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SPIONAGGIO TELECOM, ATTENTATO ALLA DEMOCRAZIA

Publie le giovedì 21 settembre 2006 par Open-Publishing
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Patto di ferro con i Servizi segreti: in 344 pagine spaccato di un Paese sotto controllo

I verbali dei magistrati di Milano: da Geronzi a Benetton migliaia di ascolti illegali

Operai, politici e banchieri
nella rete del grande spione

di WALTER GALBIATI e CRISTINA ZAGARIA

MILANO - Un grande orecchio, segreto, illegale potentissimo per anni ha spiato tutti, dall’operaio al vip della finanza, dal politico alla soubrette dello spettacolo. Un ristretto gruppo di potere, una organizzazione piramidale al cui vertice ci sono l’ex responsabile della Security Telecom, Giuliano Tavaroli, il titolare dell’agenzia d’investigazioni Polis d’Istinto, Emanuele Cipriani, e l’attuale manager Pirelli Pierguido Iezzi. Anche se al di sopra di loro, secondo gli investigatori, potrebbe esserci un mandante "eccellente". Per il giudice, Tavaroli, che pur ha "ampio potere di spesa e di decisione", e gli altri indagati non avrebbero compiuto indagini solo per interesse personale, ma anche per conto di una destinatario "posto al di sopra di Tavaroli". Del resto, aggiunge il giudice il sistema "aveva come presupposto fondamentale l’esistenza di una consistente, per non dire enorme disponibilità di denaro proveniente da Telecom e Pirelli", società ai danni delle quali gli indagati per anni hanno messo in atto "un elegante drenaggio di risorse economiche". Soldi che finivano in "indagini parallele", "fondi neri - secondo i magistrati Nicola Piacente, Fabio Napoleone e Stefano Civardi - destinati al pagamento di attività corruttive", e "opache collaborazioni". Così gli "spioni" grazie alla disponibilità di milioni di euro, intercettazioni telefoniche, pedinamenti, sistemi di videosorveglianza e software, per quasi dieci anni, dal 1997 a oggi hanno creato un immenso archivio segreto in cui schedavano i propri dipendenti, i possibili concorrenti e avversari, persone influenti da "tenere eventualmente in pugno".

I DIPENDENTI SCHEDATI
Nelle 344 pagine dell’ordinanza, firmata dal gip Paola Belsito, viene svelato un grande archivio segreto creato negli anni degli "infedeli": i manager della sicurezza Telecom e Pirelli. I primi ad essere spiati e controllati sono proprio i dipendenti delle due aziende. "Su espresso incarico della sicurezza Pirelli, sotto il nome di "Operazione Filtro" (costata 2.343.081 euro) nel 2000, nonché della sicurezza Telecom, sotto il nome di "Operazione Scanning" (409.471 euro) nel 2004, Emanuele Cipriani dava mandato a Fabio Bresciani (poliziotto a Firenze) di controllare al terminale Sdi delle forze dell’ordine i precedenti di polizia del personale che sarebbe stato assunto". C’era poi chi lavorava all’ufficio delle Entrate di Firenze che completava i dossier con "accessi abusivi al sistema dell’anagrafe tributaria" e chi spulciava gli archivi bancari. Il giudice usa toni duri, parla di violazione dello Statuto dei lavoratori e di "una vera e propria schedatura", operazioni che ricordano tristemente quella del lontano agosto 1971, scoperta a Torino ai danni della Fiat e che portò a una colossale attività di schedatura".

TAVAROLI E TRONCHETTI
L’uomo chiave dell’inchiesta è Giuliano Tavaroli 46 anni. L’ex- capo della security di Telecom "godeva di ampia autonomia" all’interno del settore security di Telecom e "non dettagliava le attività compiute tanto nel contenuto quanto nelle dimensioni, agiva con grande frequenza mediante operazioni fuori sistema, e non riferiva sostanzialmente a nessuno, se non al Presidente". Un uomo vicino a Telecom e considerato un esperto del settore, ascoltato dalla procura il 3 maggio 2005, dopo i sequestri effettuati a Telecom e Pirelli dai pm milanesi , spiega di "aver effettuato una verifica sul sistema di controllo interno nell’ambito di Security, ma di essersi in questo caso dovuto limitare ad una verifica "soft"... a causa della delicatezza della materia trattata da Tavaroli... una verifica soft, giacché Tavaroli deve riferire direttamente al Presidente".

L’INTOCCABILE
Tavaroli sembra essere un intoccabile, in grado di poter mantenere quel "potere non di modesta rilevanza che aveva sapientemente costruito negli anni". Risulta dagli atti "che per un certo periodo, anche dopo il suo allontanamento dalla dirigenza del settore Security, egli abbia mantenuto un ruolo attivo in Telecom, operando in particolare dalla Romania. La "scalata" di Tavaroli parte nel luglio del 2001 quando, in seguito al ritrovamento di una microspia fasulla nell’auto in uso all’allora amministratore delegato di Telecom, Enrico Bondi, furono costretti a lasciare i loro incarichi Vittoria Nola, fino a quel momento segretario generale di Telecom e Piero Gallina, che aveva già ricoperto il ruolo di responsabile della Security. Ciò comportò l’"azzeramento dei vertici della security di Telecom" e "un’organizzazione che vede concentrato nelle mani di Tavaroli un potere enorme" tra l’altro in relazione ad un "settore strategico quale quello dei rapporti con le autorità giudiziarie in materia di intercettazioni telefoniche". Un potere che porterà alla distruzione di tutta la "documentazione sugli incarichi conferiti a degli esterni".

L’E-MAIL DELLA PRESIDENZA
Una mail ricevuta direttamente dalla presidenza Telecom. Che mette in moto prima Tavaroli e poi la sua rete di 007. È Cipriani a parlarne nell’interrogatorio del 4 maggio: "Per quanto riguarda l’operazione Garden e l’operazione Little Country così come la pratica Maggia aperta da Polis, si riferiscono a una richiesta fattami da Tavaroli e relativa a una e-mail ricevuta dalla presidenza Telecom ed il cui contenuto appariva minaccioso o poco ortodosso". L’inchiesta è molto delicata. "Tavaroli - continua Cipriani - mi ha dato nominativi di persone fisiche o giuridiche da sviluppare e ricordo di aver fatto tutta una serie di accertamenti nel Principato di Monaco su persone che facevano parte di banche". Ma la richiesta non finisce qui. "Ricordo anche di una operazione fatta a Torino nell’estate del 2003 nel corso di un incontro che Tavaroli aveva organizzato presso un ristorante a Torino ed a cui dovevano partecipare le persone coinvolte nella vicenda". Solo per quest’ultima missione, Cipriani dice di ricevere la bellezza di 340mila sterline.

