Home > Unipol trascina il partito DS nel gorgo di una crisi irreversibile (e (...)

Unipol trascina il partito DS nel gorgo di una crisi irreversibile (e speriamo finale)

Publie le venerdì 6 gennaio 2006 par Open-Publishing
14 commenti

Dazibao Partiti

di Bifo

Nella vicenda Unipol che sta trascinando il partito DS nel gorgo di una crisi irreversibile (e speriamo finale) la questione non è quella dell’illegalità, o dei furti.

Intendiamoci : la compromissione dei diesse con il sistema bancario italiano, la svergognata difesa dell’itailanità delle banche configurano certamente una attiva partecipazione di questo partito all’estorsione che le banche italiane compiono ai danni dei possessori di un conto corrente che noi tutti siamo costretti ad essere volenti o nolenti.

Ma non sta qui la causa della crisi.

Il problema sta nella dissociazione cinica tra l’agire e la consapevolezza, dissociazione su cui si fonda il potere.

Ripercorriamo la storia politica (e anche psicologica) di quella parte del ceto politico dominante che affonda le sue radici culturali nella storia passata del comunismo. Non si tratta di una porzione marginale della attuale classe dominante. Gran parte del quadro politico che su scala planetaria ha gestito negli ultimi quindici-venti anni la demolizione delle conquiste sociali dell’epoca moderna proviene dalla storia del movimento comunista.

Questo vale naturalmente per i gruppi dirigenti dell’ex impero sovietico. Come Putin era un dirigente dei servizi segreti sovietici, così Lukashenko, Aliev, Karimov, Kouchma e lo stesso Yushenko sono "comunisti" per formazione, anche se negli ultimi decenni hanno smantellato le strutture dello stato e la proprietà statale per dare avvio a una politica di privatizzazioni che ha provocato un crollo delle condizioni di vita della grande maggioranza della società.

Ma questo vale anche per alcuni tra gli esponenti più importanti dell’intellettualità neoconservatrice americana. Nella storia personale di Richard Pearle, Bill Kristoll Michael Ledeen c’è un passato trotzkista, come trotzista era stato James Burnham, probabilmente l’ispiratore culturalmente più dotato della politica neo-con che ha fornito a George Bush un retroterra ideologico.

In Cina i comunisti non hanno creduto neppure necessario cambiare nome per farsi promotori di una politica fondata sullo schiavismo.

Come funziona il dispositivo della conversione dal comunismo storico dialettico al neoliberismo aggressivo ? La precondizione di questo dispositivo è l’identificazione filosofica della verità con la storia.

Hegel afferma l’identità tra verità spirituale e dispiegarsi del processo storico. La dialettica materialista sviluppa lo storicismo hegeliano : la forza della storia è necessariamente destinata a portare alla vittoria del bene. Chi vince ha ragione. I comunisti stanno dalla parte del proletariato perché è destinato a vincere nel processo che conduce alla realizzazione della verità che la storia contiene.

Quando però nella seconda parte del ventesimo secolo la storia ha preso la piega che oggi vediamo largamente dispiegata, quando il capitalismo internazionale ha preso l’iniziativa di un’offensiva violenta, insieme tecnologica e militare, quando infine il socialismo realizzato ha cominciato a crollare, a ondate successive i comunisti di un tempo si sono trasformati in "riformatori".

Parola più ipocrita non si pronunciò mai nella storia. La parola riforma, nata nel primo Novecento per intendere azioni di redistribuzione della ricchezza a favore delle classi lavoratrici, è passata a significare alla fine del secolo l’esatto contrario : azioni di redistribuzione della ricchezza a favore delle classi proprietarie, aumento dello sfruttamento del lavoro, riduzione del salario e distruzione del sistema pubblico costruito con secoli di lavoro della società.

Quelli che un tempo si erano chiamati comunisti (e con questo nome avevano provveduto allo sfruttamento statalista del lavoro altrui) si sono aggrappati alla parola riforma per legittimare la nuova versione della loro infamia.

Giuliano Ferrara e Massimo D’Alema sono due manifestazioni nostrane di questa evoluzione. L’uno come l’altro si sono formati sull’idea storico-dialettica secondo la quale chi vince ha ragione perchè la ragione vince.

Perciò si sono piegati al vincitore di fine secolo, si sono messi in fila per occupare il posto del vincitore. Si sono convinti che la storia è finita, da buoni volgarizzatori à la Fukujama di un Hegel mal digerito. E hanno dedicato le loro energie alla distruzione delle conquiste che l’autonomia dei movimenti operai aveva realizzato nel corso della modernità. Il dogma al quale si sono convertiti è quello della privatizzazione delle infrastrutture pubbliche e dell’abbassamento del costo del lavoro. Il dogma che appare vincente.

I risultati di questa politica a cui i comunisti dialettici hanno contribuito con alacrità sono oggi sotto gli occhi di tutti. Devastazione ambientale, distruzione delle infrastrutture indispensabili per la vita sociale, impoverimento assoluto dei lavoratori.

Ma chi ha tradito una volta non è più buono a pensare con la sua testa. Per questo i comunisti di un tempo riformatori di oggi non sono interlocutori credibili. Perché per loro la subalternità a un potere che un tempo affermarono di avversare è divenuta una seconda natura, indiscutibile perché (nella loro illusione ottica) più forte.

Quel che gli ex-comunisti italiani non hanno capito (o hanno fatto finta di non capire perché questo costituisce la base della loro identità cinica, della loro dissociazione dellì’agire dalla coscienza) è il fatto che il capitalismo iper-moderno, del quale sono divenuti zelatori per ossequio verso il vincitore, non ha nulla a che fare con il probo capitalismo protestante della passata epoca industriale (ammesso che sia mai esistito).

Il capitalismo del quale i Fassino e i Violante sono divenuti i cani da guardia è un sistema intimamente criminale. Il raggiro il furto la violenza non ne sono affatto escrescenze accidentali. Ne sono la logica inevitabile. Chiunque voglia giocare quel gioco deve sapere che in quel gioco non vi sono regole se non quelle dello sfruttamento e della violenza contro il più debole.

Questo mostra la questione Unipol : che con costoro non è possibile fare alcuna alleanza, perché costoro non sono soltanto corrotti, ma soprattutto imbecilli.

E’ proprio il fondamento storicodialettico sul quale hanno costruito la loro vicenda che non è mai stato vero : non è vero che chi vince ha ragione, né è vero che la ragione vince. E non è vero neppure l’incontrario. Nella storia non vince nessuno perché a rigore la storia non c’è. Ci sono storie che nascono in ogni momento, e la ragione rinasce anche quando sembra che la ragione sia spenta.

