi lo sostiene mente. Ma avrei minimizzato le loro “gesta”, mi rimproverano altri. Per affermarlo bisognerebbe però dimostrare che i fatti sono stati più gravi di quelli che ho descritto in modo perfino certosino. Ora, un dato è acquisito: negli incidenti non c’è stato neppure un contuso (per fortuna). Non c’è una sola foto che mostri una bottiglia di vetro infranta contro qualcuno (di nuovo: per fortuna). La prima manifestazione di strada cui ho partecipato risale a 42 anni fa, e in tutto questo arco di tempo, anche in numerosi cortei giudicati – a ragione -assolutamente pacifici qualche scaramuccia interna con esiti fisici visibili si è prodotta, qualche graffio e qualche ecchimosi ci sono scappati. Non parliamo poi delle manifestazioni con incidenti, dove alla fine si dovevano contare i feriti (non i contusi). Questa volta nulla (per fortuna).
In che senso, dunque, avrei minimizzato? Se stiamo ai fatti, è vera una cosa assai diversa: che i servizi televisivi, i titoli dei quotidiani (e anche il comunicato della segreteria Ds, sul quale tornerò più avanti) hanno ingigantito l’accaduto. Tanto è vero che un giornalista come Curzio Maltese, che ha condannato con estrema durezza il gesto dei “disobbedienti dei disobbedienti”, ha dovuto osservare sarcasticamente che non si è però trattato di una replica delle Termopili. E una firma storica dell’Unità, Piero Sansonetti, ha ricordato quale sia lo standard europeo per considerare “notizia” un incidente dentro un corteo: a Parigi, essendoci stata una manifestazione di alcune centinaia di migliaia di persone, e al termine di essa uno scontro tra anarchici che aggredivano e servizio d’ordine del Partito Socialista che contrattaccava brutalmente (un paio di migliaia di persone coinvolte, parecchi i feriti), si parlò il giorno dopo sui massmedia esclusivamente della manifestazione, senza alcun cenno agli incidenti interni (considerati evidentemente, e in proporzione, irrilevanti).

Non ho minimizzato alcunché, dunque. Ho riportato i fatti alla loro dimensione effettiva, di contro alla gigantografia da Termopili con cui li avevano gonfiati a dismisura i massmedia. E il riferimento alle lattine vuote e leggere, che ha provocato tanta indignata ironia nei miei confronti, diventava necessario proprio perché si avesse il senso delle proporzioni: anche il lancio di lattine vuote e leggerissime, infatti, va condannato e deprecato, ma abbiamo dovuto leggere di paragoni con l’aggressione a Luciano Lama nel ’77, dove gli oggetti più “gentili” erano biglie d’acciaio (o addirittura bulloni) lanciate con la fionda (diventando così dei proiettili in senso proprio e niente affatto eufemistico), e parecchi manifestanti avevano la pistola in tasca. Non mi pare proprio, perciò, di essere stato io a minimizzare, bensì altri a ingigantire fino alla farneticazione. Ma diventa allora doveroso domandarsi: come è possibile, e in base a quale pregiudizio, che chi ha ricondotto un episodio alle sue dimensioni reali venga accusato di averlo minimizzato, e si prenda invece per realtà la dismisura con cui l’episodio è stato ingigantito?

E sia chiaro: l’unica aggressione che si è verificata non riguarda Fassino ma un gruppo di militanti Ds (dopo che Fassino si era già allontanato dal corteo). Fassino non ha subito alcuna aggressione, a meno che non vogliamo confondere l’aggressione in senso proprio con l’aggressione in senso figurato: alla voce “aggredire”, il Devoto-Oli dice: “affrontare proditoriamente e con violenza”, e solo come significato figurato fornisce “attaccare polemicamente con parole o scritti”. Sarò un inguaribile “materialista volgare”, ma distinguere tra contestazione sonora (fischi e insulti) e aggressione (cioè un atto di violenza fisica) mi sembra un dovere verso le verità di fatto. Tra le due cose (insulti e violenza fisica) mi sembra resti un abisso. Questo abisso, nei confronti di Fassino, non è stato per fortuna varcato.
Anche qui: non si tratta di minimizzare, ma di chiamare le cose con il loro nome. Il fatto è che se il comunicato Ds avesse stigmatizzato gli “insulti a Fassino”, nessun giornale avrebbe considerato la cosa degna di menzione come “notizia”. E allora si promuovono gli insulti ad aggressione, manipolando la verità di fatto. Che ha visto, ripetiamolo, un episodio “fisico” solo successivamente e non contro Fassino. Episodio assolutamente deprecabile, sia chiaro, ma che non ha riguardato il segretario dei Ds. Di più: è il servizio d’ordine di Fassino che ha risposto “fisicamente” a una contestazione “sonora” (fischi e insulti), gettando per terra anche una giovanissima ragazza. E questo non significa né minimizzare né tanto meno giustificare quanto avvenuto in seguito: significa rispettare le modeste verità di fatto, i fatti per quello che sono stati effettivamente, né più né meno, senza pregiudizi di appartenenze o paraocchi.