IL TARIFFARIO DELLE SPIE
Un prezziario. Come nelle migliori banche dati informatiche, anche la Polis d’Istinto aveva una tariffa per ogni informazione. A ricostruirlo è sempre Cipriani che nell’interrogatorio del 30 marzo, svela fonti e prezzi. Una sigla "Bct" significa voler saper tutto sui conti bancari di uno spiato. "Meroni forniva tali informazioni al prezzo circa di un milione di lire ad accertamento fino al 2003". Poi scatta l’adeguamento in euro. "Negli ultimi anni la cifra corrisposta era superiore ed ammontava, se non ricordo male, a 1.500 euro. Giorgio Serrelli, invece, ex appartenente alla Guardia di Finanza, forniva dati dell’anagrafe tributaria. Ogni interrogazione costava 20 euro. Un po’ più costose erano i "precedenti di Polizia". Per 30 o 50 euro il dipendente della Polizia di Stato, Fabio Bresciani, forniva non solo precedenti, ma anche pernottamenti in alberghi e targhe di auto posseduto dagli indagati. La copertura dei precedenti penali era garantita da Giovanni Nuzzi, ex sottoufficiale dei Carabinieri, che si accontentava di 15-20 euro a ricerca. Molto più costosi, invece, i tabulati telefonici, per i quali servivano non meno di 250 euro fino a un massimo di 1.500 euro. Ovviamente questi erano i prezzi dei fornitori della Polis d’Istinto, sui quali Cipriani, da buon imprenditore, applicava i suoi ricarichi.

GLI ARCHIVI SEGRETI
Dati sensibili, numeri di telefono, segreti bancari e vite private venivano raccolti in dossier dai nomi in codice (Operazione Fiordaliso, Garden, pratica Z) e con sistemi di schedatura da 007 ("X" erano i controlli sul territorio; "H" quelli in Hotel...). Per ora sono stati esaminati solo una piccola parte di questi fascicoli, scrive il giudice: "la verifica si è limitata solo alle pratiche celesti, quelle prive di mandato e poi memorizzate nell’archivio Z, le più delicate".

I SERVIZI
Il grande orecchio nato all’interno di Telecom e Pirelli poteva contare su "un piccolo esercito - scrive il gip- di investigatori, pubblici dipendenti infedeli, che per denaro vendevano informazioni" . Ma soprattutto sia Tavaroli che Cipriani avrebbero potuto contare su un canale privilegiato con i servizi segreti. Nell’allegato 17 all’ordinanza, ci sono (in fotocopia) organigrammi riservati all’Autorità nazionale per la sicurezza, del ministero della Difesa, dell’Interno, dell’Economia, della presidenza del Consiglio dei Ministri, della camera, Dei Ros, del Cesis, del Sismi, del Sisde, dei Carabinieri". Tutti documenti trovati e sequestrai a casa di Tavaroli. Ma anche Cipriani aveva una fonte all’interno degli 007 italiani: secondo la procura di Milano era Marco Mancini, nome in codice "Tortellino" o "I nostri Mezzi". "Grazie ai "Nostri mezzi" - scrive il gip- Cipriani aveva a sua disposizione tutti i mezzi concretamente esistenti sul "mercato" per fornire, a coloro i quali facevano richiesta, qualsiasi tipo di informazione", grazie a "una vera e propria ragnatela, parallela se non addirittura contrapposta a quella legale " . I rapporti tra Telecom-Pirelli, investigatori privati e Sismi sono così stretti che il traffico telefonico è imparagonabile addirittura quello "tra due appassionati amanti" scrive il gip. Le informazioni richieste e scambiare secondo un test "riguardavano un eventuale contesto internazionale" e venivano riversate al cliente su un foglio a parte ("il foglio bianco"). Il capo centro Sismi di Milano, colonnello D’Ambrosio dice ai pm il 3 maggio scorso: " Su invito del mio direttore di Divisione, Augusto Pignero, mi sono incontrato con Tavaroli, al fine di instaurare buoni rapporti". Secondo il racconto del capo centro Sismi, un responsabile sicurezza di una grossa banca parlava di una "Banda Bassotti", composta proprio da Mancini, Tavaroli e Cirpiani. Tra il Sismi e Telecom e Pirelli c’era, secondo i magistrati, un continuo scambio di informazioni, ogni tanto venivano vendute dagli 007 delle "bufale", ma spesso "le investigazioni commissionate da Tavaroli a Cirpiani piuttosto che un immediato diretto interesse del gruppo Pirelli-Telecom, perseguivano verosimilmente l’obiettivo di far lavorare i privati su indagini di interesse dei Servizi, facendo ricadere il costo sul conto delle due società".

GLI SPIATI
Tra gli spiati ci sono l’ex patron di Parmalat, Calisto Tanzi, il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi e l’ex presidente della Figc, Franco Carraro. Vittime della raccolta illegale di informazioni, anche il presidente dell’accordo parasociale di Capitalia ed ex parlamentare Vittorio Ripa di Meana. L’investigatore privato Marco Bernardini, che a un certo punto prende il posto Cipriani, ammette di aver preparato dei dossier anche su "esponenti della finanza particolarmente in vista come Gnutti, i De Benedetti, i Della Valle e i Benetton". Nei dossier anche uomini dello spettacolo, politici e calciatori . Si tratta "di documentazione che non doveva in alcun modo essere conservata" e che a partire da un certo momento ha cominciato addirittura ad essere bruciata.

I SISTEMI DI SPIONAGGIO
Per schedare, spiare, catalogare, incastrare le loro vittime, gli "spioni" avevano a disposizione (internamente a telecom) quattro sistemi: Radar, un sistema in grado di analizzare la storia, i contatti e la vita di qualsiasi numero di telefono, senza lasciare traccia; un sofisticato e "piratesco" sistema di videosorveglianza e di accessi abusivi contro i sistemi informatici altrui per controllare i dipendenti; Magistratura, un meccanismo che consentiva in relazione a certi numeri telefonici ritenuti di interesse, di sapere se fossero intercettati dalle procure d’Italia: Circe, un sistema che permette l’acquisizione illecita di tabulati, anche senza inserire il numero di decreto del pm.

ADAMO BOVE
Nell’ordinanza più volte torna il nome di Adamo Bove, il dirigente della Telecom, che si è ucciso il 21 luglio scorso lanciandosi da un ponte della Tangenziale di Napoli. In Telecom, attraverso sistemi segreti di raccolta di informazioni sui tabulati telefonici, Adamo Bove chiedeva ad una sua collaboratrice di compiere "accertamenti su arabi legati alla vicenda Abu Omar". Dati da fornire, secondo le dichiarazioni del suo successore alla guida della security di Telecom, Fabio Ghioni, e confermate dalla stessa collaboratrice del manager suicida, "a persone preannunciate da Bove e che accedevano al suo ufficio in tarda serata". Si tratta però di affermazioni, allo stato delle indagini, "che vanno verificate, anche perché non smentibili da uno dei protagonisti di queste vicende - scrive il giudice - Adamo Bove, recentemente tragicamente scomparso in circostanze ancora oggetto di indagine".

LA VILLA DI CIPRIANI
Coi compensi pagati dal gruppo Telecom, un flusso finanziario che gli consentiva di mettere in piedi spericolate operazioni finanziarie, Emanuele Cipriani si è comprato anche una villa da due milioni di euro. Un’operazione - si legge nell’ordinanza - "grazie a un meccanismo raffinato, ideato da Cipriani con il commercialista cosentino Marcello Gualtieri. "È proprio seguendo il percorso della provvista per l’acquisto della villa - si legge nella richiesta del pm - che si è arrivati alla scoperta di numerosi conti in svizzera e nel Regno Unito in disponibilità del Cipriani". Un vorticoso giro di denaro attraverso assegni circolari, bonifici, provviste costituite all’estero e transitate su conti correnti intestati a società con sede alle Bahamas e alle Isole vergini. "Le fonti di approvvigionamento del denaro - chiarisce l’ordinanza - sono i compensi pagati dal gruppo Telecom-Pirelli".

