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di Giancarlo Pacchioni
L’acqua di Fiuggi ha numerose virtù terapeutiche, ma non sembra avere il pregio di sanare i danni provocati dall’olio di ricino.
Allora che senso ha festeggiare i dieci anni di An?
La Mussolini in questi giorni ha definito Fini: “una persona che ha strappato il cuore alla madre per arrivare dove è arrivato”. Questa è l’unica volta in cui mi trovo d’accordo con l’ex attrice in camicia nera.
Buontempo ascolta ancora i discorsi del duce.
Alemanno recentemente si è presentato ad un dibattito alla terza università di Roma, facendosi precedere da bravi picchiatori che hanno mandato all’ospedale diversi ragazzi che manifestavano pacificamente il loro dissenso al ministro.
Gramazio nega l’esistenza di leggi razziali varate durante il fascismo.
Tremaglia definì culattoni la maggioranza dei parlamentari europei.
Storace per diverso tempo si è fatto promotore del revisionismo storico, il cui fine era imporre alle scuole libri scolastici che fossero di gradimento ai bravi ragazzi in camicia nera.
Un quadro poco edificante, un quadro in cui è rappresentata una recita in maschera, recita necessaria al mantenimento di certe poltrone, il cui prezzo è nascondere la nostalgia al ventennio.
Divertente sarebbe stato vedere Di Canio salire sul palco che saluta la platea con il braccio teso, divertente ed istruttivo sarebbe stato vedere i militanti di An alzarsi e rispondere al saluto romano.
Fascisti dentro, con una passione smisurata per le poltrone che ha portato i parlamentari di An a votare leggi vergognose, parlamentari comodamente seduti e senza spina dorsale.
Consentitemi una divagazione sul tema: sabato ho pagato il canone Rai.
Ricordo come fosse ieri Gasparri in campagna elettorale che diceva che era sbagliato che si pagasse un canone alla Rai, poi una volta diventato ministro invece di toglierlo, lo ha aumentato.
Adesso il canone ha raggiunto quasi quota duecentomila delle vecchie lire: grazie ministro dalla lingua biforcuta.
Parole, parole, soltanto parole e niente più.
Messaggi
1. > An in camicia nera, 31 gennaio 2005, 15:52
Grandiosa prova di vuota inconsistenza.
E’ di grande soddisfazione, per chi si senta di sinistra, assistere alle celebrazioni di An per il mezzo ventennio.
Osservare l’ex partito fascista ridotto ad una riedizione del Psi di Craxi senza Craxi è davvero fonte di sollievo e liberazione.
Possiamo veramente dire che An abbia compiuto il grande trapasso, abbandonando definitivamente il carattere fascista del vecchio Msi.
Non possiamo certo rallegrarci dell’approdo, questo neo-craxismo arraffone e presenzialista, ma la sparizione di alcuni dei tratti genetici peggiori dell’ex partito fascista, può essere salutata con benevolenza.
L’antica fierezza, la tensione all’onore, al destino supremo; l’orgoglio fascista che tanti danni e lutti ha provocato, sono definitivamente disciolti nell’atmosfera da nani e ballerine che vedi i colonnelli di An umiliare il ricordo di De Michelis. L’arrivismo affarista, la corsa a piazzare gli amici degli amici e ad occupare poltrone e strapuntini ha addirittura provocato il rigetto nella ducia e in altri tra i puri.
La cifra qualitativa e professionale della guida del partito è bassissima, tanto che Fini ed Alemanno, uomini senza qualità, risaltano solo perché mantengono un alone di presentabilità in mezzo a gente che si è venduta ormai ogni dignità. Non riescono a fare un discorso che sia facilmente contestabile da anni. Non producono alcun progetto politico o ideale, non hanno presa sul loro elettorato tradizionale. Ad ogni congresso cambiano libri e maestri di riferimento.
Quest’anno hanno partorito il “ritorno ai valori”, al traino di Berlusconi che andava al traino di Bush; la scomparsa dell’unico teorico disponibile ha fatto in modo che il dibattito, mai alto, si sia assestato alla giusta profondità; quella adatta alla televisione generalista, la piscina nella quale sperano di pescare i pesci futuri orfani del capellone.