Perciò l’importante non è vincere o perdere, l’importante è essere impeccabile, come dice il don Juan di Castaneda.

Messaggi

  • da J.R.

    analisi interessante ma ancora una volta, anche tu, come tutti noi, (chi è senza peccato scagli la prima pietra...) non facciamo altro che rispondere (= star dietro) a ciò che "altri" fanno, decidono e fanno trasmettere attraverso i (soliti) media (così da trascinarci nei loro ... "contenuti" ... e svuotarci a testa da altre possibiltà).

    Sulle questioni della Politica o della politica (la M o m è determinate, anche storicamente) rimando a l’ intervento di Viviana Vivarelli titolato La deriva dei DS (mercoledì 4 gennaio 2006)
    in queste stesse pagine e alle relative risposte (tra cui le mie).

    Noi continuiamo a pensare BENE e a parlare BENE ma intanto .. "altri" AGISCONO e fanno questo nostro Mondo a loro immagine e sommiglianza (e interesse) e noi non siamo altro che polli nelle batterie. E "loro" ben lo sanno.

    Forse è meglio che ANCHE NOI COMINCIAMO a "pensare meno"... (anzi a discuisire meno) e ad AGIRE (almeno un poco) se veramente ci INTERESSA ... UN NUOVO MONDO POSSIBLE.

    J.R.

    • Hai ragione da vendere, caro J.R.

      Ma credo bisogna anche fare i conti con la realta’.

      Parlando solo di Bellaciao ( in altri luoghi la fatica e’ stata ancora maggiore) e’ dallo scorso luglio che mi spertico a dimostrare ( con la piccolissima compagnia di qualche altro compagno, bancario di mestiere come il sottoscritto ) l’ “inciucio bipartisan” che c’era dietro la vicenda del cosiddetto “risiko bancario”, molto prima quindi che se occupasse la magistratura ed ancora prima delle intercettazioni pubblicate dai giornali.

      Non che fossimo incredibili “veggenti”, ma semplicemente, in quanto direttamente interessati come lavoratori, avevamo intuito prima di altri una serie di cose.

      Ebbene, ci siamo dovuti scazzare in modo incredibile ( persino con la Viviana che citi, ma soprattutto con altri) per far capire che non eravamo “agenti al soldo di Berluskoni” che denigravano o peggio ancora “infamavano” i poveri dirigenti D.S.

      Questa è quindi la triste realta’ con cui bisogna fare i conti.

      Tra l’altro, sono stato io, ieri, a postare su Bellaciao l’intervento di Bifo, ripreso da Rekombinant, inserendolo a commento di una antica e illuminante dichiarazione di Berlinguer ( che pure non ho mai amato) sugli intrecci tra politica ed affari.

      Per la verita’, non ho mai amato nemmeno Bifo, e meno ancora di lui qualche suo accolito “banchiere” che ama improvvidamente definirsi “anarchico” ( evidente negazione in termini) ma mi era lo stesso sembrato che il suo intervento contribuisse a chiarire ulteriormente i termini della vicenda, a fronte di chi maldestramente cerca, anche qui, di difendere ancora Fassino e D’Alema.

      Dato per scontato quindi che per “agire” e’ assolutamente necessario prima “conoscere” i fatti e la realta’ delle cose e che ancora molti, obnubilati dall’ indubbiamente insopportabile presenza al governo di Berluska e della sua banda, tendono ancora a mascherare e sminuire le gravissime responsabilità politiche ( prima che giudiziarie ) di altri, mi sembra proprio che per potere “agire”, come dici giustamente tu, siamo ancora, come si dice a Roma, a “carissimo amico”…….

      Keoma

  • SIAMO MAESTRI NEL FARCI DEL MALE !!!! L’hai capito che fai il gioco di Berlusconi ? Questo argomento,Affari e Politica, merita tutt’altro approccio. E’ vero, dobbiamo riappropriarci di un’etica della politica ma non è assolutamente questa la strada.
    Sento troppo livore, troppo astio, troppe parole e troppo poca voglia di fare.
    eddy

    • No, caro amico, non faccio assolutamente il gioco di Berluskoni e quindi meno che mai ho ammesso di averlo fatto in passato, rileggi bene .....

      Con la stessa tua logica, quest’estate il gioco di Berluskoni l’avrebbero fatto nell’ ordine, Epifani, Bertinotti, Rutelli, Prodi, Scalfari, Salvi, Bassanini, Napolitano, Morando, Valentino Parlato, Beppe Grillo, Dario Fo, Travaglio, Celentano, Biagi, Luttazzi, la dirigenza pure diessina del Montepaschi, e non so quanti altri.

      Tutte icone dell’antiberlusconismo che avevano invece cercato, a vario titolo ed anche da posizioni diverse, di convincere il vertice D.S. ad abbandonare - e se possibile a convincere i Consorte ed i Sacchetti a fare altrettanto - il gioco dell’ Opa sulla Banca Nazionale del Lavoro, nonche’ le allucinanti alleanze politiche ed economiche con altrettanto allucinanti personaggi gravitanti nell’area del centrodestra ed anche nello stretto entourage di Berluskoni, alleanze tese ad ottenere un certo risultato.

      Ma i D’Alema, i Fassino, i Bersani, per non parlare di Consorte e Sacchetti, hanno pensato bene di fare orecchie da mercante ed anzi, soprattutto D’Alema, ha anche ritenuto di prendere in giro in modo spocchioso ed arrogante questi accorati interlocutori.

      Ed il risultato di questo e’ ora sotto gli occhi di tutti ....

      Nel mio specifico di dipendente della Bnl, poi, avevo ed in parte ancora ho un altro problema.

      Gli avversari principal) dei "compagni di Unipol" nel contendere l’azienda in cui lavoro, i baschi del Banco de Bilbao ( peraltro legati al partito di Zapatero e quindi non "irriducibili nemici della sinistra" 9 avevano preso, con tutti i sindacati dei bancari, un preciso impegno scritto a mantenere inalterati i livelli normativi, salariali, occupazionale e previdenziali acquisiti negli anni dai lavoratori della stessa Bnl.

      Gli stessi sindacati, in primis ovviamente la Cgil, hanno provato per cinque lunghi mesi a cercare di ottenere dai "compagni" Consorte e Sacchetti lo stesso tipo di impegno ed in particolare era stato proprio Epifani a cercare in tutti i modi di mettere in piedi, in questo senso, una serie di incontri.

