Home > L’ARGENT DE POCHE

L’ARGENT DE POCHE

Publie le venerdì 3 dicembre 2004 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto Enrico Campofreda


di Enrico Campofreda

L’argent de poche è quel denaro per le spese minute che si può utilizzare nell’immediato,
senza fare grandi preventivi e progetti. Un po’ come accade per gli anni di quel
fantastico periodo della vita che è la prima adolescenza. Denso di speranze,
turbamenti, scoperte, desideri, un’età che s’affronta correndo a rotta di collo
come fanno i ragazzi nella gioiosa apertura del film, galoppando per le scalinate
e le ripidissime stradine di Thiers. Si vivono come in trance quegli anni. Si
divorano con la voglia di crescere e somigliare agli adulti, che hanno tutto
il potere e tutti i diritti. Non si sa che quella è l’età dell’oro, prolifica
non solo per tutto ciò che s’impara, ma per la leggerezza dell’esistenza che
a un certo punto, inesorabilmente, sparirà.

Eppure certe angosce infantili paiono ciclopiche, insormontabili. I doveri scolastici, innanzitutto, che pongono il bambino di fronte all’autorità degli insegnanti e lo fanno misurare col personale impegno. Gli insegnanti non sempre ispirano fiducia, così a scuola si può rendere volutamente meno di quello di cui si è capaci solo per fare i bastian contrari, come accade al recitatore dell’Avaro di Molière. Comunque anche i professori sono presi dai problemi quotidiani (l’arredo d’un appartamento) e possono vivere momenti belli e coinvolgenti come la nascita d’un figlio.

Il mondo degli adulti può risultare perfetto e borghese come la famiglia dell’amico del cuore di Patrick che ha un padre parrucchiere e una madre bella e affettuosa. Oppure malato, come accade a Patrick, il cui papà è inchiodato su una carrozzina per la paralisi degli arti. O addirittura marginale e disperato, come quello di Julien che vive in una baracca con madre e nonna, vessato e seviziato in tanti modi.
E ancora disattento e narcisistico (mamma intenta alle manicure) e subdolamente autoritario (papà che cerca di convincere e poi sbotta). Verso quest’ultimo comportamento i bambini adottano proteste clamorose come la graziosa Sylvie. Lasciata sola in casa dai genitori perché giudicata capricciosa, lei prende il megafono del padre poliziotto e avverte il vicinato della sua condizione di prigioniera.

Anche gli adulti più sensibili agli affanni dei ragazzi, come i professori della scuola, devono lottare ogni giorno per tener viva l’attenzione fra un’istituazione scolastica ottusa e formale come il suo preside, e la necessità di fornire ai giovani le necessarie iniziative. Lo testimonia il confronto dei due prof sul comportamento da tenere con la scolaresca assaliti dai primi pruriti sessuali: “Si toccano sotto il banco, sembrano farlo apposta per provocarmi perché sono donna” afferma ansiosa l’insegnante di storia; “Lo fanno anche con me che sono un uomo” la rassicura il collega.
I bambini e i ragazzi guardano gli adulti, li studiano, s’ispirano per il presente e per quella che sarà la vita futura. Ma i comportamenti infantili sono anche gioiosi, spensierati, privi di secondi fini, assai diversi dal modo d’essere dei ‘grandi’. Solo se la vita è infelice e disturbata, come il caso di Julien, inizia la devianza con scontrosità, isolamento, rigetto della socialità.

Ricordate il vostro primo bacio? Il timido e sognatore Patrick e la sua fiamma se lo scambiano pudico nei corridoi d’una colonia estiva. Il suo compagno di classe, più scaltro e formato, lo fa alla maniera adulta, un po’ intrigante, nella penombra della sala cinematografica dove ha invitato due ragazzine ‘agganciate’ all’esterno. E mentre l’amico Patrick è imbarazzato, lui soddisfa entrambe le fanciulle. Gli ormoni iniziano a saltellare indomiti: non si può né si deve contenerli. Fanno da freno solo le convenzioni imposte dagli adulti e che i ragazzi aggirano con l’unica arma disponibile: l’inganno. Un conflitto continuo si sviluppa fra il desiderio giovanile di scoprire, inventare, gioire, divertirsi, sognare e i freni inibitori che la famiglia impone. La conflittualità è sana e naturale, ma può diventare angosciosa se non riceve risposte da adulti disattenti, incoerenti, addirittura scontrosi.

‘Les enfants s’ennuient le dimanche’ canta con la sua calda voce Charles Trénet. Certo, ciascuno può ricordarlo. Accadeva e forse accade ancora perché in quel giorno si ha a portata di mano e si misura la distanza dal mondo adulto che riposa e vuole il tempo per sé. E il divario che già c’è stato nel corso della settimana diviene un baratro o addirittura un’occasione per scatenare la ripicca repressiva.
Sublime, perciò, la già citata vendetta di Sylvie, che dopo essere stata sedotta con la promessa del pranzo domenicale al ristorante, viene crudelmente abbandonata fra i suoi pesci rossi e la borsina-orsetto sporca. Liberatorio il grido di dolore della piccola nel cortile del condominio. Il mondo deve sapere che lei è sola: ha fame. Ma più che del pollo che i solidali vicini le inviano in un cesto, ha fame d’affetto, di sentimenti, di calore umano.

Regia: François Truffaut
Soggetto e sceneggiatura: François Truffaut, Suzanne Schiffman
Direttore della fotografia: Pierre-William Glenn
Montaggio: Yann Dedet
Interpreti: ragazzi e adulti della cittadina di Thiers
Musica originale: Maurice Jaubert
Produzione: Les Films du Carrosse
Origine: Francia, 1976
Durata: 104’