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Cap Anamur nella rete Bossi-Fini: ufficiali di bordo arrestati e profughi senza asilo

Publie le lunedì 12 luglio 2004 par Open-Publishing

A BORDO DELLA CAP ANAMURLa notizia del 23° giorno dell’Odissea della «Cap Anamur» potrebbe essere finalmente una buona notizia. La nave non è più in rada, ad un miglio dalla costa, ma è finalmente attraccata al molo di Porto Empedocle. I 37 naufraghi africani sono finalmente al sicuro, sulla terra ferma. Dopo tante angherie. La realtà invece è molto diversa e ben più amara. Per gli «sbarcati» si è aperta la strada del centro di permanenza temporanea di Agrigento, quello dei «clandestini». Il comandante della nave, Stefan Shmidt, l’armatore Elias Bierdel e il primo ufficiale di origine russa Vladimir Dhchkevitch della «Cap Anamur» sono stati arrestati con una gravissima ipotesi di reato, quella di «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». È quella che viene mossa agli scafisti, a chi commercia con la vita umana.

La nave sequestrata dalle autorità di polizia e data in custodia alla Capitaneria di Porto. L’equipaggio è stato identificato. La procura della Repubblica ha autorizzato la permanenza a bordo sino a martedì mattina. Poi dovrà abbandonare la nave. E’ stato il questore di Agrigento in persona alle 19 in punto a salire a bordo e a comunicarlo all’equipaggio. Il magistrato ha 48 ore di tempo per convalidare l’arresto e il sequestro. Poi si vedrà.

Intanto i due responsabili della Cap Anamur con il primo ufficiale sono al carcere Petrusa di Agrigento. L’Odissea non si è conclusa. Ha solo assunto aspetti più inquietanti. Perché non sono le forze della natura il pericolo, ma paradossalmente l’interpretazione o l’inadeguatezza delle stesse leggi.

Ma andiamo con ordine. La giornata di lunedì è stata segnata da un passaggio continuo di situazioni.

Tutto inizia lì, dove si era alla fonda la Cap Anamur. Un miglio, solo un miglio da Porto Empedocle. Era possibile guardare le case di Agrigento, dietro i palazzoni di dieci piani sulla collina intuire la città vecchia e più giù la Valle dei templi. Molta amarezza e sdegno dopo quanto era successo il giorno prima. Il permesso d’attracco negato. Si leggeva una incertezza ancora più forte nei volti dei giovani di colore affacciati alle murate della nave. Qualcuno dell’equipaggio pescava. Elias Bierdel e il comandante Stefan Schmidt hanno fatto a lungo il punto della situazione con l’avvocato Salvatore Filippini La Rosa. Hanno valutato le diverse ipotesi, si sono messi in contatto con altri legali. Attorno alla nave si alternavano le motovedette della Finanza, della Polizia di Stato e della Capitaneria di Porto.

Poi, improvviso, alle ore 10, l’ordine dalla terra ferma. "Permesso di approdo concesso. I 37 profughi possono sbarcare". Gioia e commozione sul volto di tutti: del comandante, dell’equipaggio, anche del missionario comboniano Cosimo che è stato sino all’ultimo vicino a questi giovani scappati dall’Africa. E loro: quasi euforici, elettrizzati quando Elias ha dato loro la notizia. Hanno raccolto le loro cose, tutti hanno indossato la maglia bianca dell’equipaggio con la scritta azzurra Cap Anamur. Hanno atteso che le cose avvenissero. Cosimo li ha messi in guardia. Tempi difficili verranno. Cristiani e musulmani hanno ringraziato assieme il Dio della misericordia.

Alle 10, 30 Renzo, il pilota del porto, è salito sul ponte di comando e insieme al capitano Stefan ha iniziato la manovra di avvicinamento alla banchina di Porto Empedocle. Erano le 10,45. Quanto deve essere sembrato lungo e breve quel miglio. Poi l’attracco alle ore 11. Lungo la banchina un cordone di poliziotti e finanzieri. Più in là gli uomini della Guardia Costiera. I carabinieri facevano cordone ai giornalisti e a un gruppo di sostenitori della Cap Anamur. Innalzavano uno striscione: "Nessuna frontiera. Nessuna galera". Elias su in coperta commosso li ha ringraziati. Ha parlato al megafono. "Grazie amici, siete tutti invitati alla festa della pace che si terrà sulla Cap Anamur" ha annunciato.