      Incontri che i "compagni dell’Unipol" si sono sdegnosamente rifiutati invece di tenere, arrivando addirittura a fare pressioni sull’attuale dirigenza della Bnl perche’ non corrispondesse ai lavoratori Bnl il "premio annuale di produzione" che pure era gia’ stato contrattato coi sindacati, premio che grazie alle pressioni di Unipol e’ stato infatti erogato soltanto ad Ottobre, quando invece gli accordi sindacali ne prevedevano l’erogazione in Luglio.

      Insomma, noi lavoratori Bnl che dovevamo fare ? Dovevamo fare il tifo per qualcuno che, senza avere ancora "scalato" la Bnl, gia ci stava danneggiando nei nostri immediati interessi ?

      Una bella pretesa ......

      Quindi, senza dubbio alcuno, mi sembra chiarissimo chi e’ stato a fare il gioco di Berluskoni, anzi il gioco, oltretutto fallito miseramente, CON Berluskoni e la sua banda.

      Sono stati D’Alema, Fassino, Bersani, Consorte, Sacchetti .

      Ed ora il non paralrne, anche tra noi compagni, per "motivi elettorali", finirebbe per essere una toppa peggiore del buco.

      Se la volete finalmente capire ......

      Keoma

      P.S. Caro J.R., ti rendi conto ?

    • E lo stesso Gnutti, intercettato ancora una volta dice: «Ho detto a Berlusconi che a loro interessava molto appoggiare Gianpiero (Fiorani) perché dall’altra parte stanno facendo quell’altra (Unipol-Bnl). Per cui, per una questione d’equilibrio, si fa una per una; quindi vado in appoggio anche di là. Berlusconi mi ha risposto che faccio bene».

  • da J.R.

    Vedo ... che le visioni, anche a sinistra, possono essere diverse e qui si vede ... se le differenze (di visione) sono scontro o (possono essere trasformate in) ricchezza ....

    Una cosa sono le teorie , altra cosa la realtà.

    In realtà siamo (tutti...) + 0 - ben preparati (colti...) in fatto di ideologie, teorie, etc.
    Amiamo (tutti...) esprimere agli altri il nostro pensiero-visione che nascendo da un individuo e soggettivo e non rappresenterà mai la realtà.
    Il nostro pensiero rappresenta la MAPPA ma .... non ha nulla (o quasi se non indirettamente) a che fare con il TERRITORIO (realtà) dove , invece, poggiamo i piedi, quei piedi che ci servono per CAMMINARE (=andare da qualche parte o restare fermi).
    Le mani sono nella realtà (TERRITORIO), lo è lo stomaco...
    Lo è anche il cervello, certo, ma la funzione che svolge è la sola del ns corpo ad operare nella MAPPA.

    La cultura che ci hanno imposto (civiltà ? ? ? ) ha portato tutti i riferrimenti nella/sulla MAPPA (interpretazione e "conoscenza"). Secondo tale ns cultura bisogna leggere e interpretare la MAPPA . E li noi (tutti) concentriamo le ns energie e risorse.

    Ciò che invece costituiva (e costituisce) la CULTURA RURALE , quellla interdipendente dal TERRITORIO / REALTA’, era (è) il rapporto diretto tra Pensiero e Azione.
    Il Pensare era centrato nel del FARE e il FARE era indispensabile , era il continuo contatto (interazione) con il Mondo - Territorio - Realtà.

    Oggi , invece, tutti noi, siamo centrati in realtà virtuali soggettive , di visioni cmq parziali (destra, sinistra, etc) . Virtualità di pensiero (ed emozioni) .

    Per capirci:
    Se VOGLIAMO veramente cambiare qualcosa di questà ns realtà sociale, culturale, economica, etc a poco serve farci tutte queste disquisizioni (virtuali) se poi non facciamo seguire (coerentemente) il nostro AGIRE quotidiano.

    Il pensare deve essere in funzione di COSA FARE, COME FARE e con la finalità di FARE.

    Solo se cominciamo, noi, noi tutti, (qualcuno di noi...) a FARE possiamo dar vita ad UN NUOVO MONDO POSSIBILE.
    Discutere (fine a stesso) sul berlosko, sui fassino, sui dalema, sui draghi, etc non ci darà pomodori migliori e a prezzo "umano", non ci darà pane non OGM, non ci darà un lavoro "umano" giustamente remunerato, non ci LIBERERA’ da un Mondo di COMPETIZIONE (e di COMPETITIVITA’) tra aziende, tra lavoratori, tra stati, tra .... uomini

    Meglio UNIRCI in un NUOVO FARE e dar vita ad ISOLE di REALTA’ (sociali, di lavoro, economiche, etc) dove si realizzi DIGNITA’ e SENSO alla/della Vita (Esistenza), dove si realizzi una NUOVA CONVIVENZA tra gli esseri umani, con il TERRITORIO, con l’ AMBIENTE, con gli altri esseri (tutti)
    Passiamo dal agire sulla mappa all’ AGIRE nella REALTA’ se VERAMENTE .... VOGLIAMO ( veramente lo vogliamo ????) un NUOVO MONDO POSSIBILE.

    J.R.

    • Si, vabbe’, caro J.R., abbiamo capito quello che intendi e personalmente condivido sostanzialmente quello che , sia pure un po’ confusamente, proponi.

      Pero’, lasciatelo dire, non e’ che le "banche etiche", le "economie altre" non inquinate e "solidali", cose sicuramente da sostenere ed allargare, possono incidere piu’ di tanto.

      E nemmeno possono essere decisive nel creare quell’ "altro mondo possibile", a cui credo crediamo noi tutti, altrimenti non staremmo a scrivere in questo sito.

      Che poi, in fondo, proprio il mondo cooperativo, quando nacque dal movimento socialista ( anche se Carlo Marx, ancora vivente, le coop. non le amava per niente), alludeva a qualcosa di simile a quello che proponi tu e purtroppo abbiamo visto, almeno in Italia, che fine ha fatto.

      Ed anche il diffondersi delle "comuni" piu’ o meno hippieggianti tra i 60 e i 70, sia pure in modo meno direttamente "politico", sempre a questo alludeva. E nonostante gli enormi meriti ( tra cui quello di aver rivoluzionato i costumi in tutto il cosiddetto occidente), di quel mondo ora rimane solo qualcosina tra Londra e Copenaghen, ormai roba per i turisti ....

      Per cui, francamente, pur condividendo la sostanza di quello che proponi, non mi sembra che cio’ rappresenti LA SOLUZIONE, ma al massimo UNA delle possibili molteplici soluzioni.

      E, comunque, qualunque tipo di "agire", anche quello che in qualche modo proponi tu, presuppone la "conoscenza" della realta’ esistente, per poi poterla cambiare in un modo o nell’altro.

