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Dagli indagati del Sud ribelle

Publie le sabato 24 aprile 2004 par Open-Publishing

COMUNICATO STAMPA CON PREGHIERA DI MASSIMA DIFFUSIONE

Apprendiamo con estrema soddisfazione della completa o parziale
archiviazione delle posizioni di cinquantuno indagati nell¹inchiesta
giudiziaria sul Sud Ribelle, che nel novembre 2002 aveva portato nelle
carceri speciali di Trani, Latina e Viterbo o agli arresti domiciliari
attivisti ed attiviste del movimento globale con l¹accusa di cospirazione
politica finalizzata a sovvertire l¹ordine economico dello stato.
In particolare, colpisce l¹archiviazione completa per ben nove persone su
venti che erano state arrestate. Sbattute in prima pagina come mostri,
accusate delle peggiori azioni violente, arrestate da reparti speciali di
polizia con agenti incappucciati (i GOS), tradotte in carcere anche in
presenza, per alcuni, di gravissime condizioni di salute, queste persone
apprendono oggi che non esiste alcuna gravità indiziaria sul proprio conto,
tanto da non meritare neppure che si vada nel loro caso a un dibattimento di
merito. Come dire: scusate, per metà di voi ci eravamo sbagliati!
L¹inconsistenza di un teorema accusatorio montato ad arte per colpire
l¹intero movimento trova così l¹ennesima conferma, quando una procura si
adopera a far sparire alcuni indagati e a farne comparire di nuovi, quando
sbatte nelle carceri speciali del paese soggetti ritenuti fortemente
pericolosi salvo poi riammetterli in libertà dopo pochi giorni sulla base di
semplici dichiarazioni o annullare completamente ogni provvedimento a loro
carico.

Alla vigilia dell¹udienza preliminare, che si terrà il 24 maggio presso il
tribunale di Cosenza e che deciderà in merito alla richiesta di rinvio a
giudizio per tredici indagati, il provvedimento di archiviazione offre lo
spunto per alcune riflessioni.

Intendiamo innanzitutto denunciare l¹uso strumentale che una certa
magistratura fa degli organi di informazione e, non da ultimo, il ruolo
spesso asservito che almeno una parte della stampa ha verso gli organi
inquirenti. La dimostrazione sta nel totale silenzio su un decreto di
archiviazione a dir poco imbarazzante. Il provvedimento è stato emesso il 2
aprile 2004 e nessun giornale ne ha fatto finora menzione, a fronte dei
titoloni sparati in prima pagina per una richiesta di rinvio a giudizio che,
nella più completa inosservanza del legittimo diritto alla difesa, non era
ancora stata notificata ai diretti interessati. Apprendere delle proprie
disgrazie a mezzo stampa sta evidentemente diventando un fatto normale nel
nostro paese!

Le vicende giudiziarie che in questo anno e mezzo si sono dipanate intorno
alla cosiddetta inchiesta ³no global² sono al tempo stesso grottesche ed
inquietanti. La ricostruzione di alcuni passaggi salienti può aiutare a fare
luce sulla vicenda.
1) Dopo gli arresti, è la stessa gip che ha firmato l¹ordinanza di custodia
cautelare nelle carceri speciali a fare un primo passo indietro rimettendo
in libertà due degli arrestati a partire da una presunta quanto fasulla
³abiura² della violenza. Un provvedimento che mostra tutta la debolezza di
un impianto accusatorio costruito ad arte dai ROS e dalla Digos, ed accolto
solo in un secondo momento, dopo il diniego di altre procure, dalla Procura
di Cosenza.
2) Il Tribunale della libertà di Catanzaro nel dicembre del 2002 produce una
sentenza che, oltre a rimettere in libertà tutti gli arrestati, demolisce
dalle fondamenta l¹impianto accusatorio del provvedimento. ³Esprimere il
dissenso non è reato² è il messaggio cardine delle motivazioni di quella
sentenza.
3) Nel maggio del 2003, nonostante la richiesta dello stesso procuratore
generale di rigettare il ricorso presentato dal pm titolare dell¹indagine,
la Cassazione annulla la sentenza del tdl di Catanzaro per esclusivi vizi di
forma, mentre i contenuti della sentenza contestata non sono minimamente
messi in discussione.
4) Tra la fine di ottobre ed i primi di novembre del 2003 la nuova sentenza
del tribunale della libertà di Catanzaro rimescola le carte. Solo a carico
di cinque su diciotto già scarcerati dal tdl di Catanzaro rimangono i gravi
indizi di colpevolezza. A tre di loro viene addirittura imposto l¹obbligo di
firma, per tutti gli altri cade ogni contestazione.
5) Tra marzo e aprile di questo anno gli ultimi episodi della vicenda.
Notifica di archiviazione di chiusura indagine prima e notizia della
richiesta di rinvio a giudizio dopo, solo per tredici degli indagati, due
dei quali completamente estranei fino a quel momento a tutta la vicenda
giudiziaria. Solo per 11 dei 18 arrestati nel novembre 2002 è stata
presentata richiesta di rinvio a giudizio, cinque di quelli che finirono
nelle carceri speciali vedono cadere ogni contestazione a proprio carico.

Che si tratti di una montatura giudiziaria, che l¹obbiettivo del
provvedimento sia di carattere strettamente politico (orientato cioè a
scaricare le pesantissime responsabilità che le forze dell¹ordine hanno
nella violentissima repressione delle mobilitazioni in occasione del Global
Forum a Napoli e del G8 a Genova) lo sappiamo bene e con noi lo sanno le
centinaia di migliaia di uomini e donne che a Cosenza, nel resto del paese e
anche all¹estero si sono mobilitate all¹indomani degli arresti.

L¹inchiesta di Cosenza appare quindi estremamente emblematica sia da un
punto di vista tecnico-giudiziario sia da un punto di vista politico.
Infatti, oltre a riesumare cadaveri antistorici del Codice Rocco, imputa a
tutti gli indagati il reato di ³cospirazione politica finalizzata alla
turbativa delle funzioni del Governo²: ovvero non ci si può organizzare per
contestare le decisioni politiche del Governo! Così diventa un
processo-laboratorio contro tutto il movimento e contro tutte le forme del
dissenso. Non a caso, a seguire, ci sono stati arresti e procedimenti
giudiziari che hanno preso spunto dall¹inchiesta cosentina che, perla tra le
perle, ci imputa anche la responsabilità morale della morte di Carlo
Giuliani.

Nessun pezzo del movimento, noi compresi, può fare da capro espiatorio alla
sospensione dei più elementari diritti costituzionali a Napoli e a Genova,
né tantomeno al programmato massacro di piazza finalizzato a bloccare
l¹espansione del movimento anti-neoliberista. Non ci stiamo a rimanere in
silenzio mentre il provvedimento giudiziario che ci vede indagati si
manifesta in tutta la sua contraddittorietà.

La libera espressione del dissenso non può essere processata, e se questo è
vero per cinquanta, non può non essere vero per gli altri tredici!

Cosenza, 23 aprile 2004
I 13 indagati e indagate dell¹inchiesta No-global