Parlano di valori civili e di patria e li onorano andando in guerra per far quattrini; due piccioni con una fava, al tavolo delle trattative occorre gettare del sangue patrio, poco importa se poi i vantaggi li raccoglie l’Eni, o se il maresciallo Cola viene scambiato con la fornitura dell’Heli-one; poco importa se poi i valori civili si calpestano per favorire i vecchi piduisti, fuori e dentro il partito.
La posizione subalterna assunta nei confronti di Berlusconi, della Lega e perfino dell’Udc , rende l’immagine di un partito di gente senza nerbo e senza ideali, come altri persi nella coltivazione dell’orticello. Dove l’orto è più grande, a Roma, l’ortolano locale fa quello che gli pare, grazie alla sua personalissima rete di relazioni.
Alcune propaggini periferiche sono aggredite dalla criminalità organizzata, e vengono completamente ignorate dal partito, una volta, della legge e dell’ordine; i militanti locali danno dei mafiosi ai rappresentanti del partito e la dirigenza glissa aumentando le perplessità di chi ancora non crede alla trasformazione.
I ragazzi sono in carriera, vanno da Bush, da Sharon, si mettono la Kippah e si inginocchiano davanti agli ebrei, parlano male di Lui, fanno e disfano leggi, indagano, prescrivono, assolvono, fanno ostruzionismo, fanno anche casino.
Fanno il digitale e disfano l’analogico, e intanto non si sente la radio e non si vede la Tv; fanno le leggi e salvano Previti, cambiano le prescrizioni e scordano il processo sulla sciagura della famiglia Mattei; poi lo ricordano con belle parole inutili, solidarizzano, e l’inadeguata Angelilli allo sbaraglio per poco non viene picchiata dalla famiglia, che si limita a stracciarle lo striscione, disgustata da tanta ipocrisia.
C’è chi li descrive come democristiani, ma la cifra caciarona ed improvvisata li avvicina di più ai socialisti craxiani, di certo della Dc non hanno ereditato la presa sul potere reale, se non sui corpi armati dello stato; né del Psi possono dire di aver raggiunto la statura politica ante tangentopoli.
Questo non significa che siano meno pericolosi, in quanto subalterni a Berlusconi sono complici e parassiti del suo disegno, che a sua volta potrebbe essere accusato di atteggiamento fascista nella gestione ed occupazione del potere, ma è importante che questo aspetto nel partito risulti del tutto annacquato dall’affarismo e dall’arrivismo, la scarsa qualità della classe dirigente diventa, in questo senso, una garanzia di inoffensività.
Scarsa qualità confermata dalla più importante controprova; dalla fondazione il partito ha certo guadagnato visibilità e posti di governo, ma nonostante questo non è mai riuscito a realizzare alcun vero successo elettorale, conservandosi sulle percentuali che storicamente raccoglieva e limitandosi ad una variazione qualitativa della composizione dei propri elettori. Fingono di remare, e alla fine sono sempre lì.
I tratti superstiti, quelli quasi antropologici ereditati dal fascismo più vero, vengono conservati nel silenzio in fondo ai loro cuori e solo a tratti riemerge il tipico machismo, l’omofobia, la fanfaronaggine patologica e sbruffonesca, la cialtroneria forse italica e pre-fascista; ma le occasioni per esibirli vanno rarefacendosi, comunque banalizzati dalla narrazione imposta dai ritmi e dalle esigenze dei talk show.
Il partito pare lontano dalla base tradizionale, la dirigenza ne appare consapevole, ma ben decisa a non disturbarsi oltre a qualche dichiarazione di circostanza.
In definitiva anche la definizione di festa del mezzo ventennio suona troppo benevola, i dieci anni trascorsi non sono certo stati esaltanti anni di prepotente affermazione, quanto un periodo di affarismo bizantino al guinzaglio della massoneria e del sire delle televisioni.
Davvero poca cosa per un tale manipolo di autoproclamati uomini veri, che forse con Almirante non seppellirono solo la loro residua dignità, ma anche gli attributi; sacrificati per impadronirsi di un po’ dell’oro dei nani.
Mazzetta