      E invece qui, un po’ per "partito preso" ( speriamo non dai carabinieri...), un po’ perche’ si pensa che tutto si possa risolvere per via elettorale ( e certo la stessa esistenza del governo Berlusconi spinge in quel senso, questo lo capisco) e quindi "i panni sporchi casomai si lavano dopo", si tende addirittura a negare una realta’ invece evidentissima.

      Quella secondo la quale il "berlusconismo" ha ormai fatto breccia, come filosofia prima ancora che come "agire politico", anche nel cosiddetto campo avverso.

      Lo dimostra non solo la "bancopoli bipartisan", lo dimostrano le implicazioni anche di "sinistra" nelle vicende della Tav e del Ponte di Messina, lo dimostrano i comportamenti delle ex-vate dei movimenti Cofferati in quel di Bologna .... e tante altre cose ancora .....

      Tempo fa un caro amico tutt’altro che "estremista", ai margini di un convegno proprio sulle banche, mi diceva sconsolato ma convinto "Quando avremo cacciato Berlusconi, se ci riusciamo, festeggeremo come pazzi per una settimana buona e poi dovremo fatalmente ricominciare a fare opposizione ...."

      Se gia’ fossimo tutti coscienti di questo, avremmo gia’ fatto un grosso passo avanti ....

      Keoma

    • da J.R. (in risposta a Keoma)

      Non ho nè l’ ardire nè le capacità del comunicatore (e neppure la presunzione di esserlo) e cerco (solo) confusamente di "scambiare" ed "incontrare" pareri e ... visioni.
      E neppure , lo so, ho tra le mani la "verità" , anzi a dire il vero tendo a perdermi nei meandri dei vari ragionamenti e dei (troppi) imput. Non ho (pare) neppure il dono della sintesi. (poveretto me...)

      Malgrado ciò (e molto altro ), nel mio piccolo, con la mia (solita) confusione, cerco con onestà (spero ma ci provo almeno) di NON accontentarmi dei vari "Si, vabbe’ ..." punto e a capo, giriamo pagina, chiudiamo il libro (o il tema)... che tanto ste cose già (io) le ho sentite .... (e sanno di muffa)

      Credo ... che la critica sia importante, anzi molto importante, ma .. SE per costruire e non fine a se stessa.
      Con il distruggere (critico) non si costruisce nulla.
      Se si vuole costruire bisogna non solo esaminare le cose, non solo criticarle ma anche... PROPORRE (o almeno provarci ... vedi mai che ... ).

      Poi.
      Certo hai perfettamente ragione. Tutta la storia (anche recente) ci insegna che nessuno dei tentativi per dar vita a "sogni" di una società migliore sono finiti miseramente e che l’ unico filo conduttore della storia è il "godere" di pochi a discapito dei più. Quindi nulla di nuovo sotto il sole.
      Le mie stesse speranza per un Nuovo Mondo Possibile non hanno grande "quotazione" . Non credo che la politica possa esserne la soluzione perchè troppo intrigata con la (grande) finanza.
      Ma ....
      Ma, mi sembra, che i principi della globalizzazione politica, economica, produttiva, finanziaria ma NON delle genti, (condivisi da destra e da quasi tutta la sinistra) certo non favoriscono le nostre speranze .....
      Non vedo alcun senso schierarmi nè con le aziende del berlusco nè con le coop di fassino (lobby economico-politiche). Nella mia piccola esistenza (ma credo anche nella tua) non cambierà assolutamente nulla. (TAV insegna ....) visto che gli scopi di "lor signori" se apparentemente in concorrenza (ma non troppo...) sono i medesimi .... e NON sono contemplati possibili e diffusi (e reali...) miglioramenti "umani" per i più ....

      Visto ciò mi pare (ma è ovviamente soggettivo) che sia importante dare VALORE al LOCALE nel FARE LOCALMENTE (piccole isole indipendenti di sana società e di sana economia).
      Come si diceva tempo fa (ma non si è mai fatto, salvo rari casi...) : Pensare globalmente Agire localmente.

      Aggiungo e concludo.
      Conosco personalmente il mondo cooperativistico e dalle mie (piccole) esperienze non ho potuto ... non notare ... che (malgrado i principi portatori) sono (salvo rari casi) elementi di lobby politico-economica. Basti vedere che la loro sussistenza economica si basa quasi esclusivamente da finanziamenti pubblici, ovvero da bandi/appalti di comuni, provincie, regioni, etc che tradotto vuol dire (ancora) commistione tra politica ed economia. E non vi è differenza nessuna tra amministrazioni di destra o di sinistra.

      Personalmente ne deduco qualcosa , ma , ovviamente , resta (ancora...) una mia e soggettiva deduzione (e magari confusa) e quindi oppinabile e quindi criticabile se espressa .
      Ma poi (magari) dopo, subito dopo, i (facili e poco impegnativi) " Si, vabbe’" (ma che palle ...) sarebbe (forse ?) il caso di Pensare ad una qualche Proposta ....
      Proposte da considerare, magari da sviluppare, magari da migliorare, magari ... (se non costa troppo impegno .... ?)
      (Grazie... per la pazienza nel considerare le mie piccole ...espressioni soggettive ....)

      J.R.

    • Io conosco molti cattolici stimabilissimi e conosco molti diessini stimabilissimi, cio’ non toglie che siano criticabili le gerarchie ecclesiastiche come quelle DS.
      Immagino che anche al tempo dell’Inquisizione o delle segreterie comuniste che difendevano l’URSS ci fossero bravi militanti stimabilissimi... cio’ non di meno...
      Vorrei dire che per me la differenza tra persona onesta e vertici che non lo sono e’ importante.

      Eugenio Scalfari a "Che tempo che fa" e’ stato illuminante! Non e’ entrato nel merito della contesa tra Forzisti e Diessini o nello scandalo Consorte.
      Ha solo notato con finezza come sia diversa la "sensibilita’" degli elettori dei due schieramenti.

      Quelli della Cdl praticamente non battono ciglio di fronte a qualunque compromissione dei loro capi, non c’e’ conoscenza di reato, di aggiustaggio di legge a scopi personali, di compromissioni in scandali, di corruzione, di collusioni inquietanti che li scalfisca (sanno solo insultare, mai fare autoanalisi!). Non soffrono mai della sporcizia che i loro capi diffondono rovinando il paese, come se essa non esistesse.

