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Cattolici, il pacifismo torna in piazza. Ci sono anche molte suore
Publie le lunedì 22 marzo 2004 par Open-PublishingPiù coscienze che bandiere
C’è chi ha seguito una croce e chi semplicemente se la porta dentro. Jakob e Florian, giovani tedeschi che studiano teologia alla Gregoriana, volendo partecipare alla manifestazione, hanno scelto di impugnare la bandiera delle Acli e la fanno sventolare in attesa di capire da quale parte dovrà incamminarsi il corteo che, in realtà, è già in marcia da due ore. Si dicono contenti per la vittoria di Zapatero perché ha «sconfitto le menzogne della guerra». Protagonisti di sempre, quelli di "Beati i costruttori di pace", già nel nome impugnano il Vangelo.
Molti altri cattolici partecipano senza emblemi, meno organizzati di un anno fa, ma non meno numerosi. «Una consapevolezza più matura, non solo emotiva», osserva Il coordinatore di Pax Christi Tonio Dell’Olio, segnalandoci la presenza particolare delle suore. Si riconoscono per una piccola croce, per un velo indossato con discrezione, per un abito comune che sconfina nel saio. La sera prima, le abbiamo viste in un’affollatissima basilica Ara Coeli. Il pacifismo cattolico riempiva una chiesa di quelle che contano, in cima al colle del Campidoglio, con don Ciotti, Alex Zanotelli, ad ascoltare la tremenda storia di una francescana del Burundi e a pregare per la pace e la giustizia. L’altare fasciato da un grande striscione di Pax Christi, lo stesso che ora sfila davanti all’Altare della patria. Anche i ragazzi che lo portano hanno diversi colori, così come la giovane del Congo Brazeville che marcia con i volontari della Focsiv. Le Ong cattoliche hanno molto insistito perché la manifestazione non dimenticasse le "guerre dimenticate" dell’Africa. I ragazzi dell’Agesci si distinguono subito dal fazzoletto al collo e soprattutto per il fatto che spuntano un po’ dappertutto.
Un cartello scritto a mano domanda, se Dio esiste, a quale religione appartenga. Deve averlo scritto uno che della fede farebbe volentieri a meno. Ma c’è anche il gruppo di cattolici salernitani che, da uno striscione, grida: "Cristo è qui. Quando arriva la Chiesa? ". «Una porzione di Chiesa c’è», replica Dell’Olio mentre don Ciotti coglie l’episodio come «una provocazione per riflettere». Poi prosegue: «La chiesa o è profetica o non è».
Non potevano mancare i pisani del Centro per il dialogo interreligioso, un’esperienza comune tra cristiani, islamici, buddisti e induisti. Ed ecco la Comunità di San Paolo e i riformatori di "Noi siamo chiesa". I valdesi di Grottaglie avanzano dietro un grande striscione. Precedono i musulmani dell’Ucoii, pieni di bandiere palestinesi. «Da buoni religiosi - ci spiega Dachan Soubhi - siamo per la pace e contro il terrorismo degli stati e delle cellule terroristiche».
Ritirare i militari dall’Iraq: nessuno tra i cattolici intervistati offusca il concetto. Sembra quasi che la vicenda spagnola abbia tolto acqua allo stagno dei distinguo. Per dirla con Ciotti, la Spagna ferita ha dato una «dimostrazione di civiltà» e una «bella pedata» alle coscienze. «Ho sentito troppa gente - sottolinea il sacerdote del Gruppo Abele - appellarsi a valori che uniscono ma poi proporre percorsi che escludono. Saranno invece le "e" a liberarci: i movimenti non devono essere esclusivi ma inclusivi». Dal palco giunge il messaggio del vescovo ausiliare di Baghdad, Wardouni, che riprende le parole del Papa: no alla guerra, no al terrorismo. E i vescovi italiani? Domani il cardinal Ruini aprirà il Consiglio permanente Cei. Non sarà facile tralasciare.
Liberazione