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In tre hard disk supersegreti decine di migliaia di dossier

Telecom-Pirelli, Sismi e Polis distinto: per i giudici è questo il triangolo
dei fascicoli illegali. "Così l’azienda schedava con 007 militari e detective"

di CARLO BONINI

L’AFFARE Telecom, come sino ad oggi lo si è chiamato e per come ora viene ricostruito e documentato nelle carte del gip di Milano Paola Belsito, è la storia nera di una formidabile macchina di raccolta illegale di informazioni sensibili e del loro uso altrettanto abusivo. Un triangolo perfetto. Ai suoi vertici, la prima azienda telefonica del Paese e la sua controllante Pirelli; il servizio segreto militare, il Sismi; l’agenzia di investigazioni private "Polis distinto" di Emanuele Cipriani. Al centro, la politica, l’imprenditoria, il mondo delle professioni, giù fino ai semplici cittadini in cerca di primo impiego.

Decine di migliaia di nomi, imprigionati nel dossieraggio informatico, schiacciati dal ricatto, dall’intimidazione, dalla manipolazione.
La storia può apparire complessa. In realtà, tirandone il filo che la attraversa, svela una trama lineare che, alle origini, ha un’impronta familistica. Giuliano Tavaroli, Marco Mancini, Emanuele Cipriani - i protagonisti dell’affare - sono tre uomini legati da un’amicizia antica. Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, i primi due faticano da carabinieri nella caserma di via Moscova, a Milano. Cipriani, che dei tre è il ragazzo nato bene, si fa notare per zelo e capacità in una filiale di banca. Dividono il poco che hanno e le grandi ambizioni che coltivano. Ma hanno teste molto diverse. Tavaroli e Cipriani litigano già allora ai tavoli delle pizzerie, dove il primo, rimproverato dall’amico di lasciare troppa mancia, lo apostrofa con l’accusa che è forse un’intuizione su ciò che li perderà: "Emanuele, sei un avido...".

L’avidità muove Emanuele Cipriani e lo brucia tra la fine del 2004 e l’inizio del 2005. La sua vita, come quella di Tavaroli e Mancini, è cambiata. Mancini è diventato numero due del Sismi. Tavaroli si è guadagnato la fiducia di Marco Tronchetti Provera che lo ha voluto prima alla security di Pirelli e quindi a quella di Telecom. Cipriani gode dell’una e dell’altra fortuna. Ha messo su a Firenze un’agenzia di investigazioni private, la "Polis distinto", che si trasforma in una fabbrica di denari. In 8 anni, tra il ’97 e il 2004, incassa 20 milioni di euro da due soli committenti: Telecom e Pirelli. Un fiume di contante di cui si preoccupa di cancellare le tracce con un sistema di scatole societarie e conti bancari che gli suggerisce senza troppa fantasia il suo "consulente finanziario", Marcello Gualtieri, un calabrese di Cosenza con studio di dottore commercialista a Milano. Le sue due società londinesi "Worldwide Consultants Security ltd" e "Security Research Advisor ltd." fanno da collettore del denaro che, attraverso conti della "Barclays Bank" prima, della "Deutsche bank", poi, transitano per il Principato di Monaco e il Lussemburgo, per poi approdare in Svizzera, a Lugano, su conti intestati a una società registrata in Belize (la "Financial corp ltd."). Cipriani ha deleghe su ogni conto. Non c’è sterlina, franco svizzero o euro che non si muova senza la sua firma. Cipriani ha due ossessioni: non comparire e risparmiare lì dove è possibile. Anche quando si tratta di acquistare la casa dove abitare con la famiglia a Firenze, nella centrale via Jacopone da Todi. Battezza una "Labirinto srl." che compra per 2 milioni di euro l’immobile che Cipriani va ad abitare come "affittuario" e che gli consente di grattare un bel gruzzolo all’Erario. Ma che, nel 2005, fa scoprire il gioco dei conti e sollecita la domanda che lo perde. Che lavoro fa davvero Emanuele Cipriani?
Ufficialmente, normali verifiche su "singoli" e su "aziende". "Ben pagate", ammette lui, "ma regolari". Non è così. Laura Giaquinta, segretaria della "Polis" tra il 2001 e il 2004, racconta alla Procura di Milano: "Esistevano delle pratiche "Z", chiamate da noi "le celesti", dalla copertina di cartone che le conteneva. Riguardavano accertamenti richiesti dal gruppo Telecom-Pirelli, ma che venivano fornite senza un mandato ufficiale delle altre. Venivano trasmesse a mezzo fax all’ufficio security Pirelli inviando prima la pratica ufficiale spoglia degli accertamenti riservati. Immediatamente dopo, un secondo fax contenente l’appunto "bianco" partiva alla volta dello stesso fax senza alcun riferimento e con le iniziali delle persone che li riguardavano". E’ il lavoro "nero" di Cipriani. Il suo vero lavoro. Che lui organizza e quindi commissiona in sub-appalto a finanzieri, carabinieri, poliziotti che arrotondano lo stipendio con intrusioni nel casellario giudiziario, negli archivi del Viminale, nelle banche dati patrimoniali e che lui archivia meticolosamente su tre hard disk, protetti da password e custoditi in cassaforte, in un’ala della sede della "Polis distinto", che Cipriani ritiene inaccessibile avendola adibita a sede del "Consolato del Ghana". I nomi sono decine di migliaia. Banchieri, imprenditori, politici, professionisti, calciatori, semplici aspiranti a un impiego in Telecom. Schedati individualmente e per "operazioni" ("Filtro", "Scanning", "Garden"). La Procura di Milano, che del dvd è in possesso, né è venuta a capo solo parzialmente ("Solo una piccola parte delle pratiche è stata analizzata"). Quanto basta per far scrivere al gip che l’archivio "ricorda la colossale attività di schedatura messa in atto dalla Fiat nel lontano 1971".

Naturalmente, Cipriani non fa nulla di testa propria.
Ogni mossa, compresa quella che affida alla "Polis distinto" la sicurezza personale di Tronchetti Provera e della sua famiglia, è decisa e commissionata dall’amico Tavaroli. Che, del resto, deve rendere conto a pochi. Solo al vertice dell’azienda. Armando Focaroli, presidente di "Telecom Italia Audit", racconta alla Procura di Milano: "Quelle di Cipriani erano operazioni "fuori sistema" che non passavano attraverso l’Ufficio acquisti. Tavaroli non era tenuto a riferirne". Del resto, Tavaroli è lo snodo decisivo e più delicato del triangolo perfetto in cui le informazioni devono essere rubate, manipolate, utilizzate. Porta in dote il libero accesso alle comunicazioni telefoniche grazie a sistemi aziendali che non lasciano traccia. Non solo "Radar", come sin qui si è pensato, ma anche il "Sistema magistratura". Dunque è libero di muovere d’iniziativa e da una posizione di forza. Con la mano sinistra usa Cipriani per il grosso del lavoro "nero", quello di marciapiede, beneficiandolo dell’unica cosa che chiede, soldi. Con la mano destra, scambia con il Sismi e reimmette nel circuito delle informazioni riservate ciò che in questo modo ha illegalmente raccolto o intende accreditare. E lo fa con l’amico Marco Mancini, numero due del Servizio. E’ un gioco semplice che spiega bene alla Procura di Milano il tenente colonnello D’Ambrosio, ex capocentro Sismi di Milano: "Mancini trasmetteva notizie riservate a Tavaroli, che a sua volta le veicolava a Cipriani. Tavaroli incaricava Cipriani di lavorare su quelle notizie e quindi le ritrasmetteva a Mancini. In questo modo, Mancini otteneva la conferma delle notizie fornite al Sismi, ricevendo una certificazione idonea ad accreditarle presso i suoi superiori". Naturalmente, anche Cipriani incontra direttamente Mancini. "Al casello autostradale per mangiarsi un panino con la cotoletta", dice lui. Testimoni della "Polis" raccontano alla Procura un’altra storia. Mancini era la fonte indicata da Cipriani con il nome in codice "Nostri mezzi".

