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Partiti della sinistra e mondo del lavoro, il cotrocircuito della sconfitta elet

Publie le lunedì 7 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Partiti della sinistra e mondo del lavoro, il cotrocircuito della sconfitta elettorale

di Frida Nacinovich

Torino, manifestazione a Mirafiori Ansa. In alto foto Reuters/David Moir
L’impopolarità del governo Prodi basta a spiegare le ragioni della sconfitta elettorale di aprile? Cos’è successo nell’Italia che ha visto trionfare il centrodestra berlusconiano, che ha premiato la Lega con il 9%, che ha cancellato la sinistra dal Parlamento?

Zipponi

La sinistra è stata clamorosamente sconfitta perché lavoratori dipendenti, precari e pensionati non ci si riconoscono più. Non è più la loro comunità di riferimento. Il successo di Bossi, il trionfo del centrodestra, l’affermazione di Di Pietro parlano dell’isolamento del mondo del lavoro. La sconfitta della sinistra nasce da un’altra sconfitta: quella dei movimenti. Del movimento dei movimenti, quello operaio. Non è un caso che solo in un paio di paesi europei esista il contratto nazionale di lavoro, attaccato in Italia da Confindustria. Il movimento operaio arretra proprio mentre aumentano i lavoratori precari, subisce la frammentazione dell’impresa, la delocalizzazione, il ricatto occupazionale. I lavoratori stanno sempre peggio. Qui sta il punto di partenza per Rifondazione.

Grassi

La sconfitta della sinistra ha radici profonde, che affondano - sul piano sociale e culturale - negli anni Ottanta, agli inizi di quel ciclo lungo di rivoluzione passiva che dura tuttora. Ovunque nel mondo importanti conquiste democratiche e sociali sono state perdute. Non basta, ma è chiaro che esistono cause contingenti determinanti, prima tra tutte l’esperienza fallimentare del governo Prodi, incapace di dare risposte reali alle istanze di redistribuzione e recupero del potere dei salari. Da questo punto di vista, mi pare evidente che il conto più salato sia stato pagato proprio dalla sinistra. Siamo stati percepiti come inutili. Quella stessa insicurezza sociale alla quale noi non siamo stati in grado di dare risposte è stata magistralmente rappresentata dalla destra. Con strumenti e fini opposti, ovviamente: un pericolosissimo mix di egoismo, xenofobia, darwinismo sociale e chiusura localistica. È una sconfitta gravissima alla quale dobbiamo rispondere rilanciando le nostre ragioni e facendole vivere nella società, a partire dalla costruzione di una forte opposizione politica e sociale alle destre.

In Italia le forze di sinistra sono fuori dal Parlamento. Anche in Francia e in Spagna la sinistra arretra. L’unica nazione in controtendenza è la Germania. La sinistra ha un "problema europeo"?

Zipponi

A Torino, davanti alla Tyssen Krupp, quando Rifondazione ha fatto l’assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici abbiamo detto che la crisi della sinistra attraversa l’Europa. Abbiamo provato ad indicare obiettivi comuni. Ad esempio un contratto di lavoro europeo. Se c’è una Costituzione, una moneta, il 60% delle leggi vengono fatte dal Parlamento europeo, allora perché non può esserci un contratto comune dove si stabiliscano orari di lavoro massimi e salari minimi? Di sicuro, il contratto di lavoro dei metalmeccanici italiani è di nuovo in pericolo. La Confindustria sa che questo è il suo periodo magico, tenta di chiudere l’accordo sul sistema contrattuale prima che si apra il conflitto sociale. La sconfitta della sinistra è una sconfitta di fase, si specchia nella perdita di controllo sull’organizzazione del lavoro. La stragrande maggioranza degli accordi firmati sono di resistenza alle ristrutturazioni. I lavoratori devono tornare protagonisti, e devono trovare rappresentanza le nuove forme di subalternità. Per fare un esempio, che riguarda il lessico ma è illuminante, la destra sociale chiama "liberi professionisti" quelli che per noi sono "lavoratori dipendenti subordinati". Se non riesci a migliorare le loro condizioni di vita, va a finire che i precari preferiscono essere chiamati "liberi professionisti" che "lavoratori subordinati". La sinistra deve proporre libertà da conquistare. Con la consapevolezza che se stanno male i lavoratori prima o poi staranno male anche le grandi organizzazioni sindacali. Il governo sta preparando la campagna di autunno contro l’idea solidale e confederale della rappresentanza sociale. L’assemblea annunciata per il 23 luglio da Rinaldini sarà un momento importante se saprà chiudere la fase delle vecchie componenti in Cgil e aprirne un’altra, consegnata ai lavoratori e alle lavoratrici con l’obiettivo di portare tutta la Cgil verso una nuova piattaforma sociale, onde evitare l’accordo-suicidio proposto da Sacconi-Confindustria. Per esperienza, so che l’autonomia del sindacato supera il problema di "essere nell’angolo" quando si ha il coraggio di riconoscere la realtà. E cioè che nell’angolo già ci sono i lavoratori, così come tutti noi.