      Gli elettori Ds invece sembrano ingenui e idealisti ("Hanno un’altra sensibilita’", dice Scalfari), vogliono credere in valori, in ideali e vogliono che anche i loro delegati siano fedeli a quei valori e a quegli ideali.
      E quegli elettori, che magari di Marx sanno poco e magari l’Unita’ nemmeno la leggono, credono tuttavia nell’onesta’, nel lavoro, nel progresso civile, nella protezione dei deboli, nella giustizia sociale, e costituiscono un patrimonio antico e prezioso che non si puo’ tradire e non si puo’ insultare.

      Bisogna distinguere quegli elettori dai loro delegati.
      La loro viva sofferenza in questi momenti prova che sono persone perbene. Essi sono rimasti feriti, si sono sentiti traditi, come gli elettori della Cdl hanno dimostrato di non esserlo mai.

      E a me, che ho sempre criticato ferocemente la conduzione preoccupante delle segreterie, questi valori ’umani’ sembrano una risorsa importante per il paese e la rispetto. In loro io vedo la vera sinistra.
      Non in D’Alema.
      In D’Alema e anche in Fassino io la sinistra non l’ho vista mai, ma non per lo scandalo Consorte, bensi’ per tutti gli irrimediabili errori e inciuci che hanno fatto fin’ora, tradendo tutto il patrimonio ideologico e ideale che avrebbe dovuto sempre guidare il maggiore partito della sinistra italiana e che oggi vediamo buttato nel disonore.

      Strana parola, l’onore! Una parola che tanti della Cdl, contaminati dal lucro e dal potere, nemmeno sanno piu’dove stia di casa!
      La loro assoluta mancanza di autocritica, l’assoluta mancanza di critica verso i reati dei loro capi non hanno fatto che provare continuamente la loro assoluta mancanza di ideali e di etica!
      Ma non si puo’ parlare di etica idolatrando il vitello d’oro e idolatrando coloro che lo prendono come unica egoistica guida!
      viviana

    • "Caro J.R, io credo che la miglior risposta alle tue argomentazioni sia quella contenuta nell’interessante articolo pubblicato recentemente su Liberazione , che qui di seguito riporto :

      DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA O DEMOCRAZIA CONSILIARE?
      Anche presidenzialismo e maggioritario nel tavolo di trattativa Ulivo-Rifondazione Comunista

      di Valerio Torre

      Chi non ricorda il gran parlare che il gruppo dirigente di maggioranza del Prc fece, soprattutto a cavallo del V Congresso del partito, della democrazia partecipativa e, principalmente, della sua più evidente pratica applicazione, il bilancio partecipativo? Chi non ricorda l’epica che fu fatta dell’esperienza di Porto Alegre, con la “santificazione” del sindaco di quella città, Tarso Genro?
      Nello stesso periodo, Progetto comunista indicava, invece, negli eventi rivoluzionari del dicembre 2001 in Argentina -e nei nuclei di vero e proprio “contropotere” consiliare (le assemblee di barrio, le assemblee dei piqueteros, dei trabajadores) che si erano formati in un processo di autorganizzazione di massa innervando di sé le giornate rivoluzionarie- la dimostrazione che le dinamiche di massa che si affacciarono sulla scena mondiale agli inizi del Novecento facendo prorompere quella domanda di “un altro potere” erano tutt’altro che estinte.
      Eppure, in quei giorni, all’evidenza dei fatti -che Lenin soleva dire avessero la testa dura- la maggioranza dirigente di Rifondazione contrapponeva ottusamente il bilancio partecipativo dello Stato del Rio Grande do Sul, che era perfettamente funzionale al perseguito disegno strategico della costruzione di un sistema compiuto in cui ai movimenti è lasciato il contentino (e l’illusione) di svolgere un ruolo di pressione istituzionale finalizzato alla contaminazione della politica dominante e non alla costruzione di un’altra politica: era questo che si nascondeva dietro lo slogan suggestivo “un altro mondo è possibile”, come gli eventi di questi giorni dimostrano!
      Poi la retorica sulla democrazia di Porto Alegre lasciò spazio al lungo lavoro di tessitura dei rapporti con i partiti del centrosinistra in vista dell’accordo di governo del 2006, e di bilancio partecipativo non si è parlato più per un pezzo, salvo che in qualche piccolo comune o in qualche circoscrizione, dove è stata addirittura creata una delega ad hoc (in genere, graziosamente elargita ad un assessore del Prc).

      La costituzionalizzazione della democrazia partecipativa.
      All’improvviso, però, ecco di nuovo fare capolino la democrazia partecipativa con tutto l’armamentario cui il bertinottismo ci ha abituati. Come mai questo ritorno sulla scena della mistica importata direttamente dal Foro Sociale Mondiale dopo due anni di silenzio teorico e qualche limitata applicazione pratica?
      La ragione è molto semplice e va ricercata nell’accordo Rifondazione-Ulivo. Il lavorio più o meno sotterraneo che sta portando i comunisti dritti dritti nella braccia di Prodi ha infatti partorito un documento (la c.d. “bozza Amato”) comune a tutte le opposizioni, che costituirà la base delle riforme costituzionali che la futura maggioranza di governo di centrosinistra allargata al Prc dovrebbe approvare una volta al potere nel 2006. In esso vengono, con un semplice tratto di penna, cancellate le ragioni stesse della nascita del nostro partito, il quale, a fronte di un modesto riconoscimento di una quota di proporzionale per l’elezione del Senato, ha capitolato rispetto al sistema maggioritario, accettando addirittura un evidentissimo rafforzamento dei poteri del premier, cui sarà in futuro concesso di “licenziare” un ministro non gradito.
      Insomma, si tratta di un vero e proprio baratto: per vedersi garantita la sopravvivenza istituzionale e riconosciuta l’affidabilità necessaria per accedere agli scranni del governo della borghesia, Rifondazione ha dovuto cedere -di buon grado peraltro, senza particolari resistenze- sul maggioritario e su una ancor maggiore “premierizzazione” del sistema rispetto ad oggi.
      Naturalmente, bisognava ottenere dal centrosinistra una contropartita spendibile agli occhi di militanti sempre più scettici rispetto alla linea della maggioranza del partito. Ed ecco il classico coniglio dal cilindro: la costituzionalizzazione della democrazia partecipativa, cioè “l’introduzione in Costituzione di un articolo specificatamente dedicato alla democrazia partecipativa, che ne definisca le articolazioni tanto sul versante dell’economia e della società, compresi i luoghi di lavoro, quanto su quello delle istituzioni pubbliche, prefigurando strumenti e procedure di partecipazione” (Documento delle opposizioni, reperibile sul sito www.rifondazione.it/ev/riformastato/bollettino/06dicembre2003.pdf).
      È questo -nel commento di Marco Nesci (Liberazione, 25 marzo 2004), che per Rifondazione ha partecipato alla stesura del documento- uno dei “punti politicamente più significativi”: cosa importa, poi, se alla figura del capo di governo vengono attribuiti poteri sempre più soverchianti nei confronti delle Camere e della stessa maggioranza che lo sostiene? Cosa importa se in tal modo si legittima oggettivamente il sistema maggioritario uninominale contro cui da sempre il Prc si era battuto? Perché darsi questa inutile preoccupazione: forse che “non è quello che già accade nelle giunte comunali, provinciali, regionali alle quali Rifondazione partecipa?” (Giovanni Russo Spena, da Il Giornale, 12 dicembre 2003).
      Ed allora, se quella posta nel documento approvato dalle opposizioni ne rappresenta la cornice, vediamo nel dettaglio cos’è la cosiddetta “democrazia municipale”.