Quando Cipriani si brucia per avidità, il gioco potrebbe finire. Ma le cose non vanno così. La "Polis" viene rimpiazzata dalla "Global Security" di Marco Bernardini. Un altro "free lance" dello spionaggio nero abituato a lavorare fuori dalle regole. Lo fa per un po’, aprendo pratiche sul conto di De Benedetti, Della Valle, Gnutti, Benetton. Fino a quando non si sente perduto. Si presenta alla Procura di Milano e confessa. Racconta di quando Tavaroli, nel dicembre 2004, "era stato avvertito dal suo collaboratore Angelo Iannone che, secondo le informazioni avute dal generale Ganzer (comandante del Ros, ndr.), si sarebbe abbattuto un uragano". Racconta di una notte nei giorni di Natale 2004, quando in un gigantesco falò acceso a Lonate Pozzolo, vicino alla Malpensa, viene distrutto tutto il materiale "Polis" e "Global" ancora in possesso di "Telecom" e "Pirelli". Svela un ultimo ricatto di Cipriani. Quello che lo perde e perde i suoi amici. Dice Bernardini: "So che Cipriani ha chiesto denaro al gruppo Telecom Pirelli per non riferire la password del dvd del suo archivio sequestrato dalla magistratura, aggiungendo che avrebbe anche dichiarato di aver dato parte dei soldi da lui ricevuti a Tavaroli. Il gruppo ha ritenuto di non compensare Cipriani, ma questa circostanza ha comportato il definitivo siluramento di Tavaroli, perché per l’azienda era stato lui a creare il problema Cipriani".

(21 settembre 2006)

www.repubblica.it

Attentato alla democrazia

di EZIO MAURO

All’ombra della più grande azienda italiana, la Telecom, è cresciuta per anni una centrale di spionaggio illegale che non ha precedenti nella storia del nostro Paese. Giuliano Tavaroli, l’ex capo della Security di Pirelli e Telecom arrestato ieri con altre 20 persone, aveva ai suoi ordini un esercito aziendale di 500 dipendenti, ma soprattutto era al centro di un network fuorilegge che secondo i magistrati formava "una vera e propria ragnatela parallela" in grado di usare "tutti i mezzi concretamente esistenti sul mercato" per raccogliere "qualsiasi tipo di informazione", violando "i principi costituzionali fondanti di questo Paese".

Gli spiati sono soprattutto imprenditori e finanzieri (Benetton, De Benedetti, Della Valle, Geronzi, Tanzi), ma i file illegali sono più di centomila. Lo spionaggio avveniva attraverso la sicurezza Telecom, le agenzie d’investigazione privata di Emanuele Cipriani, longa manus di Tavaroli, le intercettazioni abusive, l’uso dei tabulati telefonici, l’abuso sulle intercettazioni legali della magistratura, che fino a qualche tempo fa avvenivano attraverso il "Centro nazionale autorità giudiziaria" controllato proprio da Tavaroli. In più, con la corruzione si compravano notizie riservate sulle banche dati del ministero degli Interni, dell’Economia, della Giustizia, "nonché informazioni e atti svolti da agenti e pubblici ufficiali dei servizi segreti italiani e stranieri".

Una colossale banca privata - e ovviamente fuorilegge - di informazioni riservate e illegali, coltivata e nascosta nel cuore della modernità d’impresa, tra i telefonini e le fibre ottiche. Con un legame diretto con il Sismi non soltanto sul terreno operativo, ma anche nel vertice, visto che l’ordinanza del Gip parla di "rapporti pericolosi" con i servizi segreti e in particolare con l’ex numero due del Sismi Marco Mancini, fino all’istituzione di un canale segretissimo "per le informazioni più delicate e riservate", sul quale operava proprio Mancini, in connessione con Tavaroli e Cipriani: un terzetto che nell’ordinanza un teste chiave definisce "la banda Bassotti".

Questa enorme massa di informazioni illegali e di dati riservati era commissionata "per la stragrande maggioranza" da uomini Telecom e Pirelli "e pagata con denaro di tali società". Non solo. L’attività di Tavaroli non era soggetta a controllo alcuno "se non a livello di vertici aziendali". Gli atti criminali avevano "come destinatario, come soggetto interessato" qualcuno "posto al di sopra di Tavaroli", che le utilizzava "a propri fini".

Questo è il quadro di un sistema illegale che attenta, per le sue dimensioni e le sue ramificazioni, alla democrazia sostanziale del nostro Paese. Quando "Repubblica" lo ha svelato, con l’inchiesta di Giuseppe D’Avanzo e Carlo Bonini, il vertice Telecom ha parlato di "attacchi esterni per indebolire l’azienda". Oggi è chiaro invece che l’azienda è minata al cuore da questo scandalo, non dal suo disvelamento giornalistico. I vertici, o gli ex vertici, dovrebbero dire tutto ciò che sanno, aiutando la democrazia, e non solo la magistratura, a estirpare questo cancro: che - attenzione - è ancora pericoloso.

(21 settembre 2006) www.repubblica.it

Messaggi

  • Che sia un attentato a quel poco di democrazia che rimane in Italia non c’è dubbio !!! Avevano messo in piedi una struttura di spionaggio da far impallidire quella dell’ OVRA di mussoliniana memoria e da far sembrare uno scherzo le artigianali schedature di Licio Gelli !! Quello che ora semmai più sorprende è che siano stati arrestati gli esecutori e non il mandante, nonostante che il GIP Paola Belsito abbia affermato che Tavaroli è il sospettato numero uno dello scandalo sulle intercettazioni in quanto “agiva fuori sistema e non riferiva costantemente a nessuno se non al presidente (Tronchetti Provera!!) “. Come al solito in Italia volano gli stracci ed i piani alti delle istituzioni e del potere economico la fanno regolarmente franca !!! E questa volta non si può neanche dare la colpa al Berluska!!!
    MaxVinella

