Home > Ascoltiamo, il mondo è cambiato

Ascoltiamo, il mondo è cambiato

Publie le mercoledì 24 marzo 2004 par Open-Publishing

Caro Direttore,

ho letto i giornali di oggi e di ieri. Compresa l’Unità. Mi sembra
che nessuno abbia riferito nel modo giusto quello che è successo
sabato sera a Roma. Neanche il nostro giornale, che pure è stato
migliore di tutti gli altri. Credo che ci sia stata una vera e
propria esagerazione degli incidenti. E che questa esagerazione
finisca per diventare comunque una freccia all’arco di coloro che
vogliono colpire il movimento pacifista.
Siccome ti conosco come persona liberale, mi permetto di fare
pubblicamente questa critica.

E vorrei, prima di parlare di sabato, raccontarti un episodio di
qualche mese fa del quale sono stato testimone. Nello scorso
novembre, a Parigi, a conclusione del social forum europeo, diverse
centinaia di migliaia di persone hanno sfilato per la pace. Un
corteo immenso, grande più o meno quanto quello che sabato sera ha
invaso Roma. Al calar del sole, quando ormai da ore la testa era
arrivata nella piazza del comizio finale, in coda era rimasto lo
spezzone di corteo dei socialisti francesi, e dietro ancora un
gruppetto di un migliaio, o forse un po’ di più, di anarchici. A un
certo momento gli anarchici, che contestavano i socialisti, hanno
iniziato a lanciare aste di bandiera, bottiglie di birra e bulloni.
Il servizio d’ordine del partito socialista francese ha reagito
immediatamente e con violenza. È partita una carica molto forte, gli
anarchici sono scappati a cento o duecento metri, lasciando per
strada alcuni di loro, feriti e con la testa insanguinata. Il
servizio d’ordine dei socialisti si è ritirato, sono arrivate le
ambulanze e hanno portato via i ragazzi feriti. Il corteo è ripreso
con un vuoto di cinquanta o sessanta metri tra socialisti e
anarchici. Il giorno dopo la notizia non era su nessun giornale.
Neppure una riga. Polemiche niente.

Conseguenze, qualche punto di
sutura e la brutta impressione di un servizio d’ordine troppo
violento e di un gruppo di anarchici non troppo intelligente.
Sabato sera per fortuna non ci sono stati punti di sutura. L’assalto
di un gruppetto di disobbedienti contro il pezzo di corteo dei Ds
non ha prodotto feriti. Però ha prodotto una mole enorme di
polemiche e i titoli di testata (di prima pagina) di quasi tutti i
giornali italiani. Sono stati dedicati a questo episodio persino
degli editoriali.

Si è parlato di ritorno della violenza degli anni ’70, anzi del ’77,
e si fatto un paragone con l’assalto al palco di Lama. Quella volta
un migliaio di giovani estremisti, dentro l’università di Roma, mise
sotto assedio il palco dal quale parlava Luciano Lama, cioè il capo
carismatico della Cgil, e poi scatenò un vero e proprio attacco,
violentissimo, con spranghe di ferro, pietre, bombole degli
estintori, caschi, bottiglie incendiarie e manici di piccone.
C’erano anche varie rivoltelle. Fu un inferno, durò ore. I sindacati
si ritirarono ed ebbero molti feriti. Solo per un miracolo non ci
furono morti. L’università fu occupata. Dopo quel giorno a Roma e in
tutte le città italiane le violenze si moltiplicarono, arrivarono
anche i morti, parecchi morti, soprattutto giovanissimi studenti. E
intanto dilagò il fenomeno del terrorismo che arrivò fino al
sequestro, all’uccisione e all’annientamento della scorta (cinque
uomini) del più importante uomo politico italiano, di Aldo Moro.
Paragonare l’assalto a Lama agli incidenti di sabato sera a via
Amendola non ha alcun senso.

Quel giorno all’università c’erano
poche migliaia di persone. Sabato in piazza c’erano pochi milioni di
persone. Quasi tutti quelli che erano all’università parteciparono
agli scontri. Sabato hanno partecipato agli scontri non più di cento
persone, cioè diciamo lo 0,01 per cento dei manifestanti. Il
movimento del ’77 era un movimento violento, questo movimento di
oggi è profondamente pacifista e nonviolento.
Cosa è successo esattamente sabato sera? Lo abbiamo ricostruito
parlando con molti testimoni e tutti assai attendibili. È successo
questo. Nel pomeriggio, quando il corteo già era partito da ore,
nessuno ancora riusciva a muoversi da piazza Esedra.. Probabilmente
gli organizzatori avevano disegnato male il percorso, non
aspettandosi una partecipazione così “oceanica” alla manifestazione
(primo errore). Sarebbe stato più saggio organizzare due o tre
cortei che confluissero al Circo Massimo da strade più larghe. Il
punto veramente critico del corteo era da piazza dei Cinquecento
alla strettoia di Santa Maria Maggiore. Proprio in questo tratto di
strada, ed esattamente a via Amendola, ha provato a confluire nel
corteo uno dei tanti pezzi organizzati dai ds che volevano
partecipare alla manifestazione (nella manifestazione c’erano
moltissimi pezzi di corteo pieni di militanti dei Ds).

