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Fausto Bertinotti : giovedi sera 14 aprile al Zénith, Paris, 6000 persone...

Publie le martedì 19 aprile 2005 par Open-Publishing

Dazibao Europa Referendum Partito della Rifondazione Comunista Parigi

di Fausto Bertinotti

Care compagne e cari compagne,

il voto francese assume ogni giorno che passa un’importanza sempre più grande per l’Europa, per i lavoratori, per tutti coloro che pensano che l’Europa sia necessaria ma che per essere necessaria a noi deve essere completamente diversa da quella che è oggi. Se i no vinceranno si aprirà un vero processo costituente. Dobbiamo dire si apre e non si riapre perché quello che ha portato al tratto costituzionale europeo non lo è stato affatto.

Non lo è stato affatto perché senza popolo e senza popolo non c’è costituzione né processo costituente. Il popolo può finalmente riprendere la parola e il popolo francese può avere l’ambizione di prendere la parola a nome di tutti i popoli europei. Il popolo francese dalla grande tradizione democratica può riaffermarla dicendo no a un trattato costituzionale che ha purtroppo tradito l’ambizione che era necessario vivesse in Europa.

Se il popolo è il primo protagonista del referendum francese, la sinistra e più precisamente la sinistra europea è il secondo protagonista. Il referendum in Francia può mettere in luce quanto sia matura la possibilità concreta di un cambiamento in Europa, di un cambio. La crisi della destra è ormai evidente e la crisi della destra è la manifestazione a livello della politica di una crisi più profonda, di una crisi e di un fallimento: la crisi e il fallimento delle politiche neoliberiste. Le elezioni hanno reso palese, manifesto la perdita di consenso dei governi di destra. Le destre perdono dovunque, in tutte le elezioni, parziali, territoriali, nazionali, perdono in Francia, in Spagna, in Portogallo.

Nei giorni scorsi hanno perso in Italia in una contesa molto significativa, perché il governo di Berlusconi è stato l’organizzazione più dura, più organica del tentativo della grande rivincita di classe operata dalle politiche neoliberiste e delle destre. Una collocazione organica a favore dell’amministrazione Bush e della guerra preventiva, una collocazione organica di politiche neoliberiste e populiste che hanno attaccato a fondo le grandi conquiste del movimento operaio. Una politica organica a livello delle controriforme istituzionali per amputare i canali democratici e impedire che le domande di difesa degli interessi popolari e di democrazia arrivassero nei luoghi di decisione strategica invece sempre più desertificati da ogni presenza di interessi di massa.

Ma le elezioni segnano la fine di un’era: la fine dell’era berlusconiana e possono essere indicative di quanto radicale sia il bisogno di cambiamento. Un bisogno che i movimenti e le sinistre europee possono interpretare. Quando abbiamo cominciato questa battaglia contro il trattato costituzionale europeo, abbiamo compiuto l’impresa insieme di far nascere il Partito della Sinistra europea, che infatti si può dire faccia la sua prima grande prova proprio contro questo trattato. Il Partito della Sinistra europea è stato l’unico partito in Europa a pronunciarsi unanimemente in tutte le sue espressioni nazionali e complessivamente come partito contro questo trattato.

E lo ha fatto non in nome di una battaglia di retroguardia ma precisamente in nome di un’altra Europa, quell’Europa che la ripresa dei conflitti sociali, che i movimenti, che il grande movimento per la pace ha messo obiettivamente all’ordine del giorno. Questa nostra ispirazione oggi incontra una conferma importante. La conferma della nascita di una sinistra europea, di un europeismo di sinistra.

Nasce concretamente nelle lotte sociali, si è espressa recentemente nella manifestazione di Bruxelles contro la direttiva Bolkestein e ha incontrato sulla sua strada grandi organizzazioni sociali e movimenti, le organizzazioni sindacali europee, dei diversi partiti europei, la presenza organizzata dei movimenti di critica alla globalizzazione, la presenza di significative espressioni del movimento per la pace. Contro la direttiva Bolkestein in realtà espressione fisica della stessa ispirazione del trattato costituzionale europeo.

Il no alla Bolkestein e il no al trattato costituzionale configurano una sinistra europea e la possibilità di fare una battaglia vincente. Una battaglia vincente anche in nome di quei diritti che il trattato dimentica o cancella. Questi diritti dei lavoratori, dei migranti, dei giovani, delle donne nel trattato costituzionale europeo vengono messi sotto il mercato, sotto la concorrenza. Il sovrano non sono i diritti dei popoli, dei cittadini, dei lavoratori, il sovrano è invece il mercato e la concorrenza. L’Europa verrebbe unificata sotto una nuova dittatura, quella del mercato ed è anche per questa ragione che la nostra opposizione nel 60esimo anniversario della liberazione può raccogliere la grande speranza che nacque quando i popoli europei sconfissero il nazifascismo e pensarono a un’altra Europa.

Oggi questa Europa può prendere corpo e può prendere corpo se viene sconfitto questo trattato e si apre la strada alla costruzione di un’altra Europa, un’Europa di pace, un’Europa senza esercito, un’Europa che contribuisce a mettere fine alla guerra. Al contrario nel trattato costituzionale l’Europa si comporta come le tre scimmiette - non vede, non sente, e non parla - e non si accorge che il suo ruolo sarebbe quello di essere l’impedimento principale alla spirale tra guerra e terrorismo, anche perché qui, in questo Mediterraneo dove un popolo come quello palestinese aspetta ancora di avere uno stato da far vivere accanto allo stato israeliano, l’Europa avrebbe davvero un grande compito: il compito di individuare una prospettiva storica.

Una prospettiva storica di un’Europa autonoma e indipendente, in primo luogo indipendente dagli Stati Uniti d’America e capace quindi di contrastarne la logica imperiale per poter riaprire una cooperazione internazionale tra nord e sud del mondo che potrebbe avere il suo banco di prova qui nel Mediterraneo. La costituzione italiana prevede in un suo articolo il ripudio della guerra. Vorremmo che il nostro contributo aiutasse a che la costruzione europea muovesse in questa direzione. Ma per farlo appunto bisogna che il trattato costituzionale venga sconfitto. La Francia si trova qui in un punto decisivo.

Il referendum può mettere fine al tentativo ambizioso delle classi dirigenti di costruire una stabile egemonia del mercato a scapito delle popolazioni. Le popolazioni hanno così vissuto in questi anni le conseguenze di questa politica che è la precarietà. La precarietà ha invaso la nostra vita, il nostro lavoro, il nostro studio, e ci ha rubato il futuro. Le nuove generazioni in particolare sono quelle che più vengono colpite dagli effetti della politica neoliberista.

Las precarietà è il monumento, la traccia quotidiana che le politiche neoliberiste lasciano nella vita di ognuno. Il no al trattato costituzionale è il no a questa Europa in nome di un’altra Europa, quest’altra Europa di pace potrebbe avere scritto sulle sue bandiere “territorio deprecarizzato”, territorio dove i diritti dei lavoratori, dei giovani e delle donne, dei migranti, costituiscono il fondamento di un’altra Europa.

http://bellaciao.org/it/article.php3?id_article=8334