  • L’attentato alla democrazia è certo ma quello che mi lascia sconcertato è la facilità di tutto ciò. Mi spiego: com’è possibile impiantare una centrale di spionaggio di quella portata e dimensioni all’interno di una grande azienda e contemporaneamente sostenere che nessuno ne sapeva niente? Possibile ipotizzare una estraneità dei "servizi deviati"a questo impianto?
    Io conosco molto bene l’organizzazione delle grandi aziende e se è possibile che qualcosa di molto piccolo sfugga ai vertici(qualche falsa fattura per centinaia di euro o magari uno o due migliaia) è assolutamente impossibile che sfuggano i milioni. Ricordo, ad esempio, proprio allaTelecom un tizio che conoscevo che, lavorando lì, aveva trovato il modo di farsi accreditare un centesimo per ogni telefonata ma poi fu scoperto quando da 1 centesimo a telefonata diventò avido e passò a tre.Ricordo un’altra volta un dirigente del S. Paolo imi che duplicava le piccole fatture di un visurista facendole pagare due volte ma quando passò dalle centinaia alle migliaia di euro fu inesorabilmente scoperto e licenziato. Con questo che voglio dire? Che ora i vertici non possono dire di non sapere perchè se non sapevano vuol dire che non volevano sapere e quindi sono altrettanto colpevoli di chi sapeva ed ha coperto e quindi vanno licenziati ed arrestati tutti(esiste ancora il reato di attentato alla costituzione?)per sempre. Purtroppo ormai il malaffare è talmente diffuso e la nostra capacità di indignazione così assopita che sicuramente tutti o quasi tutti i reati andranno in prescrizione ed il rimanente avrà pene (non detentive per carità) molto lievi e tutto finirà nel silenzio. Forse per ricominciare daccapo tra un paio d’anni.
    Mi sembra strano però un’altra cosa: come mai un tale potentissimo strumento di contrasto di reati finanziari e malavitosi non sia stato messo in piedi dalla magistratura "ufficiale"che invece trova sempre tante difficoltà quando deve intercettare un mafioso?

    • Una spy story già scritta

      Basta consultare gli archivi, non della Telecom ma dei giornali. L’allarme sulla società della sorveglianza il Garante per la privacy, all’epoca nella persona di Stefano Rodotà, l’aveva lanciato per tempo svariati anni fa, ammonendo il parlamento a guardare le trasformazioni tecnologiche come processi rilevanti per il profilo dello stato di diritto e della cittadinanza. Anno dopo anno, le puntuali relazioni del Garante al parlamento introducevano un nuovo lessico politico, anzi tecnopolitico e biopolitico: nell’epoca in cui tutto di noi può essere schedato, dal numero di telefono al corredo genetico, la garanzia dell’habeas corpus deve diventare garanzia dell’habeas data, la tutela della privacy non è più un privilegio ma un diritto fondamentale, la politica deve occuparsene se non vuole che sia la tecnologia, in alleanza con il mercato, a dettare la regola del più forte o del più furbo.

      Più tecnologia, più informazioni personali, più invasività nella vita di ciascuno: se la politica non interviene, la deriva è segnata.

      L’ultimo scandalo italico, l’agenzia privata di intercettazioni abusive che operava a braccetto con i vertici Telecom nonché avvalendosi di personale e archivi della polizia, dice che quella deriva è diventata rapidamente realtà. Non faccia velo l’incoerenza o la casualità degli spiati - lavoratori, politici, imprenditori, gente di spettacolo, gente qualsiasi: siamo tutti schedati e tutti intercettabili. Non faccia velo neanche il paragone con l’italico passato delle strutture parallele e deviate: il «doppio stato», ha ragione Zagrebelsky, stavolta non c’entra niente. Stavolta lo stato non si duplica ma si scioglie, nel liberismo del «fai da te» che tutto pervade, dall’impresa al lavoro allo spionaggio.

      Qualche competenza tecnologica, qualche banca dati accessibile, qualche appoggio nell’azienda regina delle telecomunicazioni e il gioco è fatto. I giochi anzi: dall’insider trading che fa tanto capitalismo finanziario alle schedature dei dipendenti che fanno tanto Fiat di Valletta, perché sia chiaro che lo stile italiano è sempre lo stesso.

      Vietare la conservazione e l’uso di questo immondezzaio era il minimo che il governo potesse e dovesse fare «per tentare almeno che il marcio non dilaghi», come dice Prodi. E c’è da sperare che l’urgenza con cui il decreto sulle intercettazioni illegali è stato varato, e la convergenza con l’opposizione, non siano dovuti solo a un riflesso di autotutela della classe politica presa dal panico della violazione della sua privacy. Ma con ciò il caso non si chiude: si apre.

      Non è in questione solo l’uso e l’abuso delle intercettazioni, illegali e legali, e la loro diffusione senza remore da parte di un giornalismo più voyeur degli spioni. E’ in questione tutta la materia della raccolta dei dati, della loro conservazione, della loro accessibilità, del loro uso. E non solo dei dati telefonici e telematici, ma di quelli biometrici e di quelli genetici. Se un dipendente Telecom può essere messo sotto controllo per una telefonata, che gli può succedere se il suo capo sa che può ammalarsi di qualche cosa?

      Suona la sveglia per una politica fin qui sorda e muta: ed è davvero singolare che Prodi (un’altra gaffe?) bacchetti per inefficienza il Garante, che non ha il potere di legiferare e che al parlamento ha tentato invano di aprire gli occhi e le orecchie.

      Nei gloriosi anni d’insediamento della cosiddetta Seconda Repubblica, quando il ceto politico aveva occhi solo per se stesso e la società dei telespettatori veniva educata dai reality show all’idea di avere un occhio o una telecamera in casa. Intanto la tecnologia faceva da sé. Piange lacrime di coccodrillo chi si accorge ora che l’Italia postmoderna cade a pezzi, uno scandalo dopo l’altro.

      23.9.06 www.ilmanifesto.it

    • Sismi: gli avvocato di CIR, ENI e Banca Carige spiati dai servizi segreti
      “Sismi: Altana Pietro colpisce ancora”.
      Articolo/scoop tratto dal portale Indymedia al link:
      http://piemonte.indymedia.org/article/9264
      Dall’edizione del 29 giugno 2010 del quotidiano Il Corriere Mercantile di Genova:
      "SPY Story - I soci di un notissimo studio legale genovese hanno denunciato un’intrusione informatica e la sparizione di documenti. Avvocati spiati scatta la perquisizione. La Digos sequestra vario materiale nella casa di Pietro Altana ex informatore del Sismi"
      L’ex dipendente del Sismi (e probabilmente anche Sisde) che ha spiato per anni gli iraniani, centri sociali, società dell’alta finanza, e noti avvocati è stato pizzicato dalla Polizia Postale a saccheggiare via telematica documenti riservati degli avvocati di fiducia di Carlo De Benedetti (CIR) e di Banca Carige: lo studio legale Roppo & Canepa, fondato dagli avvocati Vincenzo Roppo e Paolo Canepa. Quest’ultimo è anche fratello di Anna Canepa (il magistrato che nel 2004 ha fatto arrestare e condannare l’agente del Sismi).
      Da quanto si sussurra in ambienti vicini alla Procura della Repubblica di Genova pare che l’Altana avesse anche spiato da vicino Roppo & Canepa facendo l’addetto alle pulizie negli uffici della nota law firm nel corso dell’operazione Sismi “Cavallo di Troia” (uscito anche un articolo quì su Indymedia e alcuni articoli su Il Secolo XIX e su Milano Finanza).
      http://piemonte.indymedia.org/attachments/nov2009/articolo_stampa_altana_pietro_2.pdf
      http://piemonte.indymedia.org/attachments/dec2008/rapporto_sismi_sisde.pdf

      Da quanto si apprende la denuncia sarebbe partita per iniziativa dall’Avv. Vincenzo Roppo e di Giovanni Berneschi (Presidente di Banca Carige).
      Sta indagando sulla nuova spy story il magistrato Andrea Canciani (collega per anni del magistrato Anna Canepa).
      C’è sentore che ne vedremo delle belle.