Detto questo, possiamo arrivare finalmente a un punto politicamente cruciale: l’inqualificabile menzogna contenuta nel comunicato della segreteria Ds contro alcuni parlamentari dell’Ulivo, accusati di essere responsabili dell’episodio di aggressione. Di questi deputati (dei Verdi e dei Comunisti italiani) sono stati poi forniti ai giornalisti anche nomi e cognomi. E infine, tra i responsabili, è stato aggiunto quello di Gino Strada. E poi anche la lista Di Pietro-Occhetto-società civile. E in una intervista a “la Repubblica” D’Alema ha addirittura accusato il Correntone di avere fatto “da sponda”, costringendo Folena ad una richiesta di smentita (mai arrivata). Eppure non solo nessuno degli accusati ha avuto nulla a che fare, ma proprio nulla, con l’episodio in questione, ma neppure “i disobbedienti” hanno partecipato. L’episodio ha avuto come protagonisti dei “disobbedienti dei disobbedienti”, disobbedienti insomma anche rispetto ai Casarini e Caruso.
Di più: proprio Strada, Agnoletto, Cento, Diliberto, Rizzo, eccetera, nei giorni precedenti avevano condannato perfino la semplice propensione ad ascoltare le sirene di una ipotesi di contestazione che prevedesse “ceffoni” anche solo metaforici.

Dunque: nessuna delle persone indicate nel comunicato Ds e nei colloqui con i giornalisti quali corresponsabili di squadrismo aveva nulla – ma proprio nulla - a che fare con lo squallido (ed esecrabile, lo ripeto: benché minimo) episodio di violenza. E a me sembra che attribuire un gesto di violenza a chi non lo ha commesso, e anzi ha sempre condannato con assoluta fermezza ogni tentazione al riguardo, costituisca una menzogna: punto e basta. Mi sembra che anche di questo sarebbe giusto indignarsi. Soprattutto quando l’accusa falsa viene mossa non contro degli avversari (sarebbe una falsità comunque, sia chiaro: e in democrazia, inammissibile) ma contro degli alleati.

“Chi è dunque il tuo nemico, Berlusconi o Fassino?” (così Rita Casti). Per me il primo nemico è la menzogna, sempre e comunque. Non mi importa se a pronunciarla sia un “amico” o un “nemico”. O meglio, se è un “amico” ci resto assai più male, e da allora lo considererò molto meno “amico”. Mi sono iscritto al Pci nel 1963 perché schifato delle menzogne dei democristiani e conquistato dalla frase di Antonio Gramsci: la verità è rivoluzionaria. La verità, non il patriottismo di partito. E neppure l’unità: che per la sinistra è certamente un valore, ma subordinato al dovere della verità.

E invece ho la netta impressione che il problema sia proprio questo: per tanti amici l’unità di tutte le opposizioni viene prima di ogni altra considerazione, prima anche delle verità di fatto (esattamente come un tempo, il Partito, con la maiuscola, veniva prima di ogni altro valore). Con questo bel paradosso: che in nome dell’unità si minimizza (questa volta davvero) l’accusa menzognera rivolta dai Ds ai loro alleati minori, menzogna che ovviamente mette a repentaglio l’unità: con una sola menzogna, insomma, hanno colpito due valori, la verità e l’unità (due piccioni con una fava, verrebbe da dire, se non si trattasse di vicende troppo tristi per sorriderne). Un bel capolavoro.

