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Barghouti: per Israele sarà come per il Sudafrica con la Namibia

Publie le sabato 10 luglio 2004 par Open-Publishing

«È la fine dell’occupazione»

di MICHELANGELO COCCO

Mustafa Barghouti, politico di lungo corso e membro della delegazione palestinese all’Aja, non sta nella pelle. «È la fine dell’occupazione. Almeno l’inizio della fine», ci dice commentando al telefono il giudizio della Corte internazionale di giustizia che il manifesto ha anticipato. Barghouti, in Olanda assieme a una folta rappresentanza giunta dai Territori occupati, racconta che alla vigilia della «sentanza» già circolava tra i palestinesi un cauto ottimismo, ma che quando oggi verrà letto il verdetto sarà festa grande, perché è definitivamente naufragato il tentativo del governo Sharon di dare una legittimità giuridica al Muro che entra all’interno della Linea verde (il confine tracciato dopo l’armistizio del ’48) rubando la terra che secondo il diritto internazionale appartiene al futuro stato di Palestina.

Allora signor Barghouti, la Corte dell’Aja ha dato ai palestinesi una vittoria al cento per cento?

È una vittoria grandissima, totale, storica, la fine non solo del muro dell’apartheid, ma dell’occupazione israeliana di Cisgiordania e Gaza. Questa sentenza ha dimostrato che il tentativo di una potenza occupante di far passare i fatti creati sul terreno, militarmente, l’annessione di territorio palestinese de facto, non può passare.

Fine dell’occupazione? Non le sembra di esagerare?

No, non esagero. Perché è stato bocciato un tentativo micidiale, che sarebbe stato mortale per i palestinesi: quello di creare l’apartheid in Palestina, un’apartheid anche peggiore di quella che ci fu in Sudafrica. Questo è il senso del verdetto della corte che mi ha letto al telefono. L’apartheid in Palestina non può esserci. Quando parlo di fine dell’occupazione non esagero, sono semplicemente ottimista. Quello che voglio dire, con grande entusiasmo, è che è l’inizio della fine dell’occupazione.

Sarà, ma si tratta pur sempre di una «advisory opinion», un giudizio non vincolante...

Sì, ma deve capire, è comunque molto, molto importante. Anche quello espresso dalla Corte internazionale di giustizia nel 1971 sulla Namibia era un giudizio non vincolante. Rappresentò comunque l’inizio della fine dell’occupazione di quel paese da parte del Sudafrica segregazionista dell’apartheid.

In concreto, a livello internazionale, quali saranno i prossimi passaggi della vostra battaglia contro il muro?

Adesso l’Assemblea generale e il consiglio di sicurezza non possono sottrarsi a intervenire, sono investiti del problema. Il caso Muro potrà essere portato, ad opera di altri membri della Comunità internazionale, di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. E anche se gli Stati uniti opporranno il veto a qualsiasi risoluzione di condanna del Muro da parte del massimo organismo dell’Onu, la nostra battaglia ha da oggi molta più forza.

Una vittoria completa anche su Gerusalemme mi pare...

Sì, certamente. Tutti gli sforzi da parte del governo israeliano di separare Gerusalemme dal resto dei Territori occupati sono falliti.

Quali riflessi può avere questo giudizio dell’Aja sulla situazione sul campo...si continuerà a combattere?

Su questo non si possono fare previsioni. Certamente una gran parte della società palestinese e tutti i pacifisti internazionali, israeliani, palestinesi che in questi messi hanno fatto una battaglia senza sosta contro il Muro e il furto di terra ai palestinesi, avranno molta più speranza. Forse il governo Sharon cercherà di fare finta di niente, sta di fatto che la nostra battaglia da oggi è molto più forte e vicina alla vittoria.

Il Manifesto