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Ritorno al futuro : Per sopravvivere ad ogni costo Berlusconi torna alla Prima Repubblica

Publie le domenica 4 luglio 2004 par Open-Publishing

di Barbara Spinelli

SONO settimane che l’Italia politica, e in particolar modo le forze di governo sotto la guida di Berlusconi, fanno finta d’aver ascoltato il messaggio che i cittadini le hanno trasmesso alle elezioni. Nelle ultime ore è caduto Giulio Tremonti, che al ministero del Tesoro incarnava l’innovazione modernizzatrice del berlusconismo. Sono bastate poche ore notturne, tra venerdì e sabato, perché tutto crollasse, di quel che il Premier aveva messo in piedi negli ultimi dieci anni, tranne l’anomalia della sua personale ascesa politica.

Berlusconi resta al suo posto nonostante il castigo elettorale. Il suo conflitto d’interessi permane, ma il bipolarismo che egli aveva piegato ai propri interessi viene contestato dalle forze che con lui si erano alleate. Di qui la strana sensazione di imbroglio che si ha negli ultimi giorni e nelle ultime ore.

Berlusconi era ed è un’anomalia in Europa ma anche questo regolamento dei conti dentro la maggioranza, a seguito d’un voto europeo e municipale, ha pochi imitatori nel continente.

Se questo è il fine-regno di Berlusconi, è un fine-regno colmo di cose già viste, che gli italiani pensavano d’avere alle spalle: le riforme sempre annunciate, mai messe in opera, comunque ritardate, ’immobilità e lo status quo come regola aurea del vivere e soprattutto del sopravvivere politico. Per una parte non trascurabile dell’elettorato di Berlusconi il sogno era metter fine a tutto questo, ed è un sogno che sembra spezzarsi. L’ordine del giorno è: Back to the Future, avanti a marcia indietro, e al vero domani penseranno i governanti di domani.

Il partito di Fini e gli ex Dc di Follini e Buttiglione hanno voluto questo fine-regno che corrode il sogno impersonato da Berlusconi per meglio corrodere Berlusconi stesso, ed è il motivo per cui non si sa più bene con quale animo gli uni e gli altri siano vissuti sin qui nella coalizione - con quale visione della società, delle riforme, del superamento dell’inerzia economica - e come abbiano fatto tutto ciò inghiottendo ben più micidiali iniziative del Premier. I boiardi del centro-destra si difendono dall’accusa d’aver tramato congiure di palazzo, e dicono che questo in fondo è il verdetto delle urne ed è il loro più profondo convincimento. Si rifanno anche all’ultimo rapporto del Censis, secondo cui gli italiani sono oggi meno interessati alla personalizzazione estrema della politica, all’elezione diretta del premier, al litigio violento tra governo e opposizione, alla democrazia diretta, all’antipolitica.

Tutti questi desideri italiani sono verosimili oltre che salutari, ma non egualmente verosimili sono le lezioni che ne vengono tratte. Gli elettori respingono l’agitazione sterile di Berlusconi e il suo modo speciale di far incancrenire le riforme. Sono scontenti per come il bipolarismo è stato deturpato da Berlusconi.

Per Alleanza nazionale e Udc, invece, il verdetto delle urne sembra indicare non già una contraddizione ma una sola cosa: meglio un riformismo più graduale e sociale - questa l’interpretazione di Fini - piuttosto che le svolte drastiche di Tremonti. Ma per il momento si comportano come chi non tiene conto dell’elettorato ma lo sequestra, pretendendo di pensare e agire al suo posto.

Berlusconi è il primo responsabile di quest’autunno del riformismo di destra. Con l’Europa che molti vorrebbero veder nascere, comunque, questa crisi ha poco a che vedere. Non sono questi segnali di tenuta e costanza che vengono negli ultimi giorni da un Berlusconi riciclatosi - pur di rinviare l’ora della propria caduta - in cedevole personaggio da Prima Repubblica. È una vecchia Italia e una vecchia Europa, quella che il governo propone a una società cronicamente mal compresa, e ancora una volta non senza cinismo strumentalizzata.

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