Home > Perché silenziano i detenuti morti per sciopero della fame in USA e in Spagna?

Perché silenziano i detenuti morti per sciopero della fame in USA e in Spagna?

par Domanda pleonastica

Publie le venerdì 10 febbraio 2012 par Domanda pleonastica - Open-Publishing

Lo scorso 3 gennaio moriva in un carcere di Chicago una donna che era in sciopero della fame.

A novembre 2011 tre detenuti maschi morivano in California anch’essi dopo uno sciopero della fame che aveva coinvolto 12.000 prigionieri di 13 Stati del Paese.

Niente di tutto questo è divenuto notizia internazionale nè ha provocato proteste diplomatiche contro il Governo degli Stati Uniti.

Lo scorso 19 gennaio moriva a Santiago de Cuba il detenuto Wilman Villar Mendoza. Immediatamente i media internazionali diffondevano la versione della cosiddetta “dissidenza” cubana, legata al Governo degli Stati Uniti: il recluso sarebbe morto per uno sciopero della fame in protesta per essere stato arrestato dopo aver partecipato ad una manifestazione pacifica.

Questa informazione, ripetuta a sazietà dai grandi media, è assolutamente falsa. Wilman Villar venne arrestato a luglio dello scorso anno per aggressione con lesioni alla moglie, dopo una denuncia della madre di quest’ultima. Al momento dell’arresto Villar ha violentemente aggredito gli agenti; a novembre venne condannato a 4 anni di prigione per i reati di aggressione e resistenza.

Una volta condannato –secondo uno schema ormai classico negli ultimi tempi- entrò in contatto con la “dissidenza” cubana, con l’intenzione di beneficiare della grazia che il Governo cubano avrebbe elargito ai detenuti di quel tipo.

Villar è stato assistito nell’Ospedale Clinico Chirurgico “Doctor Juan Bruno Zayas” ed è morto per le complicazioni di una polmonite severa. Il Governo cubano assicura che non era affatto in sciopero della fame.

A differenza del silenzio diplomatico seguito alle succitate morti per sciopero della fame negli USA, le pressioni diplomatiche contro Cuba dopo la morte di questo detenuto non si sono fatte attendere.

Il Governo spagnolo, per esempio, ingiungeva a quello cubano di “liberare tutti i detenuti politici”.

Dobbiamo ricordare che Amnesty International riconosce solo 3 persone a Cuba come detenuti di coscienza. E lo fa con un comunicato pubblicato –sicuramente- sulla scia degli ultimi avvenimenti, giacché non riconosceva nessun prigioniero di coscienza nell’Isola dall’ultima relazione del marzo 2011.

Organizzazioni della “dissidenza” cubana finanziata dagli USA sostengono che esistono almeno 60 “prigionieri politici” nell’Isola. Però l’Agenzia stampa statunitense Associated Press (AP), non sospettabile di voler avallare le versioni del Governo cubano, riferisce che queste persone erano in carcere per reati “di violenza, anche se motivati politicamente, quali sabotaggi e sequestri di navi”.

Questi sarebbero i “detenuti politici” che rivendica il Governo spagnolo.

Se prendiamo in considerazione questi dati, i 3 detenuti di coscienza a Cuba sono un bel po’ di meno degli oltre 100 nelle carceri spagnole, condannati per la propria identificazione politica con l’indipendentismo basco, senza aver mai partecipato ad azioni violente.

Bisognerebbe anche ricordare che nel luglio 2011 moriva un detenuto nel carcere di Teruel, in Spagna, dopo uno sciopero della fame durato 5 mesi.

La sua morte non provocò denunce diplomatiche e i pochi media che ne parlarono lo fecero in modo sintetico e formale.

Lo scorso 20 dicembre moriva nel Centro d’Internamento per Stranieri (CIE) di Madrid un’immigrata congolese senza documenti, per una polmonite non diagnosticata, in quanto in quel Centro non c’era un servizio medico.

Per tutti questi fatti il Governo cubano non ha emesso alcuna nota di protesta nei confronti del Governo spagnolo.

Non sarebbe ora che cominciasse a farlo?

dal sito Cubadebate, gennaio 2012