      Articoli correlati:
       “Ecco come il Sismi spiava Roppo & Canepa (nonché CARIGE e CIR)”
      http://piemonte.indymedia.org/article/8908
       “Scoop: Ecco come il SISMI spia i centri sociali”
      http://piemonte.indymedia.org/article/6464
       “Altana Pietro: lo 007 del SISMI che spiava i centri sociali (e non solo)”
      http://piemonte.indymedia.org/article/5620
      "ALTANA PIETRO – Giornalista/Agente del SISMI e SISDE"
      http://piemonte.indymedia.org/article/3566
       “Scoop: Ecco come il Sismi doveva rapire Carlos Remigio Cardoen”.
      http://piemonte.indymedia.org/article/6564
       “GENOVA - SPY STORY AL PESTO - ECCO COME COECLERICI SPA SPIAVA - Desecretati dopo altre 8 anni documenti TOP SECRET”
      http://piemonte.indymedia.org/article/1347
       "Mafioso è bello" (parola di COECLERICI)”
      http://piemonte.indymedia.org/article/1700
      “La Repubblica (CIR Group): ecco come funziona la fabbrica del fango”.
      http://piemonte.indymedia.org/article/8579
       “Altana Pietro e il SISMI han ciulato gli Iraniani?”
      http://piemonte.indymedia.org/article/6178
       “IRASCO: ecco come gli iraniani hanno beffato gli USA”
      http://piemonte.indymedia.org/article/7505
       “VINCENZO ROPPO Story: notula da 14 milioni di Euro per CIR”
      http://piemonte.indymedia.org/article/6348
       “Sentenza CIR- MONDADORI – Il boomerang di Roppo”
      http://piemonte.indymedia.org/article/6030
       “Garaventa Spa - Dal CPT alla Tunisia”
      http://liguria.indymedia.org/node/4082
       “Altro casino abientale dell’ENI: Syndial AVENZA (MS)”
      http://piemonte.indymedia.org/article/5958
       “ENI, "codice etico" e Servizi Segreti”
      http://piemonte.indymedia.org/article/5520
       “Tangenti Nigeria: ENI rischia grosso (e paga cash)”
      http://piemonte.indymedia.org/article/8981
       “Tangenti in NIGERIA: eccome come l’ENI pagava!”
      http://piemonte.indymedia.org/article/5988
       “Inquinamento del Lago Maggiore. Condannata l’E.N.I. Spa per disastro ambientale”.
      http://piemonte.indymedia.org/article/5590

  • A proposito di Fabbriche del fango Vi segnaliamo questa interessante news dal portale Indymedia al link:

    http://piemonte.indymedia.org/article/8579

    “La Repubblica (CIR Group): ecco come funziona la fabbrica del fango”.

    Palazzo di Giustizia di Genova, P.zza di Portoria 1. Da qualche parte forse potrebbe esserci un “Armadio della vergogna”. Quello - per intenderci - dove vengono riposti i fascicoli scomodi e da tenere al riparo da occhi indiscreti. I ripiani austeri (e sempre alquanto incustoditi) di questo archivio pare vomitino periodicamente faldoni che dovrebbero rimanere sopiti per molto tempo ancora.

    Di alcuni dossier scottanti abbiamo già dato conto in alcuni precedenti articoli proprio quì su Indymedia. S’ha motivo di ritenere che un cantuccio dello sgabuzzino segreto di P.zza Portoria, sia proprio riservato a lui: Altana Pietro. La spia del Sismi (servizio segreto militare) che è andato a battere nei centri sociali in cerca di informazioni. I giudici genovesi hanno scoperto che sotto le mentite spoglie del giornalista spiava anche società dell’alta finanza (vedi C.I.R. di De Benedetti, ENI, Fiat, Telecom, Impregilo, etc), banche (Banca Carige, Mediobanca, etc, ), e la crema degli avvocati e fiscalisti (Roppo & Canepa, Bonelli, Carbone, Uckmar & C.). Come alcuni articoli del Secolo XIX e di Milano Finanza hanno rivelato, Altana ha tenuto d’occhio pure gli iraniani di Irasco in cerca di armi, roba nucleare e altro (v. link correlati a margine dell’articolo). Inutile negarlo. Le procure di mezz’Italia han vissuto per anni nella psicosi che il servizio segreto militare spiasse anche magistrati e giudici, più che naturale che procura genovese abbia riservato ad Altana una particolare attenzione. Non è affatto casuale che un magistrato come Anna Canepa, esponente di punta di Magistratura Democratica (MD è stata la prima a denunciare il dossieraggio del Sismi sui giudici) vada il merito di aver chiesto l’arresto dell’agente del Sismi. Tra l’altro, vedete com’è bizzarro il destino, il magistrato Anna Canepa è anche sorella di Paolo Canepa uno degli avvocati spiati dal Sismi, inoltre putacaso lo Studio Legale Vincenzo Roppo & Paolo Canepa è pure consulente di C.I.R. e della Fam. De Benedetti Ci sarebbe di che notiziare anche il CSM (sempre che CSM non significhi Ciechi Sordi Muti).

    Comunque dall’Armadio della vergogna ora salta fuori n’altra storia totalmente inedita sullo strano e chiacchierato 007. Stravagante quanto tragicomica. Altana ha così tanto rotto i coglioni ad una certa lobby genovese, che la stessa pare abbia deciso di fare quadrato per toglierselo una volte per tutte dai coglioni. La storia - dai contorni decisamente grotteschi e surreali - vien descritta dallo stesso Altana Pietro in un dettagliato esposto/querela depositato presso la Procura della Repubblica di Genova il giorno 20 giugno 1997 (trovate il documento di seguito come allegato pdf). Altana racconta che nel 1994 a seguito della denuncia della società Coeclerici Spa (shipping company che lo stesso agente denuncia per spionaggio) lo stesso è stato oggetto di querela per intercettazioni telefoniche abusive e spionaggio. Alessandro Perugini (noto centravanti di sfondamento del G8) e un manipolo di agenti della Digos di Genova son piombati nel suo ufficio portandogli via computer e kili di documenti. Dopo qualche mese tutto viene però archiviato. I giudici genovesi sentenzieranno esserci stata nessuna intercettazione e alcun spionaggio. L’agente segreto però viene condannato dalla procura genovese a 8 mesi di reclusione per aver diffamato la società che l’ha denunciato per spionaggio: Coeclerici Spa (un articolo del giornalista Manlio Di Salvo sul Secolo XIX viene ritenuto diffamatorio dai giudici). Dell’assoluzione per spionaggio nessuno parlerà e prenderà corpo invece una pesante campagna stampa contro lo spione del Sismi. Titola Repubblica: “Spiata via fax l’alta finanza, interceptor ruba i segreti di aziende ed avvocati … Lo spione elettronico è passato attraverso le centraline, aveva un complice aggancio alla SIP” . “Storia di spionaggio industriale, probabilmente internazionale… corrispondenze delicatissime venivano deviate dai trucchetti tecnologici”. “Parla Interceptor, ce l’ho solo con Coeclerici” (Massimo Razzi – Il Lavoro- Repubblica 20 e 23 dicembre 1994).