      Il neomunicipalismo.
      È evidente che, appunto, nel comune -inteso come unità minima di base- ma pure nelle circoscrizioni di grandi città, nelle reti o unioni di comuni, comunità montane, province, i suoi cantori vedono le fondamenta di questa chimera denominata “Nuovo municipio” ed autoproclamatasi (Carta d’intenti della Rete del Nuovo municipio, reperibile sul sito www.carta.org) “una diversa e più avanzata forma della democrazia”. E la ragione per cui al governo locale viene attribuita nientemeno che la capacità di sviluppare nuove esperienze politiche e di creare nuove istituzioni (Massimiliano Smeriglio, da Liberazione, 25 marzo 2004) è addirittura individuata nel processo di globalizzazione economica, che “riduce la forza degli Stati nazione, fenomeno che sposta l’attenzione sull’ambito locale” (ibidem).
      Ora, quella di sostenere l’esaurimento della funzione degli Stati è sicuramente una favoletta a cui non crede più nessuno e che viene smentita dalla realtà che tutti abbiamo sotto gli occhi, in cui v’è un prepotente riemergere proprio del ruolo degli Stati ed un nuovo innalzarsi del livello dei conflitti interimperialistici fra essi. Ma è questa falsa rappresentazione della realtà che poi consente di assegnare ai governi locali -intesi come “nuovo spazio pubblico non tradizionale, che può potenziare l’esercizio dei diritti di cittadinanza e edificare cittadinanza attiva”- il compito “storico” di ricostruire lo Stato nazionale “dal basso” (ibidem).
      Nella pratica, invece, si tratta di un sistema che vuole mettere in relazione fra loro il governo locale (il cui potere non viene affatto messo in discussione), il territorio e la società civile, sulla base di “istituti di partecipazione alle decisioni strategiche, alle politiche ed alle azioni concrete degli stessi governi locali”; il principale dei quali viene individuato nel cosiddetto “bilancio partecipativo” mutuato sul modello -seppure i fautori del neomunicipalismo ne escludano la pura e semplice emulazione- di quello in auge a Porto Alegre, nello stato brasiliano di Rio Grande do Sul.
      In più occasioni, questo giornale si è occupato di tale esperienza per disvelarne la vocazione tutto sommato conservativa e compatibilista. In questa sede giova solo ricordare che essa rappresenta un coinvolgimento popolare unicamente di tipo consultivo (col potere di veto del rappresentante del governo che partecipa all’assemblea di base) su una limitatissima quota del bilancio statale.
      Ed è con le medesime caratteristiche che il bilancio partecipativo viene applicato in qualche comune italiano.

      Pieve… Alegre?
      Prendiamo ad esempio il comune di Pieve Emanuele (Milano), uno di quelli in cui da più tempo (1995) è stato intrapreso il percorso che ha portato ad istituzionalizzare il bilancio partecipativo: il sito internet del municipio (www.comune.pieveemanuele.mi.it) fornisce un’enorme messe di dati, da cui emerge, nonostante l’enfasi con cui l’esperienza viene presentata (la stessa istituzione si autodefinisce… Pieve Alegre!), una bassissima partecipazione alle assemblee (151 partecipanti su un totale di 16.543 abitanti, con una percentuale dello 0,92%), con una scarsa possibilità di incidere per davvero sulle scelte del Comune (è lo stesso sito web che ci illustra che lo “stato di fattibilità della priorità indicata costituisce la condizione imprescindibile senza la quale il Comune non potrà accogliere le istanze dei cittadini, nella forma dei progetti presentati alla fine del ciclo della partecipazione”).
      Naturalmente, è lo stesso Ufficio Partecipazione a dirci che “l’intervento delle assemblee di cittadini sulla politica delle entrate e delle uscite del Comune non rappresenta un intervento diretto, nel senso che non viene chiesto di votare l’approvazione del bilancio di previsione (…). Nella stragrande maggioranza dei casi, le risorse necessarie ad attuare i progetti proposti si cercheranno tra le voci del bilancio comunale: ciò significa che in alcuni casi l’approvazione di un progetto imporrà nei fatti un consistente spostamento di risorse da una voce a un’altra, l’aumento o la diminuzione del costo di un servizio o delle imposte comunali”.
      Per di più, dalla lettura dei resoconti delle assemblee cittadine, si nota che molte delle indicazioni emerse -le più significative- sono state escluse in sede di approvazione del bilancio, mentre vi sono state comprese quelle che non collidono oltremodo con le scelte di gestione politico-economica dell’ente. Insomma, una molto modesta -e, per di più, solo apparente- cessione di potere da parte dell’istituzione comunale per conseguire la pace sociale necessaria alla perpetuazione di politiche di compatibilità di bilancio e che certamente non sono di favore per le classi subalterne.

      Partecipazione concertativa.
      Qualcuno potrebbe obiettare che, in fondo, Pieve Emanuele non è il centro dell’universo politico e che quindi pensare a quell’esperienza come ad un modello da imitare sarebbe erroneo. L’obiezione è però smentita dallo stesso Ufficio Partecipazione nel documento in rete: “quella del Bilancio Partecipativo a Pieve Emanuele è una sperimentazione molto avanzata rispetto alla situazione italiana ed europea. Ciò fa sì che molti occhi siano puntati su questo progetto… Il contributo che Pieve può dare non è quello della costruzione di un modello di BP da esportare in giro per il continente, ma la dimostrazione che questa strada è percorribile”.
      E infatti, tale percorso è stato subito individuato dal gruppo dirigente di maggioranza del Prc come quello più utile, lastricato com’è di concertazione, attraverso il quale si può arrivare senza troppi scossoni al governo con i banchieri nel 2006.
      In fin dei conti è questo il pedaggio che Rifondazione deve pagare per la ribalta governativa: sterilizzare e rendere innocuo il conflitto sociale attraverso questo neomunicipalismo concertativo che non ha nulla in comune con quella democrazia consiliare che nel 1917 costituì la base su cui le masse, guidate da un partito che rifiutava sprezzantemente di andare al governo con i borghesi (sia pure progressisti), fondarono la loro pretesa di un altro potere e respinsero l’ipotesi di condividere il potere del capitale."
      MaxVinella

    • da J.R. (risposta a Max)

      Caro Max, certo il tema (i temi) da trattare e sviluppare E’ quello da te indicato attraverso l’ articolo.
      Ne emergono (credo) fondamentalmente due strade.
      La prima è proposta dalle esperienze sud americane, la seconda da quelle italiane.