Grassi

Non c’è dubbio che le forze della sinistra di alternativa in Europa siano da tempo in difficoltà. Ciclicamente si riescono a determinare fasi di crescita, penso ad esempio alla Izquerda Unida negli anni ’90 in Spagna, o alla gauche plurielle francese o ancora, oggi, alla Linke tedesca. Ma il quadro rimane di profonda difficoltà. Nonostante alcuni elementi di controtendenza, dal no francese alla Costituzione europea alle mobilitazioni contro la direttiva Bolkestein, le fiammate di conflitto sociale che attraversano il cuore dell’Europa (Francia e Germania), la destra o una sinistra moderata in versione blairista appaiono vincenti in tutto il Continente. E questo non può che acuire la crisi di legittimità di un’istituzione, l’Unione Europea, sin dalle sue origini tesa a costruire un mercato comune, ma non una cittadinanza comune. Il caso della Linke tedesca, poi, impone qualche osservazione aggiuntiva, anche perché essa viene spesso citata come modello vincente: al di là delle grandi differenze tra Italia e Germania, quel pezzo di socialdemocrazia tedesca che ha rotto con l’Spd ha fatto propria una pratica di conflitto contro i tagli allo Stato sociale promossi dall’allora ministro socialdemocratico Hertz, ha rotto con il governo Schroeder e con lo stesso socialismo europeo. Non mi pare sia un modello facilmente sovrapponibile alle posizioni che esprime in Italia Sinistra democratica.

In tutta Europa, non solo in Italia, si lavora sempre di più. Da queste parti per giunta si guadagna anche di meno e si muore di più. L’ultimo rapporto Ocse dice che gli italiani sono sempre più stakanovisti ma guadagnano circa il 20% in meno alla media dei trenta paesi più industrializzati del mondo, e il 17% in meno dei paesi di eurolandia.

Zipponi

Un’ecatombe. Nessuno è più in grado di reagire all’uccisione dei lavoratori, una tragedia insopportabile che ha bisogno di risposte immediate. Proprio da qui la sinistra deve ripartire, dal lavoro. Al tempo stesso è necessario fare i conti con una novità storica: è nata una generazione di lavoratori poveri. Mentre i nostri genitori avevano la speranza e la possibilità di migliorare le loro condizioni di vita, il lavoro offerto oggi dal sistema impresa - che supera le quaranta ore settimanali - lascia in stato di povertà. Non sono in grado di garantire a sé e alla propria famiglia l’istruzione fino all’università, un’assistenza sanitaria adeguata, la casa. La novità del lavoratore povero dice che lo scontro a settembre e ottobre sarà sul salario, e purtroppo contemporaneo ad una nuova fase di recessione e crisi aziendali fortissime, con un attacco frontale del governo a tutti i diritti fondamentali dei lavoratori.

Grassi

Il peggioramento delle condizioni del lavoro dipendente è un fenomeno globale, così come globale è l’arretramento del peso politico del mondo del lavoro. Il combinato disposto di questi due elementi definisce il livello della sconfitta. Non penso soltanto alla direttiva europea sull’orario di lavoro o al livello dei salari. Mi viene in mente la catena di suicidi di lavoratori metalmeccanici della Renault in Francia. In Italia c’è però un dato che rende ancora più drammatica, e grave, la sconfitta del lavoro: l’arretratezza del sistema produttivo. Il governo Prodi non ha invertito questa tendenza e il taglio del cuneo fiscale, servito soltanto alle imprese per comprimere ancora di più il costo del lavoro, è il paradigma di questa scelta. Per non parlare del protocollo sul welfare, con il quale i sindacati hanno barattato impercettibili miglioramenti normativi con la conferma dell’impianto della legge 30. Ora è in corso l’ultimo e più pesante attacco: la distruzione del contratto collettivo nazionale porterebbe con sé la definitiva destrutturazione del lavoro come soggetto collettivo in grado di avanzare rivendicazioni sociali e una propria idea di società. Esiste solo uno strumento per bloccare questo processo: la rimessa in campo del conflitto sociale. Spero che il più grande sindacato italiano sia in grado di rimettersi in gioco con forza e credo che l’iniziativa organizzata dalla sinistra sindacale il 23 luglio possa stimolare il risveglio dal lungo sonno. Opposizione e conflitto sociale: la sinistra non può che ripartire da lì.