    Direte voi: è normalissimo e fisiologico sputtanamento. Se l’agente Sismi spia C.I.R. (una delle aziende dell’alta finanza attenzionate dal Sismi) è giusto che Carlo De Benedetti scateni contro i suoi scagnozzi di Repubblica. Il discorso non fa una grinza. Lo sfigato del Sismi allora che fa? S’organizza e attenziona anche Franco Manzitti (all’epoca direttore della sede genovese di Repubblica). E scopre che Paolo Clerici (numero uno del Gruppo Coeclerici Spa) e qualche avvocato hanno fatto pressioni su Franco Manzitti per gettargli palate di fango addosso. In una lettera riservata inviata da Manzitti ad un noto avvocato d’affari genovese (che il Sismi acquisisce) il redattore capo di Repubblica scrive: “Caro Franco, mi scuso per non esser riuscito ad arrivare al tuo ricevimento di sabato a Sant’Ilario, e mi scuso tanto anche con tua moglie, ma in questo momento come tu sai son preso dalle solite “grane” di questo ingrato giornale. Ti informo, comunque, che l’intervista di Dabove, come mi hai richiesto, non verrà pubblicata. Franco Manzitti”.

    In quei giorni si compie una curiosa operazione immobiliare. La società CoeClerici (quella che ha denunciato per spionaggio l’agente) cede all’avvocato (l’avvocato di Sant’Ilario a cui ha scritto Franco Manzitti) un lussuoso e prestigioso immobile nel centro di Genova. Sito in Via Martin Piaggio civico 17/7-8. Una cosuccia di poco conto composta da 30 vani + balconi + cantine e pertinenze, situatata a ridosso di Villetta Di Negro (vicino P.zza Corvetto). In una corrispondenza riservata della società Bulkitalia (società del Gruppo CoeClerici) - che il Sismi acquisisce e che Altana fa avere ai giudici genovesi - si legge: “Allego fotocopia assegni circolari rilasciatimi da Bonelli per complessive lire 245.000.000 che ho dato in originale a Ragusa, e corrisposti a titolo di caparra in conto prezzo. Penso che sul prezzo di vendita non ci siano problemi, l’importo della locazione di Via Padre Santo a Bonelli, è sempre stato veramente molto modesto. Ma si sa … i piaceri vanno ricambiati. Limiterei la diffusione della scrittura dandone una copia a Pulcini (preliminare di vendita) di cui trattengo io l’originale. Saluti. Emanuele Zanotti”.

    Come su riportato c’è di mezzo un“Guglielmo Dabove”. In effetti Altana Pietro era conosciuto negli ambienti dei giornali con questo stravagante pseudonimo. Qualche tempo prima aveva ricevuto nel suo ufficio il giornalista Massimo Razzi per una intervista di replica agli articoli di Repubblica. Intervista dello 007 che non è mai uscita su Repubblica. Quel che è certo – afferma Altana Pietro nella sua denuncia querela – “… è forse anche per questo che l’ordine dei giornalisti versa in uno stato di pessima salute. Bisogna realisticamente ammettere che sulla credibilità della professione giornalistica hanno influito negativamente i pesanti condizionamenti che a vari livelli hanno esercitato le lobbyes finanziarie e politiche come anche gli incroci di interessi privati sui giornali… la categoria si lamenta della preoccupante caduta di rispettabilità , ma dimentica che nonostante tutto le connivenze (che hanno progressivamente ammansito il sistema) continuano ad inquinare buona parte della comunicazione, consolidando i vecchi e perversi meccanismi che tutt’ora regolano il mondo dell’informazione”.

    Detto in parole semplici semplici, a Repubblica ci son giornalisti venduti che si prostituiscono per gratificare l’amico di turno.

    Conferma questo teorema - seppur malvolentieri - anche Massimo Razzi di Repubblica. Nella conversazione telefonica con Altana (che ahimè, l’agente del Sismi ha la stronzaggine di registrare e che poi allegherà all’esposto/denuncia). Massimo Razzi confessa fortissime pressioni fatte da Paolo Clerici su Franco Manzitti e sul giornale la Repubblica.

    Se vi volete scialare il cuore e farvi quattro ghignate ascoltatevi la registrazione della telefonata (a margine dell’articolo in formato mp3).

    Intanto questa la trascrizione (della parte saliente):

    Trascrizione telefonata Altana Pietro/Massimo Razzi del 13 marzo 1996

    ALTANA: "Io a lei non ho mai voluto querelarla ... giustamente c’è una liberta’ di espressione, è un paese libero, siamo in democrazia, ed ognuno e’ libero di dire tutto quello che vuole, anche delle scemenze, quindi - perdoni se la descrivo cosi’ - effettivamente, ragionando con il senno del poi, non era effettivamente cosi? Lei ha scritto delle scemenze."

    RAZZI: "Si’, si’, ma e’ che non …”

    ALTANA: "Ha scritto nel primo articolo delle scemenze, nel secondo pure, non so se ce n’era anche un terzo, anche nell’altro c’erano scritte delle scemenze. Qualcuno c’ha creduto comunque, perche’ quando lei ha gettato la cosa li ’ cosi ’ : «questo e un intercettatore, rischia tot anni di galera» e ha sfornato tutta una serie di nominativi di intercettati che confermavano il fatto. La cosa era oramai era data per scontata; chiaramente chi mi conosceva bene sapeva che non era così . Poi’ dopo 7-8 mesi quanto il magistrato ha emesso la sua archiviazione perche’ la notizia di reato era risultata infondata, allora li’ mi sono riscattato, pero’ oramai la frittata era stata fatta. Parliamoci chiaro, nessuno è venuto a prendere le mie difese, e gli amici che hanno preso le mie difese l’hanno fatto ma in modo non molto ufficiale. Purtroppo qualcuno aveva interesse gettare un po’ di fango su di me, e questi sappiamo chi sono. Lei comunque gli ha dato una bella mano, e voglio dire, con quegli articoli ha fatto la felicita’ del Prof. Bonelli e del Sig. Clerici; non so se sia casuale questo, mi auguro di si, ma considerando il contesto della situazione non so se sia poi tanto casuale… Se lei fosse stata una persona coerente, una persona. diciamo, un po’ piu’ obiettiva, forse avrei avuto gia da li’ una dimostrazione … prima di scrivere certe cose si cercano dei riscontri, come un giornalista a modo, con criterio fa’, poi io non so come funzionano le cose nel suo giornale (Il Lavoro-Repubblica ndr.) però effettivamente, a vedere i risultati, pare che fosse esattamente vero quello che mi si diceva, cioe’ che il Manzitti non era poi del tutto disinteressato nella cosa, aveva qualche interesse, diciamo, a sputtanarmi un pochettino. I malvagi mi hanno detto che ha fatto qualche pressione perché scrivessi quelle belinate li …”.