      Forse entrambe sono percorribili, almeno provarci ... come si dice... ma ....

      Continuo (malgrado tutto...) a non riconoscermi nelle varie aree politiche ma un poco di più nelle speranze (anche se spesso ancora confuse e troppo spesso solo politicizzazioni...) dei Movimenti.
      Va quindi da se che credo (...) preferibile e maggiormente produttiva la strada già sperimentata che il sud america ci indica come fattibile.

      Creare Isole di Società e di Economia Locale permette di "uscire" dagli schemi e dalle dipendenze (e dalle lobby) del "sistema dominante".
      Se si crea un’ economia locale autonoma non si partecipa più (o molto meno) alla formazione di PIL che in altre parole vuol dire (non) oliare (più) gli ingranaggi della "loro" economia.
      Dar vita a Nuove Realtà Lavorative/Produttive direttamente collegate agli Utilizzatori finali (ex consumatori) fa si di NON partecipare (= contribuire) al loro "mercato" (degli orrori e delle ingiustizie), fa si di uscire dai loro schemi di produzione (competitiva di tutti contro tutti), di remunerazione (sfruttamento delle "risorse" umane) di commercializzazine (utilizzando filiere moooolto remuneranti....), fa si di non "accedere" più a "loro" risorse economiche (non partecipare al "loro" sistema finanziario). Autonomia di Isole dove, magari, .... si utilizzi una moneta locale ... (già ci sono esempi importanti in Europa, vedi Germania ma non solo).
      Come solito... la mia (non) capacità espresiva risente dei miei (tanti) limiti e ... confusioni ... ma credo (spero ?) di rendere (almeno un poco) l’ idea e le possibilità di tale percorso.
      La seconda strada mi piace meno e l’ esperienza (certamente migliorabile) di Pieve E. già la dice lunga ... Tutti sappiamo come siano bravi i politici (e gli amministratori, anche queli comunali) nel " ... diluire" le ns aspettative e speranze .... e questo perchè "loro" fanno parte integrante del "Loro" sistema.
      Se vuoi il paragone può essere indicato con il tentativo (strumentale..) che indicano quando parlano di "Sviluppo Sostenibe" che "noi" sappiamo è in realtà impossibile visto che (tra le varie cose...) le risorse del pianeta non sono infinite. Questo sono i politici. (Ci perderemo quanto tempo, energie e speranze nel cercare di "mediare" la "loro" visione di Sviluppo con la "nostra" ? Risposta: Infinito e poi ci saranno le solite variazioni sul tema, e poi nuove soluzioni innovative (sempre teorie) dove ri-cominciare a discutere e confrontarsi... e INTANTO ... "loro" si fanno "business" .... e consolidano i loro giochi di potere. Capisci ?

      Tutto ciò però implica una cosa. Una piccola cosa.
      La cosa più importante.
      LIBERARCI dalle dipendenze di consumo e di (falso) ben-essere della cultura "moderna" che "loro" ci propongono.
      LIBERARCI da un certo modo di pensare.
      LIBERARCI da un certo modo di vivere.
      Questo è il Punto !
      Lo VOGLIAMO veramente ?
      Oppure sognamo... anche noi (tutti) un semplice miglioramento delle ns condizioni di esistenza ma secondo la "loro" visione di vita/società ?
      Se così fosse saremmo/siamo solo dei potenziali (piccoli) borghesi anche noi affamati di soldi e di consumismo.

      Ecco perchè preferisco la Via Sud Americana.

      J.R.

  • ahi ahi compagni ; il problema che pone Bifo non è tanto nella scalognatissima figura fatta da alcuni dirigenti diessini nella gestione della faccenda UNIPOL - Lega cooperative - Consorte ( ma ricordiamoci : figuraccia , non corresponsabilità politica e giudiziaria come normalmente accade nel’ipotesi di interventi di gente del Polo) , ma tanto filosofico e generale sul grande tema "la sinistra ,chi siamo, come facciamo " . Il buon Bifo sostanzialmente ragiona come Bartali " l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare " , ripropone schemi e ragionamenti molto ortodossi e di sinistra e mostra ancora una volta di vivere, così come spesso ha vissuto, nel mondo delle nuvole ; o ,meglio , si presenta davanti alla attuale realtà storica come la nota Alice nel paese delle meraviglie . Che tristezza per me , che son canuto di capelli ed ho già un po’ di artrite , rileggere le cose che leggevo al liceo e poi all’università , le frasi fatte, le analisi un po’ raffazzonate , le proposte ingestibili ma comunque affascinanti . Cari compagni, se si vuole ripresentare l’uomo nella centralità del pensiero, occorre in qualche modo e misura servirsi degli strumenti che si ha a disposizione : e così anche pensare , fra le altre cose , di entrare nei meccanismi del sistema economico , meccanismi presenti un po’ in tutto il mondo ,non per adeguarsi ad essi in modo passivo, ma per correggerli, cambiarli, appunto per porre l’uomo al centro dell’universo , e non la merce ; o comunque per usarne nell’interesse di chi lavora , facendo divenire impossibile la gestione degli stessi nell’interesse del puro capitale . Nel caso, quanto sarebbe interessante avere una banca di gran nome e di grandi mezzi che gestisce il rapporto con i clienti, sia privati che imprenditori , fuori dal cartello esistente fra le banche !!! Alternativamente si fa del gran fumo ( peraltro mettendosi a posto la coscienza ) senza costruire nulla di efficace ; oppure , e questo è un discorso storicamente serio , si ritiene che il sistema non si cambia ma si abbatte , ed allora ci si comporta di conseguenza assumendosene ogni responsabilità.
    Buster Brown

    • E no, caro Buster.

      Condivido pienamente quanto dici su Bifo e piu’ in generale su un certo ragionare da "acchiappafarfalle" tipico non solo di Bifo ma di molti tardo-negriani come lui, a cominciare dal suo stretto entourage di Rekombinant.

