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Autunno, non solo un cambio di stagione

Publie le giovedì 11 settembre 2008 par Open-Publishing

Autunno, non solo un cambio di stagione

di Alberto Burgio

«La mia impressione è che oggi il paese sia senza una guida». Sarà stato il cieco furore nei confronti di Arturo Parisi, avrà pesato la rabbia verso il Cavaliere seduttore e maramaldo, sta di fatto che tesi più bizzarra Walter Veltroni non avrebbe potuto escogitare nel proprio intervento alla Festa nazionale del Partito democratico a Firenze.

Lo scenario del governo

Senza un guida? Un meticoloso elenco sarebbe stucchevole, ma qualche accenno non guasterà. Pacchetto sicurezza; lodo Alfano; grandi manovre su federalismo fiscale, giustizia e legge elettorale per le europee. Abolizione dell’Ici anche per i redditi oltre i 50 mila euro; vandalizzazione della scuola pubblica; progetti di privatizzazione dell’università. Strangolamento della stampa libera; spezzatino Alitalia; guerra al referendum Dal Molin. Occultamento del disastro-rifiuti in Campania; smantellamento della normativa sulla sicurezza del lavoro (con pronto licenziamento di chi osa denunciarne la violazione); campagna contro gli impiegati «fannulloni» e contro il contratto collettivo nazionale. Serve altro? Si può giocare finché si vuole con le parole, ma dire che il governo non guida il paese è un po’ come sostenere che salvando le banche d’affari coinvolte nella nuova «Grande crisi» Bush onora i cardini ideologici del liberismo.
La verità è che la destra italiana (governo e padronato) è impegnata a realizzare, sui terreni che contano ai fini del controllo sociale, della tutela degli interessi di classe e della costruzione del sistema egemonico, una possente trasformazione regressiva che in altri tempi avremmo considerato una «rivoluzione conservatrice». Questo scenario va tenuto ben presente quando le cronache registrano il moltiplicarsi delle gesta squadriste di una teppa neofascista troppo a lungo sottovalutata e che oggi percepisce un clima propizio di impunità e di complicità istituzionale (La Russa docet ).

Soprattutto, è urgente capire che è in campo un organico disegno reazionario, simile a quello prefigurato nel Piano di rinascita democratica di Licio Gelli (l’appartenenza di Silvio Berlusconi e di Fabrizio Cicchitto alla P2 non è affatto un banale incidente della storia) e in piena sintonia con le tendenze prevalenti in tutti i paesi «avanzati», scossi da un terremoto economico-finanziario di cui nessuno oggi è in grado di prevedere le conseguenze sociali, politiche e persino militari. Detto questo (e tacciamo, per carità di patria, sulle gravi responsabilità della mancata opposizione del Partito democratico in questi primi cento giorni di legislatura), non ci si può fermare alla descrizione dello stato di cose presente. Una prima riflessione imposta dal calendario (quest’anno la ripresa autunnale sarà con ogni probabilità qualcosa di più di un semplice cambio di stagione) deve necessariamente individuare alcuni obiettivi prioritari e gli strumenti più utili a conseguirli. Non c’è, d’altra parte, granché da inventare.

Sotto l’effetto della crisi

In un paese che paga salari tra i più bassi d’Europa, nel quale i generi alimentari crescono di quasi il 10 per cento l’anno e le tariffe di oltre il 40 per cento, nessuno può meravigliarsi se la gente si indebita in misura crescente (qualche giorno fa Gianni Rinaldini ha fornito dati allarmanti sull’incidenza dell’indebitamento sul salario operaio) e se i sondaggi collocano al primo posto tra le preoccupazioni dei nostri concittadini la paura della povertà, seguita a ruota dalle «tradizionali» ansie da precarietà e disoccupazione. Tradotto in pratica, ciò suggerisce alle forze politiche della sinistra alcuni obiettivi sui quali sarebbe ragionevole concentrare finalmente le proprie energie. Due, tanto per cominciare: una nuova scala mobile (dopo che, anche grazie all’abolizione di quella in vigore sino al 1992, si è verificato il trasferimento di circa quarantacinque miliardi di euro dal monte salari ai redditi da capitale). E la restituzione strutturale del fiscal drag (che ogni anno procura a ciascun lavoratore una perdita media di centoquaranta euro).

Senza con ciò dimenticare la necessità di dare il massimo sostegno alla battaglia che una parte del sindacato combatte in difesa dei contratti collettivi nazionali, dove la posta in gioco - oltre a salario, condizioni di lavoro e sicurezza - è la funzione stessa delle organizzazioni sindacali quali autonome controparti del padronato. Sono obiettivi alla nostra portata ma indubbiamente ambiziosi, per valore simbolico e natura «sistemica». Ne segue una precisa indicazione sui criteri che debbono guidare ogni iniziativa. Dopo tanto discutere (e dividersi) sul tema dell’unità a sinistra, la ripresa autunnale è il banco di prova di ogni proclamata intenzione unitaria. D’altra parte, in un momento così difficile per la tutta sinistra e con una destra così forte e aggressiva, sarebbe un errore fatale non cercare le forme possibili dell’unità, coniugando l’autonomia dei soggetti con una comune pratica degli obiettivi. Le divisioni non vanno ignorate né demonizzate.

Vanno tuttavia declinate al positivo, come potenziale ricchezza e come base di confronto. Non devono far perdere di vista l’obiettivo dell’unità d’azione di tutta la sinistra di alternativa, che resta, con l’autonomia di ciascuna organizzazione, una condizione necessaria per un’iniziativa efficace, in grado di restituire alla sinistra politica il credito dilapidato in tanti anni di distacco dal conflitto di classe, non soltanto nel corso dell’ultima legislatura. Dalla riuscita di una mobilitazione realmente unitaria della sinistra dipenderà la temperatura dell’autunno ormai incipiente.