    RAZZI: "No, le cose sono completamente diverse perché …”.

    ALTANA: "Mi hanno detto: ’stai attento che Manzitti ci ha messo lo zampino’ , e io credo che non sia completamente falso”.

    RAZZI: "Se mai Manzitti ci ha messo lo zampino dopo, se vuoi ti racconto esattamente come è andata"

    ALTANA: "E allora raccontami a grandi linee perche’ mi interessa”.

    RAZZI: "Semplicemente questo: io ho avuto le notizie assolutamente da fonti diverse da Coeclerici , e Manzitti non sapeva niente, anzi".

    ALTANA: "Da Gattorno (Sebastiano ndr.), sappiamo”

    RAZZI: "Da ambienti vicini a Gattorno si’, non solo da quelli, per esempio c’erano altri avvocati che credevano davvero d’essere intercettati, perche’ non riuscivano a capire come certi documenti potessero ..."

    ALTANA: "Ma no, l’ho spiegato perche’ gli avvocati credono di essere intercettati".

    RAZZI: "Un momento, aspetti un attimo, lei me lo ha spiegato dopo che ho scritto i primi pezzi, allora, quando io ho citato i nomi degli avvocati che ritenevano in qualche modo di essere intercettati, oppure che documenti che erano passati per i loro studi erano usciti fuori, loro temevano di perdere la fiducia dei loro clienti, di conseguenza qualcuno di loro si e’ spaventato e ha fatto arrivare qualche voce".

    ALTANA: "Questa e un palla totale, e lo posso anche dimostrare, perche’ anch1io ho ricercato qualche riscontro in relazione a questa vicenda, e le posso garantire che questa e’ una balla totale. Fu una grande congiura, e’ stata solo una grande congiura, organizzata a tavolino, con l’intenzionale calcolo di danneggiarmi e basta. E’ stata ideata la questione delle microspie, e tutto …".

    RAZZI: "Io comunque, come le ho avute io, non potevo sospettare di persone in quel momento, perche’ non ce n’era nessun motivo, tranne il fatto che per vie molto traverse ero riuscito ad avere delle notizie abbastanza vaghe su quello"… Quello che io ho fatto fare, a partire da queste prime voci, e’ dei riscontri, perche’ il suo nome era Dabove, non si riusciva a sapere quale era il nome vero”… semplicemente, io ho fatto i primi du¬e pezzi semplicemente avendo riscontri con questi studi di avvocati che mi confermavano che ... e mi dicevano che per quello che avevano capito loro la strada era quella e fino a li’ Manzitti no ha fatto nessuna pressione, anzi, non sapeva neanche di che cosa si trattasse, e non sapeva di piu’ di quello che sapevo io. La ¬pressione di Manzitti, che c’e’ stata, e della quale io sono rimasto personalmente molto amareggiato, e’ questo aver subito tutte le tue accuse che ritengo in parte giuste, e per cui me le tengo, pero’ il punto è questo: ho fatto un pezzo con l’intervista a te di un’intera pagina, dove si raccontava tutta la tua versione, premettendo - in un cappellino - che questa era la tua versione e che mi sembrava …”.

    ALTANA: "Ma questo in quell ’articolo in cui dici: “Da bove si è fatto vivo".

    RAZZI: "No l’articolo non e’ mai uscito".

    ALTANA: "Ah non e’ mai uscito, perche’ quell ’articolo li’ io non l’ho mai letto”.

    RAZZI: "Infatti quando sono venuto da te per l’intervista, l’ho scritta, l’intervista che ti ho fatto".

    ALTANA: "Si’ ma non l’hai mai pubblicata"

    RAZZI: "Io l’ho data a Manzitti , ovviamente, per farla uscire, e lì’ c’e’ stata una pressione fortissima su Manzitti di Clerici . Manzitti tra l’altro, l’ha fatta vedere all ’avvocato del giornale, Tonani, e Tonani ha detto: ’va bene secondo me, si puo’ pubblicare perche’ non ci sono gli estremi per nessuna querela’ , e Paolo Clerici ha fatto il diavolo a quattro; e questa e stata l’unica volta in vita mia, da quando sono stato in quel giornale che . . .”

    ALTANA: "Esattamente quello che ho saputo io".

    RAZZI: "Questa e’l’unica cosa di cui mi rammarico. Io mi rammarico, nel senso che quell’intervista io non sono mai riuscito a farle uscire. E sulla cosa ho avuto delle discussioni con Manzitti, cor il quale poi siamo amici per tantissime altre cose, e lui su questo non ce la faceva perche’ aveva ricevuto delle pressioni fortissime, non me lo diceva cosi’ apertamente, ma si capiva".

    ALTANA: "Non si puo’ parlare male di Clerici".

    RAZZI: "Come?".

    ALTANA: "Su Clerici non si puo’ parlare male".

    RAZZI: "No, secondo me lui ... non e’ proprio vero in assoluto, in altre occasioni mi sono anche esposto a questo riguardo".

    ALTANA: "Sig. Razzi, se si e’ dipendenti come lei non si puo’ parlare di certe cose, per quello dico così’. Ma va be’, questo lei me lo insegna. Bisogna essere al di fuori di certe strutture, e anche quando si e’ al di fuori si deve rendere piu’ conto di un dipendente".

    RAZZI: "Si’ infatti lo so questo, questo piu’ chiaro di cosi’. Le dico che e’ cosi’, questo e’ andato così’. questa e’ la cosa per la quale lei ha ragione nei miei confronti".

    ALTANA: "No, quella e tante altre".

    RAZZI: " ... per come ho lavorato io, sulla prima parte ho raccolto alcune informazioni, non avevo altra fonte, lei non esisteva per me perche’ non riuscivo a trovarla. Quando sono riuscito a trovarla sono venuto a parlarle".

    ALTANA: "Però Razzi, lei ha dato per certo che le cose da lei descritte erano così’".

    RAZZI: "No, no, Il pezzo aveva tutte le caratteristiche del pezzo sulla base delle poche notizie che avevo a disposizione e sulla base dei riscrontri che avevo potuto avere, che non davano certezze e.. Le assicuro che questa e’ la pura verita’".

    La querela dell’agente del Sismi contro Paolo Clerici, Franco Manzitti, Massimo Razzi, Repubblica & C. rimarrà sepolta nell’armadio della vergogna per lustri e nessuno ne parlerà più. Sino ad oggi.

    La morale? Che la giustizia raramente trionfa ed il fango è sicuramente molto meno sporco di certi personaggi.

    Che dirvi, ci risentiamo alla prossima storiaccia (tanto l’armadio è zeppo zeppo di storie zozze che non vedon l’ora d’esser riesumate e raccontate).


    Quì i documenti pdf allegati: "Repubblica_fabbrica_del_fango"
    http://piemonte.indymedia.org/attachments/may2010/altana_pietro_massimo_razzi_repubblica.pdf
    http://piemonte.indymedia.org/attachments/may2010/vendita_clerici_bonelli.pdf

    File audio mp3 “telefonata_Altana_Pietro_Massimo_Razzi”
    http://piemonte.indymedia.org/attachments/jul2010/1_repubblica_massimo_razzi.mp3
    http://piemonte.indymedia.org/attachments/jul2010/2_repubblica_massimo_razzi.mp3