Home > Genova non vuole il lager per migranti
Una vecchia idea di Scajola che piace solo alle destre ma scandalizza e
ruba verde al quartiere
Genova non vuole il lager per migranti
Un centro di detenzione per stranieri a Genova? E’ una vecchia idea di
Scajola, ministro degli interni ai tempi del G8, ma la città non ne sente
la minima necessità e poi costa troppo e andrebbe a rubare anche una zona
verde in un’area franosa. Così, dopo le rivelazioni del Secolo XIX,
dell’ok tecnico rilasciato a dicembre dalla Provincia a un progetto della
società Garavenda, ci si sta organizzando per respingere al mittente - il
Viminale - il progetto di costruire uno di quei "lager" nell’Alta Val
Bisagno, a Molassana.
Repetto, il presidente ds della Provincia, è caduto dalle nuvole e, come
lui, gli abitanti della zona che già stanno raccogliendo una tonnellata di
firme contro. Da Palazzo Spinola si fa sapere che il sì riguardava solo la
conformità tecnica con il piano di bacino visto che il mostro di sbarre e
container sorgerebbe sulle sponde del torrente Geirato, in località
Molinetti. La decisione politica della Provincia potrebbe arrivare già
mercoledì prossimo mentre il Comune e la Circoscrizione già hanno detto il
loro no, consultivo certo, ma netto e inequivoco come quello
dell’assessora all’Edilizia di Tursi, Roberta Morgano o della vice
presidente dell’Alta Val Bisagno, Giusy Giani.
Lo stesso sta facendo il vasto movimento cittadino, già pronto a
boicottare le imprese e a piantare le tende nei 33mila 426 metri quadri
tra Riomaggiore e Rio Mulinetto scelti dopo la bocciatura dell’ipotesi
Bolzaneto, la medesima area della caserma della Celere in cui furono
torturati i fermati del G8. Nel quartiere l’assemblea promossa dalla
Quarta circoscrizione martedì scorso ha visto la partecipazione di
cittadini da tutta la città, parroci, ragazzini, centri sociali e,
naturalmente, Città aperta, Arci, Cgil, Emergency, Social forum, Caritas,
disobbedienti, Comunità di S. Benedetto, Cobas e Rifondazione comunista.
«C’è una forte tensione contro il Cpt che attraversa tutti i promotori del
20 marzo e tutti i soggetti del mondo del lavoro - racconta a Liberazione
Simone Leoncini dell’esecutivo regionale di Rifondazione - perché la
questione migranti è paradigmatica dell’attacco complessivo ai diritti di
tutti. In "lager" come questi si consuma in maniera brutale la sospensione
dei diritti».
A favore dell’impresa si sono pronunciate solo le destre, il prefetto
Romano e il questore Fioriolli. Nella Quercia, sembra un’eccezione quella
rappresentata dal senatore ds della Val Bisagno, Mazzarello, che vorrebbe
solo allontanare il Cpt dal suo collegio e farlo a Ventimiglia. Altrove
sembra introiettata l’autocritica sulle strutture inventate dalla
Turco-Napolitano e per le quali la Bossi-Fini ha raddoppiato i tempi di
permanenza (da 30 a 60 giorni). Nessuna norma stabilisce l’obbligatorietà
di strutture del genere dove, ricorda Alessandra Ballerini, legale della
Cgil, vanno a finire persone solo per non avere il permesso di soggiorno e
senza che abbiano commesso alcun reato. Sono luoghi peggiori delle
carceri, dove si vive senza diritti e in condizioni disumane, imbottiti di
tranquillanti, torturati, come hanno evidenziato rapporti di Amnesty,
Medici senza frontiere e le ripetute ispezioni di parlamentari. «Ora
possono esservi reclusi anche i richiedenti asilo», ricorda Laura
Tartarini, legale del Glf e consigliera disobbediente a Tursi.
E a proposito di richiedenti asilo, a Milano, i "soliti ignoti" xenofobi
hanno appiccato il fuoco ieri notte al Naga Har, un centro dal segno
opposto a quello dei cpt che assiste rifugiati politici e vittime delle
torture nella zona Fiera. La struttura gestita dall’associazione Naga da
quattro anni tenta di supplire al vuoto istituzionale che inchioda
migliaia di persone a condizioni di vita mortificanti tra marciapiede e
mense per i poveri. Nella zona c’è una sede di Forza Nuova e un giro di
balordi legati allo spaccio di droghe pesanti.