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Azione non violenta: Tre suore incarcerate

Publie le lunedì 26 aprile 2004 par Open-Publishing

Fecero un’azione diretta nonviolenta contro la guerra
Tre suore domenicane condannate e incarcerate

Pregano nelle loro celle. Tre suore in clausura forzata, offerta dal governo
degli Stati Uniti. Ne avranno di tempo per invocare la mano benevola del
Padreterno sulle storture del mondo. Se migliaia di firme non smuoveranno
George W. Bush, se non arriverà il presidential pardon, passeranno mesi, da
30 a 41, prima che rivedano Fratello Sole.

Per tre anni, poi, saranno in
libertà vigilata. "Colpevoli", sentenzia il 25 luglio 2003, la Corte
Federale di Denver: armate di fialette piene del loro sangue e di un paio di
martelli il 6 ottobre 2002 violano un sito nucleare nel Nordest del
Colorado. Tracciano croci rosse su un missile Minuteman III (20 volte più
devastante di quello di Hiroshima), lo prendono a martellate. Poi si
lasciano ammanettare. Processo, sentenza, prigione. Per legge degli uomini
(il Patriot Act di Bush), accettata "in nome di Dio e della pace".

Il raid
"terroristico" delle tre domenicane di Grand Rapids (danneggiamento,
interferenza e ostacolo alla sicurezza nazionale è l’accusa che poteva
valere 30 anni, ndr ) farebbe sbellicare dal ridere una recluta di Al Qaida
. In tuta bianca, di notte nella campagna del Colorado, Ardeth Platte, 67
anni, Carol Gilbert, 56 e Jacqueline Hudson, 69, tagliano con un tronchese
la rete metallica del "sito nucleare". Il Minuteman III è lì: bastano l’
ordine del presidente e 15 minuti (e non è una "bufala" alla Tony Blair) per
lanciarlo. Segnano sei croci col sangue, il loro, sul metallo. Prendono
simbolicamente a martellate il mostro, che non fa una piega.

Intervengono
prontamente, 44 minuti dopo, vigilanza dell’esercito, uomini dello sceriffo
e dell’Fbi. Le ammanettano, le costringono a sdraiarsi a terra e le lasciano
lì per tre ore. La notte finisce nella Clear Creek County Jail ; in quelle
celle restano per sette mesi, in attesa del processo. Sorella "Jackie"
Hudson, della comunità Ground Zero for Noviolent Action di Bremerton, il 25
luglio affronta, con Ardeth e Carol, il giudice Robert Blackburn. Un tipo
obiettivo quasi come il Moreno di Italia-Corea del Sud. Vieta alla giuria,
con 32 pagine di proprie "opinioni" predibattimentali, di rifarsi alla
giurisprudenza internazionale; e alza un fuoco di sbarramento su ogni
eccezione della difesa.

Al punto di costringere la giuria a chiedere
chiarimenti sul come "muoversi" tra tanti paletti. "Siamo andate al "silo"
nucleare dopo aver studiato i trattati internazionali che dichiarano
illegale la minaccia di impiego oltre che l’uso di armi atomiche", incalza
la poco remissiva suor Jackie. E tira in ballo i Princìpi di Norimberga e
del Tribunale di Tokyo "nella cui stesura dopo la seconda Guerra Mondiale il
nostro governo ebbe molta parte". Riprende parole di un processo, quello ai
criminali nazisti, che pesano.

O dovrebbero pesare: "Gli individui -
scandisce di fronte all’allibito Blackburn e ai giurati - hanno doveri
internazionali che trascendono gli obblighi di obbedienza nazionali. Anche
di violare le leggi del proprio Paese per prevenire crimini contro l’umanità
e la pace". Non c’è storia con quel giudice: oltre ai mesi di cella ci sono
da pagare anche i 1000 dollari per il taglio della recinzione (valore circa
un quinto). "Stanno bene, ma non è un’esperienza facile", riferisce delle
"prigioniere" una portavoce della Jonas House di Baltimora. "Le carceri -
spiega - sono varianti delle installazioni militari e preferiscono i
criminali ai contestatori nonviolenti".

Le tre suore ricevono intanto dalla
Germania il premio Nuclear Free Future Award . "Informate, cominciate altre
campagne, volantinate, esponete striscioni, convertite, dimostrate,
occupate, resistete", esorta Ardeth Platte dal carcere di Danbury.
"Smascherate le imprese del dipartimento della guerra, di uno "stato di
guerra" e trasformatele in ciò che è buono e giusto per una nazione in pace.
Che sia un modello di nonviolenza, compassione, stile di vita più sobrio e
vita serena".

I movimenti americani e la "rete" mondiale della nonviolenza
si mettono in moto. Viene inoltrata alla Casa Bianca la richiesta di
"perdono presidenziale". Comincia la raccolta di firme, anche via Internet
(www.petitiononline.com - www.coloradopeace.org) . Suor Carol Gilbert, dal
penitenziario di Alderson, come le altre, non ha intenzione di cedere:
"Possono mettere dietro le sbarre il resistente, non la resistenza".
Pacifisti americani ai tempi delle "guerre preventive". "Condannati da una
corte assurdamente scorretta", mettono in chiaro i sottoscrittori dell’
appello. Tocca a George W. Bush decidere, adesso. Chissà se farà davvero,
come aveva promesso, qualcosa di "compassionevole". Sarebbe la prima volta.

Dal sito nonviolenti.org