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Crisi e confronto sindacale, intervista al segretario della Fiom Giorgio Cremaschi
Publie le domenica 4 luglio 2004 par Open-Publishingdi Fabio Sebastiani
«Una concertazione neocentrista»
Tutti si industriano per far ripartire la concertazione...
Mentre il governo prepara una stangata che rischia di fare danni sociali enormi e contro la quale bisogna lottare subito si continua a parlare di concertazione. Credo che la concertazione sia la versione sindacale della operazione politica neocentrista con la quale la Confindustria, An e Udc, la Banca d’Italia e la Cisl cercano di uscire dalla crisi dedl governo Berlusconi. Credo che sarebbe sbagliato dare valore compiuto a questa operazione. Ci sono molte velleità e molte difficoltà, ma l’intenzione c’è. E questo è un fatto politico.
Allora dai per liquidata la linea di Berlusconi?
E’ chiaro che è in un’enorme difficoltà, sia per ragioni elettorali sia anche per ragioni strutturali. L’asse Berlusconi-Tremonti-Lega, cioè riduzione delle tasse, Legge 30 e uso spregiudicato dello Stato come struemento di competitività economica, cioè quella particolare forma di liberismo populista fa acqua da tutte le parti. Belusconi e le forze neocentriste, se la prima linea è chiaramente priva di consenso e di praticabilità, la seconda è sostanzialmente priva di contenuto. La concertazione viene rilanciata come appello all’unità nazionale, come ideologia del patto sociale, come moderatismo politico e sindacale, ma finora non ha prodotto un’idea. Come in politica, si discute sulla forma degli schieramenti e delle alleanze a prescindere dai loro contenuti. Questa scelta rischia di depotenziare il movimento di lotta.
Quella precedente era meglio di questa?
Il "23 luglio" è stato un accordo che ha prodotto danni per i lavoratori ma aveva un obiettivo concreto: l’euro. Oggi si fanno discorsi fumosi, a partire dal nuovo presidente della Confindustria, in cui si scambiano i successi della Ferrari per le possibilità di tutto il sistema industriale. C’è tanta propaganda di immagine e quasi nessuna sostanza. Non è casuale che Montezemolo ignori il problema della distribuzione salariale, della legge 30, Il problema è che non c’è neppure l’agenda comune. Vedo solo una grande capacità di fare fumo a manovella.
Di che natura è questa crisi e che via d’uscita intravvedi?
La crisi industriale italiana è anche crisi finanziaria rispetto al sistema delle banche, è crisi di prodotti e di investimento. E’ crisi di una classe imprenditoriale. La risposta fondamentale è il ritorno alla centralità dl pubblico, della programmazione industriale, dell’intervento nei settori strategici. C’è la crisi Fiat ancora tutta aperta, ci sono tutti i settori ove le privatizzazioni hanno compiuto solo disastri. Insomma, bisogna riprogettare le politiche industriali e metterci dentro i poteri pubblici, andare cioè nella direzione opposta alle politiche di mercato di questi anni. Accanto a questo c’è la grande questionie della distribuzione dei redditi e dei diritti. La crisi italiana si affronta con una crescita verso l’alto dei salari e dei diritti. Ma il punto è se si vuole affrontare la crisi, occorrono politiche alternative al liberismo a tutti i livelli. E quindi la concertazione è una risposta sbagliata alla crisi e alle domande sociali del paese.
Il sindacato no è stato un po’ a guardare compreso la Cgil...
In questo periodo Cgil, Cisl e Uil hanno perso colpevolmente una occasione per mettere le questioni del lavoro al centro dell’agenda politica. Cgil, Cisl e Uil potevano e dovevano promuovere un movimento di lotta prima delle ferie per influire sulla legge finanziaria e sulle politiche ecomomiche. Invece, non hanno neppure sostenuto la piattaforma, che pure hanno presentato, e che il governo ha semplicemente ignorato. Cioè, non l’hanno gestita in termini sindacali. Sembra che la concertazione debba avvenire tra Fini e Berlusconi, con il segretario di An che interpreta una funzione sociale. Mi pare un arretramento grave di cui bisogna discutere al prossimo direttivo e che impone che da qui all’autunno si ricostruisca un vero movimento di lotta.
Ma intanto si fanno accordi, ultimo, per esempio, quello del commercio...
Tra le poche eccezioni, i contratti nazionali firmati in questo periodo, peggiorano tutti il "23 luglio", sia sul piano salariale che su quello dei diritti, con le falle che si stanno aprendo sulla resistenza alla legge 30. E’ paradossale, il ministro Maroni è andato all’Assolombarda a lamentarsi di accordi come quello Fincantieri, che emarginano la Legge 30. Mi ha colpito che Pezzotta poco tempo fa abbia di nuovo parlato bene del Patto per l’Italia.
Pezzotta ha anche detto che bisogna fare l’accordo sulle regole prima del contratto dei metalmeccanici e Montezemolo parla di incontro a luglio.
Una nuova trattativa centralizzata sulle regole oggi sarebbe una sciagura. Porterebbe o a un accordo separato o a un accordo unitario peggiorativo del "23 luglio". Sarebbe una assurda ripresa di continuità con il patto per l’Italia. Non c’è da fare un nuovo 23 luglio, come abiamo detto al nostro congresso, ma affrontare i problemi concreti. Dopo Melfi e molti accordi aziendali i metalmeccanici hanno il diritto di provare a costruire un contratto nazionale che risponda alle loro esigenze. Il nodo è sempre quello, si tratta di sapere se vogliamo o no raffrozare il contratto nazionale. Il Sole 24 ore ha iniziato una campagna partendo dall’accordo di deroga sugli orari fatto dalla Siemens in Germania. E’ un fatto che ci deve far riflettere, sia rispetto a cosa vogliono davvero i padroni, sia rispetto al fatto che se accettiamo il terreno della concorrenza competitiva sui diritti, finiamo in un disastro in Italia e in Europa.
Liberazione