Se invece ci si fosse attenuti alle verità di fatto, le polemiche sarebbero rimaste quelle dei giorni precedenti. Inevitabili, visto lo sciagurato invito del “triciclo” alla manifestazione bipartisan con Berlusconi, e magari anche non condivisibili nei toni (e agli occhi di qualcuno perfino nella sostanza). Ma nulla di più. Mentre accusando falsamente i partiti minori di responsabilità nella violenza si è sfiorata la rottura, e comunque si è aggravato il clima di divisione. In nome dell’unità, naturalmente. Chi potrà più credere che questo valore non venga agitato strumentalmente?

Senza contare che in questo modo si è “distrutto”, almeno massmediaticamente, l’impatto di una straordinaria manifestazione contro la guerra di Bush e per il ritiro immediato del contingente italiano. Il che non sarebbe avvenuto se il comunicato dei Ds fosse stato rispettoso della verità. Se quel comunicato avesse condannato “un inqualificabile episodio di violenza contro il nostro partito, che ha fortunatamente coinvolto solo alcune decine di facinorosi”, ad esempio. Ma con un comunicato del genere, anche qualora si fosse parlato di squadrismo fascista, non ci sarebbe stato alcun titolo sui giornali: al massimo qualche rigo dentro le cronache.

Per i massmedia la notizia è nata, infatti, dal momento in cui il maggior partito del centro-sinistra ha accusato alcuni suoi alleati di responsabilità in un gesto squadrista, in un comportamento fascista. Questa era, per i massmedia, la notizia “ghiotta”. Non a torto: se davvero una parte dell’Ulivo fosse stato responsabile – anche minimamente, lontanamente, appena appena – di squadrismo e metodi fascisti verso la componente maggioritaria dell’Ulivo, l’Ulivo era bello e sepolto. Senza la parte menzognera del comunicato, insomma, avremmo potuto goderci l’incredibile successo di una straordinaria e giusta giornata di lotta (e solidarizzare, ovviamente, chi lo fosse venuto a sapere, con le vittime dell’ignobile benché irrilevante aggressione, che non avrebbe avuto alcun rilievo sui massmedia, perché in effetti irrilevante – lo 0,01%, senza un solo contuso - rispetto alla manifestazione).

E allora perché tanti nostri amici scambiano chi ha subito un torto (i partiti minori falsamente accusati) con chi lo ha commesso (la segreteria Ds che li ha accusati senza ragione alcuna)? Spero che nessuno, a questo punto, reagisca dicendo che sono io che faccio passare dalla parte del torto chi ha subito l’aggressione (cioè Fassino e i Ds): in questo modo vorrebbe dire che si prende per buona la bugia secondo cui i partiti minori sarebbero responsabili dell’episodio di violenza, dovuto invece ai “disobbedienti al quadrato” (perché disobbedienti anche dai disobbedienti). I Ds hanno subito un’aggressione dai disobbedienti dei disobbedienti (esecrabile e squallida, lo ripeto, benché minima e per fortuna senza neppure un contuso) ma si sono poi “rifatti” con una turpe menzogna contro i loro alleati minori. Che non c’entravano nulla.

Per dirla con precisione, dunque: qui c’è un soggetto che è stato solo aggressore (le poche decine di sciagurati “disobbedienti dei disobbedienti”), un soggetto che è stato sia vittima di aggressione che colpevole di menzogna (i Ds), e un soggetto che è stato unicamente vittima, i dirigenti dei partiti minori accusati falsamente. Tre soggetti che non possono venir messi sullo stesso piano, neppure due a due.
Da questa asimmetria sono nate le mie conclusioni: che questi partiti minori vanno sostenuti elettoralmente, soprattutto attraverso gli eventuali candidati di “movimento”. Naturalmente al momento del voto possono prevalere altre considerazioni, ma alcuni comportamenti rivelatori non dovrebbero mai essere dimenticati. Anche perché, altrimenti, saremmo noi a fornire un alibi a dirigenti che mentono, dimostrando che consideriamo insignificante, anziché rivoluzionaria, la verità. E non potremmo più lamentarci, allora, di questi dirigenti, perché lamentarcene, dopo averli ri-votati, non sarebbe più sacrosanta invettiva critica ma rituale geremiade da piagnonismo italico. Ma di questa conclusione, che a me sembra quasi un’inferenza logica, avremo modo di discutere ancora.