Home > Storia del movimento operaio americano

Nel periodo che va dal 1861 (anno in cui la guerra civile imperversava) fino al 1955 le lotte dei lavoratori statunitensi videro momenti di fondamentale importanza storica. All’indomani dell’abolizione dello schiavismo non esistevano regole basilari per il lavoro come i limiti d’orario dei turni (che spesso duravano fino a 14 ore), l’illegalità del lavoro minorile, la possibilità di incidere sui cambiamenti salariali (i padroni decidevano unilateralmente le paghe), non erano nemmeno previste misure di sicurezza come le belle immagini di Lewis Hine documentano. Insomma il lavoro mieteva vittime e creava miseria. La forte immigrazione (28 milioni di persone entrarono negli Stati Uniti nel primo decennio del Novencento) costituiva la riserva di manodopera alla quale l’industria attingeva dopo il licenziamento del lavoratore che chiedeva condizioni migliori.
Per far fronte a tutto questo si costituirono: l’AFL, sindacato istituzionale, che poco osava pur possedendo il maggior numero di tessere, un sindacato longevo a volte centrale, spesso superato nelle pratiche e nella capacità di imporsi; il sindacato autonomo dei "wobblies" o IWW, un sindacato di sognatori di tutte le nazionalità tanto radicale nelle pratiche quanto duramente represso; il CIO, primo sindacato su base d’industria che creò i prodromi di quello che oggi definiamo contratto di categoria, questo per citare i più importanti nella vicenda. Ma al di là delle formazioni sindacali, furono i lavoratori i protagonisti delle lotte, spesso duramente represse, lotte ingegnose organizzate con mezzi scarsi. Col tempo le battaglie diedero i loro frutti, anche se con decenni di ritardo.
Parallelamente alla storia degli operai, Boyer e Morais ricordano che periodi bellici e crisi economiche erano momenti fertili per forti speculazioni, in parallelo alle lotte dei sindacati si legge della nascita delle fortune dei Rockfeller e dei Morgan (J.P.), gruppi finanziari che tutt’oggi hanno un ruolo nell’economia mondiale. Il Boyer-Morais è un libro militante, come ci ricordano Evangelisti e Maffi negli scritti introduttivi, ma questo non toglie che sia un testo di riferimento sull’argomento, soprattutto in Italia, dove queste vicende non sono molto conosciute.
Richard Boyer (1903-1973), giornalista freelance e scrittore newyorchese, è stato il maggior biografo dell’attivista John Brown, simbolo della causa antischiavista statunitense. Negli anni più cruciali per la storia politica e sindacale nordamericana, ha collaborato con il New Yorker e il Daily Worker.
Herbert Morais (1905-1970), storico americano specializzato nell’analisi del sindacalismo e delle lotte popolari per l’uguaglianza razziale e la democrazia, è autore di numerose pubblicazioni, tra cui ricordiamo: Gene Debs: The Story of a Fighting American (1934), The Struggle for American Freedom: the First Two Hundred Years.