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Quella di Cofferati è un’operazione sociale iniqua e reazionaria che non può essere tollerata

Publie le giovedì 3 novembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Discriminazione Governi Partito della Rifondazione Comunista Parigi

Bologna laboratorio per un nuovo "riformismo di governo"?

di Roberto Sconciaforni*

Il primo elemento che colpisce, nella discussione apertasi da mesi a Bologna sulla legalità, è la proiezione distorta delle diverse posizioni che viene offerta dagli organi di stampa e televisivi.

Sembra, infatti, che da una parte vi sia il sindaco Cofferati difensore della legalità e dall’altra chi sostiene uno stato di illegalità. In realtà, va chiarito subito che è inconcepibile affrontare una discussione sulla legalità in termini del tutto astratti o ideologici, senza tenere conto del contesto in cui si svolgono i fatti. Così, il blocco autostradale compiuto nell’ambito di una manifestazione operaia contro i licenziamenti o il blocco dei treni carichi di armi avvenuto durante manifestazioni pacifiste non possono essere affrontati (almeno da chi si ritiene di sinistra) con il codice penale in mano, come un qualsiasi reato; vanno invece letti come forme di lotta sociale e politica che, in quanto tali, necessitano di ben altro approccio.

Se la sinistra non è capace o, peggio, non ritiene più necessario questo tipo di distinzione allora anche per la sinistra la legalità diventa uno strumento da brandire contro i soggetti più deboli e in nome del rispetto della legge si vestono i panni di una finta imparzialità tesa in realtà a ratificare spaventose ingiustizie e disuguaglianze.

Come non leggere in questo modo la campagna contro i lavavetri o gli sgomberi sul Lungoreno avvenuti a Bologna? Stiamo parlando di centinaia di lavoratori migranti, in gran parte muratori, costretti alla clandestinità da una legge funzionale agli interessi padronali e sfruttati in nero da imprenditori bolognesi nei cantieri dove si costruiscono le nostre case e le nostre strade.

In nome della legalità, le uniche offerte che sono giunte a questi lavoratori da parte della pubblica amministrazione sono state ruspe e Cpt.

Un’operazione sociale iniqua e reazionaria che non può essere tollerata. Sia chiaro: Rifondazione Comunista non si sogna di difendere le baracche, perché lì nessun essere umano dovrebbe vivere; tuttavia, se non viene offerta una soluzione abitativa dignitosa a coloro i quali sono stati fatti sgomberare si compie soltanto un’ingiustizia.

Se il nostro paese e le nostre città ricevono indubbi vantaggi dai processi migratori, come ci conferma l’ultimo rapporto della Caritas, diventa allora urgente e necessario realizzare politiche di reale accoglienza.

Inoltre, da chi invoca la legalità come strumento per difendere i più deboli, ci si aspetta non sgomberi ma, ad esempio, provvedimenti tesi a contrastare quegli imprenditori che sfruttano il lavoro nero o che non rispettano la legge 626 contro gli infortuni (entrambi fenomeni in crescita nella nostra città), o misure contro il caro-affitti legato ad un mercato nero nel settore immobiliare che colpisce soprattutto studenti e lavoratori fuori sede.

Cofferati rivendica un forte consenso rispetto alle scelte che sta compiendo in nome della legalità. A parte l’indubbio appoggio ricevuto dalla Bologna bene e moderata, una riflessione più approfondita merita il suo rapporto con le classi popolari e lavoratrici. Una recente indagine compiuta sul nostro territorio dimostra che la sicurezza sociale e le difficoltà economiche sono le principale preoccupazioni dei cittadini bolognesi.

Ormai da anni assistiamo, anche nella nostra città, ad un peggioramento delle condizioni materiali di vita, soprattutto di lavoratori e pensionati, come conseguenza delle politiche liberiste imperanti. Aumentano i poveri, diminuiscono i servizi sociali e la stragrande maggioranza delle nuove assunzioni è con contratti atipici. Da questa precarietà quotidiana e da questa incertezza per il futuro prende corpo, in primo luogo nelle fasce disagiate, marginali, precarie, un crescente senso di insicurezza che facilmente può tradursi anche in sofferenza e ostilità verso i migranti, percepiti come minaccia e come fattore ulteriormente precarizzante della propria esistenza.

Un’amministrazione di sinistra o progressista dovrebbe rispondere a questa situazione attraverso provvedimenti di solidarietà e redistribuzione sociale che garantiscano prioritariamente le istanze delle classi lavoratrici e popolari; non certo colpendo i più deboli e i più ricattabili, offrendoli su un piatto d’argento come capro espiatorio di tutti i problemi e relegando in un angolo valori come l’accoglienza, la giustizia sociale e la multiculturalità.

E’ a partire da queste considerazioni che va letta la proiezione nazionale assunta dalla vicenda Cofferati. E’ evidente che sempre più spesso settori del centrosinistra, una volta al governo, assumono posizioni politiche, sociali, culturali subalterne ai dettami liberisti. Vi è, con ciò, il tentativo di esponenti dell’Ulivo di accreditarsi come i nuovi riferimenti politici per quei poteri forti che non riconoscono più nel centrodestra un affidabile interlocutore.

Mi chiedo allora: come non vedere nel tipo di approccio che il sindaco di Bologna ha voluto dare al tema legalità (l’ultima crociata prende di mira un centro sociale) il tentativo di accreditarsi come portabandiera di un nuovo modello di "riformismo di governo"? Un modello che vuole liberarsi del retaggio socialdemocratico, asseconda le spinte di intolleranza e che trova consensi tra i poteri forti del Paese e della città, come dimostrano i plateali apprezzamenti a Cofferati da parte del presidente di Confindustria Montezemolo e del presidente dell’Associazione dei Commercianti Filetti. Un modello che costruisce sponde politiche e raccoglie il plauso dei settori più moderati del centrodestra, come Casini e l’Udc.

Penso che questi passaggi vadano tenuti in seria considerazione e che sia compito del Partito porre al centro della discussione pubblica, come abbiamo fatto negli ultimi mesi, quelli che oggettivamente sono i problemi più gravi ed urgenti della città di Bologna.

Penso alle centinaia di lavoratrici e lavoratori che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro all’interno di fabbriche in crisi, alle centinaia di cittadini che rivendicano il diritto alla casa, alle migliaia di studenti che reclamano il rilancio della scuola pubblica, alla tutela e all’ampliamento degli spazi giovanili di aggregazione.

Queste sono le priorità, questa è la base del nostro agire. Insieme alle tante forze sociali, politiche e sindacali che condividono il nostro percorso.

*capogruppo Prc Comune di Bologna