Ci sono quattro partiti di sinistra che alle ultime elezioni si sono presentati sotto un unico simbolo. Altri due - il Partito comunista dei lavoratori e la Sinistra critica - hanno corso in solitaria. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Che fare?

Zipponi

La crisi della politica parla alla nostra crisi. Se fosse solo un problema di gruppo dirigente, di conta nel congresso, di mozioni, dormirei sogni tranquillissimi. Quello che non fa dormire sogni tranquilli è l’obiettivo palpabile della classe imprenditoriale di liquidare l’alterità ai valori dell’impresa. La sinistra deve riorganizzi, al più presto. Non può presentarsi con quattro partiti in Italia, tre in Francia, molti altri sparsi per l’Europa. Penso a un processo costituente che non chieda di rinunciare alla propria identità. Piuttosto siamo tutti chiamati a dire se il mondo del lavoro merita una grande forza di sinistra. Una forza in grado di fare opposizione alla destra, governare i processi di trasformazione, aprire la questione salariale. Una sinistra che considera il conflitto un punto dirimente per ristabilire rapporti di forza dignitosi con chi ha vinto. E oggi ha vinto il capitale. Il conflitto capitale lavoro è un punto ineliminabile della nostra storia. Il lavoro deve aver voce, dignità e rispetto. Per diventare imprenditore basta una settimana di pratiche, per essere un buon operaio occorrono tre anni di apprendistato, per un buon insegnante, un infermiere o un medico molti di più. Eppure non conti niente, ti pagano una miseria. Manca il riconoscimento sociale per chi ha faticato e fatica. Valori diversi da quelli dell’impresa per una forza di sinistra sono la benzina. Su questo il congresso di Rifondazione è chiamato a fare uno scatto che ancora manca. Si corre il rischio di perdere di vista l’avversario di classe con un danno enorme a Rifondazione e a qualsiasi progetto di ricomposizione a sinistra. Tutti abbiamo il dovere di fermarci prima di percorrere l’ultimo metro verso il baratro.

Grassi

Purtroppo ad essere sotto gli occhi di tutti non è soltanto il risultato poco gratificante delle due liste che hanno corso in solitaria, ma anche - anzi: soprattutto - il clamoroso insuccesso della lista Arcobaleno. Una coalizione di forze che è stata percepita dall’elettorato in tutta la sua inconsistenza politica e programmatica. Bisogna ripartire necessariamente da presupposti diversi. Il primo: non c’è futuro della sinistra senza il rilancio del nostro partito, che in tutti questi anni è stato l’argine più consistente allo sfondamento della destra. Mussi ha detto esplicitamente che la costituente significa per Sd lavorare ad un nuovo partito. Capisco e rispetto questo progetto, ma noi un partito lo abbiamo già. Oltre a ciò, faccio notare che una tale proposta, preso atto di quali sono oggi i soggetti disponibili, produrrebbe uno spostamento a destra dell’asse politico della sinistra. Che garanzie darebbe un soggetto politico di quel tipo in termini di autonomia dal Partito democratico? Detto questo, so anch’io che il partito è in difficoltà. Ma il nostro non è un partito virtuale o di ceto politico, pur in difficoltà è il cuore pulsante della sinistra di alternativa, certo deve essere rilanciato sul piano organizzativo e dell’iniziativa politica. In secondo luogo serve aprire il Prc - proprio perché ciò che ho descritto non è sufficiente - alla società e a quella che viene definita la sinistra diffusa, costruendo ovunque, in ogni territorio, luoghi di ricerca, confronto, iniziativa politica, che noi chiamiamo "case della sinistra". Bisogna unire la sinistra nelle vertenze e nelle lotte quotidiane, non nel cielo dell’ingegneria politica. E poi serve un’ultima cosa, forse la più urgente. Senza che nessuno si sciolga ci si unisca tutti (partiti, movimenti, forze sociali e di lotta della sinistra alternativa) in un coordinamento che non perda altro tempo e faccia, da subito, opposizione sociale e politica al governo delle destre.

su Liberazione del 05/07/2008