Questo era il
pezzo più importante, perché c’erano i più importanti dirigenti
nazionali e c’era anche Piero Fassino. È stato sicuramente sbagliato
scegliere quel punto per entrare, era un punto complicato e
pericoloso (secondo errore). Quando il pezzo diessino di corteo ha
cercato di entrare, proprio lì a via Amendola sfilavano prima i
cobas, poi i disobbedienti e dietro un gruppo del cosiddetto campo
anti-imperialista, cioè i segmenti più radicali del movimento e
proprio quelli coi quali c’erano state polemiche feroci nei giorni
scorsi. È stato il terzo errore, forse il più grave. Questo pezzo di
corteo radunava mille o duemila persone, cioè era un pezzo piccolo,
ed era l’unico l’unico nel quale non era saggio tentare
l’ingresso. I cobas non si sono neanche accorti dei Ds. La Cgil ha
per circa mezz’ora fatto da cuscinetto protettivo tra i
disobbedienti e i Ds. Anche il camion dei disobbedienti si è
sistemato in posizione strategica per coprire i Ds ed evitare che
gruppi di ragazzi troppo agitati creasse incidenti. Il corteo però
non scorreva. A un certo momento un pezzo della Cgil ha deciso di
prendere delle vie laterali per raggiungere il circo Massimo. A
questo punto, per forza di cose, anche il camion dei disobbedienti
romani ha dovuto muoversi di qualche decina di metri.

Il pezzo
diessino del corteo è rimasto scoperto, è diventato più evidente, e
un centinaio di ragazzi i testimoni dicono che erano soprattutto
ragazzi del nord, non erano i disobbedienti romani hanno iniziato
a intensificare gli insulti e lanciare oggetti, uova e monetine.
Della Cgil era rimasto solo un cordone di servizio d’ordine. A fare
da intercapedine tra i ds e i disobbedienti c’era questo esile
cordone e il gruppo un po’ più robusto dei ragazzi della sinistra
giovanile, che hanno cercato di riportare la calma. Si è vissuto un
quarto d’ora di tensione. Senza gravi conseguenze. Ci sono stati
anche degli spintoni. Il saggio comportamento del segretario della
federazione romana, Nicola Zingaretti, ha evitato che intervenisse
la polizia. Purtroppo in quei minuti concitati a nessuno è venuto in
mente che con un po’ di pazienza e facendo sfilare il corteo per
un’altra mezz’oretta sarebbe stato possibile l’ingresso dei ds un
po’ più dietro, dove c’era l’Arci, c’era Lilliput, c’era Pax Cristi
e altri gruppi che avrebbero garantito l’assoluta tranquillità
dell’ingresso. È stato il quarto errore.

Quattro errori. Nessuno dei quali, francamente, gravissimo. Più che
altro errori di inesperienza. Quasi nessuna conseguenza. Che ragione
c’è, ora, di aprire una infinita polemica politica? Qual è la cosa
importante che è successa sabato sera: il quarto d’ora di lievi
incidenti o il gigantesco corteo contro la guerra e contro la
presenza militare italiana nell’occupazione dell’Iraq? Bisognerà
ricominciare quella noiosissima polemichetta ciclica con la
richiesta al movimento di espellere i violenti, di cacciare
Casarini, di mettere al rogo gli anarchici e magari i Cobas?
Lasciamo stare, sono cose troppo vecchie, riflessi di chi è abituato
alla politica di vent’anni fa e non capisce che è svanita. È
cambiato tutto. Questo è un gigantesco movimento nonviolento, aperto
a tutti. I ds hanno pieno diritto di partecipare ai suoi cortei
anche quando non ne condividono la piattaforma. Casarini e i
disobbedienti rappresentano una minoranza di questo movimento ma ne
sono parte integrante e viva.

Ci sono un milione di ragioni per non
essere d’accordo con loro su tante cose, ma ci sono anche le ragioni
per essere d’accordo con loro su moltissime altre cose, e ci
vorrebbe forse anche l’onestà intellettuale per ammettere che
moltissime cose che noi diciamo oggi loro le dicevano isolatissimi
e vituperati dieci anni fa. Niente pagelle e niente diritti di
veto: né da una parte né dall’altra. Sono insensate le accuse ai ds
di essere gli amici degli imperialisti e lo sono le accuse ai
disobbedienti di essere i reggicoda dei terroristi. D’accordo?
Possibile, caro Colombo, che in questo paese si discuta sempre dei
dettagli delle questioni, e tutti mostrino supremo disinteresse per
le questioni vere? Oggi la questione è semplicissim. È questa: come
la sinistra italiana e l’opposizione, tutta, riesce a condurre la
battaglia con l’obiettivo di ottenere il ritiro dei nostri soldati
entro il 30 giugno. Con un pizzico di saggezza politica, e non
lasciandosi travolgere dai calcoli elettorali, questa battaglia
potrebbe trovare, di nuovo, l’unità della sinistra.

Unità