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Terremoto proporzionale: primo effetto, torna il centro

Publie le mercoledì 5 ottobre 2005 par Open-Publishing
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Dazibao Elezioni-Eletti Governi

di Ritanna Armeni

Se, come pare, il colpo di mano del Polo di centro destra andrà a segno, e la Casa delle libertà riuscirà ad imporre una nuova legge elettorale, il sistema politico italiano cambierà radicalmente. Non possiamo prevederne tutti gli esiti, perché troppi sono i fattori in gioco e troppe sono ancora le incognite. Ma alcune conseguenze sono facilmente visibili già da ora.

E’ evidente la fine del bipolarismo, cioè di quel sistema politico che in Italia ha poco più di un decennio e che per molti non si è mai completamente compiuto. Il bipolarismo era in crisi già da qualche tempo, il suo declino e la sua incapacità di dare un sistema di rappresentanza alla società italiana sono diventati evidenti dopo le ultime due tornate elettorali, quando in uno dei due Poli, quello di centro destra, è cominciata una precipitosa disgregazione ed ha mostrato la corda quel complesso sistema di alleanze sociali e politiche denominato "berlusconismo".

La nuova legge elettorale è figlia di quella crisi. Della crisi di un berlusconismo che, proprio perché finito, cerca una sopravvivenza sotto forme diverse e, come l’Araba fenice, prova a rinascere dalle sue ceneri.

Non è detto che non ottenga dei risultati: la legge elettorale è stata pensata a questo scopo. Ma questi risultati, comunque, saranno raggiunti al prezzo di un seppellimento definivo del sistema bipolare. E questo seppellimento coinvolgerà anche l’altro Polo, quello di centro sinistra. Ne pare consapevole lo stesso Romano Prodi che ieri ha dichiarato: «Se la legge elettorale dovesse cambiare in senso proporzionale, il giorno dopo sulla mia candidatura come Unione, faremo una riflessione».

Il Parlamento, quindi, se passa la legge imposta dal Polo, sarà eletto proporzionalmente con un premio di maggioranza e con alcuni paletti che riguardano le forze politiche minori. Ma sarà soprattutto - e questa è la seconda novità ampiamente prevedibile - un Parlamento in cui le forze di centro costituiranno la grande maggioranza. Una sorta di palude che va da settori dei Ds sempre più vicini alle posizioni delle Margherita, alla Margherita stessa, all’Udeur, all’Udc, e a parti consistenti di Forza Italia. Questa palude ha al suo interno molti aspiranti leader, che hanno già da tempo iniziato la loro battaglia per assumere la direzione dello schieramento moderato.

E’ già evidente tuttavia che, comunque questa gara vada a finire, il nuovo centro sarà determinante nella legislazione che riguarda i diritti e le libertà civili, nonché le questioni etiche e di convivenza. Nel Parlamento disegnato dalla nuova legge della Casa della libertà ci sarà una maggioranza che non vuole la legge sui Pacs e che potrebbe cambiare la legge sull’aborto. Che impedirà ogni revisione della legge 40 sulla fecondazione assistita, che eleggerà l’ordine "naturale" della famiglia a principio fondante. Questo centro neoguelfo, comunque si strutturi, comunque dislochi le sue forze, comunque si aggreghi o si disaggreghi, sarà l’interlocutore politico privilegiato e ideale della gerarchia ecclesiastica ratzingheriana. Il Dio "politico" di Benedetto XVI, quel Dio a cui non va rifiutato "il dominio pubblico", troverà nel nuovo centro del parlamento italiano dei devoti sudditi. Un ritorno alla Dc? Non esattamente.

Perché la Dc mediava con le richieste dei credenti e dei movimenti cattolici. E mediava anche fra le diverse sensibilità e scelte di quel mondo. Oggi il centro politico che si va costituendo sembra più impegnato ad obbedire che a mediare, a farsi Chiesa più che a affermare un’istanza statuale che tenga conto delle spinte culturali e sociali del paese. Insomma col nuovo Parlamento si riaprirà in Italia una questione laica, o meglio, si dovrà riprendere un discussione e una battaglia per definire i diritti di una laicità che rischia di diventare marginale e difensiva.