Le cose sono andare diversamente. In banchina ad accogliere la nave uno schieramento robusto di forze dell’ordine guidate dal questore in persona, dott. Casabona.

Immediatamente dopo l’attracco le autorità di polizia sono salite a bordo. C’erano i 37 profughi da prelevare. "Collega, accompagna questi due" si danno la voce le forze dell’ordine. I profughi sono fatti scendere lungo la scaletta a poppa della nave. Tutti con gli occhi lucidi, una stretta al cuore e il loro fagotto sotto il braccio. A terra, alla fine della scaletta, trovano l’abbraccio di Elias. E’ come l’ultimo saluto di un padre ai suoi figli. Poi un pullman bianco: destinazione Centro di prima accoglienza di Agrigento.

Parte alle 12,20. Cosimo, il missionario che ha dedicato la sua vita al Sudan, è riuscito a seguire i suoi ragazzi. Tutto l’equipaggio è scosso. Sono state tre settimane durissime, ma che riempiono una vita. Hanno trovato degli amici che è duro lasciare al loro destino. Ma vi è anche il destino della Cap Anamur in discussione.

Verso le ore 12 iniziano gli "incontri" informali nella cabina del comandante tra il questore, le altre autorità di polizia presenti, gli ufficiali della Capitaneria con Elias Bierld, con il capitano Stefan Schmidt e con il primo ufficiale. Vengono sequestrati i documenti della nave, le carte nautiche e tutto quello che può essere utile all’indagine. Ancora nulla di ufficiale. Si tratta di "una conversazione informale", viene chiarito. E’ presente l’avvocato dell’armatore, Salvatore Filippini La Rosa. Poi però la cosa si ufficializza. Verso le 13 i responsabili della Cap Anamur vengono accompagnati al commissariato di Porto Empedocle per essere identificati ed interrogati.

Tutto era stato già deciso. In mattinata infatti subito dopo l’autorizzazione all’attracco dai "palazzi" erano già filtrate le indiscrezioni: l’ordine di arresto era già pronto. Filtrano anche alcune contestazioni mosse alla "nave umanitaria". La Cap Anamur con i profughi a bordo, pur entrando in acque maltesi intorno al 25 giugno scorso, non avrebbe chiesto l’aiuto de La Valletta. Si vedrà. Risponderanno gli avvocati e soprattutto i documenti.

Dalle ore 14 la nave è quasi deserta. Restano a bordo soltanto l’equipaggio e i tre "passeggeri" giornalisti. A terra alcune macchine della polizia, della Finanza e dei Carabinieri presidiano la banchina. Uomini della Capitaneria di Porto prendono sotto la loro protezione il ponte di comando. Devono evitare che gli strumenti possano essere manomessi. L’inchiesta è in corso. Si attende.

Poi alle ore 19 le notizie arrivano e sono le peggiori. E’ il questore che torna a bordo, con lui le autorità portuali e l’avvocato dell’armatore. Dà la comunicazione ufficiale all’equipaggio. Arresto dell’armatore, del comandante e del primo ufficiale per aver violato la legge Bossi-Fini con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Poi il sequestro della nave da parte dell’autorità per le indagini. Se i tempi della detenzione per Elias e gli altri dovrebbero essere brevi, quelli del sequestro della nave, che è stata affidata in custodia alla Capitaneria di Porto Empedocle, invece no. Seguiranno l’andamento delle indagini, che vuol dire mesi. Non si vedrà tanto presto la Cap Anamur navigare nel Mediterraneo.

I naufraghi non vanno salvati oppure con una mano al salvagente e l’altra al codice penale: questo è il messaggio. E l’equipaggio? Per loro, per il cuoco Kuki, l’infermiera Birghitte, Mike e gli altri non vi sarà né arresto, né denuncia. Sono stati portati al commissariato di Porto Empedocle per essere identificati. Poi potranno tornare alla nave. Sarà l’ultima notte sulla Cap Anamur. Martedì mattina dovranno lasciarla. Sarà posta sotto sequestro. Inventario e sigilli. Cosa faranno? Forse troveranno una sistemazione fino alla scarcerazione del loro comandante e di Elias, la loro guida. Poi torneranno nei loro paesi.

Lunedì anche i tre giornalisti "passeggeri" vengono invitati a scendere. La "crociera" è finita. Questa, certo, non se la scorderanno mai.

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