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Confessioni di un pagatore di tasse, ovvero: gli ultimi "coglioni"...
Publie le domenica 3 dicembre 2006 par Open-PublishingDazibao Partiti tenebrio molitor
di tenebrio molitor
Ebbene, confesso. E a chi altri confessare se non a lui, al prototipo del guastatore reticente, dello spacciatore di falsità le più autentiche, del ribaltatore di qualsiasi verità a mezzo verità contraffatte? Solo al Berluscone (che va declinato al singolare per scongiurarne proliferazioni esiziali) può essere confidata la vergogna di cui cinquanta milioni di liberi cittadini si sono infine emendati, e che ancora grava unicamente su tre o quattro irriducibili!
Ebbene, confessiamo: siamo i superstiti pagatori di tasse, quelli che nelle tasse credono come mezzo di libertà per i più deboli, di solidarietà verticale da chi più ha a chi ha meno attraverso la perequazione fiscale. Siamo quelli a cui pagare le tasse fa piacere perché alla collettività (e dunque allo Stato) bisogna dare, prima che pretendere di avere. E ci piacerebbe di più se a pagarle fossero tutti, e i ricchi più dei poveri, e se gli evasori fossero puniti dalla legge ma soprattutto deprecati e condannati dalla società tutta.
Insomma, signor Berluscone, siamo quelli che lei suole definire “coglioni”, e che misurano la vita, lo Stato e la comunità di cui fan parte non solamente in funzione di una lira in più o in meno di pressione tributaria. A lei diamo atto di essere stato capace di ridurre la politica, il consenso, la democrazia alla mera dimensione pecuniaria, a pochi spiccioli di provenienza ignota, estendendo all’universo mondo la sua visione di esso. Nel suo ideale di società non hanno spazio la fratellanza, il rispetto per i deboli, la cultura, la bellezza, l’arte, la speranza, il sogno, la natura: la sua società è appunto “sua”, improntata all’egoismo individuale o tutt’al più familiare, e per di più a un egoismo puntato verso il solo portafogli (il suo, naturalmente). Lei ha capovolto la parola più importante, “LIBERTA’”, ne ha fatto ostaggio dei suoi interessi meschini: la libertà per lei è libertà di arricchire e nient’altro!
Noi, da impenitenti coglioni, pensiamo ancora invece che la nostra libertà passi attraverso quella degli altri, di tutti, e che nessuno mai sarà libero realmente finché perdurerà la sofferenza anche di un solo essere umano. Un milione, due milioni di “liberi cittadini” lei è riuscito a coinvolgere nella sua marcia su Roma prezzolata, ma certamente sono molti di più quelli che condividono il suo assunto: pagare le tasse è il peggiore dei mali, evaderle è moralmente lecito e imprenditorialmente doveroso, se i soldi sono la misura di tutto allora è obbligatorio (verso se stessi, i propri figli, l’assetto della società costituita) FARLI, farli con qualunque mezzo e a discapito di qualunque altro bene!
Lei attesta il fallimento del più nobile dei principi, quello democratico: se la maggioranza è (come è di certo) simile a lei, se si rispecchia nei suoi valori o in quelli che lei riesce a contrabbandare per valori, allora è democraticamente ineccepibile che sia lei a reggere le sorti dello Stato. Povero Stato, si dirà, ma non è vero: povera società, semmai, povera gente, anzi gente povera, poverissima di spirito, di lungimiranza, di intelletto. Povera d’AMORE, ci sentiremmo di aggiungere, nutrita com’è di livore e d’odio verso chi le toglie (non importa perché) anche un solo quattrino!
Che comunità è mai quella il cui premier testualmente pontifica che “è giusto non pagare le imposte”? E che fa finta di non sentire, anzi gli dà ragione, anzi se lo riprenderebbe come capo? Il vuoto è intorno a noi, disperatamente, assurdamente vincitore di qualsiasi resistenza umana... Per anni abbiamo finto che la televisione fingesse di rappresentare il reale, invece essa E’ il reale, molto di più dell’esistenza quotidiana. Abbiamo finto che il suo fosse un partito politico, che il suo potere fosse legittimato dal voto, abbiamo finto addirittura che i fascisti non fossero più tali!
La realtà la presentivamo, anzi la sentivamo come sostrato di base di un corpo sociale malato, deprivato dell’essere a beneficio dell’avere, della sostanza a vantaggio della forma, della moralità a favore del denaro: ora c’è da pagare il pegno per averla scientemente trascurata. In politica ci siamo piegati al suo truce imperativo: VINCERE!, come si urlava a comando nel ventennio, e pur di vincere ci siamo intruppati in un’accozzaglia impossibile, appresso a un leader incerto.
E ora (i pochi coglioni che siamo) siamo rimasti da soli a difenderne le scelte: nonostante le titubanze sulla pace, nonostante i tagli alla ricerca e alla scuola, nonostante la precarietà riaffermata e le minacce al benessere sociale. Nonostante, cioè, che per salvaguardare assai più del giusto gli interessi padronali, si siano dovuti intaccare assai più del giusto i già intaccati interessi dei lavoratori dipendenti (quelli veri, non gli amministratori d’azienda) e dei soggetti deboli.
Ma tant’è: seguitiamo a vederli sfilare inneggiando a lei e alla libertà (quanti sono? un milione, due milioni, cento...?) e pur tuttavia seguitiamo a pensare di aver ragione noi, e che ognuno di quei cento milioni sia un potenziale evasore, un possibile traffichino disposto all’imbroglio e al raggiro della legge, un latitante della coscienza civile, un immaturo sociale, in una sola parola un EGOISTA che non vede al di là del suo orticello e del suo tempo. E’ il modello antropologico trionfante, quello di un homo sapiens la cui sola sapienza è l’ottusa ossessione del possesso e dell’indifferenza per gli altri.
Lei, Berluscone, con la sua compagnia di giro, ha fatto un deserto e l’ha chiamato popolo, uno sterminio e l’ha chiamato progresso, un inferno e l’ha chiamato civiltà. Ma certamente lei non è il demonio, quanto l’incarnazione di un preesistente atteggiamento culturale che va dritto allo scopo (privato) costi quel che costi (agli altri!): esisteva già prima di lei, nel craxismo, nell’intrallazzo di democristiano brevetto, a lei il merito di averlo limpidamente disvelato e difeso.
In quello che era il “suo” mondo, Berluscone, per il denaro si poteva fare tutto; ora che è diventato il “nostro” mondo, lei ha fatto e fa di tutto: dall’assassinio (autentico) della giustizia e della politica, all’assassinio (metaforico) del lavoro e dei lavoratori. “Uccidete la democrazia” strilla Deraglio, ed è senz’altro vero: il dramma è che la vittima appare consenziente...