Home > 4 giugno : sconfiggere la paura
Il quattro giugno George Bush deve essere accolto da una grande e pacifica manifestazione di massa, che dica no alla guerra e condanni tutte le guerre.
Il quattro giugno a Silvio Berlusconi deve arrivare un messaggio inequivoco: il popolo italiano è per la pace, si riconosce nell’articolo 11 della Costituzione repubblicana, per questo chiede l’immediato ritiro delle truppe italiane dall’Iraq.
Il quattro giugno il grande popolo della pace deve potere esprimere la sua forza, la sua determinazione, la sua capacità di persuasione pacifica. Deve far vivere la pace e la nonviolenza nelle parole, nei canti, nelle azioni.
Solo così potremo vincere la sfida. Solo così potremo convincere gli incerti, coloro che ancora non hanno chiare le conseguenze devastanti di una politica, quella dell’amministrazione Bush, che non solo è in guerra, ma è dentro la logica della guerra preventiva, e perciò permanente e infinita. Quella logica che non risparmia i civili, ricorre alle torture come strumento normale di repressione, abolisce i diritti più elementari.
Perché tutto questo si realizzi dobbiamo sconfiggere, prima del quattro giugno, un nemico potente, che già da giorni si affaccia sui media. Questo nemico è la paura. La paura di una manifestazione violenta, di cortei che degenerano in scontri, di azioni dimostrative che sconfinano con la guerriglia urbana. Una paura che, frenando la partecipazione di massa, rischia di trasformare una grande manifestazione pacifica e di massa, che intende svolgersi nel rispetto della città e con la città, in un corteo blindato o in una giornata all’insegna della repressione e della violenza.
Per battere questo nemico, ci sono due condizioni.
La prima riguarda il Governo, che continua a parlare di facinorosi e di gruppi intenzionati a portare nel corteo disordine e violenza. Se il Ministero degli Interni è al corrente di questi disegni, se ne ha la certezza, è suo compito isolarli. Evocarli in termini fumosi e allusivi serve solo a creare attorno alla manifestazione un clima di sospetto e di paura.
La seconda riguarda chi in questi giorni si lascia andare a dichiarazioni roboanti e violente. Chi evoca possibilità di scontri, di danni materiali, chi, in una parola, non esclude di introdurre la violenza in una manifestazione che il popolo della pace vuole di tutt’altro segno. Per questo, e per la massima chiarezza del dibattito politico e di movimento, riteniamo che le parole e intenzioni di questo tipo siano da contrastare in modo aperto.
Noi non siamo d’accordo. Altre sono le nostre intenzioni e il nostro progetto politico. Altro il nostro rapporto col movimento della pace.
Noi saremo in piazza contro Bush e saremo molti. Questo è il nostro modo di dire no alla guerra.