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I dati Eurostat e l’art 18
par Zag(c)
Publie le mercoledì 1 febbraio 2012 par Zag(c) - Open-PublishingCome più volte detto la flessibilità in uscita che è un eufemismo per dire l’abolizione dell’art 18 è solo e pura ideologismo o lotta di classe detto in termini marxiani.
Ed è tale anche, se velatamente ammesso per sotto intesi, dalla stessa compagine governativa, Monti e la Fornero , dalla lacrima facile, quando dicono , che l’art 18 è una anomalia per l’Europa e come tale, come tutte le anomalie italiane vanno portate alla "normalità" .
Per correttezza va detto che in tutti i paesi Europei vale la "protezione reale" Cioè in tutti i Paesi dell’Unione il licenziamento deve essere sorretto da ragioni o di carattere soggettivo, legate cioè a un comportamento del lavoratore, che non necessariamente deve costituire un inadempimento, o da ragioni di carattere economico o produttivo che riguardino l’organizzazione dell’impresa e il suo miglior funzionamento. Il licenziamento deve in altri termini sempre essere sorretto da una “giusta causa” (oggettiva o soggettiva), il cui mancato rispetto dà origine a sanzioni per il datore di lavoro. In tutti gli ordinamenti il licenziamento discriminatorio (per sesso, razza, fede, etc..) è nullo.
A differenza con l’art 18 che prevede , in accordo con le parti, sia il reintegro sia il risarcimento e solo per le aziende con un numero di lavoratori nella stessa unità produttiva di 15 dipendenti o nello stesso comune di 60 dipendenti.
Come si vede la questione è di solo pura lana caprina nei fatti, ma importantissima per l’aspetto ideologico. Di qui la campagna mediatica promossa e condotta senza esclusione di colpi , anche diffondendo falsità ( vedi l’art di Alessi e Giavazzi su Corriere della Sera di qualche giorno fa) E lo è tanto più in quanto anche ammesso che si eliminasse l’art 18 resterebbe anche l’art 3 della legge 604 del 1966 che sancisce che il licenziamento non conforme alla disposizione che legittima il licenziamento quando sia giustificato da "ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa",
Ma l’art 18 è troppo integrato alla più in generale legge 300 del 70 detta anche Statuto dei lavoratori.
e che anche l’antico governo voleva trasformarlo in Statuto dei lavori, e non a caso.
Ma per ideologismo , la campagna ideologica, appunto, fatta a supporto di tale necessità che l’Europa ci chiede, sia i Professoroni della Bocconi che più si sperticano a trovare con tecnicismi, soluzioni bizantine( Ichino, Garibaldi, Boeri, ) che tentano di mascherare il vero obbiettivo, sia i mass media più "riformisti" e progressisti (Repubblica in testa, con il suo ultimo capolavoro del fondo di Scalfari), attraverso temi che toccano le corde più sensibili. Il precariato, i giovani disoccupati, (" i figli sò pezz’ e’ core) ecc ecc e via di questo argomenti che nulla hanno a che vedere con il problema dell’art 18.
Non c’è nessun legame causa effetto tra i due temi.
Ma i dati statistici ed empirici a supporto di tale assoluta assenza di legame nulla valgono di fronte ad una campagna di puro ideologismo.
E le indagini OCSE valgono a corrente alternata.
Infatti dati indicano che l’Europa ha un indice di flessibilità di 1,77 (per i lavoratori a tempo indeterminato) l’Italia è al di sotto della media mondiale (2,11).
Se non bastasse arrivano i dati Eurostat che indicano l’andamento della disoccupazione in Europa e in particolare ho preso quelli di alcuni paesi dove esiste una sorta di specifica protezione ai licenziamenti individuali immotivati ( perché tale è la protezione prevista dall’art 18) e quelli in cui esiste una assoluta libertà sia in entrata che in uscita.
Il dato generale vede la disoccupazione attestarsi al 9,9%, vale a dire che nel Vecchio Continente circa 23,8 milioni di persone sono senza un lavoro. Rispetto a un anno fa il tasso di disoccupazione registra un aumento (era pari al 10% nell’Eurozona e del 9,5% nell’Europa a 27). Già questo indica che la disoccupazione ha cause più generali e assume un carattere sempre più strutturale oltre che contingente. Ma vediamo i dati nei paesi con differente protezione
Spagna
30% circa di tutti i dipendenti e circa l’80% dei nuovi assunti ha un contratto di lavoro a termine. tasso di disoccupazione è al 23%
Germania
indice di flessibilità 3.0 uno dei più alti con un tasso di disoccupazione del 7,8 uno dei più bassi
Lavoratori allontanati solo con giusta causa
Il licenziamento senza giusta causa è considerato illegittimo e, in via preferenziale, deve essere risarcito con il reintegro sul posto di lavoro. L’imprenditore che voglia licenziare un dipendente deve comunicarlo al consiglio di azienda. Se il sindacato riterrà non fondato il provvedimento, il dipendente ha il diritto di rimanere al suo posto fino al termine del processo. Se poi il giudice stabilisce che effettivamente il licenziamento non era giustificato, l’imprenditore ha l’obbligo di reintegrare il dipendente in organico. L’unica eccezione è la possibilità che l’imprenditore dimostri che non c’è possibilità di collaborazione con il licenziato che dunque viene risarcito con un indennizzo.
Francia
tasso di disoccupazione 9,9%
Generalmente il lavoratore che viene ingiustamente licenziato è risarcito con indennizzi di entità variabile secondo criteri stabiliti dalla legge. Ma nell’autunno scorso tre sentenze di tribunali locali hanno fatto scalpore annullando i progetti di delocalizzazione di altrettante aziende d’oltralpe. Quelli che i francesi chiamano "licenziamenti della Borsa", dettati cioè dalla smania degli azionisti di portare altrove la produzione per aumentare i profitti, sono stati considerati illegittimi e le aziende sono state obbligate a riassumere i lavoratori licenziati. Grandi proteste, naturalmente, degli imprenditori. Ora sulla vicenda la parola deve passare alla Corte di Cassazione di Parigi.
Quando sentite parlare di art 18 accostato a concetti di disoccupazione o precariato state attenti ve stanno a fregà