      Un ragionare da "acchiappafarfalle" demenzial/desideranti che li ha portati negli anni 90 a teorizzare la "fratellanza" con gli skins fascisti, successivamente ad innamorarsi ( in questo in buona compagnia, per la verita’) della nascente Rifondazione ed in tempi piu’ recenti addirittura di quel Cofferati che ora rinnegano, esagerando come tutti gli innamorati delusi, e arrivando ora ad affibbiargli l’eccessiva e fuorviante accusa di "fascismo".

      Bifo e tardo-negriani a parte, pero’ non condivido minimamente il giudizio sulla vicenda Unipol che hai dato.

      Parlando di aspetti "giudiziari", sicuramente la telefonata di Fassino a Consorte non ha alcuna rilevanza di tipo penale.

      Nutro francamente qualche legittimo dubbio che tutto quell’accaparrare liquidita’ di Consorte e Sacchetti sia pura questione di arricchimento personale ; per intenderci, che si tratti degli eredi di Primo Greganti ( che certo non "rubava" per se ) non mi sembra sia una ipotesi del tutto trascurabile.

      Ma, anche volendo mettere ( da garantista di ferro) da parte questa ipotesi fino a prova contraria, non condivido minimamente il fatto che tu escluda anche responsabilita’ di tipo esclusivamente politico del vertice diessino.

      Queste mi sembrano veramente innegabili.

      E anche ’sta storia della "banca amica", utile a rompere il "cartello" del piu’ generale mondo finanziario italiano mi sembra francamente non reggere.

      Di banche di area diessina e legate fortemente al movimento cooperativo in Italia ne esistono gia’ due : una e’ la Unipol Banca, di stretta proprieta’ della Lega Coop ed erede di un altro aborto di tentativo di "banca delle cooperative", la Banec degli anni 80 e 90, progetto miseramente fallito.

      E poi c’e’ il piu’ serio caso del Montepaschi Siena, di proprieta’ del comune della citta’ toscana, da sempre amministrato dalla sinistra. Montepaschi che, pur presente da anni nel capitale della Bnl - d’accordo con le cooperative toscane - ha preferito tenersi fuori dalla "scalata" Unipol alla stessa Bnl ( e chiamali fessi !).

      Ebbene, non risulta che ne’ la piccola Unipol Banca ne’ il grande Montepaschi, al di la’ di una maggiore attenzione al mondo cooperativo, abbiano pero’ mai fatto politiche sostanzialmente diverse da quelle del resto del mondo bancario italiano.

      Ed e’ quindi difficile pensare che fosse questa la vera finalita’ dell’ operazione della Unipol sulla Bnl.

      Quanto piuttosto quella di entrare, da parte dei DS, un po’ per forza e senza essere stati invitati, in quel "salotto buono" che rappresenta il vero potere economico/finanziario italiano.

      E per far questo sono arrivati ad allearsi con veri e propri lestofanti legati al centrodestra come Fiorani, Ricucci, Gnutti, Coppola, Caltagirone, cioe i cosiddetti "capitani coraggiosi", e persino ad ambienti del ristretto giro del cavaliere Berlusconi.

      E alleandosi anche, alla faccia’ della italianita’ che si pretendeva di difendere, a potenti banche straniere che erano i finanziatori ( e quindi in fondo sarebbero stati poi i veri padroni) della Bnl che fosse stata "scalata".

      Progetto a dir poco fallimentare e quindi poi miseramente fallito.

      E responsabilita’, quantomeno politiche, del tutto evidenti.

      Keoma

    • Le magagne dei Ds purtroppo procedono da molto tempo. Dispiace per tanti militanti onesti e in buona fede, ma i fatti sono fatti.
      Basterebbe vedere cosa si permette di fare il sistema bancario italiano e come ha potuto agire in situazione di quasi monopolio (cartello) senza che nessun governo di destra o di sinistra pensassee minimamente di porci dei freni!
      E vedere che esso e’ stato difeso dai DS come da B!
      Lasciamo perdere le balle del neoliberismo, che rende il mondo schiavo di pochi magnati, con promesse fantomatiche come ’concorrenza’, ’democrazia’ e ’libero mercato’ !
      Guardiamo come i DS facciano sempre la loro bella figura di collusi al peggio!
      L’appoggio dato da D’Alema all’immobiliarista Ricucci sembra forse a qualcuno una bella cosa di sinistra e un atto da politico onesto? Scalate fatte coi soldi nostri, con D’Alema che se ne esce difendendo Ricucci, a cui le banche davano fior di miliardi per spericolate manovre illegali, a perdita nostra e arricchimento suo! E anche col compito di acquistare il 1° quotidiano d’Italia (Corriere) per conto di B.? E D’Alema sempre d’accordo!?
      E la protezione a Fazio?! Che spifferava informazioni utili a speculatori quando doveva esserne il controllore? E D’Alema (con B) sempre pure d’accordo!?
      E nessuno dei Ds che abbia mai aperto bocca sull’indegno cartello delle banche italiane!!! Tutti zitti! Nessuno che si sia mai sognato di fare una riforma europea del risparmio, ne’ Prodi, ne’ Dini, ne’ D’Alema!
      Si pensi solo al furto delle spese per servizi.
      Come i diritti di custodia, che sono i piu’ cari d’Europa; per partecipare a una assemblea Fiat basta un’azione, che costa 7 euro, ma le banche, per custodire quell’azione solitaria chiedono ben 60 euro!
      E Fazio che parla di "italianità"!? Ma ci faccia il piacere...!
      Se il mercato bancario italiano si aprisse a banche straniere senza imporre illegali cartelli, potremmo anche noi pagare 5 euro l’anno per i servizi bancari e avere maggior trasparenza e onesta’.
      La banca di Bilbao, a cui Fazio ha chiuso per difendere la nostra "italianita’", è una delle più efficienti e meno care del mondo con redditività del 35% sul capitale! Ma la nostra "italianità" protegge invece un cartello di 177 banche italiane, che, nello stesso giorno, pubblicano gli stessi aumenti sulla Gazzetta, senza concordarli con nessuno! E i DS le difendono pure!
      Dove sta "l’Italianita’"? Negli abusi delle banche?
      Quelle stesse banche che hanno contribuito allo scandalo Parmalat, nascondendo proditoriamente i bilanci falsi (decine di migliaia di risparmiatori derubati!), sono ora le massime azioniste della Parmalat ! Dopo la beffa, il premio!
      Con Berlusconi che depenalizza il falso in bilancio! E i DS zitti!
      Con un Fazio protetto da D’Alema come da B. !
      E ambedue d’accordo su Draghi, che e’ uno della P2, guarda caso! Come Visco!
      viviana