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Bagdad : Due video scomparsi

Publie le mercoledì 21 aprile 2004 par Open-Publishing

Dietro la liberazione dei tre ostaggi, annunciata come imminente sia a Bagdad che a Roma, c’è un
misterioso accordo raggiunto dal governo italiano con i miliziani islamici autori del sequestro.
Ma dietro questo accordo c’è sicuramente un altro mistero, quello dei due video scomparsi. Il primo
testimonia l’assassinio di Fabrizio Quattrocchi. Il secondo contiene le immagini della battaglia
di Nassiriya del 6 aprile, nella quale i ribelli iracheni uccisi dai soldati italiani sarebbero
stati non una ventina, come si era detto subito, ma un numero molto più elevato: 100, forse anche
200. Sono ore di voci incontrollabili. C’è chi attribuisce il ritardo dell’annuncio ufficiale del
rilascio all’intenzione di Berlusconi, nel viaggio di ritorno da Mosca, di raccoglierli in un
aeroporto segreto e condurli trionfalmente in Italia. C’è, al contrario, chi parla di un negoziato ancora
da perfezionare. Ma questa intesa, vicina o vicinissima, in cosa realmente consiste?

Loro ci
restituiscono tre uomini vivi e uno morto. Noi che gli diamo in cambio? Dei miliziani, come si è visto,
crudeli e decisi a tutto si possono forse accontentare dei tre camion (nelle immagini del tg unico
di regime se ne è visto uno solo) di aiuti umanitari inviati a Falluja dalla Croce Rossa? Tre
camion per una città di trecentomila abitanti? Via, siamo seri. Per un accordo così importante,
sull’altro piatto della bilancia il governo italiano ha dovuto per forza mettere qualcosa di molto più
consistente di qualche cassa di medicinali e di latte in polvere. Qualcosa, probabilmente, di cui
l’esercito di rivoltosi in guerra con la coalizione di cui fa parte l’Italia hanno grande bisogno.
Per esempio, l’assicurazione che i soldati italiani non spareranno più contro i combattenti
iracheni.

È un’ipotesi a cui qualcuno ha pensato leggendo, ieri mattina, le dichiarazioni sullo stop agli
americani rese dal capo della missione italiana in Iraq generale Gian Marco Chiarini. Riferisce
Chiarini che giovedì scorso le truppe Usa volevano venire a Nassiriya per catturare il leader locale
di Al Sadr, capo dell’ala radicale sciita. Questa zona è di mia competenza, ha risposto Chiarini
all’alleato, e se voi arrivate qui noi ce ne andiamo. Gli italiani, insomma, anche se non si
ritirano come gli spagnoli sembrano in una fase di ripiegamento psicologico. Lo dimostra l’altro no che
il generale Filiberto Cecchi, capo delle missioni militari all’estero ha opposto alla richiesta,
anche questa Usa, di sostituire le truppe di Zapatero. «Siamo al massimo dello sforzo», ha risposto
seccamente Cecchi negando un ulteriore apporto degli italiani.

Questo mutato atteggiamento degli alti comandi mostra una diversa percezione della situazione
irachena rispetto ai giorni della battaglia di Nassiriya. Il 6 aprile si tratta di liberare i ponti
occupati dai rivoltosi. Su richiesta degli americani il contingente italiano ingaggia una battaglia
di 18 ore. Uno scontro violentissimo di cui esiste un video tenuto supersegreto: immagini che,
evidentemente, non possono essere divulgate. Cosa raccontano che non può essere visto? I nostri
connazionali vengono sequestrati una settimana dopo. L’evento, all’inizio, non suscita reazioni
particolari nel governo. Il premier se ne parte tranquillamente per la Sardegna. Il vicepremier non pensa
neppure un attimo a interrompere le immersioni nel Mar Rosso.

Il ministro Frattini, al pari del
collega Martino, affronta la questione con grinta ed esibizione di muscoli: con i terroristi non si
tratta, punto e basta. Gira una interpretazione minimalista: i rapitori sono banditi di strada,
basta pagarli e i nostri tornano liberi. Col senno di poi tanta superficialità ha una sola
spiegazione: il governo italiano non sa nulla. Non conosce ancora la reale identità degli ostaggi. Da chi
sono stati mandati. A quali operazioni hanno partecipato. Quale documentazione hanno con loro. Ai
sequestratori, invece, basta poco per rendersi conto dell’entità del colpo portato a termine. Nel
primo video, mostrando i volti e i passaporti degli italiani i rapitori pensano di aver inviato il
messaggio giusto. Messaggio trasmesso da tutte le televisioni e che dovrebbe suonare più o meno
così: noi sappiamo che voi sapete chi abbiamo rapito, regolatevi di conseguenza. Ma a Roma nessuno
si muove.

È all’ingresso nello studio di «Porta a Porta» che Frattini viene informato
compiutamente. Sulla identità dell’ostaggio assassinato. Ma non solo. Nel video recapitato ad Al Jazira e che
l’emittente araba non ha voluto divulgare «per ragioni umanitarie» c’è soltanto l’orrenda
esecuzione di Quattrocchi? È pensabile che i miliziani si siano macchiate le mani di sangue a scopo
puramente dimostrativo? Tutto per diffondere nel mondo intero una scena rivoltante che diventa di colpo
l’immagine di tutta la resistenza irachena? Possibile che non abbiano accompagnato quella visione
con un messaggio, le loro condizioni al governo italiano, che adesso in nome di un sentimento di
umana pietà ci viene nascosto. E se il video è davvero così orrendo, perché allora non ci fanno
ascoltare l’audio? Perché la frase che ha fatto di Fabrizio Quattrocchi un eroe( «Ti faccio vedere
come muore un italiano»)deve esserci ripetuta in forma di tradizione orale da parte di chi giura di
avere visto e sentito senza poterlo provare? Perché non pensare che quel video resta misterioso
perché misterioso deve restare l’accordo che sta per restituire alle loro famiglie Agliana, Cupertino
e Stefio?

L’UNITA’