Ma il nuovo sistema politico definito dalla legge elettorale porrà dei problemi grandi anche a sinistra, una sinistra con diverse culture e ramificazioni che aveva trovato una sua definizione e una sua collocazione nell’Unione delle opposizioni e che probabilmente dovrà ridefinire gran parte della sua strategia. Dietro il dibattito sul collegamento di Romano Prodi ad una partito e ad una lista elettorale, dietro la ripresa della vecchia discussione sulla lista unica dei riformisti ci sono problemi più complessi che già oggi si cominciano ad intravedere.

"Noi come Ulivo - ha detto ieri Il capogruppo dei Ds al Senato Angius - dobbiamo aprire una discussione politica sull’assetto della coalizione e sui rispettivi ruoli e funzioni delle forze politiche. Dobbiamo riconsiderare in un’altra luce i rapporti fra noi e dobbiamo ridisegnare un equilibrio nuovo, sempre impegnato sulla figura di Prodi, che garantisca una guida forte al paese". Il problema insomma si pone ed è questo: come ridefinisce le sue strategie una sinistra che deve fronteggiare in Parlamento un centro così consistente e così determinato?

Come riesce a far convivere e a rendere propulsive le diverse anime che la compongono? Quale sarà il ruolo delle sinistre se le attuali opposizioni, malgrado la criticabile nuova legge elettorale, riusciranno a vincere le elezioni del 2006? Quale rapporto avranno fra di loro e con nuove possibili componenti come la forza radicalsocialista ancora in formazione? Il pericolo di un Parlamento che sancisca una subalternità delle forze di sinistra e soprattutto di quei Ds che finora si sono impegnati in un progetto tutto interno al bipolarismo è evidente. La capacità di contrastarla tutta in discussione.

http://www.liberazione.it/giornale/051004/LB12D72F.asp

Messaggi

  • Avanti | » BERLUSCONI: O RIFORMA ELETTORALE O SALTA TUTTO
    05-10-2005 08:54 - (Apcom) - "Se la legge elettorale non passa, questa maggioranza è morta". Secondo la stampa italiana, questa è la principale preoccupazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Sia il Corsera che Repubblica e la Stampa, danno ampio spazio alla notizia, riportando stralci di colloqui privati avuti dal premier con i più stretti alleati e riferiti, in linea di massima, da "fonti autorevoli vicine al presidente".

    Secondo quanto scrive il Corriere della Sera, la linea di Berlusconi sarebbe quella di far slittare il voto delle politiche a maggio, tanto "per aver un mese in più per logorare Prodi". Fatto sta che, per il premier, "in venti giorni la Cdl si gioca tutto". Senza rete e senza alternative. Se la maggioranza, la prossima settimana, dovesse subire un’imboscata e cadere, non si potrebbe più andare avanti, nemmeno per l’approvazione della Finanziaria. Di fatto si aprirebbe la strada al governo istituzionale o alle elezioni anticipate.

    Secondo il Corsera toccherà al premier in persona spiegare ai suoi che "con l’attuale sistema non esisterebbero collegi sicuri". La crisi della maggioranza e di Forza Italia in particolare avrebbe infatti effetti incalcolabili ed è scontato che i collegi ’blindati’ apparterebbero di diritto allo stato maggiore dei partiti.

    Secondo la Repubblica, inoltre, per Berlusconi si profilerebbe un problema con la Lega Nord: "Non so se al Senato potremo votare quella legge" ha fatto sapere Umberto Bossi, sottolineando che, con il proporzionale, sarebbe a rischio la sopravvivenza stessa del movimento leghista. Bossi parla però del voto al Senato, perché alla Camera infatti è il contrario: si vota prima la riforma elettorale e poi la ’devolution’ e per i leghisti sarà quindi difficile togliere l’appoggio alla riforma voluta dal premier.